13
1.2 La regione balcanica nella storia e il ruolo del Kosovo
I Balcani, eccetto la Dalmazia, fecero parte dalla morte di Teodosio (395 d.C.) in
poi dell’Impero Romano d’Oriente
10
. Subirono i danni delle irruzioni degli Unni e dei
Germani nei secoli IV e V, senza peraltro che questi barbari vi si insediassero
stabilmente; del pari senza successo fu l’avanzata degli Avari. Riuscirono invece a
stanziarsi nella regione balcanica (Tracia, Dalmazia, Albania, Serbia) nel secolo VI gli
Slavi provenienti dai Carpazi orientali; e quasi contemporaneamente cominciarono a
prendervi stanza i Bulgari (popolazione ugro-altaica), che installatisi nella Dobrugia, si
spinsero poi fino a Varna. Nella seconda metà del secolo VII troviamo organizzato un
regno indipendente dei Bulgari, che ottennero parte della Rumelia orientale per l’aiuto
prestato all’imperatore di Costantinopoli Giovanni II. Slavi e Bulgari profittarono della
debolezza dell’impero d’Oriente, minacciato all’esterno dagli Arabi e minato dai dissidi
religiosi all’interno, per allargare il loro dominio.
I Bulgari al principio del secolo IX riuscirono ad espandersi notevolmente,
invadendo la Tracia, occupando Adrianopoli
11
, minacciando Costantinopoli, e
assicurandosi con la pace dell’814 il possesso dell’alta valle della Marica. La loro
espansione non si arrestò nel corso dello stesso secolo, sicchè i Bulgari si trovarono in
lotta non solo con Bisanzio, ma anche con gli Slavi, poiché i Serbi e i Croati,
cominciando ad organizzarsi a Stato e reagirono al tentativo di formare un solo grande
Stato bulgaro. Sul finire del secolo il primo Impero Bulgaro, dopo la Grande Bulgaria,
con lo zar Simeone (893 – 927) era costituito e stava vivendo il periodo di maggior
splendore, dominando da Belgrado al lago di Scutari, all’Albania meridonale, alla
Macedonia occidentale (Fig. 3). Alla morte di Simeone cominciò la decadenza del regno
bulgaro, e all’inizio dell’XI secolo l’imperatore Basilio II condusse un’offensiva
vittoriosa contro lo Stato bulgaro e riconquistò le terre balcaniche al domonio bizantino.
(1019). Due secoli dopo i bulgari ritentarono sotto la dinastia degli Asen (1187 – 1257)
la ricostruzione di uno Stato forte (secondo regno bulgaro); ma anche questo tentativo di
creare un solo Stato balcanico-bulgaro accanto all’impero di Bisanzio non riuscì, come
non riuscì l’analogo tentativo fatto dai serbi.
Le tribù slave iniziarono anch’esse ad acquisire potere politico; sul principio del
secolo X era sorto il regno di Croazia; verso la metà del secolo XI si erano organizzati a
Stato anche i serbi, mentre si organizzava anche la Zenta, da cui doveva avere origine il
Montenegro. Il loro progresso fu lento anche per l’influenza esercitata sulla costa
dalmato-albanese da Venezia e dal Regno Normanno di Puglia, che dominavano
l’elemento slavo con le armi e con l’attività mercantile. Nel secolo XIII le tribù serbe
sono unite sotto la dinastia dei Nemanja e possono più rapidamente progredire nel
secolo successivo per il disordine suscitato dalla quarta crociata
12
e la costituzione del
debole impero latino d’Oriente, tanto che Stefano Nemanja venne incoronato re di
Serbia e di Dalmazia da un legato pontificio (1217).
10
Nato il 17 gennaio 395 e caduto il 29 maggio 1453, quello bizantino è l'impero che è durato più a lungo nella storia, con 1058 anni
da stato sovrano.
11
Edirne (anticamente Adrianopoli, in greco Αδριανούπολη Adrianoúpoli; in bulgaro Одрин Odrin) è una città della Tracia, la zona
più occidentale della Turchia, vicino al confine con la Grecia e la Bulgaria. Il nome di Adrianopoli è stato usato fino alla Prima
Guerra Mondiale ed è tuttora in uso in greco. Edirne è la capitale della provincia omonima e conta, secondo i dati del 2002, 128.000
abitanti.
