CAPITOLO 1. EDILIZIA POPOLARE A MILANO 13
esperimentale,maconiltentativodinonperderemaicompletamentedivistalastoriadegli
errori del passato e le reali necessità della città moderna.
1.2 Dallo Iacp all’Aler
Di Enrico Landoni - Dipartimento di Scienze della Storia e della Documentazione Storica - Uni-
versità degli Studi di Milano
L’assoluta gravità dell’emergenza abitativa si impose all’attenzione della classe politica ita-
liana tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, come una delle dirette conseguenze del-
l’incipiente industrializzazione del Paese e del progressivo inurbamento di sempre più consistenti
settori del proletariato agricolo. Emblematico di queste travolgenti dinamiche economiche e de-
mografiche fu proprio il caso di Milano, la cui popolazione residente passò dai 186.000 abitanti
del 1860 ai 441.947 censiti nel 1901. [...]
Le inchieste municipali condotte in questo torno di tempo a Faenza, Verona, Firenze, Raven-
na, Vicenza, Venezia, Udine, Treviso e soprattutto a Milano avevano messo in piena luce la forte
connessione esistente tra industrializzazione ed emergenza abitativa, individuando nel migliora-
mento complessivo delle condizioni di vita dei lavoratori nelle loro case il requisito fondamentale
per lo sviluppo economico della nazione. [...] Il 31 maggio 1903 la Camera approvò, infatti, il
progetto di legge presentato da Luigi Luzzatti un anno prima, con il chiaro intento di agevolare
la costruzione di case popolari, destinate, cioè, a tutti coloro che vivevano del loro salario e non
di rendite derivanti da posizioni finanziarie o immobiliari. [...] Tale provvedimento legislativo
interveniva direttamente anche sui soggetti potenzialmente coinvolti nell’edificazione di stabili
di edilizia popolare, rivolgendosi soprattutto a Cooperative, Società di mutuo soccorso, Enti ed
Istituti di beneficenza, Banche, Monti di Pietà e Comuni, che si sarebbero potuti consorziare per
dare vita ai futuri Istituti Autonomi per le Case Popolari (IACP), dei quali, tuttavia, la legge
non specificava esattamente la natura giuridica ed economica. [...] Gli IACP sarebbero diventati
degli enti morali pubblici alieni da ogni scopo di lucro e con la possibilità di effettuare delle ope-
razioni di credito, istituiti con il contributo diretto dei Comuni, delle Casse di Risparmio, delle
Banche ed anche di semplici privati cittadini, secondo un modello organizzativo a mezzadria
tra libera iniziativa privata e municipalizzazione. [...] La soluzione abitativa caratteristica della
prima fase di attività dell’Istituto fu il monolocale con servizi, in grado di soddisfare la domanda
prevalente, che proveniva soprattutto da lavoratori a basso reddito e in molti casi privi di un
loro nucleo familiare. [...]
Proseguirono, intanto, nel corso del 1920, sia il processo di riorganizzazione aziendale, che
condusse all’allargamento a quindici membri del Consiglio di Amministrazione, all’interno del
quale fu aumentata la rappresentanza di nomina comunale e trovarono posto gli inquilini de-
legati dei neonati Consigli di Quartiere, sia l’intensa attività realizzativa, che culminò nella
progettazione di nuovi complessi residenziali nei quartieri Vittoria, Genova, Magenta, Tiepolo e
Pascoli, Botticelli, Friuli, Andrea Del Sarto e Monza. Iniziò così, con la pianificazione di questi
fabbricati, lostudioperlacreazionediunanuovatipologiadicasapopolare, caratterizzatadalla
CAPITOLO 1. EDILIZIA POPOLARE A MILANO 14
presenza di cortili e giardinetti interni e di motivi decorativi sulle facciate, come bow-window,
mensole sotto i balconi, cornici alle finestre e frontoni, tipici delle abitazioni borghesi dell’epoca.
[...]
