PREMESSA 
 
La presente indagine intende analizzare la responsabilità civile del magistrato e 
dell’arbitro, consistente nella soggezione alle conseguenze giuridiche di chi svolge 
quel delicato compito che attiene allo ius dicere. 
Ciò posto, in linea generale, il percorso logico sistematico che si intenderà compiere 
nel corso della stesura è suddiviso in due parti. 
La prima è dedicata ad una trattazione esaustiva dell’aspetto relativo alla 
responsabilità civile del giudice, disciplinata dalla legge n. 117 del 1988. 
Innanzi tutto verrà delineato l’istituto de quo nei suoi tratti generali in relazione alle 
problematiche che hanno destato maggior interesse nell’elaborazione dottrinale e 
giurisprudenziale e, in particolare, alle sue delicate interferenze con il principio 
d’indipendenza del giudice e quello che sancisce la diretta responsabilità dei 
pubblici funzionari, fra cui, come noto, vanno ricompresi anche i magistrati. 
Dopo brevi riferimenti ad esperienze a confronto, a livello comunitario ed 
extracomunitario, verrà fornito un excursus storico – giuridico del modello di 
responsabilità del giudice dalle sue origini fino al suo attuale assetto, che è per 
l’appunto quello rappresentato dalla legge 13 aprile 1988, n. 117. 
In secondo luogo verrà esaminata la suddetta legge nei suoi aspetti essenziali, anche 
in riferimento all’impatto che su di essa hanno avuto le recenti evoluzioni del diritto 
comunitario, nel contempo evidenziandone la caratteristica principale, cioè il 
passaggio  da un modello di responsabilità personale del giudice ad un modello di 
responsabilità dello Stato – giudice. 
Il nucleo centrale dell’elaborato è rappresentato dall’analisi degli elementi 
costitutivi della responsabilità civile del magistrato: innanzi tutto illecito giudiziario 
e successivamente danno ingiusto e nesso di causalità, alla luce delle principali 
considerazioni dottrinali e dei principi della giurisprudenza, sia pure scarna in 
questo settore. 
Infine, verranno svolte alcune considerazioni conclusive sulle prospettive de iure 
condendo in virtù di un’auspicabile riforma dell’attuale sistema di responsabilità 
civile dei magistrati. 
La seconda parte del lavoro è invece incentrata sulla questione della responsabilità 
civile dell’arbitro, ondivaga tra responsabilità professionale e responsabilità del
magistrato, ma che la recente riforma dell’arbitrato, attuata nel 2006, ha 
prevalentemente avvicinato a quest’ultima.
1 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                                               CAPITOLO I  
 
 
 
 
 
 
UN’IPOTESI BORDERLINE: LA RESPONSABILITA’ CIVILE DEL 
MAGISTRATO, TRA PRINCIPIO D’INDIPENDENZA E 
PRINCIPIO DI RESPONSABILITA’ 
 
 
 
 
 
 
 
Sommario: 1) Introduzione al sistema: la responsabilità del magistrato; 2) La 
responsabilità civile del magistrato; 3) “Responsabilità o indipendenza” oppure 
“responsabilità e indipendenza”? ; 4) Cenni comparativi sulla responsabilità civile del 
magistrato: esperienze a confronto; 4.1) Francia; 4.2) Germania; 4.3) Inghilterra;        
4.4) Stati Uniti d‟America; 4.5) Altri Paesi
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1. Introduzione al sistema: la responsabilità del magistrato 
 