12
La quarta crociata fu indetta da papa Innocenzo III all'indomani della propria elezione al soglio pontificio nel 1198. Doveva essere
diretta contro i musulmani in Terra santa, ma in realtà si risolse nel saccheggio di Costantinopoli da parte dell'esercito crociato,
portando alla spartizione dell'Impero bizantino e alla costituzione da parte dei crociati dell'Impero Latino.
14
Fig. 3 Il primo Impero Bulgaro all’apogeo del potere politico e territoriale ai tempi dello
zar Simeone il Grande (IX secolo)
Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/File:Bulgaria_sotto_Simeone_I.svg,
consultato nel mese di Maggio 2010.
15
Durante il Regno di Uroš II (1282 – 1321) i serbi si impadronirono della media
Albania e dell’Epiro
13
; nel 1288 passarono dalla Chiesa Romana, alla quale
appartenevano da parecchi secoli, alla Chiesa Greca. Gli albanesi rimasero fedeli a
Roma e anzi nel 1312 presero le armi per difendere la propria fede. Erano andati perduti
gli imperi degli Angioini in Albania e nell’Epiro; ma Filippo principe di Taranto,
quanrto figlio di Carlo II, riprese Durazzo che poi gli fu tolta dal fratello Giovanni, che
prese il titolo di duca di Durazzo e lo trasmise ai suoi discendenti (ramo durazzesco
degli Angioini). Sotto Stefano Dušan, che si intitolò zar dei serbi, dei bulgari, dei greci,
degli albanesi (1331 – 1355), lo Stato serbo raggiunse l’apogeo, estendendosi sulla
Bosnia, l’Albania, l’Epiro, la Tessaglia, la Macedonia.
Tuttavia l’Impero Serbo (Fig. 4) non era un organismo omogeneo e vitale, come
non lo era stato il primo Impero Bulgaro dello zar Simeone I, e alla morte di Dušan lo
Stato si sfasciò, tornando la moltitudine di popoli che costituivano quell’unità fittizia
alla propria vita particolare, mentre s’affacciavano alla penisola i Turchi. Nel 1354 i
Turchi si stabilirono a Gallipoli e poterono rapidamente allargarsi nella Tracia e fare di
Adrianopoli la capitale dello Stato turco (1370). Un tentativo di resistenza dei popoli
balcanici fu fermato l’anno dopo dai turchi che sconfissero serbi e bulgari sulla Marica,
e più tardi il rinnovato sforzo collettivo dei bulgari, serbi, erzegovesi, bosniaci, valacchi,
albanesi fu infranto da Murad I nella pianura del Vardar a Kosovo Polje, “il campo del
merlo” (15 giugno 1389), cui seguì la vittoria di Nicopoli su Sigismondo re d’Ungheria
(1396). Crollate la Serbia e la Bulgaria, passato il pericolo mongolo di Tamerlano,
Murad II (1421 – 1451) riprese l’offensiva trovando abile resistenza in Giovanni
Hunyadi e in Giorgio Castriota, detto Scanderbeg; ma a Varna i turchi riportarono una
decisiva vittoria (1444); il 29 maggio 1453, per opera di Maometto II, anche
Costantinopoli cadde nelle loro mani.
La regione balcanica divenne così dominio dei turchi i quali la indicarono
genericamente con il nome di Rumelia, il paese dei romei. Greci, serbi e bulgari, che
avevano cominciato a svolgersi in stati nazionali con fisionomia propria, furono
arrestati per lungo tempo nel loro sviluppo storico; ma la conquista turca arrestava
anche il benefico influsso della civiltà occidentale, allora in piena rinascita. Nella
penisola balcanica inoltre agli elementi già in lotta fra loro, slavo, greco, latino e
albanese, si aggiungeva l’elemento ottomano, e alle varie Chiese cristiane si aggiungeva
l’islamismo. Non tutti accettarono il giogo turco e nelle regioni più impervie gli abitanti
continuarono la lotta contro l’oppressore. Ma la guerriglia minuta e spietata non poteva
portare a rivolgimenti generali. Solo alla fine del secolo XVII, arrestata definitivamente
l’avanzata turca con la battaglia di Vienna (1683), si iniziò la nuova espansione degli
Stati europei nella penisola balcanica. La via era aperta dalla pace di Carlowitz (1699)
con la quale l’Austria acquistava la Transilvania e la Slavonia, mentre Venezia otteneva
la Morea (Peloponneso) e un ampliamento del confine della Dalmazia. E’ il momento in
cui la Russia si prepara alla marcia verso Costantinopoli e gli Stretti. Ma Venezia e la
Polonia vennero presto eliminate dalla politica balcanica, e il secolo XVIII vide invece
il duplice sforzo di penetrazione nella Balcania da parte della Russia e dell’Austria; anzi
fra queste due potenze non tarda a manifestarsi il contrasto.
