1
1. Il postmodernismo.
Parlare di autenticità nel marketing, un tema sempre più presente nelle strategie
aziendali del nuovo millennio, presuppone un percorso di ricerca che parte
dall’analisi di alcune tendenze sociologiche e di comportamento d’acquisto che
stanno modificando sensibilmente la semantica e la semiotica del consumo.
1.1. La società postmoderna.
Questa studio ha come ambito di riferimento il postmodernismo, un movimento
culturale che negli ultimi decenni ha interessato diversi campi del sapere.
Letteralmente questa parola contiene il senso di una posteriorità nei confronti del
moderno, ma non tanto in senso cronologico: il postmodernismo indica piuttosto un
diverso modo di rapportarsi al moderno, che non è né di opposizione (antimoderno)
né di superamento (ultramoderno)
1
, ma è invece post tematico e post stilistico; esso
si contrappone alla modernità intesa come volontà di costruire modelli e teorie
totalizzanti, fondati sulla razionalità, sulla scienza e sulla tecnologia. Il
postmodernismo esacerba la parte ambigua e contraddittoria della razionalità e
dell’individualismo, si pone criticamente nei confronti della tecnica e della scienza,
rivaluta il passato, il lato ludico ed archetipale, i sentimenti ed i valori, i luoghi e la
socialità. Nell’ipotesi postmoderna
2
La critica postmoderna si insinua fra gli eccessi dell’inarrestabile corsa verso la
modernità, facendo leva sui dubbi che sorgono in merito all’effettiva superiorità dei
valori del modernismo. Secondo i detrattori della modernità, la “freccia del
, questa critica è figlia del fatto che oggi staremmo
vivendo una trasformazione della società dirompente quanto quella che traghettò il
mondo dal medioevo al rinascimento. L’illuminismo inaugurò un periodo storico
proteso al raggiungimento di una modernità che costituì l’orizzonte guida della
società occidentale. In quella fase, con l’affrancamento dai vincoli arcaici di
appartenenza e di superstizione, si raggiunse l’autonomia di scelta su cosa credere
e su come professarsi. La ricerca della libertà individuale ebbe a caratterizzare non
soltanto i campi dell’economia, della scienza o della politica, ma anche ogni costume
della vita quotidiana. Per i nostri antenati, la razionalità, la libertà, l’annullamento dei
vincoli del passato e, sopra ogni cosa, il progresso, furono i migliori mezzi per
perseguire la felicità. Questa lunga marcia verso il progresso raggiunse il suo picco
proprio durante il passaggio dal secondo al terzo millennio, quando la modernità
fece breccia lasciandosi dietro il crollo di regimi, utopie ed ideologie. Da quel
momento, valori come la libertà ed il progresso persero, almeno in occidente, la
carica positiva e propulsiva che avevano detenuto per decenni.
1
Wikipedia. http://it.wikipedia.org/wiki/postmodernismo
2
Cova B. (2003). Il marketing tribale. Legame, comunità, autenticità come valori del marketing
mediterraneo. Milano: Il sole 24 ore. P. VII e ss.
