Capitolo 1
Inquadramento geologico
1.1 Ubicazione dell’area di studio
L’area di studio trattata nella presente tesi ricade nel foglio n° 238 tra il quadrante IV NE sezione D
( Torre Melissa) (Fig.1) e il quadrante IV NO sezione A (Strongoli) (Fig.2) della carta dell’Istituto
Geografico Militare con scala 1:10.000. Approssimativamente l’area è situata a Nord Ovest del
comune di Torre Melissa (KR), a Sud del Torrente Lipuda, nei pressi del rilievo Timpa Bianca ad
una altitudine di circa 250m sul livello del mare.
Fig.1 carta geologica di Torre Melissa Fig.2 carta geologica di Strongoli
Unione delle due carte con ubicazione dell’area di studio
1.2 Inquadramento geolitologico
V olendo affrontare una trattazione geologica completa non si può prescindere dall’inquadrare l’area
dal suo contesto geologico più generale.
La zona di interesse ricade, infatti, in una più ampia area la cui storia geologica è molto particolare
e interessante.
Durante il Miocene medio si è avuta una generale trasgressione al di sopra del basamento
cristallino silano di depositi afferenti al complesso Postorogene. Questo ha portato alla formazione
di molti bacini di limitate dimensioni di cui tre sono i più importanti:
Il Bacino Rossanese, posto a NE della Sila Greca, il Bacino Crotonese a oriente della Sila Grande e
della Sila piccola, e il terzo bacino denominato bacino di Cirò. I primi due si sono trasformati in
bacini chiusi con sedimentazione prima euxinica e quindi evaporitica tanto che oggi sono famosi
bacini di sfruttamento minerario di giacimenti di salgemma e zolfo, mentre il terzo, che si posiziona
intermedio fra i precedenti, se ne differenzia per la continuazione della sedimentazione del tutto
detritica.
Tutti e tre fanno parte di un più generale complesso denominato Complesso Crotonide da Ogniben
(1955).
La particolarità di questo complesso sta nella messa in posto di terreni per trasporto fra la fine del
Tortoniano e quella del Messiniano, causata da retroscorrimenti, vergenti verso i quadranti
occidentali. Durante questo periodo si nota una sostanziale uniformità di sedimentazione in tutta la
Calabria orientale e la zona settentrionale della Sila. Solo la zona dell’alto di Melissa, una zona
molto prossima all’area di sondaggio, si distingue per la grana grossolana dei conglomerati basali.
L’area di studio venendosi a trovare al confine con la parte più a Nord del Bacino Crotonese e
all’estremo Sud della falda di Cariati rende necessario la trattazione di entrambi i bacini.
La parte settentrionale del bacino Crotonese è stata ampiamente studiata sia da Ogniben (1955) che
da Roda (1965).
Entrambi mettevano in evidenza la formazione arenaceo-conglomeratica e conglomerati massicci ed
arenarie brunastre che costituiscono la monoclinale della Molassa a Clipeastri posti alla base del
Complesso Postorogeno, seguiti da argille marnose di età tortoniana, a loro volta seguite dai
depositi messiniani di calcare di base ed una spessa formazione argilloso-arenaceo-gessoso-salina.
Sopra queste si hanno le argille scagliose caratterizzanti tutto il versante nord del bacino.
Una documentazione molto fornita invece della zona Sud della regione di Cariati c’è stata fornita da
Cotecchia (1963) che descrive una successione di formazioni, iniziando dai conglomerati basali
trasgressivi di età medio-elveziana e le arenarie a clipeastri potenti fino a 150 m seguite dalle argille
marnose grigio-azzurre di età elveziana-tortoniana. Seguono le arenarie grigio-giallastre di Scala
Coeli potenti oltre 200 m, di età tortoniana, poi le marne fogliettate deposte in ambiente euxinico e i
gessi e arenarie gessifere su cui si estende una coltre di argille scagliose varicolori del Complesso
Crotonide. Su queste si hanno le argille marnose e siltose e infine seguono le sabbie gialle ed argille
marnose azzurre di età calabriana e depositi terrazzati di età medio-pleistocenica.
