4
Introduzione
Il processo di epurazione nell‟Italia post-fascista è un tema che ha suscitato nell‟ultimo
decennio un vivace dibattiti tra gli storici di diverso orientamento, che si sono posti le
seguenti domande:
Qual è stato, dopo la caduta del regime, l‟atteggiamento dei partiti, dei vari gruppi di interesse
e degli Alleati nei confronti di quanti, attivisti, ideologi, industriali, profittatori e
fiancheggiatori, avevano sostenuto direttamente o indirettamente il regime fascista?
Quale atteggiamento assunse e quali furono le aspirazioni del movimento partigiano operante
nel nord Italia?
Ma soprattutto, quale il bilancio conclusivo, quando nel 1948 si dichiarò conclusa l‟opera di
epurazione?
Il tema a lungo è stato considerato un tabù, come dimostra il fatto che fino agli anni ‟90 gli
studi sulla defascistizzazione si contavano sulle dita di una mano.
Se la prima vera analisi storiografica sviluppatasi nel corso degli anni ‟70 è stata caratterizzata
da un prevalente orientamento volto a sostenere la sostanziale continuità tra fascismo e stato
democratico, con annessa lettura dell‟epurazione come una “burletta”, il nuovo ciclo di studi
avviato nel corso degli anni ‟90 ha posto nuovi importanti elementi di analisi, in grado di
offrire una lettura più complessa e approfondita del tema in questione.
La storiografia degli anni ‟70, che non poteva disporre di molti dati adesso reperibili, attribuì
forse un peso eccessivo ai giudizi forniti dai testimoni di quegli avvenimenti, elevati di fatto a
“sentenza storica”.
Più recentemente, insieme ad opere di carattere generale, sono stati pubblicate diverse
ricerche dedicate alla defascistizzazione di particolari settori della società e dell‟apparato
statale italiano, come quelli riguardanti l‟epurazione nella magistratura, nelle forze armate e
negli albi professionali, nella diplomazia, consentendo oggi un‟analisi del fenomeno su più
livelli e permettendo di cogliere meglio la complessità di un processo storico che si presta
tuttavia ancora a molteplici chiavi di lettura.
5
La maggiore disponibilità di dati sul numero di persone coinvolte nell‟azione degli organi
preposti all‟epurazione della pubblica amministrazione e alla punizione dei crimini perpetrati
durante il regime fascista come nel corso dell‟occupazione nazifascista, hanno condotto alcuni
studiosi contemporanei ad esprimersi in favore di una rivalutazione complessiva del processo
di epurazione.
La svolta cruciale nel ritrovato interesse verso questo tema è dovuto, sicuramente, anche al
fatto che di recente sono stati resi accessibili agli studiosi dei fondi archivistici di
fondamentale importanza, come quello dell‟Alto commissariato per le sanzioni contro il
fascismo, depositati presso gli archivi di Stato. Si tratta di dati che per lungo tempo sono
risultati riservati, a causa della loro natura di atti amministrativi che in quanto tali non sono
sottoposti all‟obbligo di pubblicazione.
Grazie a queste ricerche, dunque, oggi si può affermare con più certezza che un tentativo
concreto di fornire al nascente stato democratico una classe dirigente non compromessa col
passato regime, e di punire chi si era macchiato di crimini orribili verso la popolazione c‟è
stato. Altro discorso, invece, riguarda gli esiti concreti di questi sforzi, punto sul quale il
dibattito è all‟inizio, e ricco di opinioni contrastanti.
Lo studio qui proposto si è avvalso della consultazione delle maggiori opere sull‟epurazione
pubblicate a partire dalla metà degli anni ‟90, come quella giudicata di stampo
“revisionistico” di Hans Woller I conti con il fascismo, pubblicato nel 1996 e considerabile,
insieme al lavoro di R. Palmer Domenico Processo ai fascisti, forse una delle opere che ha
inaugurato questo nuovo ciclo di studi. Diversa è la Storia dell’epurazione in Italia di
Romano Canosa, uno dei primi tra gli storici italiani a rispondere all‟esigenza di una più
completa e approfondita analisi della tematica in questione.
Oltre a questo materiale si sono consultati alcuni studi settoriali pubblicati prevalentemente
nell‟ultimo decennio, su autorevoli riviste di storia, come Mondo contemporaneo.
Abbiamo poi consultato anche la recentissima opera di Mimmo Franzinelli dedicata al tema
dell‟Amnistia del 1946, (altra questione tabù per la storiografia italiana), al fine di rendere più
completo il quadro dell‟epurazione, che ha avuto in quel provvedimento uno dei suoi atti
conclusivi, almeno sotto il punto di vista simbolico.
Figurano nella bibliografia anche degli articoli coevi di stampo giuridico, che non
casualmente riguardano entrambe l‟Amnistia Togliatti, risultando indispensabili proprio a
6
causa della carenza di opere storiografiche su un argomento tanto controverso quanto
fondamentale per la storia del nostro paese.
