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Capitolo 1
L’origine delle tradizioni
1.1 Origini
Le tradizioni non sono per scontata definizione antiche, possono avere
un‟origine piuttosto recente e talvolta costituiscono il risultato di invenzioni
create su scarsi fondamenti, poco sostenibili. Con il termine „tradizione
inventata‟ si intendono sia tradizioni effettivamente inventate, sia tradizioni
che pur costituendosi su basi scarsamente documentate nell‟arco di un breve
periodo di tempo, si sono imposte con grande rapidità. Per definizione, <<“la
tradizione inventata” è costituita da un insieme di pratiche, in genere regolate
da norme apertamente o tacitamente accettate e dotate di una natura rituale
o simbolica, che si propongono di inculcare determinati valori e norme di
comportamento ripetitive, nelle quali emerge l'elemento caratterizzante
costituito dalla continuità con il passato, che non per forza deve essere
lontano>> (Hobsbawn,1983, p.3). La tradizione intesa in questo senso va
distinta dalla consuetudine che regge le società „tradizionali‟, ossia le società
composte da popolazioni fortemente legate ad usi e costumi tradizionali che
per la loro unicità sviluppano un profondo senso d‟identità che tende a non
conformarsi con i valori della cultura dominante. La consuetudine nelle
società „tradizionali‟ svolge la duplice funzione di innovazione e cambiamento
e di garantire la continuità sociale. Hobsbawn sostiene che la tradizione e la
consuetudine sono intrecciate; se la consuetudine declina comportando
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mutamenti delle società „tradizionali‟, la stessa però, non può modificare la
tradizione (Hobsbawn, 1983, p.5). L‟invenzione di una tradizione, infatti è
molto più profonda della consuetudine, in quanto rappresenta un processo di
ritualizzazione, caratterizzato dal riferimento al passato che impone la
ripetitività. Una tradizione inventata di tipo nuovo ricorre a materiali antichi
per essere inventata; una tradizione autentica possiede vecchi modi che
sono ancora vitali e in questo caso, non c‟è bisogno di inventare o di
recuperare.
1.2 Antropologia e metodo di ricerca
In tema di differenzazione tra pratiche tradizionali inventate e quelle
davvero ininterrotte o mitiche, l‟antropologia aiuta a porre in evidenza le
diversità. Le prime davano spesso definizioni aspecifiche e vaghe dei valori,
dei diritti e degli obblighi inculcati dal senso di appartenenza al gruppo, le
seconde erano pratiche sociali specifiche e fortemente vincolanti.
<<Lo studio delle tradizioni inventate non può essere scisso da quello più
ampio della storia della società>> (Hobsbawn, 1983, p.15). Tutte le tradizioni
inventate, in qualche modo, ricorrono alla storia come legittimazione
dell‟azione e unione della coesione di gruppo, facendo luce sul rapporto
dell‟uomo con il passato. L‟invenzione della tradizione nell‟Europa
dell‟Ottocento servì ad attribuire una forma riconoscibile ai nuovi tipi di
autorità che si andavano evolvendo e le cerimonie contribuivano ad
accrescere il predominio dell‟èlite dominante. Infatti gli anziani ricorrevano
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alla <<tradizione>> per difendere il loro controllo in ogni area della vita
comunitaria, sia nei confronti dei giovani, sia delle donne e sia degli
immigrati. Inoltre, molti altri paesi ricorrevano alle tradizioni inventate
rifacendosi all‟uso politico della monarchia, al fine di rafforzare i poteri dei
governanti, e sfruttavano la persona regale per inscenare elaborate occasioni
rituali e per richiamare un‟ampia partecipazione popolare.
Ogni società, nel tempo, ha accumulato materiali all‟apparenza “antichi” per
costruirsi una storia passata che la proietta verso innovazioni future. Tutto ciò
ha portato all‟affermarsi di nazioni moderne, che hanno cercato di legittimare
la loro <<storia>> cercando radici nel passato più remoto. La conoscenza di
queste tradizioni inventate apre le porte a un‟originale visione dei tempi e a
delle contraddizioni di quella che viene definita l‟età della
<<modernizzazione>> (Hobsbawn, 1983, p. 17).