Per quanto riguarda in particolarità l’area di indagine, che costituisce la transizione del Bacino
Crotonese con la zona di Rossano-Cirò, al di sotto della grande colata di argille policrome per lo più
caotiche, si sono venute a deporre: argille marnose grigio chiare con sottili intecalazioni arenacee,
argille siltose e silt con numerose sottili intercalazione arenacee, silt grigi ed argille siltose con
intercalazioni arenacee a stratificazione incrociata. Sono tutte facies di flysch e fanno parte della
formazione che Roda denominava Sabbie Giallastre. Sono presenti nella zona inoltre intervalli di
depositi arenacei e clastici con granulometria variabile. Nella parte più superficiale si ritrovano i
conglomerati dei terrazzi marini ed alluvionali e le formazioni della piana costiera da Torre Melissa
verso Cirò Marina.
E’ facile notare che l’area che circonda il futuro parco eolico comprenda per lo più sedimenti a
granulometria medio-fine come silt, argille, sabbie, e qualche conglomerato che verranno anche
evidenziati durante i lavori di carotaggio con le relative schede stratigrafiche.
1.3 Inquadramento Geo-strutturale
Gli aspetti dominanti dell’attuale morfologia e lassetto tettonico dell’Arco Calabro e dell’
Appennino meridionale si sono prevalentemente delineati negli ultimi 2-3 milioni di anni,
nell’ambito di una drastica variazione del quadro deformativo che ha interessato tutta l’area
mediterranea centrale. Gli eventi tettonici più chiaramenti documentati in questa fase evolutiva si
possono così sintetizzare:
• L’attività accrezionaria è cessata nell’Appennino meridionale.
• La tettonica distensiva è terminata nel Tirreno centrale (bacino Magnaghi- Vavilov).
• L’Arco Calabro e Appennino meridionale hanno subito un veloce sollevamento
(1-2 mm/anno).
• L’attività accrezionaria sul fronte esterno dell’Arco Calabro ha subito una notevole accelerazione,
che ha portato alla formazione dell’Arco Calabro Esterno.
• Nella parte interna, tirrenica, dell’Appennino meridionale le deformazioni distensive plioceniche
sono state sostituite da una transpressione regionale sinistra che ha portato alla formazione di
numerosi sistemi di faglie trascorrenti, associate a deformazioni locali distensive e compressive
• L’attività accrezionaria si è riattivata lungo il bordo balcanico della placca adriatica, dopo una
fase di quiescenza durata per tutto il Pliocene.
La Calabria è quindi una regione giovane ben lontana dall’essere un’ area stabile, come evidenziato
dai punti sopra elencati. Questa instabilità ha prodotto, nel corso del tempo, una serie di elementi
morfo-tettonici e strutturali disseminati in tutto il territorio calabrese (Fig.3).
Fig..3 – "Inventario delle faglie attive e dei terremoti ad esse associabili" ( Guerra I. 1997)
E’ possibile notare che l’area di studio ricade proprio su uno di questi elementi strutturali, con
precisione:
16) Faglia di Melissa
Segmenti di faglia in archivio: 2
Rigetto max verticale: 400 m
Cinematica: normale
Periodo: Miocene superiore- Pliocene
Capitolo 3
Scopi e fasi delle indagini geotecniche
Lo scopo dell’indagine geotecnica è quello della caratterizzazione del sottosuolo per accertare la
fattibilità dell’opera, per individuare i procedimenti costruttivi più idonei, per prevedere l’influenza
dell’opera sulla zona circostante e quindi valutarne il grado di sicurezza a fronte di situazioni
naturali o di situazioni modificate dalla costruzione.