„Essere responsabili‟ significa semplicemente essere chiamati a rispondere di (o per) 
qualcosa (un‟azione, un‟omissione, un pensiero) (1). 
La responsabilità del magistrato si ravvisa in una situazione giuridico – soggettiva 
diversa rispetto a quella che si evince dal concetto generale di responsabilità. Essa 
esprime, infatti, sul piano giuridico l‟idea di un soggetto che, di fronte a specifiche 
regulae iuris, può essere chiamato a rispondere per determinati fatti compiuti 
direttamente da lui stesso o da altri (2). 
La difficoltà di una ricognizione storica della nozione di responsabilità del       
magistrato (3), l‟esistenza di una vastissima letteratura sull‟argomento (4), le notevoli 
variazioni e combinazioni con cui si presentano nei diversi ordinamenti i tipi di 
responsabilità del magistrato, rendono arduo individuare “tipi puri” di          
responsabilità (5). 
Le indagini svolte dalla dottrina mostrano come i problemi della responsabilità del 
magistrato possano essere classificati in maniera diversa a seconda del criterio su cui si 
fondano. Ad esempio, in base al soggetto, ente o persona davanti al quale il giudice 
deve rispondere del proprio operato (6), oppure secondo i rapporti che implicano  
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(1) A. Ross, Colpa, responsabilità e pena, trad. it. Di B. Bendixen e P.L.Lucchini, Giuffré, Milano 
1972, p. 80 
(2) V.Pintus F., alla voce responsabilità del giudice in Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano 
1999, p. 1471 ss. 
(3)  M. Cappelletti, Giudici irresponsabili?,Milano 1988, p. 27 
(4) Cfr. M. Cappelletti, cit.; A.Giuliani e N. Picardi, La responsabilità del giudice, Giuffré editore, 
Milano 1995; L. Ferrajoli, Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale Laterza Roma – Bari 
1989 
(5) A. Renterìa Dìaz, Il labirinto della giustizia. Giudice, discrezionalità, responsabilità. Franco 
Angeli editore, Milano Bicocca 2000, p. 152. 
(6) Sembra essere questo il criterio utilizzato da M. Cappelletti , cit.,  p. 28, che distingue quattro 
tipi di responsabilità: a) responsabilità politica sia del giudice individualmente sia della 
Magistratura  come gruppo con due sottotipi principali: 1) responsabilità nei confronti delle 
branche politiche 2) responsabilità nei confronti della Costituzione; b) responsabilità sociale nei 
confronti del pubblico in generale. Anche in questo caso, sia del giudice come persona fisica, sia 
della Magistratura nel suo complesso; c) responsabilità giuridica dello Stato che può essere:      
1) esclusiva 2) vicaria, cioè concorrente con la responsabilità personale del giudice;                        
d) responsabilità giuridica del giudice, che può essere 1) penale 2) civile 3) disciplinare                 
4) „restitutoria‟ (o „di rivalsa‟) in base alla quale il giudice può essere  tenuto a rimborsare allo 
Stato in tutto o in parte il costo subito da questo per atti del giudice.
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dipendenza tra il responsabile e colui a favore del quale la responsabilità è stabilita (7), 
o, ancora, in base ad altri criteri (8). 
Da tutte le classificazioni emerge in ogni modo un atteggiamento di fondo comune 
ispirato al principio di collocare, da una parte, le responsabilità del giudice aventi 
carattere giuridico e, dall‟altra, quelle non giuridiche. Tra le prime si collocano la 
responsabilità civile, penale, disciplinare; tra le seconde si troverebbe la responsabilità 
politica (9). 
La responsabilità penale pone il magistrato “in relazione con il minimo etico della 
funzione giurisdizionale” (10). 
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(7) G. Zagrebelsky, La responsabilità del giudice nell’attuale ordinamento: prospettive di riforma 