13
L'Epiro (in greco Ήπειρος, Épeiros); è una regione della Grecia nord-occidentale e dell'Albania meridionale. Confina con le
regioni della Macedonia occidentale e della Tessaglia ad est, con la Grecia centrale (Sterea Ellada) a sud, e con il mar Ionio e le
isole Ionie ad ovest e con l'Albania a nord.
16
Fig. 4 L’Impero Serbo dello zar Stefano Dušan (XIV secolo)
Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/File:Dusanova_Srbija200.jpg, consultato nel mese di
Maggio 2010.
17
La guerra turco-russa 1768 – 1772 era stata una serie di successi degli eserciti e
della flotta di Caterina II
14
. Sul punto di entrare in Costantinopoli i russi si dovettero
arrestare per l’azione diplomatica dell’Austria, coadiuvata dalla Prussia, gelose
dell’influenza russa. Tuttavia nel secolo XVIII la penisola balcanica era ancora quasi
tutta soggetta al dominio turco, meno alcuni tratti dell’Albania costiera, la Dalmazia e le
Isole Ionie appartenenti a Venezia, e il Montenegro. Il movimento riformatore
dell’Europa centro-occidentale non lasciò traccia nell’impero turco che non riconosceva
affatto i diritti delle popolazioni soggette. I sultani, impegnati nelle lotte contro Russia e
Austria, di fronte alla molteplicità dei popoli balcanici divisi da differenze etniche e
religiose, ostacolati dalla costituzione stessa del governo turco, anche se la loro
mentalità non l’avesse loro vietato, assai difficilmente avrebbero potuto attuare
importanti riforme politiche, economiche e religiose. L’urto fra Austria e Russia, che si
sarebbe rinnovato in seguito altre volte, portò ad un accordo provvisorio concluso fra le
due potenze a Pietroburgo (1780), con cui esse si spartivano tutto il dominio europeo
della Turchia nel caso ipotetico della liquidazione dell’Impero Ottomano, suscitando le
gelosie delle altre potenze d’Europa, tanto che la pace di Sistova (1791) e di Jassy
(1792) arrestarono l’avanzata russa e austriaca.
Il carattere della lotta per la conquista della regione balcanica venne mutando
attraverso le guerre della Rivoluzione Francese. Scomparsa la Repubblica di Venezia
con la pace di Campoformio (1797) ed eliminato questo Stato dal novero delle potenze
interessate al problema balcanico, apparivano ora la Francia, con l’accordo fra
Napoleone e Alessandro di Russia, e l’Inghilterra, che del problema balcanico non
doveva più disinteressarsi per l’avvenire, decisa ad arrestare l’avanzata russa verso
Costantinopoli e gli Stretti, a sostenere lo status quo nella Balcania e l’integrità della
Turchia, mentre la Russia ne sosteneva la spartizione. Quindi gli interessi dei popoli
balcanici furono preposti a queli delle potenze dell’Europa occidentale, e soprattutto
dell’Inghilterra. Al congresso di Vienna (1815) la questione d’Oriente
15
non fece un
solo passo, mentre un risveglio del sentimento nazionale, sia pure sentimentale fondato
su ragioni storiche e alimentato dalla religione, nelle varie popolazioni della penisola si
14
Ekaterina Alekseevna II di Russia, conosciuta anche come Caterina la Grande (Stettino, 21 aprile 1729 – Puškin, 6 novembre
1796), fu imperatrice di Russia dal 1762 alla morte. Cugina di Gustavo III e di Carlo XIII di Svezia, Caterina fu uno dei più
significativi esempi di sovrano illuminato. Battezzata come Sofia Augusta Federica (soprannominata Figchen), Caterina nacque a
Stettino, in Pomerania, da Cristiano Augusto (1690 – 1747), principe tedesco di Anhalt-Zerbst, e da Giovanna di Holstein-Gottorp
(1712 - 1760). Nel 1764 Caterina pose Stanislao Poniatowski, un suo precedente amante, sul trono della Polonia. La Russia, in
seguito, incorporò buona parte della Polonia come effetto delle spartizioni concordate con Austria e Prussia (1772, 1793, 1795).