Davvero devastanti sugli equilibri interni all’Istituto furono le conseguenze della salita al po-
tere del Governo Mussolini, che intese subito chiudere con il più recente passato, facendo piazza
pulita del gruppo dirigente socialista, che aveva la maggioranza assoluta in seno al Consiglio di
Amministrazione dello IACP, di cui il Prefetto di Milano, a seguito di un’inchiesta-farsa, volta
principalmente a gettare fango sull’irreprensibile gestione di Angelo Filippetti ed Alessandro
Schiavi, dispose lo scioglimento. Furono altresì sciolti con atto d’imperio i Consigli di Quartiere,
ritenuti dei piccoli soviet e, dunque, motivo di turbamento dell’ordine e della pace sociale, e
venne nominato un commissario ad acta nella persona di Oreste Raggio. I primi provvedimenti
di politica edilizia attuati dal nuovo governo fascista non andarono certamente nella direzione di
una valorizzazione del ruolo svolto dai vari IACP e dell’iniziativa pubblica. Nel luglio del 1923
venne, infatti, abrogato il blocco dei fitti, che in soli sette anni aumentarono, di conseguenza,
vertiginosamente, e fu vietato agli IACP di produrre direttamente cementi, malte e materiali
vari, con il chiaro intento di agevolare i grandi imprenditori edili, che tanto si erano adoperati
per sostenere Mussolini ed agevolarne l’ascesa al potere. [...]
Di fronte all’aumento vertiginoso della popolazione milanese, l’Istituto fu costretto a pro-
cedere con estrema rapidità alla realizzazione di nuovi insediamenti abitativi, molti dei quali,
sotto il profilo architettonico e strutturale, risentivano notevolmente di questo clima di assoluta
emergenza e precarietà. Nacquero, così, presso il quartiere Trecca, ubicato nell’estrema periferia
est della città tra Piazza Ovidio e Piazza Cartagine, Bruzzano, Vialba e Baggio, le cosiddette
“caseminime”,costruiteconl’obiettivodifornireaisenzatetto,agliimmigratiedaglisfrattati
un alloggio provvisorio, di piccolissime dimensioni e privo di qualsiasi elemento decorativo.
L’interesse specifico dei razionalisti per la casa popolare emerse in occasione della Triennale
del 1933, nel corso della quale Piero Bottoni ed Enrico Griffini giunsero a proporre una nuova
concezione del problema dello spazio, sostenendo che esso non dovesse essere più suddiviso ed
organizzatoinbaseallasuperficiedisponibile, maasecondadelnumerodiabitanti, perottenere,
così, la superficie minima abitabile. Con il fine di utilizzare al meglio lo spazio, ogni elemento
strutturale fu pensato per poter essere prodotto in serie e gli alloggi vennero consegnati agli
inquilini già provvisti di arredo. [...] L’avvento della guerra rallentò sensibilmente l’opera di
edificazione, che si interruppe del tutto alla fine del 1942. [...] Cessate le ostilità, i locali resi
inagibili dai bombardamenti ammontavano a 225.000, per un totale di 70.000 alloggi. I danni,
nel solo settore dell’edilizia popolare, superavano il miliardo di lire, per effetto della distruzione
odelgravedanneggiamentodi58.000vani,parial60%circadell’interopatrimonioimmobiliare
gestito dall’Istituto, il cui Consiglio di Amministrazione venne sciolto. [...] La ripresa dell’
attività dell’ IACP fu resa possibile inizialmente da un prestito di 323.000.000 di lire concesso
dalle autorità di occupazione e, successivamente, dal grande sostegno garantitogli dalla Giunta
Comunale, che, sotto la guida del socialista Antonio Greppi, fu protagonista della ricostruzione
e della rinascita morale, culturale ed economica della città. Nel giro di un solo biennio, lo IACP
fu in grado di costruire 4.528 vani. [...]
CAPITOLO 1. EDILIZIA POPOLARE A MILANO 16
1.3 Ediliziapopolaretrarazionalismoevillaggigiar-
dino
IL GIORNALE - 9 dicembre 2008 - di Simone Finotti
All’alba del secolo scorso, Milano contava 500mila abitanti, spartiti fra i quartieri entro i
Bastioni e i vecchi Corpi Santi: già raddoppiati rispetto alla Milano post-unitaria e il ritmo
dell’incremento non accennava a diminuire; inoltre l’industrializzazione avanzava e con essa il
problema delle abitazioni popolari. Così il Comune, sull’esempio di altre città italiane, avviò
un’inchiestasulle«deplorevolicondizionidegliagglomeratioperai»: daquilanascitadell’Istituto
per le Case Economiche e Popolari di Milano (conosciuto come Iacp, Istituto Autonomo Case
Popolari), dal ’96 Azienda Lombarda di Edilizia Residenziale (Aler). Era il 1908 e nel 2008
Aler ne ha celebrato il centenario con una mostra iconografica «100 anni di edilizia residenziale
pubblica a Milano», in Triennale fino all’11 gennaio: un secolo di immagini per seguire la lunga
storia dell’edilizia pubblica, tendenze, idee, maestri che ne scrissero le pagine più significative,
ma anche parabola demografica della città e crescente articolazione del suo tessuto sociale.