1.3 Tradizioni e cultura
Dalle analisi di determinati concetti come „cultura‟, „tradizione‟, „identità‟,
„patrimonio‟, „territorio‟, „comunità‟, si evince che tra loro ci sono forti
connessioni, mentre nel loro utilizzo attuale si nota una convergenza di
presupposti ideologici, d‟interessi politici ed economici (Bravo, 2009, p.32).
Sul concetto di „cultura‟, al centro degli studi antropologici, non si può partire
se non dalla sua definizione, vista nella accezione originaria formulata da
Tylor (1871): <<quella totalità complessa che include la conoscenza, le
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credenze, le arti, la morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e
abitudine acquisita dall‟uomo come membro di una società>>. Una
definizione, che ancora oggi, gli antropologi tengono in considerazione.
Pertanto, cosi come richiamato da Tylor, non bisogna considerare la cultura
come qualcosa che appartiene solo all‟altro, come si faceva nel passato
quando si studiavano le popolazioni non occidentali, ma si deve anche
considerare lo studio di popolazioni vicine, perché ciò contribuisce a formare
il patrimonio. La cultura comprende sia elementi di ordine materiale che
spirituale, sia elementi di ordine pratico che simbolico. I gruppi, gli individui
che abbandonano il loro territorio di appartenenza per insediarsi in territori
nuovi e lontani possono ritrovarsi in contesti chiusi dal pregiudizio.
Nell‟acquisire nuove nozioni, nuove credenze e comportamenti, essi
contribuiscono alla formazione di nuove unità locali, che tendono a
trasformare le future generazioni, ma nello stesso tempo mantengono
rapporti con il luogo d‟origine. Lo scambio di idee ed esperienze contribuisce
ad aprire i confini delle comunità d‟origine, tanto che il mondo risulta essere
in continuo movimento. Ci sono chiari segni di accettazione e di tolleranza
verso le altre culture: essi si manifestano nel comunicare, aprire opportunità,
possibilità di esprimersi, l‟organizzazione di feste e trattenimenti insieme che
può portare ad un‟eccessiva accentuazione della „cultura‟, con la
conseguenza negativa di rinchiudere “gli altri” in un mondo chiuso e
immutabile, difficile da valicare nonostante il momento di piacevole
interazione.
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Innumerevoli ricerche hanno portato alla raccolta di tanto materiale
etnografico, e constatiamo che il lavoro svolto non è stato solo in terre
lontane, ma anche in Italia; qui, i demologi hanno studiato le comunità
contadine o di lavoratori preindustriali. Nel nostro paese, lo studio di
tradizioni popolari o cultura delle classi subalterne, si sta espandendo,
prendendo come riferimento soprattutto le feste, le cerimonie religiose, la
musica, il canto, il lavoro. Le ricerche hanno mostrato come la rete di rapporti
tra la cultura delle classi popolari e il contesto sociale e culturale si intensifica
e si interseca con la storia.
In definitiva, occorre sottolineare che lo strumento concettuale della cultura è
stato usato per chiudere, separare, limitare, ma anche per dare un
messaggio di apertura, relativismo e rispetto dell‟altro, del diverso da noi; la
„cultura‟ resta il centrale problema d‟indagine sulla quale il discorso è ancora
aperto (Bravo, 2009, p. 41).
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Capitolo 2
Tradizioni e feste popolari
2.1 Il momento festivo come recupero delle tradizioni
In ordine alla questione del recupero delle tradizioni, un aspetto
importante di determinate riflessioni ha evidenziato che hanno maggiori
stimoli al recupero e all‟organizzazione di elementi tradizionali gli individui
che pendolano per lavoro, i quali manifestano una tendenza maggiore alla
rivitalizzazione delle tradizioni. In altri termini, i pendolari trovano nella
realizzazione della festa tradizionale, un momento di orientamento e di
ricostruzione del loro orizzonte comunitario.