in Giur. Cost., 1982, pp. 780 - 781, traccia una distinzione fra due tipi di responsabilità: da una 
parte la responsabilità come strumento sanzionatorio di atti illeciti (attraverso misure 
sanzionatorie o risarcitorie), dall‟altra la responsabilità come strumento di conformazione di 
un‟attività (magari lecita) a orientamenti espressi da altri. Mentre il primo tipo di responsabilità 
non instaura una forma di dipendenza fra il soggetto responsabile e colui a cui si risponde, nel 
secondo tipo può verificarsi l‟esistenza di una forma di dipendenza fra il responsabile e colui in 
favore del quale la responsabilità è stabilita. 
(8) A.Giuliani, N. Picardi, La responsabilità del giudice, cit. p. 591 adottano una prospettiva 
d‟analisi storico-comparativa che vede l‟alternarsi di due modelli di responsabilità del giudice: 
professionale (nelle sue varianti civile e penale) e disciplinare.   L. Ferraioli, Diritto e ragione, 
Teoria del garantismo penale, cit. p. 609 ss. distingue, invece, fra responsabilità a) politica       
b) giuridica (nelle sue varianti civile, penale e disciplinare) A. Renterìa Dìaz, Il labirinto della 
giustizia, cit. , p. 152, riassumendo e combinando le varie tipologie, distingue le seguenti forme 
di responsabilità del magistrato: a) professionale b) civile c) penale d) disciplinare e) sociale       
f) politica. 
(9) La formula „ responsabilità politica ‟ appare usata in contesti e con significati diversi: in senso 
proprio, essa designa una responsabilità del magistrato di fronte ad organi costituzionali dotati 
non solo di poteri di controllo sui provvedimenti giurisdizionali, ma anche di strumenti influenti 
sullo status del magistrato. Secondo Zagrebelsky ( G. Zagrebelsky, La responsabilità del giudice 
nell’attuale ordinamento: prospettive di riforma, cit. p. 792) questa forma di responsabilità è “la 
quintessenza della responsabilità che comporta dipendenza”. In senso lato, si può parlare di 
responsabilità politica diffusa che non si realizza attraverso strumenti di controllo o sanzioni 
istituzionalizzate, ma attraverso la libera critica dei provvedimenti giudiziali da parte 
dell‟opinione pubblica. Nell‟ordinamento giuridico italiano non è ammissibile alcuna forma di 
responsabilità politica dei magistrati per l‟esercizio dell‟attività giurisdizionale. Infatti, il 
sindacato politico può essere esercitato soltanto dal corpo elettorale oppure dai suoi 
rappresentanti: in entrambi i casi la soggezione del magistrato alle conseguenze della sua 
condotta „ politica „ risulterebbe in contrasto con l‟art. 101 della Costituzione che, assoggettando 
il magistrato “soltanto alla legge” (e quindi non anche al giudizio diretto o indiretto del corpo 
elettorale), rende inconfigurabile qualsiasi forma di responsabilità politica (V.Pintus, alla voce 
responsabilità del giudice, cit. p. 1471). Da quanto detto si desume che nel nostro ordinamento 
“il giudice non è tenuto a dar conto politicamente dell‟interpretazione accolta in sede 
giurisdizionale; non esistono norme di diritto positivo che fissino obblighi politici del giudice; 
non esistono organi, interni o esterni alla Magistratura, che possano legittimamente chiamare il 
giudice a rispondere della propria attività ed eventualmente sanzionare la devianza da dottrine o 
modelli politici” ( V.Vigoriti, La responsabilità del giudice,Il Mulino, Bologna 1984, p. 17).    
(10) G. Zagrebelsky, La responsabilità del giudice nell’attuale ordinamento: prospettive di riforma, 
cit., p. 780.
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La responsabilità disciplinare attiene ai suoi rapporti con l‟ordinamento giuridico di cui 
fa parte, mentre quella politica lo pone in relazione con le forze politico – sociali. 
La responsabilità civile collega il magistrato con i cosiddetti utenti della funzione 
giudiziaria. 
 
