INTRODUZIONE
Il metodo della vacanza all-inclusive è entrato a far parte da anni della mentalità
comune ed è ormai abitualmente adottato da molte strutture sia in Italia che all'estero,
alla maggior parte degli italiani è capitato almeno una volta di trascorrere una
vacanza in villaggio e ormai a tutti quanti è ben chiara nella mente la figura
dell'animatore turistico, non sono all'interno del contesto di vacanza. Sono molti oggi
infatti i professionisti dello spettacolo, del giornalismo e della comunicazione che
ammettono senza vergogna di arrivare dal “mondo villaggio”, dichiarando anzi
quanto il valore formativo e professionale dell'esperienza sia stato fondamentale per
costruire nel tempo la propria carriera lavorativa.
Il ruolo di questa figura, che per anni è stata considerata negativamente sia a livello
professionale che “etico” («possono farlo tutti, è un lavoro improvvisato e che non dà
futuro», «gli animatori sono pagati per stare in vacanza e circondarsi di donne»), si
sta con il tempo sdoganando, se ne inizia a riconoscere la ricchezza e sta acquisendo
sempre più professionalità, nonostante ciò la bibliografia sull'argomento rimane
povera. Esistono in commercio manuali per animatori, analisi sulle professioni del
turismo, testi sulle modalità contrattuali adottate nel settore, come se l'argomento
potesse essere affrontato solo da chi esercita la professione in prima persona o dal
punto di vista economico/giuridico. Le dimensioni sociale e di spettacolo non
vengono prese in considerazione, seppure altrettanto ampie e rilevanti.
Attraverso l'utilizzo soprattutto di interviste e testimonianze dirette di personaggi
che lavorano o hanno lavorato nel settore dell'animazione turistica (qui raccolte in
Appendice), coadiuvate da supporti bibliografici a volte anche apparentemente
lontani dalla materia trattata, ho cercato di affrontare l'argomento mantenendo la
figura dell'animatore sempre al centro delle riflessioni, analizzando sia l'apparenza
che il “dietro le quinte” professionale e sociale, insieme alla dimensione “altra”
costituita da tutte le componenti presenti all'interno del villaggio turistico.
Il primo capitolo è di profilo sostanzialmente storico. Viene esposta la storia di
come sia nata la realtà dei villaggi turistici negli anni '50 ad opera del Club
Méditerranée e al suo interno il debutto dei primi animatori, denominati Gentils
Organizateurs; si racconta la nascita della realtà italiana, grazie al racconto di uno
dei protagonisti principali, Giancarlo Magalli, auto-proclamatosi il primo animatore
3
italiano; viene esaminata l'evoluzione dell'animazione turistica nei decenni con
l'aumento dei servizi offerti, la nascita del mini club e dei primi spettacoli serali e il
radicale cambiamento dell'approccio nei confronti dell'ospite effettuatosi nel tempo.
Si è inoltre reso necessario lo studio del contesto storico, sociale e culturale del
periodo di genesi e sviluppo dell'animazione turistica, che si inserisce in un'epoca di
grande trasformazione e cambiamento. Gli anni '60 del boom economico, le grandi
azioni di emancipazione delle donne, l'avvento delle giovani generazioni che per la
prima volta esistono come soggetti precisi e indipendenti e la comparsa di figure
simili per molti fronti a quella dell'animatore turistico, come gli animatori teatrali e
culturali.
Il secondo capitolo affronta la realtà attuale degli animatori turistici, analizzandola
in primis dal punto di vista statistico e giuridico, attraverso i dati occupazionali
relativi alla stagione estiva 2010 e i cambiamenti avvenuti nel tempo
nell'inquadramento professionale; successivamente ho cercato di delineare gli steps
di selezione e formazione degli animatori insieme alle principali caratteristiche
attualmente ricercate da agenzie e tour operators, analizzando poi nel particolare
l'impatto concreto con l'inizio del lavoro, ovvero il momento dell'ottenimento della
maglietta della divisa, banale e semplice, quanto efficace, passepartout. Seguono
analisi più particolareggiate riguardo l'organizzazione interna di un'équipe e delle
attività sia diurne che serali del programma d'animazione, che si soffermano più sulle
modalità di lavoro che sulla semplice enumerazione delle attività stesse.
Infine, il terzo ed ultimo capitolo traccia una mappa orientativa su quelli che
possono essere le opportunità lavorative successive alla carriera da animatore
turistico, nei settori dello spettacolo, della cultura e della comunicazione, portando ad
esempio nomi celebri del panorama italiano. Le conclusioni e riflessioni finali si
raggruppano intorno a considerazioni di personalità quali Guy Debord, Marshall
McLuhan, Marc Augé che ho ritenuto corrispondenti alla realtà del villaggio e
dell'animatore turistico, che andassero al di là delle valutazioni fino a quel punto più
concrete e di natura tecnica. Le considerazioni sulla società dello spettacolo, la
definizione del villaggio globale e della città mondo concludono il percorso attorno
alla figura dell'animatore turistico e della dimensione del villaggio.
