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Introduzione
La naturale configurazione geografica d'Italia, definisce la presenza di un
gran numero d' impianti di trattamento di acque reflue per piccole comunità,
localizzati in zone collinari e di montagna. A causa di una serie di motivi
(ad esempio, la necessità di personale qualificato, la distanza dai principali
impianti di trattamento, ecc...), la gestione e la manutenzione di questi
impianti comporta, normalmente, elevati costi specifici. Inoltre, anche nel
caso di vecchi impianti, per eventuali interventi di up-grading, sono
necessari considerevoli investimenti.
Le recenti normative europee e nazionali, impongono limiti stringenti sia
per le aree sensibili sia per gli impianti di piccola taglia che, di
conseguenza, richiedono trattamenti aggiornati e avanzati per la rimozione
di carbonio e di sostanze nutritive.
Il problema risiede nella scelta, tra le soluzioni di processo disponibili, di
quella più idonea per le caratteristiche della rete fognaria, per minimizzare i
costi di investimento e per una continuità delle prestazioni nonostante la
variabilità dei carichi idraulici e di massa influenti. Le tecnologie
tradizionali richiedono un ampliamento, quindi notevoli investimenti
finanziari.
Il presente elaborato di tesi ha come oggetto lo studio degli impianti di
depurazione a servizio di piccole comunità, vale a dire quelle con una
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popolazione fino a 5000 abitanti equivalenti AE (AE esprime il carico
inquinante di un impianto di depurazione a servizio di una particolare
utenza civile o industriale, facendo riferimento in termini omogenei e
confrontabili a quello di utenze esclusivamente civili). Vengono trattate le
tecniche di depurazione che meglio potrebbero operare in questo contesto
(sia per il rendimento depurativo sia per la facilità della gestione, che risulta
essere molto particolare, tale da rispettare D. Lgs. N. 152 dell‟11/09/1999.
Si tratta comunque di una classificazione convenzionale; spesso si
considerano piccole comunità quelle che hanno una popolazione inferiore ai
2000 abitanti oppure inferiore ai 10000.
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1.La legislazione sulle acque.
1.1 Quadro legislativo
Il Quadro normativo nazionale in tema di tutela delle acque
dall‟inquinamento è costituito dal D.Lgs. n. 152 dell‟ 11/05/1999
“Disposizioni sulla tutela delle acque dall‟ inquinamento e recepimento
della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue
urbane e della direttiva 91/676/CEE concernente la protezione delle acque
dall‟ inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole”,
seguito da un aggiornamento con il D.Lgs. n. 258 del 18 agosto 2000 “
Disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 11 maggio 1999,
n. 152 in materia di tutela delle acque dall‟ inquinamento, a norma dell‟
articolo 1, comma 4, della legge 24 aprile 1998,n. 128”.
Il decreto legislativo recepisce e integra in particolare la normativa europea
del 1991 relativa al “Trattamento delle acque reflue urbane”. Indicata
impropriamente come Testo Unico sulle Acque, il D. Lgs. 152/99 –
modificato col D. Lgs. 258/2000 – definisce la disciplina generale per la
tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee perseguendo vari
obiettivi:
Prevenire l‟inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici;
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Migliorare lo stato delle acque e salvaguardare quelle destinate a
particolari usi;
Perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche,con priorità
per quelle potabili.
Ai fini dell‟ attuazione della L. 36/94 Legge Galli, il D.Lgs 152/98
interviene su alcuni punti in particolare per quanto attiene l‟adeguamento
dei sistemi di fognatura , collettamento e depurazione degli scarichi idrici,
nell‟ambito del servizio idrico integrato di cui alla legge 5 gennaio 1994 del
D.P.R. n. 236 del 24 maggio 1988 concernente la qualità delle acque
destinate al consumo umano.
Vengono valutati singolarmente i punti principali in cui si articola la
normativa.
1.2 I principi generali
Il presente Decreto Legislativo si presenta come momento di raccordo delle
varie disposizioni vigenti nel settore della tutela delle acque dall‟
inquinamento.