3.1 Accertamento di fattibilità
Per accertarsi che la costruzione dell’opera possa avere inizio bisogna tenere conto di:
a) la stabilità della zona prima e dopo la costruzione dell’opera.
b) Debbono essere noti assetto, natura e struttura del sottosuolo, mediante la raccolta di dati
riguardanti:
Caratteri topografici
Elementi geomorfologici
Regime delle acque superficiali
Regime delle acque sotterranee
Dati ricavati dalla letteratura
Comportamento dei manufatti esistenti nei dintorni
3.2 Indagini in fase di progetto
La caratterizzazione geotecnica va approfondita con lo scopo di approntare:
a) il progetto di massima
b) il progetto esecutivo cioè la scelta della soluzione definitiva ai relativi problemi tecnici. A
tal fine le indagini prevedono:
sondaggi con prelievo di campioni
prove in situ per la caratterizzazione geo-meccanica
misure idrogeologiche
prove di laboratorio sulle proprietà fisico-meccaniche
per gli ammassi rocciosi, osservazioni e misurazione delle discontinuità
3.3 Indagini in fase di costruzione
Le schematizzazioni progettuali vanno sottoposte a verifica ed eventualmente adattate alle
condizioni incontrate. Per effettuare il controllo si procederà:
raccolta dei dati geotecnici
rilevamento delle deformazioni o dei cedimenti delle strutture in costruzione e delle zone di
influenza
misura delle variazioni delle pressioni neutre
se presenti, controllo delle opere di consolidamento (es. pali, micropali etc.)
rilevamento di spostamenti di punti del manufatto
3.4 Programma e mezzi di indagine
La programmazione delle indagini deve tenere conto:
tipo, numero, posizione planimetrica e quota, profondità di scavo
numero di campioni da prelevare e loro posizione (es. campionamento a intervalli regolari),
modalità di campionamento, grado di qualità del campione.
3.5 Campionamento
Durante la fase di carotaggio o di scavo, grazie anche a particolari attrezzature in dotazione ai
macchinari di perforazione, si rivela molto utile e importante prelevare dei campioni di terreno o
roccia. Questi infatti, dopo essere stati analizzati dal laboratorio geotecnico, daranno utili
informazioni per l’identificazione dei parametri classificativi in termini di resistenza a trazione, al
taglio, a compressione ed altro, del terreno.
I campioni prelevati, almeno in teoria. debbono mantenere la struttura, la consistenza e il contenuto
d’acqua del terreno in sito.
Devono quindi essere “indisturbati”.
Come è facile immaginare il verificarsi di queste condizione a volte risulta molto difficile
soprattutto con alcune tecniche di sondaggio e nel caso di terre incoerenti.
In base al grado di disturbo e alla quantità di indicazioni geotecniche ottenibili, i campioni si
dividono in classi di qualità, come riportato in fig.4.
Il prelievo deve essere condotto tenendo conto sia del grado di qualità, sia della quantità necessarie
per le analisi di laboratorio
prove di classificazione ( limiti di consistenza, peso specifico dei granuli, granulometria) :
classe Q2 o superiore, da 0,5 a 1 kg.
Prove per la determinazione delle caratteristiche meccaniche ( resistenza al taglio,
compressibilità, permeabilità): classe Q5
Prove di compattazione (Proctor) su terre con diametro massimo di 5-20 mm: classe Q2 o
superiore, quantità 5 – 10 kg.
I campioni raccolti durante le indagini geotecniche si distinguono in:
1) Campioni da scavo:
Campioni disturbati (Q1, Q2, Q3) vanno conservati in cassette, barattoli o sacchi di
plastica.
Campioni a disturbo limitati o indisturbati ( Q4 e Q5) vanno prelevati con cilindri
campionatori a pressione infisse senza oscillazioni o rotazioni; il prelievo deve essere fatto
su fronti di scavo freschi, dopo aver rimosso la parte superficiale disturbata. Vanno
conservati in cilindri campionatori.
Campioni a blocco ( Q4 e Q5) direttamente tagliati delle pareti di scavo, vanno conservati in
fogli di plastica, legati con nastro adesivo, con un imballaggio morbido per prevenire rotture
2) Campioni da sondaggi:
Campioni disturbati o rimaneggiati ( Q1 e Q3): ottenuti da sondaggi a percussione, a trivelle
o sondaggi a rotazione. Questi tipi di campioni sono da conservare in cassette senza
protezioni contro perdite di umidità.