Tra i primi progetti Iacp nel 1910 ci furono i quartieri Lulli, Tibaldi e Mac Mahon, l’am-
pliamento dello Spaventa, le costruzioni in Ripamonti, Solari, Niguarda. Tipica del decennio
successivo fu la diversificazione tipologica. Grande successo ebbe il «villaggio giardino» (case
isolate a due piani) e i villaggi Tiepolo, Milanino, La Postelegrafonica e Borgo Pirelli (disegnato
da Loria e Allodi tra il ’20 e il ’23), reale testimonianza di un’epoca. Tra il 1926 e il 1929,
in una Milano che superava i 700mila abitanti e cresceva sempre più, lo sforzo di Iacp ha del
leggendario: i vani passano da 13mila per 6mila nuclei familiari a oltre 30mila per oltre il doppio
di famiglie. Erano nati i quartieri Vittoria e la Stadera e la città si era allargata. E se gli anni
Trenta vedono il trionfo del razionalismo, la cui summa è rappresentata dai quartieri Bossi (oggi
Molise) e Fabio Filzi, è nel secondo dopoguerra che l’attività dell’Istituto raggiunge la massima
intensità.
I bombardamenti del 1943 avevano lasciato profonde ferite; al termine della guerra 225.000
locali (tra cui 70mila alloggi) erano inagibili: due terzi del patrimonio residenziale pubblico, in
una città che contava ormai 1.200.000 residenti, 200mila dei quali, però, in alloggi di fortuna,
più 50mila famiglie in coabitazione. Il «piano di ricostruzione» rinnova la città molto in fret-
ta: sull’onda del boom nascono interi quartieri. In città sono attivi nomi che hanno fatto la
storia dell’architettura milanese e italiana: i razionalisti Bottoni e Lingeri, i neorealisti Albini
eGardella.Nonacaso,findall’Ottocento,siparladi«eclettismomilanese»,lacapacità,cioè,
di coniugare gli aspetti originali delle diverse scuole, poco concedendo a vizi di maniera. A
sintetizzare le due tendenze è, tra il ’54 e il ’63, il vasto quartiere Comasina. È a quell’epoca e
ai successivi anni ’70 che risalgono molte delle costruzioni che connotano ancor oggi la «facies»
dell’edilizia popolare milanese: tra il ’71 e il ’74 sono ultimati Gratosoglio e Quarto Oggiaro.
Nel ’73 Milano raggiunse un milione e 730 mila abitanti: il record di sempre (scenderanno a
1.256.000 nel 2001), con il suo strascico di tensioni sociali e con l’aumento vertiginoso del traffico
in città e nell’hinterland.
CAPITOLO 1. EDILIZIA POPOLARE A MILANO 17
Con gli anni Ottanta ha inizio il processo di frammentazione e dispersione demografica, af-
fiancata dalla transizione post-industriale: la città è chiamata a ripensarsi e gli ultimi vent’anni
sonoall’insegnadellariqualificazioneresidenzialeestesaaicomunilimitrofi; ilcomplessodiMug-
giano del 2003, ad esempio, sfrutta modelli di tipo rurale con cascine ed edifici bassi a corte. Si
seguono anche la via della diversificazione, con la costruzione di Residenze Sanitarie Assisten-
ziali e Residenze Universitarie, e quella dell’eccellenza, con il recupero funzionale dell’Abbazia
di Chiaravalle.
1.3.1 La città si trasforma
AT-Casa - Corriere della Sera - di Giulia Reginetti
Grattacieli, riqualificazioni industriali e progetti d’autore: come sta cambiando Milano.
