1.Introduzione
La storia delle donne è una disciplina accademica che vede la sua nascita negli
Stati Uniti verso la fine degli anni '60. Parallelamente, dietro la spinta dei
femminismi, nascono in Europa esperienze simili, a cui vengono dati
molteplici appellativi, ma che si prefiggono tutti di inserire il punto di vista
delle donne nelle discipline universitarie: storia, antropologia, letteratura,
sociologia.
Apparentemente accomunate dallo stesso nome, la storia delle donne europea
e quella americana presentano in realtà importanti differenze. Il contesto
culturale in cui nasce la storia delle donne, cioè quello americano, è un
contesto peculiare, molto diverso da quello europeo. Diversi saranno anche i
risultati teorici.
Scopo di questa analisi è proprio di mettere in luce le differenti condizioni di
nascita della disciplina negli Usa e in Europa (nello specifico, in Francia),
portando l'esempio di alcune autrici e del diverso modo di affrontare la
materia.
Nella disciplina storica la maggior parte degli studiosi è sempre stata di sesso
maschile. A livello più o meno consapevole, hanno osservato la società come
se esistesse un essere umano universale: l'uomo. La donna compariva come un
caso particolare, che non poteva rientrare in questo quadro generale. Hanno
studiato i sistemi economici, i sistemi politici, i rapporti tra gli stati come se
stessero studiando le azioni dell'umanità intera. In realtà, stavano osservando
solo la metà maschile, ovvero la metà che li includeva. Hanno disegnato il
5
mondo a loro immagine e somiglianza, hanno immaginato un mondo in cui gli
uomini fanno la storia, le donne osservano tranquille e silenziose, spettatrici
passive.
La mia analisi parte dalla storia del femminismo. Vi è infatti una correlazione
molto stretta tra quest'ultimo e la nascita della storia delle donne come
disciplina universitaria, poiché è da questo movimento politico che nasce il
bisogno, da parte delle donne, di inserirsi nelle accademie e nelle università,
sia come studiose sia come oggetto di studio. Il modo in cui ciò avvenne però
varia molto di paese in paese.
Nel terzo capitolo presento un saggio di Paola Di Cori, un'analisi comparativa
tra la storia delle donne in Francia e negli Usa.
La sua analisi mette in luce gli elementi fondamentali di asimmetria tra i due
paesi, sia materiali sia culturali, ed è stata punto di partenza per le mie
riflessioni.
Nei capitoli quarto e quinto prendo in considerazione rispettivamente il
contesto nordamericano e quello francese. Si confermano immediatamente
quegli elementi di disparità che Di Cori aveva già evidenziato nel suo saggio
del 1991.
Basti pensare che negli Stati Uniti vi era da parte delle storiche una sensibilità
molto alta a percepire ciò che era discriminante per loro, sensibilità che in
Europa non c'era. Già nei primi anni '70 all'interno dell'Associazione delle
Storiche si creò un comitato che indagava le discriminazioni che erano portate
6
avanti contro di loro. Sempre in quegli anni l a storia delle donne venne
inserita ufficialmente nelle Università, nacquero corsi specifici nonché interi
curricula universitari sul tema. La forza con cui questa disciplina è stata
portata nelle accademie ha fatto sì che sin dai primi anni essa diventasse una
reale possibilità di carriera. Per questo motivo, e per l'alta qualità dei lavori
prodotti, la storia delle donne statunitense è stata il riferimento per l'Europa e
per quasi tutto il resto del mondo.
Mentre negli Usa la disciplina vedeva quindi una grande fortuna, in Europa la
situazione era più confusa. Ho scelto di analizzare il solo caso francese, poiché
ogni paese europeo meriterebbe un'analisi a sé e non si può quindi parlare
della storia delle donne europea in generale.
O ccorre dire innanzitutto che in Francia esisteva una tradizione storiografica
molto importante, la scuola delle Annales. Questa scuola costituiva, negli anni
'70, il centro di elaborazione della storia ufficiale.