Campioni a disturbo limitato o indisturbati ( Q4 e Q5 ): Da conservare nello stesso tubo
campionatore che funge da contenitore con le estremità sigillate. Sulle estremità possono
essere eseguite misure di consistenza mediante penetro metro tascabile (P.P.) e scisso metro
(T.V .)
Campione indisturbati a blocco: nelle fasi di conservazione e trasporto devono essere
particolarmente protetti del calore e dal gelo, da scuotimenti e urti:
Fig. 4 Grafico del grado di qualità dei
campioni.
Tutti i campioni comunque devono essere identificati mediante etichette sia interne che esterne
con i dati relativi al campione come committente, cantiere, esecutore del campionamento,
numero del sondaggio, profondità di inizio e fine prelievo, data del prelievo.
Va inoltre annotato e specificato tipo e dimensioni del campionatore, metodo di infissione,
spinta richiesta per l’infissione, acqua nel foro di drenaggio, misure (P.P.) o (T.V .).
3.6 Sondaggi geognostici
I sondaggi consentono un’ispezione diretta del terreno e sono quindi utilizzati per la ricostruzione
stratigrafica delle formazioni attraversate e per il prelievo di campioni rappresentativi, da sottoporre
successivamente a prove di laboratorio.
Il termine sondaggio indica una perforazione effettuata nel terreno mediante un’attrezzatura
denominata sonda. Se lo scopo è quello di individuare il profilo stratigrafico del terreno, nonché
quello di prelevare campioni per le indagini di laboratorio, il sondaggio deve essere seguito con
attrezzature che consentano il prelievo di carote continue, e la perforazione viene definita in questo
caso a carotaggio continuo.
Se l’obbiettivo è invece quello di raggiungere una determinata profondità, per esempio allo scopo di
installare uno strumento di misura o prelevare un campione, è possibile utilizzare attrezzature che
disgregano il terreno, portando in superficie i frammenti in sospensione nel fluido di perforazione.
In questo secondo caso si parla di sondaggio a distruzione di nucleo.
Fanno parte dei sondaggi a distruzione di nucleo:
Sondaggi eseguiti con elica;
Sondaggi a percussione;
Fa invece parte dei sondaggi a carotaggio continuo:
Sondaggio a rotazione
3.6.1 Sondaggi eseguiti con elica
I sondaggi a elica sono eseguiti utilizzando un’elica collegata a una barra, che viene
alternativamente spinta ed estratta dal terreno. La profondità raggiungibile dipende dalla lunghezza
della barra, e l’intera procedura è in generale estremamente lenta a causa delle ripetute manovre di
spinta e di estrazione.
Più vantaggioso è l’impiego dell’elica continua per mezzo della quale si possono raggiungere
profondità fino a 50 m. Il diametro dell’elica è di solito compreso tra 75 e 300 mm e tale tecnica è
usata preferibilmente in argille. In modo da non dover ricorrere ad alcun mezzo di sostegno del
foro. In terreni instabili si ricorre all’uso di fango bentonico per evitare l’impiego di un
rivestimento, il cui inserimento richiederebbe la rimozione preventiva dell’elica.
Naturalmente l’utilizzo di tale attrezzatura non risulta possibile in depositi alluvionali o morenici,
caratterizzati dalla presenza di ciottoli e trovanti. Inoltre il principale limite di tale mezzo di
indagine è costituito dal fatto che il terreno estratto si presenta fortemente rimescolato, al punto da
non consentire una ricostruzione stratigrafica di dettaglio.
3.6.2 Sondaggi a percussione
Le perforazioni a percussione sono tra i primi metodi messi a punto per la realizzazione di un
sondaggio. Esse fanno ricorso a utensili molto robusti (scalpello e curetta), fatti avanzare nel terreno
per battitura con maglio o per caduta. Lo scalpello è generalmente adoperato per l’attraversamento
di strati lapidei o cementati. Nel caso si esegua un foro di piccolo diametro (100-125 mm), esso può
essere collegato alla superficie mediante una batteria di aste cave, e i detriti possono essere portati a
giorno con circolazione di fango.