Gli obiettivi che il decreto si prefigge, sono organizzati in base a criteri
emergenziali che privilegiano, in ordine cronologico, le tematiche inerenti
la riduzione dell‟ inquinamento e il miglioramento delle acque in generale,
rispetto alle tematiche attinenti il mantenimento di determinate
caratteristiche qualitative e di utilizzo dei corsi d‟acqua. In sintesi, tali
obiettivi da privilegiare sono:
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Prevenire e ridurre l‟ inquinamento e attuare il risanamento dei corpi
idrici inquinanti;
Conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate
protezioni di quelle destinate a particolari usi;
Perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità
per quelle potabili;
Mantenere la capacità naturale di auto depurazione dei corpi idrici,
nonché la capacità di sostenere comunità animali e vegetali ampie e
ben diversificate.
Il raggiungimento degli obiettivi appena indicati si realizza attraverso i
seguenti strumenti:
L‟ individuazione di obiettivi di qualità ambientale e per specifica
destinazione dei corpi idrici;
La tutela integrata degli aspetti qualitativi e quantitativi nell‟ ambito
di ciascun bacino idrografico ed un adeguato sistema di controlli e di
sanzioni;
Il rispetto dei valori limite agli scarichi fissati dallo Stato, nonché la
definizione di valori limite in relazione agli obiettivi di qualità del
corpo recettore;
Adeguamento dei sistemi di fognatura, collettamento e depurazione
degli scarichi idrici, nell‟ ambito del servizio idrico integrato di cui
alla legge 5 gennaio 1994, n. 36;
L‟individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione dell‟
inquinamento nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;
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L‟individuazione di misure tese alla conservazione, al risparmio, al
riutilizzo ed al riciclo delle risorse idriche.
1.3 Obiettivi di qualità
Gli obiettivi di qualità contenuti nel decreto legislativo sono quindi due:
quello di “qualità ambientale” e quello di “qualità per specifica destinazione
d‟uso”. Nel primo caso, l‟obiettivo è correlato alla potenzialità della risorsa
idrica di mantenere le sue caratteristiche e di migliorare attraverso i processi
naturali di auto depurazione in modo tale da conseguire uno sviluppo
sostenibile, durevole e riproducibile, dell‟ insieme delle componenti che
caratterizzano la vita acquatica dei vari corpi idrici. Nel secondo caso,
l‟obiettivo di qualità per specifica destinazione d‟uso dovrà essere ricercato
e conseguito per le acque destinate alla produzione di acque potabili, per le
acque di balneazione, per le acque dolci destinate alla vita dei pesci e per
quelle destinate alla vita dei molluschi.
Il decreto fissa un orizzonte temporale – 31 dicembre 2016 – per il
conseguimento di una serie di una serie di obiettivi che possono essere così
riassunti :
Mantenimento o raggiungimento dell‟ obiettivo di qualità ambientale
2buono “ per i corpi idrici “significativi” ;
Mantenimento, ove già conseguito, del livello di qualità “elevato”;
Mantenimento o raggiungimento dell‟ obiettivo di qualità per
specifica destinazione.
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Lo strumento che consentirà di provvedere al coordinamento dei profili di
qualità è il Piano di Tutela; con tale Piano le regioni potranno definire
obiettivi di qualità più elevati, oltre ad attribuire ad i vari corpi idrici
ulteriori destinazioni e altrettanti obiettivi di qualità.
1.4 Tutela dei corpi idrici e disciplina degli scarichi
Il concetto di area sensibile costituisce un altro aspetto innovativo
introdotto dal D.Lgs. 152/99 rispetto alla precedente normativa.
Con gli articoli 18, 19, 20, 21 si introducono delle norme da applicare a
contesti territoriali (aree sensibili), caratterizzati da un sistema idrico, che
necessitano di specifiche misure di prevenzione e che per tali ragioni
devono trovare adeguato accordo con le normative generali di tipo
urbanistico territoriale.
Con gli articoli 22, 23, 24 viene legato il concetto di tutela quantitativa a
quello della tutela qualitativa delle risorse idriche. La pianificazione degli
usi delle acque, da intendersi in senso quantitativo, costituisce il
presupposto affinchè la tutela qualitativa possa meglio conseguire i propri
obiettivi, consentendo di realizzare il carattere di “sostenibilità” del
consumo idrico.
Vengono applicati i principi della direttiva 91/271/CEE in materia di acque
reflue urbane e determina gli orizzonti temporali entro cui attuare e
realizzare le reti fognarie. Tali termini temporali sono:
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31 dicembre 2000 per agglomerati con più di 15000 abitanti
equivalenti;
31 dicembre 2005 per agglomerati con un numero di ab. Eq.
Compreso tra 2000 e 15000.