Si è poi fatto riferimento ad alcuni testi di carattere più generale, sulla storia politica
dell‟Italia nel delicato periodo intercorso tra il 1943 e 1948.
In particolare si è consultata l‟opera dello storico Francesco Barbagallo “dal ’43 al ’48. La
formazione dell’Italia democratica” e quella di Pietro Scoppola “la repubblica dei partiti,
evoluzione e crisi di un sistema politico (1945-1946)”.
L‟opportunità di consultare questi testi deriva dalla necessità di contestualizzare l‟epurazione
nel nascente assetto partitico delle forze che costituivano il Cln, le quali forze presentavano
delle profonde divergenze sul concetto stesso di “democrazia” nonché un diverso approccio
sulla problematica della “defascistizzazione”.
La contrapposizione tra la vecchia classe dirigente liberale e la nuova dirigenza nata dalla
lotta antifascista prima, e tra le forze ciellenistiche di orientamento moderato e quelle di
sinistra poi, è senz‟altro una delle dinamiche che più influenzeranno le diverse fasi di
attuazione dell‟epurazione, e forse proprio nella mancanza di una visione comune di fondo sui
provvedimenti da adottare è possibile individuare uno dei maggiori fattori di freno
dell‟epurazione stessa.
E‟ forse proprio la mancata analisi delle forze politiche espressione delle prime compagini
governative, l‟aspetto meno approfondito nello studio dello storico tedesco Woller, a cui allo
stesso tempo va riconosciuto il merito di aver analizzato, meglio di altri, il ruolo tutt‟altro che
marginale assunto dagli Alleati specialmente nella primissima fase dell‟epurazione, aspetto
quasi completamente ignorato, oppure eccessivamente banalizzato, nelle pere realizzate nel
passato.
La ricognizione che qui si propone è stata suddivisa in quattro capitoli, corrispondenti a
quattro diverse fasi del fenomeno in oggetto.
Nel primo capitolo, che parte dalla deposizione di Mussolini ad opera del Gran Consiglio del
fascismo, fino ad arrivare alla grave crisi del fronte antifascista nell‟autunno del ‟44, viene
proposta l‟esperienza delle primissime compagini governative dell‟Italia post fascista.
Una fase, questa, in cui va delineandosi la suddivisione del paese tra l‟occupazione nazi-
fascista del settentrione, sotto il nome di Repubblica sociale italiana, ed un meridione che,
7
soprattutto nelle prime fasi della guerra di liberazione, risulta sostanzialmente sotto
l‟amministrazione delle forze alleate.
Il tema centrale del capitolo è il nascente protagonismo politico dei partiti del Cln, che
riescono in questa fase ad imporre il loro ingresso nel governo dell‟Italia liberata, sancendo la
prima sconfitta di quella classe liberale, ampiamente compromessa col passato regime, e
mettendo così in crisi quel disegno reazionario, cullato anche da alcuni settori Alleati, che
prefigurava per la nuova Italia una sostanziale continuità con le precedenti istituzioni liberali.
Ai primi timidissimi e ben poco concreti passi verso la defascistizzazione del meridione da
parte del governo italiano, corrisponde invece la ben più energica opera degli anglo-americani
nel Mezzogiorno, azione epurativa a cui vennero però sempre anteposte le esigenze di
carattere bellico.
La crisi del secondo governo Bonomi prefigura lo scontro, presente poi in tutta questa fase
storica, tra le forze moderate e la sinistra della coalizione antifascista, danneggiando non poco
l‟attuazione dei primi decreti riguardanti l‟epurazione.
Il secondo capitolo, introdotto dall‟episodio della fuga del responsabile dei servizi segreti
civili e militari fascisti Mario Roatta, attuata con lo scopo di sottrarsi ai processi che lo
riguardavano per i crimini e le alte responsabilità assunte durante il regime, è la narrazione di
un ritrovato impulso del governo verso l‟epurazione, nella pubblica amministrazione come
nella punizione dei reati di collaborazionismo.
La defascistizzazione vedrà in questa fase il suo momento di maggiore attività, grazie
soprattutto all‟incisiva azione delle Corti d‟Assise straordinarie, istituite per processare i
collaborazionisti nelle zone del nord che venivano via via liberate, che nei primissimi mesi
della loro vita apparvero ancora non depotenziate dal mutare del clima politico che di lì a
poco consiglierà di preporre l‟esigenze di pacificazione a quelle di giustizia.
Sempre nel secondo capitolo si affronta il ruolo assunto dalle forze di liberazione partigiane
nei territori della RSI, analizzando la fase, dai tratti molto cruenti, della cosiddetta
“epurazione selvaggia”, i cui eccessi sicuramente hanno avuto un ruolo importante nel
determinare un cambiamento di clima, in seno all‟opinione pubblica del paese, nel senso di un
diffuso desiderio di ritorno alla normalità.
Il terzo capitolo si concentra sull‟esperienza del governo presieduto dall‟ex partigiano
Ferruccio Parri, che paradossalmente coincide con la sostanziale sconfitta politica dell‟ala più