4
CAPITOLO PRIMO
1. Nascita dell'animazione turistica
Infrazione delle regole, libertà totale, abbandono delle inibizioni. “Come è
possibile che viaggiatori rispettabili possano cadere tanto in basso in un paio di
settimane di vacanza?” si chiedevano i giornalisti di un quotidiano di Stoccolma
nell'estate del 1962. Nulla di strano, se si pensa che la vacanza al mare da quando è
nata nel XIX secolo è sempre stata bollata come immorale e fonte di peccati
inconfessabili: da sempre la necessità di spogliarsi per immergersi in acqua ha
indotto, secondo i benpensanti, alle più basse e spregevoli tentazioni. Inoltre,
spiaggia e mare sono diventati, col tempo e con l'avvento della villeggiatura di
massa, sinonimo di pigrizia, di non azione, anche perché non esiste tuttora attività
più debilitante fisicamente dello stare fermi per ore al sole
1
.
Questi i presupposti della nascita della figura dell'animatore turistico, che avrebbe
sicuramente reso più movimentata la pigra e rilassata vita dei villeggianti di mare a
partire dai primi anni '60, ma non certo più illibata. Nati negli anni '50, i villaggi
turistici del Club Méditerranée vennero considerati da subito luoghi di perdizione e
peccato, fino all'arrivo in massa delle famiglie, dalla fine degli anni '60, e l'immediata
nascita (per i Club Méditerranée parliamo del 1967) del mini club, l'animazione
indirizzata ai piccoli ospiti, nata per regalare un po' di relax anche a mamme e papà
in vacanza.
Gilbert Trigano, ebreo d'origine, giornalista e attivo partigiano francese durante la
seconda guerra mondiale, al termine del conflitto eredita le redini dell'impresa di
famiglia che produce tende per campi militari. Con la fine della guerra ne avanzano
molte, deve trovare il modo di riutilizzarle o il rischio è la bancarotta. Nello stesso
periodo, Gérard Blitz, pallanotista belga reduce da un bronzo con la nazionale alle
Olimpiadi di Berlino del 1936, comincia a progettare una nuova idea di villeggiatura
dopo aver soggiornato per un periodo di allenamento al club olimpico di Calvi, in
Corsica, nel 1949. È così che, nell'aprile del 1950, Blitz acquista un centinaio di
tende da campo da Trigano, i due si mettono in società e aprono il loro primo
villaggio ad Alcuida, nelle isole Baleari, sull'isola di Maiorca. In verità, all'epoca già
1
Elisabetta Reggio, Professione animatore – Hoepli, Milano 2006, pag. 3.
6
esistono dei villaggi vacanze, ma costruiti dai partiti politici affinché in essi si
approfondisca l’identità ideologica necessaria per il consenso governativo, offrendo
alle famiglie dei “buoni vacanza” (iniziativa analoga ai pacchi natalizi e alle opere
assistenziali distribuiti in Italia durante il Ventennio fascista). La novità del villaggio
costruito nelle Baleari consiste nel rappresentare il punto di partenza dal quale il
nuovo scenario turistico si evolve. Esso costituisce, in tal senso, la prima proposta di
investimento del tempo libero in maniera “apolitica”: il suo intento non è né la
“promozione di ideali politici”, né la “fabbricazione di consenso”, ma soltanto
“evadere la realtà”, in maniera legale e naturale.
“Vivere in comunità su un'isola per il periodo delle vacanze e far condividere a tutti
la scoperta degli sport marini”
2
, è questa l'idea geniale e rivoluzionaria portata avanti
da Blitz. “Lo scopo della vita è essere felici, il posto per essere felici è qui, il
momento è adesso”, non è difficile leggere tra le righe la sua futura passione per lo
yoga e la filosofia zen, di cui si farà promotore in tutta Europa negli anni successivi,
diventandone un vero e proprio guru. E i Gentili Membri di questa neonata realtà
associativa denominata Club Méditerranée, creano, per un periodo minimo di quattro
mesi (e per la “modica” cifra di 130.000 franchi, ma si arrivava anche fino a
240.000), una sorta di comunità ideale temporanea, lontana dal mondo, dove
vengono istruiti agli sport marini e intrattenuti durante il giorno e le serate da giovani
e aitanti Gentils Organisateurs (così Gérard Blitz battezza i primi animatori).