La costruzione dell’Altra Sede della Regione Lombardia è stata realizzata su progetto del
raggruppamento temporaneo di imprese composto da Pei Cobb Freed&partners di New York,
Caputo partnership e Sistema Duemila (entrambi di Milano) che, su 89 studi partecipanti, nel
2004 ha vinto il concorso internazionale. I lavori sono durati solo due anni, dopo gli scavi e
la bonifica dell’area iniziati a gennaio 2007. L’edificio non sostituisce il Palazzo Pirelli, ma si
affianca a esso raggruppando gli uffici ora distribuiti in diverse sedi in affitto a Milano. Sembra
passato poco tempo da quel 31 marzo 2008, giorno in cui la signora lombarda si è aggiudicata
l’Expo 2015, eppure il restyling della città ha preso un corso che pare inarrestabile. Ora, mentre
si prepara a fare da cornice al prossimo Salone del Mobile, noi ci fermiamo un istante. E tra pro-
getti, ritardi, inaugurazioni e polemiche, cerchiamo di mettere ordine confusione architettonica
che regna nella metropoli.
1.3.1.1 Partiamo dal presente
Che cosa abbiamo visto di nuovo in pochi mesi e cosa ci regalerà ancora Milano entro il 2010?
Gennaio ha aperto l’anno con la presentazione della nuova sede della Regione Lombardia: un’a-
rea di 30.000 mq, un investimento di 400 milioni di euro, 700 persone coinvolte, due anni di
costruzione 24 ore su 24. E in zona Melchiorre Gioia è sorto il complesso pubblico progettato
da Pei Cobb Freed&Partners (New York) con Caputo e Sistema Duemila (Milano). Quattro
edifici curvilinei di 9 piani si snodano attorno alla torre centrale di 39 piani che con i suoi 161,30
metri diventa l’edificio più alto d’Italia. A luglio partirà il trasloco dei 2.500 dipendenti mentre
sembra che nel Pirellone di Giò Ponti finiranno i circa mille membri del Consiglio regionale.
Solo un mese dopo, per merito del Gruppo Galotti, c’è stata l’inaugurazione dei primi palazzi
per uffici in classe A: Auros e Perseo. E già ai primi di marzo, dopo vent’anni di chiusura e
cinque di lavori di ricostruzione, Milano festeggiava la riapertura dello storico teatro Puccini.
Ma il 2010 è ancora lungo. Pronta a giorni la ristrutturazione energetica di una delle due torri
datate anni ‘80, sopra i binari della stazione di Porta Garibaldi. Alte 98 m, presto si rivelarono
inadatte per problemi strutturali, dal surriscaldamento delle facciate all’uso massiccio di fibro-
cemento. Ecco l’intervento dello studio Cmr: impianti geotermici a pompa di calore, emissioni
zero grazie a pannelli fotovoltaici e solari, facciate isolanti a doppia pelle, vetri sfaccettati. Se
Capitolo 2
Ricerca su alcuni quartieri
popolari milanesi
2.1 Viale Ortles (Zona 5)
Milano è suddivisa in 9 zone o quartieri. La Zona 5 comprende Porta Ticinese, Porta Vigen-
tina, Porta Lodovica, Conchetta, Vigentino, Ortles,Quaranta,Morivione,Spaventa,Stadera,
Torretta, Meda, Conca Fallata, Vaiano Valle, Chiaravalle, Selvanesco, Gratosoglio, Casenuove,
Macconago, Quintosole, Ronchetto delle Rane, Chiesa Rossa, Ferrari, Naviglio Pavese, Vettab-
bia, San Gottardo, Ravizza, Ohm, Ripamonti. In questa sezione cercheremo di conoscere meglio
la zona di Viale Ortles, attraverso una serie di articoli e di materiale di ricerca.