2. La responsabilità civile del magistrato 
 
In termini generali, la responsabilità civile può essere definita come “quell‟insieme di 
attività, regolate da disposizioni giuridiche, mediante la quale il giudice è soggetto a 
rispondere di un danno causato da un suo atto, con un risarcimento pecuniario alle parti, 
qualora il danno arrecato appartenga alla sfera patrimoniale del soggetto che pretende il 
risarcimento” (11). 
Essa ha dunque una funzione risarcitoria e reintegratrice del danno subito dal singolo e 
può servire, solo in via indiretta, a controllare l‟osservanza dei doveri del giudice (12). 
La caratteristica del risarcimento del danno ricollega la responsabilità civile alla 
terminologia e al modello di giudice – professionale descritti da A.Giuliani e N. Picardi 
nel loro excursus storico sulla responsabilità del giudice (13). 
Inoltre tale ampia definizione ricomprende, congiuntamente o disgiuntamente, sia la 
responsabilità civile personale del magistrato, sia la responsabilità dello Stato. 
Infatti, l‟obbligo di risarcire alle parti il danno prodotto dal magistrato può gravare: 
a) sul solo magistrato e, in questo caso, si tratterebbe di una responsabilità 
personale; 
b) sullo Stato in forma esclusiva nella sua qualità di rappresentante del popolo, nel 
cui nome è amministrata la giustizia, salvo successiva possibilità di rivalsa nei 
confronti del magistrato; 
c) sul magistrato e sullo Stato congiuntamente, in concorrenza con la responsabilità 
personale del primo. 
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(11) A. Renterìa Dìaz, Il labirinto della giustizia, cit. p. 158. 
(12) F. Carpi, Responsabilità del giudice e pubblicità processuale, in A.A.V.V. a cura di R. Ferrari, 
Garanzie processuali o responsabilità del giudice, Franco Angeli critica liberale, Milano 1981, 
p. 74. 
(13) A. Giuliani, N. Picardi, La responsabilità del giudice, cit.
5 
In tutte queste ipotesi non cambia la natura risarcitoria di questo tipo di responsabilità e, 
in quanto tale, il suo carattere economico (14). 
Da questo punto di vista occorre tracciare un discrimen fondamentale tra l‟area dei paesi 
di civil law che accolgono la responsabilità civile del magistrato in una delle forme 
suddette e l‟area dei paesi di common law dove vige il principio dell‟immunity from 
civil liability, cioè della totale immunità del giudice per quanto attiene a questo tipo di 
responsabilità (15). 
L‟assunzione totale della responsabilità personale del giudice da parte dello Stato, da un 
lato, garantisce alle parti il risarcimento, dall‟altro, tutela il giudice contro azioni 
vessatorie che ne minerebbero l‟indipendenza.  
Nel caso (come si è verificato in Italia a seguito dell‟entrata in vigore della Legge 
117/1988) di una responsabilità civile in concorrenza fra lo Stato e il giudice si può 
correre il rischio che i due tipi di responsabilità siano fatti derivare dalle stesse 
condizioni. 
Ciò comporterebbe che le restrizioni adottate (e giustificabili in quanto „scudo 
protettivo‟ dell‟indipendenza del giudice) per la responsabilità personale del giudice 
siano applicate alla responsabilità vicaria dello Stato (il che è ingiustificabile) (16).  
 
3. “Responsabilità o indipendenza” oppure “ responsabilità e 
indipendenza”? 
 