Mentre si pensava che le tradizioni contadine fossero in via di estinzione, al
contrario, rinascono o vengono resuscitate e spesso con successo. Il tutto, è
stato oggetto di una ricostruzione operata attraverso la pratica del bricolage,
concetto analizzato da Levi-Strauss e da Jacob (Bravo, 2005, p.24). Questa
pratica, consisteva nel cominciare a fare un inventario degli elementi vecchi e
nel rimetterli assieme, ricombinandoli in un unico sistema o creandone di
nuovi. Il bricolage nella festa consiste proprio nel mettere assieme tutti i pezzi
– materiali e strutture - elaborati dalla tradizione, da parte di contadini,
artigiani, operatori specializzati, che ricreano il tutto a bassi costi. Infatti, le
donne si occupano dei costumi e gli uomini di tutti i lavori maschili. Dopo il
cerimoniale, si riuniscono tutti, facendo festa con musica, cibo e bevande. Il
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banchetto serve a soddisfare le esigenze d‟incontro collettivo della comunità
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(Bravo,2005, pp.29-33).
Il tutto farebbe sembrare che la modernità sia in opposizione alle tradizioni,
alle radici in cui si fonda il passato di un‟identità locale; invece, all‟opposto, la
tradizione è doppiamente complementare alla modernità, perché la sua
ripresa è consentita e stimolata da quest‟ultima e si presenta come mezzo
attraverso la quale ci si può muovere (Bravo, 2005, p. 38). Nella modernità
trova grande impulso la riproposta di feste e cerimonie di eredità o di gusto
tradizionale. Inoltre, nella riproposta di una festa, spesso ci sono anche delle
innovazioni, tra queste: una forte presenza femminile che prima non
esisteva, la presenza di giovani di comunità limitrofe, e pertanto, nel
riproporsi della festa in chiave moderna, le comunità si ricostituiscono per
parteciparvi. Quindi, la festa reinventata non afferma solo l‟appartenenza
locale delle persone (tra queste i pendolari che sono i più attivi), ma permette
anche un‟interazione con la modernità e la dimensione globale. Giovani,
studenti e lavoratori pendolari danno un contributo forte alla rivitalizzazione
delle feste.
La rivitalizzazione di feste ha luogo dopo un processo di industrializzazione e
di urbanizzazione, che ha disgregato le vecchie comunità locali, facendole
allontanare dalla ritualità. La cerimonialità è oggi condizionata dall‟alternanza
lavoro/ferie, con esperienze turistiche e celebrazioni mediatiche come
concorsi, festival e concerti. La cadenza regolare delle celebrazioni permette
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Questo è il caso specifico della festa contadina della Passione di Belvedere Langhe.
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di programmare l‟evento in anticipo, e spesso la data è adattata al ritmo
lavoro/ferie con spostamenti verso il periodo estivo, costituendo anche
un‟attrattiva per i turisti (Bravo, 2005, p. 76).
Oltre tutto, la festa è un bene immateriale, che nel passato veniva trasmesso
oralmente e per il quale, dagli anni Settanta del secolo scorso, demo-
antropologi hanno pensato di realizzare schede per l‟archiviazione
multimediale. In questo contesto, anche l‟immaginario religioso popolare
tradizionale nell‟Occidente cristianizzato veniva trasmesso oralmente,
trovando espressione nella fedeltà a figure specifiche e culti locali.
Le feste sono eventi o performance che implicano codici diversi, come quello
gestuale, musicale, vocale, del costume, serie simboliche, ecc.; l‟evento può
ripetersi in varie forme, come per esempio, a scadenza calendariale o in
determinati periodi stagionali ed essere registrato con diversi supporti, come
pellicola, foto o dvd (Bravo, 2005, p. 89). In tale contesto, la riproposta di
una cultura può avvenire tramite la riproposta di una festa o tramite il museo
locale.