Figura 2.1: Vista aerea assonometrica
20
CAPITOLO 2. RICERCA SU ALCUNI QUARTIERI POPOLARI MILANESI 21
2.1.1 Articoli ed altro materiale di ricerca
2.1.1.1 Viale Ortles si trasforma per dare lavoro ai più deboli
Repubblica — 31 agosto 2010 pagina 6 sezione: MILANO
Uno sportello-lavoro dedicato al reinserimento dei disoccupati ospitati nella struttura. Il
Comune trasforma la Casa di viale Ortles, che ogni sera accoglie decine e decine di senzatetto:
da dormitorio pubblico diventa un vero centro di accoglienza, che offre un letto a chi non ce l’ ha
ma che può aiutarlo anche a rifarsi una vita e a trovare un lavoro. L’ annuncio del cambiamento
l’ ha dato ieri l’ assessore alle Politiche Sociali, Mariolina Moioli, durante il pranzo di fine estate
organizzato dai City Angels per 200 senzatetto alla pizzeria Ciardi, in centro: «La Casa di viale
Ortles ha superato la vecchia impostazione di dormitorio pubblico per trasformarsi in un vero e
propriocentrodiaccoglienza-hadettol’assessore-Unastrutturadinamica, chepuòrispondere
alle reali esigenze e diversificarsi a seconda della domanda». Una richiesta di aiuto, per avere
un letto ma anche un’ opportunità di lavoro che, dice il Comune, è in continuo cambiamento.
Anziani over 65, persone con problemi di alcolismo o affetti da patologie psichiatriche, stra-
nieri per lo più giovani, rifugiati politici. Ma anche disoccupati, tra cui sempre più italiani, in
cerca di una nuova occupazione dopo averla persa, magari per colpa della crisi economica: una
categoria in forte crescita all’ interno dei dormitori pubblici cittadini. Ed è proprio in funzione
di questo bisogno di aiuto così vario che Palazzo Marino ha deciso di fare un passo in più per il
dormitorio di viale Ortles, che nel 2009 ha accolto 2.493 persone e già 1.473 nei primi sette mesi
di quest’ anno: «La struttura sarà il punto di partenza di un percorso individualizzato e mo-
nitorato di recupero personale e di graduale reinserimento sulla base delle proprie potenzialità
lavorative e sociali», ha aggiunto Moioli.
Unpercorsocheaiuteràtutti, stranierimaancheitaliani, innettacrescita. «Abreveil40per
cento dei clochard milanesi sarà italiano - è la previsione di Mario Furlan, fondatore e presidente
dei City Angels - La crisi economica e le difficoltà a trovare lavoro stanno contribuendo a un
aumento dei senzatetto italiani: persone che trovano molti più ostacoli a reinserirsi nel tessuto
sociale rispetto agli stranieri, che spesso si trovano a Milano soltanto di passaggio». Sempre ieri
l’ assessore Moioli ha fatto il punto sui senzatetto attualmente ospitati e ha annunciato che il
Comune «ha prolungato di qualche giorno il Piano Caldo: manterremo attivo il numero verde
perchécontinueremoatenereacaricolepersoneconcuicisiamoconfrontatiinquestitremesi».
2.1.1.2 Da dormitorio a Casa dell’Accoglienza, in via Ortles
Stefania Aleni -Quattro
Qualcuno lo chiama ancora Dormitorio pubblico, nel 2005 lo troviamo classificato come
Ricovero Notturno, ma dal 2007 si chiama Casa dell’Accoglienza Ortles, in viale Ortles 69: un
cambio di denominazione non solo formale, per rendere più accattivante la struttura, ma per
rispondere al nuovo ruolo che questa vecchia istituzione del Comune di Milano vuole assumere.
CAPITOLO 4. QUARTIERE GIAMBELLINO (ZONA 6) 52
• u
f
:Utilizzazionefondiaria;
• r: Rapporto di copertura;
• H: Altezza degli edifici;
• V: Volume edificato;
• i
f
: Indice di fabbricabilità fondiaria.
Figura 4.2: Comparti urbani analizzati
CAPITOLO 4. QUARTIERE GIAMBELLINO (ZONA 6) 53
4.5.1 Comparto 0 - Comparto ALER di progetto per la tesi
Figura 4.3: Comparto 0 - Vista aerea
Il comparto 0 è situato tra via Lorenteggio, viale Emanuele Odazio e Largo Giambellino, via
Giambellino e via Angelo Inganni.