La curetta, adatta in terreni incoerenti a grana grossa, quali ghiaie e ciottoli, è un tubo cilindrico
munito di una valvola, per trattenere il materiale che entra durante l’avanzamento. I diametri usati
della curetta variano normalmente da 150 a 300 mm, e le profondità raggiungibili sono dell’ordine
di 60 m.
I vantaggi sono rappresentati dalla possibilità di attraversare speditamente qualsiasi tipo di terreno,
fino a notevoli profondità.
I limiti dei metodi a percussione sono insiti nel carattere della perforazione a distruzione:
Impossibilità di ottenere campioni indisturbati (Fig 4 qualità campioni);
Impossibilità di ricostruire la stratigrafia di dettaglio in terreni costituiti da fitte alternanze;
Dilavamento delle frazioni fini operato dall’acqua di perforazione;
5.2 Consolidazione e cedimenti nell’area di studio
5.2.1 Generalità
La deformazione di un elemento di volume di terreno sotto l'azione di un sistema di forze applicato
è dovuta a spostamenti relativi dei granuli con conseguente variazione del volume dei pori.
Se il terreno risulta saturo, cioè è presente acqua, poiché acqua e granuli solidi possono essere
considerati praticamente incompressibili, le deformazioni avvengono per riduzione del volume dei
vuoti con conseguente esplusione di acqua.
All’istante t0 in cui viene applicato, il carico si scarica cioè esclusivamente sul campo fluido,
generando una sovrappressione neutra u = q = F/A.
Per cui avremo:
- pressione neutra: u = u
(0)
+ u
- tensione totale: v = v
(0)
+ u
- tensione effettiva: ’v = v – u = v
(0)
- u
(0)
= ’v
(0)
Quando l’acqua viene espulsa per fenomeni di permeabilità del terreno allora il carico si scaricherà
sullo scheletro solido del terreno, per cui:
- pressione neutra: u = u
(0)
- tensione totale: v = s v
(0)
+ u
- tensione effettiva: ’v = v – u = ’v
(0)
+ u
E’ intuitivo quindi che questa proprietà del terreno influenzi il decorso del processo di
consolidazione e di deformazione
Questo processo di espulsione di acqua con conseguente deformazione viene definito
CONSOLIDAZIONE.
La consolidazione è dunque un processo fisico che avviene nel tempo. Tutti i materiali sono soggetti
a consolidazione, è solo questione di tempo: se il materiale è granulare è molto breve, se è fine può
volerci molto tempo (anche decine d’anni).
Supponiamo di applicare un carico su un terreno saturo. La pressione interstiziale, che inizialmente
era u
0
, subirà un incremento Δu. All’interno del terreno si osserva un fenomeno di questo tipo:
In una prima fase si crea dunque un bulbo pensionale nel quale la pressione interstiziale vale u
0
+Δu,
nella zona circostante, invece, tale pressione varrà ancora u
0
. In una seconda fase però, l’acqua
migrerà verso zone di minore energia, cioè meno sollecitate, avviando così il fenomeno della
consolidazione. In altre parole si creerà un moto di filtrazione nel tempo. La durata D di tale moto
sarà:
Durata = D = f(permeabilità, deformabilità)
Si può verificare che a seconda del materiale si ha:
sabbie: D piccolo, talvolta viene considerato istantaneo;
argille: D grande, a volte può durare anche decenni.
Supponiamo di “caricare” il terreno per gradi, in modo che l’incremento del carico sia distribuito
nel tempo e che all’inizio di ogni processo di carico il terreno abbia già consolidato per le fasi
precedenti. Graficando:
', u
Come si vede bene dal grafico alla fine di ogni processo di carico si ha Δu = 0, cioè la pressione
interstiziale è tornata al valore di partenza, perché in seguito al fenomeno della consolidazione tutte
le tensioni sono state “trasferite” allo scheletro solido. Una situazione di questo tipo è detta
situazione drenata.
Al contrario, se il terreno non avesse consolidato completamente le fasi precedenti al momento
dell’applicazione del carico successivo, otterremmo dei grafici di questo tipo:
', u