Una delle più annose questioni relative alla responsabilità civile dei magistrati è stata 
quella della sua conciliabilità con altri principi di rilievo costituzionale. Infatti, secondo 
la Costituzione, la funzione del giudice s‟incardina nella struttura garantista e legalitaria 
caratterizzante tutto il sistema: il giudice “rappresenta il punto di collegamento fra 
istituzione, legge e cittadino, nel senso che attraverso la decisione giudiziaria s‟invera la 
scelta legislativa e si attua la garanzia per il cittadino” (17). 
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(14) A. Renterìa Dìaz, Il labirinto della giustizia, cit. p. 160. 
(15) Come rilevato dalla migliore dottrina, alla base di tale immunità (che fino a tempi recenti era 
estesa anche al campo della responsabilità penale) esistono due ordini di ragioni: nei Paesi di 
tradizione giuridica di common law il giudice non è un giudice „ di carriera „ e sono presenti 
forme di responsabilizzazione politica e sociale del giudice ( M. Cappelletti, giudici        
irresponsabili? cit. pp. 31, 41, 65). 
(16) M. Cappelletti, Giudici irresponsabili? cit. pp. 57-58. 
(17) G.Giacobbe - M.Nardozza, Potere e responsabilità nell’ordine giudiziario, Giuffré editore, 
Milano 1996, p. 38.
6 
Gli strumenti tecnici attraverso cui conseguire quest‟obiettivo sono rappresentati 
dall‟autonomia dell‟ordine e dalla correlativa indipendenza del giudice. 
Il principio dell‟indipendenza del giudice “intesa come assenza di legami che vincolino 
il giudice stesso a soggetti estranei o che comunque possano influire sul suo modo di 
operare e, soprattutto, di decidere” (18), trova consacrazione nell‟art. 101 2° comma 
della Costituzione il quale solennemente afferma che “i giudici sono soggetti soltanto 
alla legge” (19) ed è ulteriormente rafforzato dall‟affermazione dell‟autonomia della 
Magistratura da ogni altra espressione di potere. 
”La Magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”  
(art.104 1°co Cost.). Infatti, l‟autonomia dell‟ordine giudiziario appare strumentale al 
valore dell‟indipendenza: attraverso cioè tale autonomia sembra si sia voluto garantire il 
valore dell‟indipendenza; sicuramente non si è voluto creare uno strumento di 
separazione dell‟ordine giudiziario dal contesto sociale e dalle strutture istituzionali (20)  
L‟autonomia presuppone a sua volta un autogoverno che è stato realizzato attraverso 
l‟istituzione del Consiglio Superiore della Magistratura, organo a cui spettano, “secondo 
le norme dell‟ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le 
promozioni e i  provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati”. 
L‟architettura complessiva è completata dal disposto del 3° comma dell‟art. 107 
secondo cui “i magistrati si distinguono tra loro soltanto per diversità di funzioni” e del 
2° comma dell‟art. 108 che assicura l‟indipendenza per il magistrato del pubblico 
ministero e per gli organi giudiziari delle giurisdizioni speciali, nonché per gli estranei 
che partecipano all‟amministrazione della giustizia. 
Dall‟interpretazione dell‟art.104 Cost. traspare un principio fondamentale che si 
promana in due diverse direzioni: da una parte l‟autonomia dell‟ordine giudiziario da 
____________     
 