Per le acque afferenti aree sensibili si stabilisce che gli agglomerati con più
di 10000 abitanti equivalenti siano provvisti di rete fognaria, senza
specificare i tempi.
Per quanto attiene gli scarichi di acque reflue urbane, la presente normativa,
oltre a confermare la necessità di non superare determinate concentrazioni
di sostanze, determina la possibilità di recapitare gli scarichi a corpi idrici
ricettori in funzione degli obiettivi di qualità che questi corpi idrici devono
mantenere o migliorare. Ad ogni modo gli scarichi devono rispettare dei
valori massimi di concentrazione di sostanze inquinanti stabiliti dall‟
allegato 5 del presente decreto.
Come per la realizzazione di reti fognarie, anche per gli scarichi di acque
reflue urbane vengono stabiliti dei limiti temporali entro cui attuare una
serie di interventi;
Entro il 31 dicembre 2000 gli scarichi provenienti da agglomerati
con più di 15000 abitanti equivalenti devono essere sottoposti a
trattamento secondario;
Entro il 31 dicembre 2005 gli scarichi di agglomerato con meno di
2000 abitanti equivalenti che confluiscono in reti fognarie recapitanti
in acque dolci e in acque di transizione devono essere sottoposti ad
un trattamento appropriato;
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Gli scarichi provenienti da agglomerati con meno di 10000 abitanti
equivalenti in aree marino – costiere devono essere sottoposte ad un
trattamento appropriato;
Gli scarichi in acque dolci e in acque di transizione provenienti da
agglomerati con un numero di abitanti equivalente compreso tra
2000 e 10000 devono essere sottoposti a trattamento secondario;
Gli scarichi provenienti da agglomerati con un numero di abitanti
equivalenti compreso tra 10000 e 15000 devono essere sottoposti a
trattamento secondario.
Gli scarichi in aree sensibili devono essere sottoposti ad un trattamento più
spinto di quello previsto nelle situazioni appena descritte per gli
agglomerati con più di 10000 abitanti equivalenti.
1.5 Strumenti di tutela
Il Piano di Tutela è lo strumento scelto dal legislatore per costituire il punto
di raccordo delle conoscenze dello stato delle acque, della programmazione
degli interventi di risanamento e della funzione di prescrizione delle misure
di tutela dei corpi idrici necessarie al perseguimento degli obiettivi di
qualità sopra descritti.
Al fine di garantire la corretta stesura dei piani di tutela , le Regioni, dal 31
dicembre 2000, hanno elaborato dei programmi di rilevamento dei dati utili
a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico e a valutare l‟impatto
antropico. A questo scopo possono essere utilizzate anche le informazioni
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già acquisite in fase di redazione del Piano Regionale di Risanamento delle
Acque previsto dalla legge del 10 maggio 1976, n.319.
Di seguito si riportano le tabelle che definiscono i valori limiti di emissioni
tratti dall‟ Allegato n.5 del Decreto prima citato:
Tabella 1. Limiti di emissione per gli impianti di acque reflue urbane.
Potenzialità impianto in A.E.
(abitanti equivalenti)
2.000 – 10.000 >10.000
Parametri (media giornaliera)
(1)
Concentrazio
ne
% di
riduzione
Concentrazio
ne
% di
riduzione
BOD5 (senza nitrificazione)
mg/L (
2
)
25 70-90 (
5
)
25 80
COD mg/L (
3
) 125 75
125 75
Solidi Sospesi mg/L (
4
) 35 (
5
) 90 (
5
)
35 90
1. Le analisi sugli scarichi provenienti da lagunaggio o fitodepurazione devono essere
effettuati su campioni filtrati, la concentrazione di solidi sospesi non deve superare i 150
mg/L.
2. La misurazione deve essere fatta su campione omogeneizzato non filtrato, non
decantato. Si esegue la determinazione dell’ossigeno disciolto anteriormente e
posteriormente ad un periodo di incubazione di 5 giorni a 20°C 1°C, in completa
oscurità, con aggiunta di inibitori di nitrificazione.
3. La misurazione deve essere fatta su campione omogeneizzato non filtrato, non decantato
con bicromato di potassio.
4. La misurazione deve essere fatta mediante filtrazione di un campione rappresentativo
attraverso membrana filtante con porosità di 0,45 m ed essiccazione a 105°C con
conseguente calcolo del peso, oppure mediante centrifugazione per almeno 5 minuti
(accelerazione media di 2800-3200 g), essiccazione a 105°C e calcolo del peso.