In questo paese quindi le storiche femministe hanno dovuto ritagliarsi uno
spazio all'interno del territorio di qualcun'altro. Hanno dovuto costituirsi,
inizialmente, come un'aggiunta, come una postilla che diceva: esistiamo anche
noi.
Non è un caso infatti che il primo documento di auto-presentazione delle
storiche femministe in Francia sia stato pubblicato proprio sulla rivista delle
Annales: quasi a reclamare uno spazio dentro la storia ufficiale, utilizzandolo
però per dichiararsi diverse.
Per questo ho voluto intitolare il capitolo Nel solco della tradizione, ma
diverse : il bisogno politico di essere incluse nelle accademie della storia
7
istituzionale, dettato da ovvi motivi pratici, non implicava però il doversi
annullare come voce critica.
È curioso osservare che tre anni prima dell'uscita di questo saggio, uscì un
altro testo che riuniva gli interventi di un seminario sulla storia delle donne, a
cui fu dato il titolo di Une histoire des femmes est-elle possible? ovvero Una
storia delle donne è possibile?
Da un lato dell'Oceano nel 1970 la storia delle donne offre già alle studentesse
reali possibilità di ricerca e di carriera, con condizioni materiali per portare
avanti i loro studi in quest'ambito, in uno scambio ricco e costante con le
precedenti generazioni di storiche dovuto al contesto particolare del Campus,
sconosciuto nel vecchio continente. In Europa, tredici anni dopo, le storiche si
chiedono ancora se una storia delle donne sia possibile: una denuncia della
difficoltà di trovare un proprio spazio nel mondo e una propria identità da
parte di queste studiose, che vedevano la loro disciplina trattata ancora come
una nota a margine rispetto al potere della storia istituzionale.
Qui, la storia delle donne non riesce ad avere un suo statuto, una forza pari a
quella americana, anche perché non esiste una tradizione come quella dei
Cultural Studies in America, che avrebbero spianato un po' la strada a queste
storiche. A differenza degli Stati Uniti, in Europa non nasceranno mai (ad
eccezione dei paesi anglofoni) corsi di laurea specifici. Di conseguenza la
storia delle donne non costituirà mai, come succedeva invece negli Usa, una
possibilità di carriera. Partire da questa analisi permette di capire meglio i
motivi della diversità della produzione femminista dei due paesi: a mio parere,
le storiche femministe in Francia, così come in Italia o in altri paesi europei,
hanno dovuto guadagnarsi uno spazio con molta più fatica rispetto alle loro
8
colleghe americane. Anche loro dovevano chiaramente lottare contro
un'establishment che si opponeva, ma vi erano comunque i presupposti storici
perché la disciplina potesse acquistare autorevolezza, mentre in Europa
mancavano non solo i mezzi materiali, ma erano inesistenti anche i
presupposti culturali.
Nel capitolo successivo propongo il lavoro, ormai ben noto in Italia e in
Europa, di Natalie Zemon Davis, una storica statunitense che si occupa però
della storia europea.
La sua opera più nota, La storia delle donne in transizione , analizza quelli che
sono stati gli esempi di storia delle donne nel passato, partendo addirittura da
Plutarco, con le sue biografie di donne virtuose passando per la storia delle
donne illustri riprese dal Boccaccio, arrivando fino alle biografie di singole
donne che hanno avuto ruoli politici importanti o vite conosciute.
La trattazione di Zemon Davis si sofferma poi sul lavoro di due sociologi,
Clark e Abensour, che aprono un nuovo modo di fare ricerca sociale,
includendo anche le donne. Rispettivamente nel 1919 e nel 1923 compiono un'
analisi della donna nella società francese, la prima intitolata La vita e il lavoro
delle donne nel XVII secolo e la seconda, di Léon Abensour, intitolata La
donna e il femminismo in Francia prima della rivoluzione.