2
progresso”
3
sarebbe ormai spuntata, e questo determinerebbe negli individui un
senso di sfiducia nel sogno di un fulgente avvenire. La mancanza di senso e di
indirizzo di questo progresso, che continua inesorabile la sua marcia, quasi spinto da
una forza d’inerzia, determina una perdita di appeal nei confronti dei presunti
vantaggi portati dalla corsa a perdifiato verso la modernità. Sempre più spesso
sentiamo dire che “si stava meglio quando si stava peggio”. E’ come se ci fosse un
meccanismo ormai innescato, che procede senza una guida e che è libero di
dilagare come una bolla speculativa. La conseguenza sarebbe l’emergere di un
senso di inquietudine e sradicamento, una diffidenza sulle capacità migliorative del
progresso. Si lotta per una nuova causa, salvare quanto di buono ancora resta al
mondo. E’ un fenomeno che si osserva sempre più spesso e che attecchisce con
forme specifiche in ambienti culturali di diversa, anche opposta, estrazione; si
riscontrano, infatti, esempi più o meno estremi di “ri-radicamento postmoderno”
4
sia
nei movimenti “neocon”, ancorati ai valori conservatori, sia in organizzazioni
ecologiste e gruppi noglobal, collegati invece ad ambienti progressisti; stesso
sguardo all’indietro si ritrova anche in alcuni gruppi religiosi, dai cristiani Amish ai
mussulmani Talebani. Sembrerebbe che si stia tentando di riequilibrare i valori del
progresso attraverso i valori del regresso”
5
. Nei confronti della socialità, oggi che si è
raggiunta la piena libertà, la tendenza all’individualismo non sembra più così tanto
entusiasmante. Paradossalmente anche il progresso sembra banalizzato e meno
stupefacente perché, ormai, viene dato per scontato, paradossalmente risulta
tradizionale e non esclusivo: oggi a far sognare è quel mondo perduto che viene
sempre più idealizzato attraverso prodotti, servizi, film e pubblicità. Il mondo
occidentale è attraversato da una corrente culturale che predica un massiccio
processo di “rewind”
6
Il postmodernismo è un fenomeno multiforme e per molti studiosi rappresenta, in
primo luogo, un movimento estetico, un mezzo di rivolta contro il temuto modernismo
che caratterizza l’architettura, la letteratura, e le arti del Novecento
e “replay”, mette da parte il consueto “fast forward” per rivedere
e ripensare la lunga marcia della storia, in modo da salvare la coscienza collettiva,
correggendo gli errori fatti negli anni.
7
. L’architettura
postmodernista, ad esempio, cerca di superare il credo modernista fondato su
universalismo, funzionalismo e razionalismo, puntando sulla flessibilità, mixando gli
stili, adattandosi alle diverse realtà locali e fluidificando il design
8
3
Cova B. (2003). Idem.
. In economia,
invece, questo movimento alternativo si inserisce in un’epoca di globalizzazione, di
4
Idem P. XII.
5
Idem. P. IX.
6
Brown S. (2001a). Marketing – the retro revolution. London: Sage. P.176 e ss.
7
Brown S. (2003). Postmodern marketing: everything must go! – Pubblicato in: Michael Baker. The
Marketing Book (5th Edition). Oxford: Butterworth-Heinemann; P.16 e ss.
8
Venkatesh A. (1999). “Postmodernism perspectives for macromarketing: an inquiry into the global
information and sign economy”. Journal of Macromarketing, volume 19, number 12, december 1999.
3
multinazionali e capitalismo a volte rapace, dove i tradizionali sistemi di lavoro,
produzione, consumo e scambio sono mutati radicalmente rispetto al secolo
precedente: è il mondo del world wide web, del commercio 24 ore al giorno, sette
giorni su sette; un mondo fatto di rapidità, instabilità, imprevedibilità, continua
proliferazione di prodotti e servizi. L’individuo postmoderno ravvisa la necessità di
difendersi in qualche modo da tutto questo caos. In società in agitazione, “liquide”, un
impulso nostalgico cerca di controbattere turbolenze e trasformazioni
9
con l’avvento
di una retromentalità
10
. L’incessante marcia della rivoluzione tecnologica
contemporanea stimola come riflesso involontario anche un sentimento di nostalgia
per un sistema più semplice e meno stressante di quello necessario in un mondo
globalizzato ed in continuo movimento, sempre connesso, costantemente “up to
date”. Forse è per questo che un colosso della tecnologia come Philips si preoccupa
di confortare i suoi clienti esprimendo “sense and simplicity”
11
.