Giovanotti che verranno definiti “gli stalloni della vacanza” su un articolo del
“Corriere della Sera”
3
di qualche anno più tardi. Gli ospiti delle strutture in principio
sono per lo più donne, le prime single, figlie dell'emancipazione femminile in pieno
fermento in quegli anni. Emblematiche quindi le famose quattro “S” che inquadrano
la filosofia iniziale della vacanza in villaggio: sun, sea, sand, sex (sole, mare,
spiaggia, sesso, alle quali gli inglesi ne aggiungono una quinta, spirits, gli alcolici). È
quindi facile capire le motivazioni dell'iniziale fama poco raccomandabile dei
villaggi turistici. E degli animatori, fino ad allora solamente uomini.
Questi primi villaggi turistici, denominati così proprio per la vicinanza ideale ai
tradizionali villaggi delle tribù africane, sono strutture spartane, praticamente
campeggi nei quali il turista trova la tenda già montata, il faret. I servizi igienici sono
2
Federico Baldarelli, http://www.professioneturismo.net/, sezione “Approfondimenti”.
3
Intervista a Turi Sidoti Olivo, responsabile Risorse Umane per iGrandiViaggi Spa, Milano, 12
ottobre 2010 (cfr. qui in Appendice).
7
in comune e i pasti si cucinano a turno nella cucina – refettorio. La tappa successiva
è quella di sostituire le tende con i tukul, una sorta di capanne circolari, costruite in
7legno e paglia col tetto di canna. Con l'arrivo delle prime leggi che regolamentano
le costruzioni, il villaggio diventa una sorta di “albergo in orizzontale”, completo di
reception, ristorante, spazi comuni, anfiteatro, impianti sportivi e quant'altro. I tukul
si trasformano in vere e proprie casette indipendenti, ancora oggi semplici ed
essenziali, ma dotate di servizi autonomi e di ogni comfort.
In Italia la legge quadro per il turismo, arrivata solo nel 1983, è la prima a
regolamentare il villaggio turistico. L'articolo 6 comprende un lungo elenco di
strutture ricettive definite extra-alberghiere, fra le quali compaiono i villaggi turistici,
definiti “esercizi ricettivi aperti al pubblico, a gestione unitaria, attrezzati su aree
recintate per la sosta ed il soggiorno in allestimenti minimi, di turisti sprovvisti, di
norma, di mezzi autonomi di pernottamento”. In sostanza questa denominazione non
fa altro che richiamare la tipologia iniziale del villaggio, quella costituita di tende e
tukul. Quindi, la legge arrivata tardi non riesce a dare una definizione al passo con i
tempi, e i nuovi villaggi costruiti da allora fino ad oggi sul territorio italiano sono da
considerarsi alberghi, o villaggi-albergo
4
.
Nella seconda metà degli anni '50 Club Méditerranée apre il primo villaggio al di
fuori del Mediterraneo, a Tahiti, e viene inaugurato il primo villaggio invernale a
Leysin, in Svizzera, che offre lezioni di sci e di altri sport invernali. Tra gli anni '60 e
'70 il Club sbarca ai Caraibi, in Guadalupa, in Israele, in Marocco e in Costa
d'Avorio; negli anni '80 e '90 arriva la vera conquista del mondo con villaggi a Bora
Bora, Messico, Malesia, Bahamas, Maldive, Brasile, Nuova Caledonia, Arabia
Saudita, Giappone e altri.
Ma le trasformazioni del Club Méditerranée non si limitano alla sola questione
strutturale o di espansione geografica. Nel 1963 il club abbandona lo statuto
associativo per diventare una vera e propria impresa commerciale, dandosi la
possibilità di ampliare la clientela, fino ad allora limitata ai soli soci. Quell'anno vede
il debutto alla guida dell'azienda da parte di Gilbert Trigano in persona, guida che
durerà fino al 1993. Sono i trent'anni che si rivelano di maggiore espansione del club.
Negli anni '90 sopraggiunge una forte fase di declino dovuta all'aumento della
4
E. Reggio, op. cit., pagg. 8-9.
8
concorrenza. Dal 1995 Club Méd cessa di esistere come club in senso legale,
diventando azienda a tutti gli effetti. Entrano in gioco nuovi azionisti, tra i quali
l'italiano Gianni Agnelli, che porta denaro nelle casse del club e agevola l'apertura di
villaggi in Italia, il primo dei quali viene costruito nel golfo dei Baratti, in Toscana.