(18) F. Carpi, Responsabilità del giudice e pubblicità processuale, cit. p. 70. 
(19) Cfr. ad es. C. Giannatasio, La Magistratura, in P. Calamandrei, A. Levi (eds.), Commentario 
sistematico alla Costituzione italiana, Firenze 1950, II, p. 174: “ La più solenne affermazione 
dell‟indipendenza della Magistratura […] è quella secondo la quale i giudici sono soggetti 
soltanto alla legge [...] Con essa si vuole intendere che i magistrati sono sottratti ad ogni 
ingerenza degli organi del potere esecutivo”; C. Lavagna, Istituzioni di diritto pubblico, VI ed. 
Torino 1985, p. 913: “L‟indipendenza del giudice è affermata dall‟art.101 cpv., della 
Costituzione, laddove esso dichiara che i giudici sono soggetti soltanto alla legge. Questa regola 
sta a significare che il giudice deve operare in conformità al diritto positivo [..] senza subire 
influenze di sorta nell‟esercizio delle proprie funzioni”. 
(20) G. Giacobbe - M. Nardozza, Potere e responsabilità nell’ordine giudiziario, cit. p. 39.
7 
ogni altro potere dello Stato e dall‟altra l‟autonomia e l‟indipendenza del potere politico 
- espressione della volontà popolare - dall‟ordine giudiziario (21). 
Accanto ad una indipendenza esterna della Magistratura nel suo complesso rispetto agli 
altri poteri costituzionali dello Stato, esiste un‟indipendenza interna, cioè 
un‟indipendenza dei singoli magistrati rispetto agli altri magistrati e all‟interno 
dell‟ordine giudiziario. 
Viene così superata la struttura gerarchica e monolitica dell‟organizzazione giudiziaria 
propria dell‟esperienza fascista e affermato, al contrario, il carattere diffuso del potere 
giudiziario (22). 
Inoltre l‟indipendenza – lo ha affermato la Corte Costituzionale (23) – costituisce un 
requisito fondamentale, seppure non unico, per assicurare l‟imparzialità del magistrato, 
senza la quale non è neppure concepibile l‟esistenza di un giudice. 
Come è stato efficacemente rilevato, la nozione di indipendenza che emerge dalle 
disposizioni  costituzionali degli artt. 104 (l‟indipendenza esterna della Magistratura 
come ordine, assicurata dall‟organo di autogoverno, il C.S.M.), 107, co 3° e 101, co 2° 
(indipendenza – assenza di gerarchia), non è soltanto considerata dal punto di vista 
dell‟organo, ma rappresenta una garanzia per le parti all‟interno di un processo, sia 
civile, che penale, che amministrativo (24). 
Una conferma si ricava dal novellato comma secondo dell‟art.111 della Costituzione 
che, nel predisporre le condizioni essenziali per la realizzazione del due process of law, 
stabilisce che ogni processo si debba svolgere “nel contraddittorio tra le parti, in 
condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale”.  
L‟indipendenza del giudice, secondo la concezione tradizionale della separazione dei 
___________________ 
(21) S. Gallo, Stato e potere giudiziario [http://www.fondazionenuovaitalia.org/commissione/doc  
giustizia/Stato e potere giudiziario S.Gallo fondazione, 2007]. 
(22) G. Dalia e P. Troisi, Risarcimento del danno da processo. Danni patrimoniali, biologici, morali 
ed esistenziali nell’ingiusta detenzione, nell’eccessiva durata dei processi, nell’errore 
giudiziario, nella responsabilità dei magistrati, Cedam, Padova 2007, p. 255  
(23) Il principio dell‟indipendenza è volto ad assicurare l‟imparzialità del giudice o, meglio, come è 
stato osservato, l‟esclusione di ogni pericolo di parzialità, onde sia assicurata al giudice una        
posizione  assolutamente „ super partes‟. Va escluso nel giudice qualsiasi anche indiretto 
interesse alla causa da decidersi e deve esigersi che la legge garantisca l‟assenza di qualsiasi 
aspettativa di vantaggi, come di timori di alcun pregiudizio, preordinando gli strumenti atti a 
tutelare l‟obiettività della decisione (Corte cost. , 3.4.69, n. 60 in Giur. Cost.,1969,  973). 
(24) F. Carpi, Responsabilità del giudice e pubblicità processuale, cit. p. 70.
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poteri, elaborata dal Montesquieu, mirava a proteggere il giudice dal potere del sovrano. 
Montesquieu concepisce il potere giudiziario come integrativo degli altri poteri, 
attraverso la sua funzione di punizione dei reati e di organo preposto alla risoluzione 
delle controversie civili: esercitando tali funzioni, il potere giudiziario garantisce il 
corretto equilibrio dell‟intera struttura dello Stato (25). 
In quest‟ottica, l‟indipendenza del giudice è stata giustamente vista “come condizione 
ineludibile perché il giudice possa conoscere della controversia senza pregiudizio e, 
cioè, in una posizione di imparzialità” (26). 
La responsabilità dei giudici e la loro indipendenza sono apparse come due valori in 
antinomica contrapposizione. L‟inserimento o l‟estensione della responsabilità dei 