E’ questo il comparto oggetto della tesi, composto principalmente da edifici residenziali
popolarialtimediamente4piani. GliedificidiquestocompartoALERsonoquasituttiallineati
nelladirezionediviaAngeloIngannieviaEmanueleOdazio; nonappaiono, dunque, incontrasto
con la maglia stradale. In compenso, il comparto viene tagliato diagonalmente da una strada
principale, molto ampia, via Paolo Segneri. Si tratta di una strada a due corsie con ulteriore
spazio per parcheggi e spaziosi marciapiedi. Ogni settimana, lungo via Paolo Segneri viene
organizzato un grande mercato in grado di attrarre una notevole quantità di cittadini milanesi
della zona. Il comparto ALER viene ulteriormente suddiviso in un totale di 6 isolati da altre 5
strade secondarie: via Recoaro, che è parallela a via Inganni e che unisce via Lorenteggio con
via dei Sanniti, perpendicolare a via Paolo Segneri e posta al centro del comparto e che poi,
continuando verso Sud-Est, assume una giacitura parallela a via Inganni e si immette in via
Giambellino; via degli Apuli, che nasce dalla biforcazione con via dei Sanniti ed è parallela a via
Giambellino ed, infine, via Manzano, parallela a via Lorenteggio, che unisce via Inganni con via
Recoaro e via dei Sanniti. Molti dei parcheggi per i residenti sono disposti lungo queste strade
interne al comparto ma ci sono anche, tra gli edifici, vari edifici bassi che funzionano da box
auto.
Camminando lungo le strade che delimitano o attraversano questo comparto, non si perce-
pisce affatto la presenza di verde internamente dal momento che il comparto è praticamente
circondato da mura di cinta e cancelli che rendono gli spazi interni completamente impermea-
bili alla vista. Ad ogni modo, gli edifici sono tutti estremamente simili e praticamente identici
nell’articolazione degli appartamenti e nella distribuzione interna. L’unica variazione, da isolato
ad isolato, consiste nella colorazione delle facciate. La distanza tra gli edifici è mediamente pari
Capitolo 6
Idea di progetto
La riqualificazione di un intero quartiere, così problematico dal punto di vista urbanistico,
sociologico e qualitativo, é una vera sfida se non si parte dalla banale idea di abbattere gli
edifici esistenti e di ricostruire sul territorio con un impianto completamente diverso. Lo stato
di fatto è una fotografia importante della Milano passata nella Milano moderna; non lo si può
cancellare con un colpo di spugna. L’edilizia esistente è un patrimonio ed i costi di abbattimento
ericostruzionesonoingeneresuperioriaquellidiunprogettodiriqualificazione.Lasfida,
dunque, è riqualificare e trasformare il quartiere senza abbattere tutti gli edifici che ne fanno
parte.
6.1 Prima fase: il verde e la città
Figura 6.1: Idea di progetto - prima fase
La prima fase consisterà nell’apertura totale del verde attualmente privato e non fruibile da
chiunque; si restituirà alla città tutto il verde possibile, riprogettando gli spazi comuni, in modo
da riconvertirli in un tipo di verde urbano ibrido tra parco e sistema di orti urbani, autorego-
lato dai cittadini, sia residenti nel quartiere che non, tramite un’apertura a 360 gradi verso la
100
CAPITOLO 6. IDEA DIPROGETTO 101
manutenzione e la gestione degli spazi verdi: un Guerrilla Gardening sistematico, autogestito,
ma, inizialmente, regolato e guidato. Si verrà a generare un parco pubblico dove gli orti urbani
saranno la vera attrazione.
6.2 Seconda fase: densificazione, riqualificazione
Figura 6.2: Idea di progetto - seconda fase
Il secondo passo, in ordine temporale, consisterà nel ristrutturare gli edifici, sia struttural-
mente che qualitativamente, eseguendo, in contemporanea, lavori di elevazione dei fabbricati.
Alla fine dei lavori, tutti gli edifici avranno la medesima altezza e verranno aggiunti alloggi di
taglio variabile, in contrasto a quello fisso presente attualmente. In contrasto all’abbattimento,
dunque, si propone la densificazione. Verrano, in seguito, abbattute tutte le parti di edifici basse
che, attualmente, fungono quasi come un recinto per l’intero complesso: riconquista del suolo
ed apertura totale alla città.
6.3 Terza fase: contaminazione e metamorfosi
Figura 6.3: Idea di progetto - terza fase
La strada principale che attraversa tutto il complesso Aler, via Paolo Segneri, ospita, spesso,
un grande mercato di quartiere. Un’occasione di incontro e di confronto tra persone e culture e