Ancora oggi Club Méd rimane il maggiore operatore nel settore dei villaggi
turistici, con centocinquanta strutture sparse per tutto il mondo e un milione e mezzo
di clienti l'anno. Dai villaggi con le capanne spartane, fedeli alle origini, destinate ai
più giovani dove l'ospite deve anche rifarsi il letto, all'incredibile lusso del villaggio
alle Bahamas con ristoranti aperti ventiquattro ore al giorno, passando per il villaggio
dedicato ai golfisti, una peculiarità dell'azienda è la capacità di diversificare l'offerta,
adeguando i villaggi alle nuove esigenze in via sperimentale, ed eventualmente
estendendola
5
.
Dopo essere stato prevalentemente meta di single e coppie, dalla fine degli anni '60
in villaggio aumenta la presenza delle famiglie, e nel 1967 nasce il primo mini club
firmato Club Méd che permette ai genitori di godere al meglio delle attività che il
villaggio propone, lasciando il divertimento dei pargoli nelle mani delle prime
animatrici donne, fino a quel momento quasi completamente assenti nelle équipe. Si
passa dal sogno di una comunità perfetta lontana da tutto, al comfort di una vacanza
all-inclusive, tutto compreso, dove attività sportive fino ad allora considerate elitarie,
come il tennis, il golf, l'equitazione o gli sport marini delle origini, arrivano alla
portata di qualunque famiglia appartenente al nascente ceto medio, in una sorta di
graduale “democratizzazione” della vacanza
6
.
Ma quella del Club Méditerranée non è l'unica realtà turistica esistente, né tanto
meno la sola origine possibile della figura dell'animatore turistico. I G. O.
7
francesi
inizialmente organizzano le attività diurne, quindi escursioni e corsi sportivi
(divenuti più corposi ed organizzati dalla fine degli anni '50, in seguito ai primi
investimenti importanti per attrezzature e impianti sportivi), per lo più di sport
marini, e improvvisano le serate in collaborazione con gli ospiti: falò sulla spiaggia
con le chitarre, spettacoli improvvisati con barzellette o esibizioni divertenti, nottate
a osservare le stelle. Sono i Gentili Organizzatori della vacanza, il loro scopo è
5
Ibidem.
6
F. Baldarelli, art. cit.
7
Sigla per “Gentils Organisateurs”.
9
organizzare e rendere il più piacevole possibile la permanenza in villaggio dei soci
del club, dando loro occasione e pretesto di far festa ad ogni ora del giorno e della
notte.
I primi ospiti dei villaggi cercano in quel tipo di vacanza qualcosa di molto diverso
dal proprio quotidiano, e soprattutto intendono darsi alla trasgressione, facendo tutto
ciò che non è consentito loro di fare durante l'anno. In quest'ottica, l'animazione
diventa una sorta di gioco a squadre, dove l'eterna competizione tra animatori e
ospiti, (condita anche da un pizzico di sana invidia da parte di questi ultimi verso
questi bellocci che per tre, quattro mesi l'anno vengono pagati per divertirsi in posti
da favola circondati da giovani donne single e avvenenti) crea un clima di festa
continua, soppiantato oggi da quello che è diventato un “modo scientifico per far
divertire le persone”. Gli animatori oggi sanno capire quando l'ospite vuole essere
coinvolto e quando invece vuole essere lasciato tranquillo, all'insegna della massima
competenza e professionalità. Si può dire che si è passati dalla quantità, in cui l'ospite
voleva essere stimolato e interpellato ventiquattro ore su ventiquattro, alla qualità, in
cui il contatto tra ospiti e animatori avviene nei momenti e nel modo giusto.
La vita del villaggio era molto essenziale. Ci si dava tutti del tu, abitudine che
caratterizza ancora oggi la vita del villaggio turistico, perché è un modo semplice di
avvicinare le persone, di farle fraternizzare. Si era quasi sempre in costume da bagno
o in pareo e gli ospiti erano molto ben disposti all'assoluto divertimento. Si puntava
all'assoluta libertà di abbigliamento e di spirito, abbinata a luoghi di particolare
bellezza. Ci si liberava dei vestiti e dei soldi, per i pagamenti si usavano delle palline
colorate. Si usciva totalmente dalla vita quotidiana, non c'erano televisori nelle
camere, così come quasi nessun contatto esterno. Al contrario, c'era un modo di
comportarsi e rapportarsi finalizzato al tentativo di far dimenticare all'ospite tutti i
problemi del quotidiano. Si cercava di valorizzare ogni singolo ospite per quello che
effettivamente aveva voglia di esprimere e che nella vita di tutti i giorni veniva
represso. Si dava alle persone la possibilità di essere sé stesse.
Ancora oggi, chi sceglie il soggiorno in villaggio lo fa proprio perché si aspetta che
qui i problemi vengano risolti, che la vita che conduce nei pochi giorni di
permanenza gli sia resa facile. Il villaggio è un'oasi dove si cerca di ritrovare ciò che
manca nella società in cui si vive quotidianamente. La new age (il lungimirante
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