giudici all‟interno dell‟ordinamento giuridico comporterebbero cioè una diminuzione 
della loro indipendenza (27). 
Ciò posto, è merito del più moderno pensiero liberale aver superato quel tradizionale 
collegamento tra indipendenza e irresponsabilità, dogma tipico della tradizione 
illuministica, imperniato  sulla neutralità del giudice quale “bocca della legge”. Infatti 
risulta manifesto come “l‟immunità dei giudici non sia […] per niente correlata, di 
necessità, alla loro indipendenza, posto che può esserci un grado molto alto d‟immunità 
nei confronti delle parti accompagnato da un alto grado di „ responsabilità‟ nei confronti 
del potere politico (e viceversa), e siffatta responsabilità può arrivare al punto di essere 
mancanza totale d‟indipendenza” (28).  
Inoltre è stato giustamente sottolineato dal Trocker (29) come “il privilegio della 
sostanziale irresponsabilità del magistrato non può costituire il prezzo che la collettività 
è chiamata pagare in cambio dell‟indipendenza dei suoi giudici”. 
Ripudiata la teoria del giudice come “bocca della legge”, come meccanico applicatore 
di una norma contenente un significato chiaro ed univoco, ci si è resi conto che non è 
più la legge che parla direttamente attraverso lui, ma è il giudice che diviene il 
mediatore tra l‟enunciato astratto e la sua concreta applicazione. 
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(25) Montesquieu, Esprit des lois, XI, 6, cit. da A. Giuliani, N. Picardi, La responsabilità del giudice, 
cit., p. 72, nota 108. 
(26) A. Bevere, La responsabilità civile dei magistrati. Un prezzo troppo alto in termini di 
indipendenza, in Critica del diritto, 1986, fasc. 42, p.85. 
(27) A. Bevere, ibidem. 
(28) M. Cappelletti, Giudici irresponsabili?, cit. p. 21. 
(29) N. Trocker, La  responsabilità del giudice, in Riv. Trim. Proc. Civ. , 1983, p. 1283.
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L‟interpretazione giudiziale consiste nell‟attribuzione di significato agli enunciati 
normativi, ossia espressioni linguistiche che, lungi dall‟essere riconducibili ad un solo 
ed univoco significato, accanto a un nucleo di significato certo o quasi certo, presentano 
una vasta zona di incertezza tra più significati possibili, nell‟ambito dei quali si esercita 
il discernimento dell‟interprete (30). Interpretare una legge comporta una serie di 
operazioni mentali, non „algoritmizzabili‟, cioè come se si trattasse di svolgere 
un‟equazione algebrica, senza alternative, senza incertezze tra l‟errore e l‟esattezza, 
secondo un percorso mentale assolutamente obbligato (31). 
L‟attività interpretativa non si presenta, perciò, come attività meramente conoscitiva, 
ma valutativa e decisoria, quale quella di dare un significato concreto a concetti astratti, 
fare emergere i sottintesi, risolvere l‟ambiguità della grammatica e della sintassi: è 
dunque “un‟attività in senso lato politica, quantomeno di politica del diritto” (32). 
Non bisogna dimenticare che il giudice è uomo del suo tempo e vive le ansie e le  
tensioni della società in cui opera: nell‟interpretare le fattispecie astrattamente previste 
dal legislatore compie giudizi di valore che lo conducono a scegliere l‟una o l‟altra delle 
possibili interpretazioni e su tali giudizi non può non influire „ la visione del mondo ‟ 
che il singolo magistrato ha in quel particolare momento (33). 
L‟attività del magistrato è dunque, spesso e volentieri, “un‟attività creativa, 
caratterizzata da ampi margini di discrezionalità” (34). 
A quest‟ampliamento di discrezionalità ha contribuito in misura notevole lo stesso 
legislatore: vi sono interi settori normativi, dalla legislazione dell‟emergenza a quella 
premiale, dove il legislatore ha delegato ai giudici valutazioni e scelte, che tante 
polemiche hanno suscitato per una pericolosa commistione fra i due piani (35) ( si pensi 
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(30) R. Guastini, Problemi d’analisi dei discorsi dei giuristi, in S. Castignone, R. Guastini, G. 
Tarello, Introduzione teorica allo studio del diritto, Edizioni culturali internazionali ECIG, 
Genova 1984, pp. 252 – 253. 
(31) R. Borruso, Discrezionalità e autonomia del giudice. Discorso tenuto ai giovani magistrati il 
12.12.2001[http://www-jei.it/approfondimentigiuridic/notizia, direttore G. Ciacci] 
(32) R. Guastini, ivi, p. 253. 
(33) G. Dalia- P. Troisi, Risarcimento del danno da processo…cit., p. 256. 
(34) G. Dalia – P. Troisi, ivi, p. 257. 
(35) A. Baratta, Le fonti del diritto e il diritto giurisprudenziale, in Mat. St. Cult. Giur., 1990,          
pp. 189,  segg.; C. Luzzati, La vaghezza delle norme. Un’analisi del linguaggio giuridico, 
Giuffré editore,  Milano 1990,  pp. 129-130.