1.2. Postmodernismo: verso il ritorno al passato.
Il postmodernismo è caratterizzato da un certo grado di retro-orientamento: nella
manifestazione più estrema i suoi sostenitori più intransigenti affermano che
l’innovazione stilistica non sia possibile (o desiderabile), che ogni cosa sia già stata
realizzata, e che quindi tutto quello che rimane da fare sia un “mix, match and play”
12
Secondo Maffesoli
con i pezzi del passato. Chiaramente in pochi accettano questo tipo di accezione
massimalista, ma è anche vero che questo movimento ha un’inclinazione nostalgica,
fa bricolage pescando nel passato, vive un sentimento di perdita di fede nel mercato
e nelle idee progressiste e confida nella superiorità di qualcosa già provato e testato
rispetto qualcosa di semplicemente nuovo e mai sperimentato.
13
, le cose ritornano, ma senza mai essere uguali a se stesse,
proprio perché la storia, invece di proseguire con un movimento lineare, procede in
maniera ciclica, come in una spirale continua, in cui gli archetipi vengono rielaborati,
variati, modificati e ricollocati nel contesto presente mantenendosi sostanzialmente
analoghi a quelli originari pur differenziandosi da essi. Il postmodernismo viene
definito come la sinergia fra arcaismo e sviluppo tecnologico
14
9
Davis F. (1979). Yearning for Yesterday: a sociology of nostalgia. New York: Free Press.
, un moto che spinge
gli individui a far fronte allo sradicamento dovuto al progresso attraverso la ricerca di
un ri-radicamento nostalgico fatto di passato, comunità, sentimenti, identificazione e
memoria, senza però abbandonare i vantaggi che la tecnologia ha concesso.
10
Brown S. (2003). Idem. P.16 e ss.
11
Brand promise di Philips, www.philips.it/about/company/brand/index.page
12
Brown S. (2003). Idem.
13
Maffesoli M. (2005). Note sulla postmodernità. Milano: Lupetti.
14
Maffesoli M. (2003). L’ istante eterno. Ritorno del tragico nel postmoderno. Roma: Luca Sossella
Editore.
4
Brown e Patterson
15
definiscono “the fin-de-sìecle effect” l’inclinazione, presente a
cavallo dei cambi di secolo, di gettare sguardi a ritroso sui successi, i fallimenti, le
fortune e le catastrofi accadute; e sicuramente questo è avvenuto al termine di un
secolo, il ventesimo, denso di avvenimenti particolarmente significativi. Anzi, è
assodato ormai che le scie nostalgiche si collochino in periodi strettamente
successivi a momenti socioeconomici difficili.
1.3. I valori postmoderni.
Le trasformazioni in campo economico ed estetico testimoniano che oggi si assiste
ad una svolta postmoderna nel modo di pensare. Il progetto illuminista nato nel XVIII
secolo, basato sulla ricerca sistematica, rigorosa e obiettiva delle scienze, sulla
formulazione di leggi universali e generalizzazioni assolute, si trova soppiantato da
un movimento che parte dal basso, che riconosce la limitatezza delle conoscenze,
l’inadeguatezza delle generalizzazioni e la caducità delle leggi positive, la presenza
di fenomeni incontrollabili, il disordine, l’irrazionalità, la soggettività, ma anche la
voglia di partecipazione attiva. I grandi tratti della modernità (progresso, libertà,
profitto, utopia, verità, scienza) sono stati sostituiti da una consapevolezza di
mancanza di vero progresso, assenza di libertà, profitto senza etica, illiberalismo,
finzione
16
. I valori illuministici non sono più sufficienti a spiegare la realtà, ciò che
vediamo attorno a noi non è solamente il prodotto della scienza e della tecnologia,
ma riguarda un processo culturale che include l’estetica, il linguaggio, gli usi, i
discorsi: la ricchezza dell’esperienza umana sarebbe limitata dai meccanismi
dogmatici, stringenti ed unidimensionali della scienza pura. Peraltro la promessa
modernista non si è mai neppure pienamente realizzata: una società eticamente
corretta, razionalmente costruita, progressista, equa, in realtà è solo un’illusione.