2.2 Le feste come recupero del patrimonio culturale italiano
Con particolare attenzione al tema concernente il recupero del patrimonio
culturale di un realtà locale, occorre evidenziare che tale recupero ha
riguardato principalmente le feste popolari e i musei contadini, che
costituiscono la storia e il senso di una identità locale.
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In riferimento alla nostra realtà nazionale, alcuni importanti tratti culturali
hanno cominciato a prefigurarsi dall‟età dei metalli (Bravo, 2001, p. 16). Nel
quadro dei movimenti di popolazioni diverse, l‟Italia ha assunto un‟importante
funzione come una mediatrice tra il mondo mediterraneo a Sud e l‟Europa
continentale a Nord. La circolazione dei prodotti è già documentata nell‟età
del Bronzo che ha tra l‟altro permesso tra gruppi diversi e anche di
provenienza esterna rapporti di contrattazione, ospitalità e matrimoni. Con
l‟età del Ferro, già si poteva notare una molteplicità di culture che vedeva
l‟inizio di varie unità etniche dell‟Italia antica. Gli Etruschi, considerati
nell‟antichità maestri nelle pratiche religiose e i civilizzatori del mondo italico,
hanno avuto una grande influenza sulla formazione dei Romani. Altri popoli
dell‟antichità hanno avuto una particolare influenza sulle popolazioni italiche,
facendo attribuire all‟Italia, nel corso del tempo, una caratteristica importante,
quella della molteplicità e della differenza.
Nell‟Italia attuale, in tema di molteplicità e differenze, un fattore di diversità
territoriale è dato dalla differenziazione dei dialetti. Ci sono tanti dialetti che si
parlano nelle località insieme con l‟italiano, ed inoltre, accanto alla
molteplicità e diversità dei dialetti, occorre sottolineare, anche la presenza di
minoranze extralinguistiche e delle lingue degli immigrati; infatti, dagli anni‟80
in poi, l‟Italia diventa sempre più terra d‟immigrazione. Il nostro paese è
attrezzato per un‟interazione multietnica, che possiamo considerare per
l‟appunto, come una ricchezza per l‟intero paese.
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2.3 Cenni storici: le feste come momenti di interpretazione del processo
storico e culturale italiano
Rispetto al passato, con particolare riferimento alla <<questione
meridionale>>, oggi l‟Italia gode di un notevole benessere, nonostante il
Mezzogiorno denuncia un tasso di inoccupazione fortemente superiore alle
altre zone del territorio e un difficile inserimento dei giovani nel mondo del
lavoro.
Nel Medioevo, l‟Italia attirava gli intellettuali come il paese della cultura
classica, delle biblioteche e dell‟università. Dal ‟400 e per tutto il
Rinascimento, l‟Italia diventa sempre più meta di viaggi dotti. Più tardi nel
periodo di costruzione dell‟unità nazionale, nella contrapposizione tra
grandezza passata e miseria e disunione del presente, si cercarono modelli
ideali e letterari, d‟ispirazione, attraverso la storia.
Al momento dell‟unificazione, l‟Italia era un paese agricolo nel quale la
maggior parte della popolazione era impegnata nel lavoro di contadini,
pastori o pescatori. Le realtà locali sono tutt‟ora diverse e differenti, come lo
sono anche le figure del coltivatore: la prevalenza della piccola proprietà
coltivatrice al Nord, della mezzadria al Centro e dei contadini poveri,
giornalieri al Sud, ne è la testimonianza. La popolazione rurale, all‟epoca
dell‟unificazione, viveva in cattive condizione materiali, era denutrita,
analfabeta e al Sud queste condizioni erano molto più accentuate. Nel
quadro dei processi produttivi agrari, si individuano molte fasi alle quali sono
associate cerimonie cristiane o non cristiane, per favorire il buon successo