Con osservazione precisa e puntuale Zemon Davis individua tutti gli aspetti
innovatori di questi due studiosi rispetto alle precedenti forme di scrittura sulle
donne. Passa poi ad una proposta di miglioramento in merito al metodo e alle
fonti usate.
La sua tesi è che la storia delle donne dovrebbe tendere, nel suo percorso, alla
9
creazione di una storia di genere, una storia che non si soffermi sullo studio
delle donne come gruppo sociale isolato, che stimoli la ricerca sui rapporti tra
i due generi.
Come infatti uno storico della classe contadina non può analizzare la vita dei
contadini senza studiare anche la borghesia così, se si vuole studiare la vita
delle donne, non si può prescindere dallo studio degli uomini, poiché l'identità
dell'uno si forma in rapporto dialettico con l'altro.
L'origine ebraica di questa storica, la sua abitudine personale a essere nel
mezzo di culture diverse è forse l'elemento che più l'ha spinta ad un'opera di
mediazione anche nella materia dei suoi studi. Pur lavorando negli Stati Uniti,
si occupava di storia francese e il suo saggio più famoso riguarda la storia
delle donne in Europa. Il linguaggio e i toni da lei usati mostrano un desiderio
di continuità col lavoro delle altre storiche del vecchio continente, a differenza
di un'altra autrice altrettanto importante quale Joan Scott, che si pone più
lontana dall'Europa e scrive evidentemente per un pubblico americano. Basti
pensare che uno dei suoi saggi principali (inserito nel capitolo quarto di questa
mia trattazione) è Genere: un'utile categoria di analisi storica , che nel titolo
originale si presentava come Gender: a useful category of historical analysis .
Ma per le storiche europee questo termine, gender , non aveva lo stesso ampio
significato che aveva in America. La traduzione italiana, genere , così come
quella francese, genre, fanno riferimento a una rete di significati diversi, a un
sistema simbolico diverso, e probabilmente anche a un referente diverso.
Per questo l'opera di Joan Scott, pur geniale e rivoluzionaria a mio parere, non
poteva essere capita fino in fondo.
10
Ho inserito per ultimo il saggio di Zemon Davis proprio per sottolineare come
un campo così ampio e complesso come la storia delle donne debba
necessariamente stare nel mezzo, come fa questa autrice. Stare nel mezzo vuol
dire saper trovare il proprio spazio negli interstizi tra diverse discipline, vuol
dire saper scavalcare i confini per muoversi costantemente da un paese a un
altro, integrare nel proprio sguardo categorie di altre realtà sociali.
Certo il contributo delle storiche statunitensi è stato fondamentale, soprattutto
per la loro elaborazione di una teoria storica. La sopracitata Joan Scott inoltre
ha anch'essa fatto una proposta simile a Davis, ovvero di studiare non solo le
donne ma i rapporti di potere tra i due sessi, utilizzando il genere come
categoria di analisi. Il carattere scientifico della sua proposta è di alto valore.
Ma in Europa è stata guardata con sospetto, mentre Davis è stata accolta anche
dalle storiche più scettiche nei confronti degli Stati Uniti.
La genialità della proposta di Scott è stata forse incompresa in Europa proprio
per l'approccio molto diverso che avevano le storiche europee allo studio delle
donne.
Come antropologa, quindi, mi sento di sposare lo stile di Zemon Davis, che
cerca il dialogo con altri modi di fare storia delle donne, pone in collegamento
paesi diversi, abbraccia discipline diverse (basti pensare che il suo interesse va
dall'antropologia alla filmografia storica). Da antropologa ho voluto dare
maggior rilievo a questa autrice, che ha plasmato la sua identità a metà tra due
mondi, che ha saputo costruire e definire una disciplina lasciando però
morbidi i suoi confini, aperti a contaminazioni e rimodulazioni, mostrando nel
suo lavoro un'abilità all'empatia che solo le donne hanno saputo sviluppare.
11