Povertà, violenza, ingiustizie e arretratezza caratterizzano la vita di milioni, se non
miliardi, di persone, senza risparmiare neppure gli stati più ricchi del pianeta.
Incidentalmente quest’ultima considerazione è allo stesso tempo un esempio di
un'altra fallace pratica modernista, vale a dire la manichea propensione alla
classificazione dicotomica delle cose (ricco/povero, maschio/femmina,
produzione/consumo, occidente/oriente); al contrario, nel sistema postmoderno si
rigettano i rigidi inquadramenti e si accettano diverse possibili teorie, anche
confliggenti fra loro, ma legittimamente possibili: si parla non di verità ma di regime
delle verità
17
. La postmodenità è quindi una costruzione plurale fatta di pezzi
differenti
18
15
Brown S., Patterson A. (1999). Proceedings of the marketing paradiso conclave. Belfast: University
of Ulster.
. Il postmodernismo critica capisaldi del modernismo quali il ruolo della
16
Brown S. (2003). Idem.
17
Firat, A.F., Venkatesh A. (1995). “Liberatory postmodernism and the reenchantment of
consumption”. Journal of Consumer Research, vol. 22, December 1995. (P. 239-267).
18
Maffesoli M. (2005). Idem.
5
ragione e l’incondizionata prevalenza della razionalità; l’enfasi sul progresso
materiale e la superiorità della scienza e delle tecnologie; il razionalismo nell’arte e
nell’architettura; l’arido capitalismo industriale (che oggi comunque appare a molti
osservatori decisamente più valido di quello finanziario degli ultimi anni, ritenuto
particolarmente privo di visione prospettica quando non semplicemente scevro da
una qualsivoglia indole costruttiva); la separazione, infine, della sfera della
produzione da quella del consumo, fenomeno non più visto come semplice azione
domestica e privata. In pratica se la scienza non costituisce più il primario veicolo
della conoscenza ed esiste spazio anche per la narrazione, le opinioni soggettive,
l’estetica, l’esperienza, la stratificazione storica, il pragmatismo e le contingenze,
allora consegue che il consumo non è più solo l’atto passivo di fruizione di un bene,
bensì un processo di interscambio: il consumatore sviluppa il proprio potenziale
liberatorio influenzando il mercato invece che subendolo.
1.4. Il marketing nell’era postmoderna.
Probabilmente, più che ritenere il postmodernismo un credo assoluto, bisognerebbe
considerarlo piuttosto un atteggiamento, un sentimento, uno stato d’animo, una
sensibilità, un modo di guardare il mondo, caratterizzato da nostalgia, ironia, parodia,
irriverenza e cinismo. E’ evidente che questo trend porti a modificare l’attuale modo
di fare marketing. Prendiamo l’esempio dei centri commerciali: oggi sono posti
luminosi, accoglienti, eclettici, finemente progettati ed arredati con ogni sorta di
caratterizzazione (fontane, cascate, sentieri, centri storici), in cui incontrarsi con gli
amici o portare la famiglia, per passare il tempo ed, eventualmente, fare shopping
19
,
mentre un tempo si trattava di luoghi (secondo Augè addirittura “nonluoghi”
20
19
Lazzari M., Jacono Quarantino M. (2010). Adolescenti tra piazze reali e piazze virtuali. Bergamo:
Sestante Edizioni. La ricerca contenuta nel suddetto testo, effettuata in Italia su un campione di
studenti, ha mostrato come i centri commerciali siano uno dei punti di ritrovo d'elezione per gli
adolescenti. Secondo gli autori, i "nativi digitali" non li percepiscono come una cosa altra da sé:
sfuggendo la retorica del “nonluogo”, i ragazzi sentono il centro commerciale come un luogo vero e
proprio, di frequentazione non casuale e non orientata soltanto all'acquisto, dove poter esprimere la
socialità, incontrare gli amici e praticare con loro attività divertenti e interessanti.
)
funzionali ad un unico scopo, l’acquisto. Anche la pubblicità, invece di stressare il
concetto “questo prodotto è valido, compralo”, sempre più spesso mette in disparte
l’oggetto della vendita per diventare sorniona, sottile, allusiva, indiretta, ironica,
scioccante, sensuale, autoreferenziale seriale, crossmediale, cinematografica. I
consumatori cambiano: la prevedibilità e l’uniformità dell’era moderna, che hanno
fatto la fortuna di marketing, produzione e consumo di massa, sono attaccate
dall’anticonformismo e dalla fluidità del consumo postmoderno, dove non ci sono
regole ma solo scelte e non conta la moda ma “le mode”. Il marketing postmoderno
devia quindi dalla chimera della customer orientation moderna per approdare ad una
20
Augé M. (1992). Non-lieux. Trad. it. di Rolland D. (2005). Nonluoghi. Introduzione a un'antropologia
della surmodernità. Milano: Elèuthera.
6
filosofia che privilegia immaginazione, creatività, rottura delle regole e co-creazione
di significati. Emblematico è il caso della “moda di strada”, istantanea e spontanea,
rubata alle trendsetters delle città più cool dalle case di moda (sia griffe che pronto-
moda) e promulgata dalle riviste di settore, in grado di innescare dei processi di
marketing intensivo che in realtà attingono da un mondo reale nel quale il prodotto
stesso, già sperimentato per strada, deve essere solo comunicato al resto del
mondo.
Secondo Firat e Venkatesh
21
• Hyperreality. L’iperrealtà riguarda la creazione di “ambientazioni di marketing”
più realistiche delle originali (i parchi a tema, la realtà virtuale o addirittura gli
alberghi di Las Vegas). La copia viene apprezzata di più da un certo pubblico
affascinato principalmente dallo stereotipo depurato da eventuali
caratteristiche negative o compromessi del modello di partenza.
, le attività del marketing postmoderno si caratterizzano
quindi per cinque tendenze:
• Fragmentation. La frammentazione del consumo porta a fare zapping fra una
profusione di prodotti e di stili di consumo (ad esempio madre, moglie, donna
in carriera, fashion victim) in un susseguirsi fluido e instabile.
• Reverse production and consumption. Il consumatore postmoderno sovverte il
mercato invece di subirlo passivamente, conferisce autonomamente un
significato ad immagini e simboli pensati per lui.
• Decentred subjects. Non esiste più una segmentazione a compartimenti
stagni.
• Juxtaposition of opposites. E’ possibile intercettare questi nuovi consumatori
non con precise segmentazioni e posizionamenti, bensì dialogando e
accettando consigli, mescolando stili e stilemi anche opposti.
Molto probabilmente la frammentazione ed il decentramento sono le caratteristiche
che meglio descrivono il consumo postmoderno. La frammentazione può essere
considerata come una risposta emancipatoria nei confronti della logica totalizzante
del mercato; l’appellativo di consumatore finale non corrisponde più al nuovo cliente,
che è esso stesso un produttore di significati e simbologie, attore di un processo
continuo di costruzione creativa, che include una molteplicità di momenti dove gli
oggetti si trasformano in simboli e significati da produrre, scambiare, consumare,
rappresentare, idealizzare, condividere. Il consumatore non è più un soggetto
univoco: bisogna riconoscere che vive in un mondo talmente vario da risultare
contraddittorio, e, tuttavia, non necessita di riconciliare il tutto in un unico disegno
omogeneo. Non è più necessaria una verità assoluta ed univoca, ma vengono
accettate un insieme di verità contingenti, ognuna legittimata non dal vessillo
dell’assolutezza, ma dal semplice fatto che queste storie, queste teorie, risultano
21
Firat, A.F., Venkatesh A. (1995). Idem.