Caterina rese la Russia potenza dominante nel Medio Oriente dopo la guerra russo-turca del 1768 - 1774. Il suo obiettivo era la
spartizione dell'Impero Ottomano tra le potenze europee, seguendo lo schema usato per la Polonia, ma questa volta la sua politica
non ottenne il successo sperato. Grazie alle indubbie doti del suo nuovo amante, Grigorij Aleksandrovič Potëmkin (già messosi in
luce nel reprimere la rivolta di Pugačëv), annesse la Crimea nel 1783, solamente nove anni dopo che questa aveva ottenuto
l'indipendenza dall'Impero Ottomano come risultato della guerra russo-turca del 1768 - 1774. Anche in seguito a ciò l'Impero
Ottomano dette inizio ad un'altra guerra, che durò dal 1787 al 1792 e che terminò con il trattato di Jassy, nel quale trovarono
legittimazione le pretese russe sulla Crimea.
15
Nel linguaggio politico-diplomatico, espressione con cui si designarono, a partire dal sec. XVII, i problemi posti agli Stati europei
dalla crisi dell'impero ottomano nei Balcani, nell'Asia Minore, nella Siria e nella Mesopotamia. Nel tentativo di risolvere a proprio
favore questi problemi si scontrarono Austria e Russia, interessate l'una alla conquista dei territori ottomani nei Balcani, l'altra alla
ricerca di uno sbocco nel Mar Mediterraneo (questione degli Stretti), mentre Inghilterra e Francia miravano, invece, a conservare
l'impero turco, impedendo l'ulteriore espansione degli altri due paesi. La Russia, che con Caterina II aveva raggiunto importanti
obiettivi (trattato di Küciük Kainarge, 1774; annessione della Crimea, 1783), fu sconfitta nella guerra di Crimea (1854-56) e perse le
posizioni già conquistate. Nel 1878, approfittando delle insurrezioni antiturche scoppiate in Bosnia, Erzegovina e Bulgaria, la
Russia giunse alla pace di Santo Stefano, ottenendo la Bessarabia nonché il riconoscimento dell'indipendenza di Serbia, Montenegro
e Romania e la creazione di un grande Stato bulgaro. La reazione delle altre potenze europee all'espansione russa portò tuttavia al
congresso di Berlino (1878), dove l'Austria ottenne l'amministrazione della Bosnia-Erzegovina e l'Inghilterra la cessione di Cipro,
mentre la Bulgaria vide ridotto di molto il proprio territorio, che non giungeva ad affacciarsi sul Mediterraneo. A partire da questo
momento le crisi nei rapporti tra le grandi potenze diventano sempre più acute e frequenti, anche a causa delle istanze nazionaliste e
indipendentistiche avanzate nei territori dominati dall'Austria. Nel 1908 l'Austria, col consenso russo, annetté la Bosnia-Erzegovina;
nel 1911-12 l'Italia tolse agli ottomani la Libia; nel 1913 dalle guerre balcaniche nacque il nuovo regno d'Albania; la situazione nella
regione permase assai tesa e le contraddizioni aggravate dalle guerre balcaniche portarono poi allo scoppio della I guerra mondiale.
La questione d'Oriente si chiuse con i trattati di pace del 1919 e con la fine dell'impero ottomano, che persi i suoi territori in Europa
venne in seguito distrutto dalla rivoluzione di Kemal Atatürk.
18
era verificato e in particolare nella popolazione greca. Scoppiarono delle rivolte, a volte
anche intempestive e assurde. Il Montenegro aveva ottenuto il riconoscimento della
propria indipendenza da parte della Turchia nel 1799; i serbi insorsero ripetutamente nel
1804, nel 1815 e nell’anno seguente, cercando l’alleanza dell’Austria da cui ottenevano
aiuti; poi gli albanesi con Alì Tepedelenli, pascià di Giannina, che proclamò il Regno
d’Epiro (1820), i Valacchi con l’appoggio russo (1821), i greci che combaterono per
dieci anni per la loro indipendenza (1820 – 1830), provocando l’intervento europeo
(Francia, Inghilterra, Russia; l’austria favorevole allo status quo rimase neutrale) e il
riconoscimento dell’indipendenza greca, con la pace di Adrianopoli (settembre 1829) e
coi congressi di Londra (1830 e 1833).
La Serbia, che aveva recuperata la sua autonomia sotto il principe nazionale
Miloš Obrenivić, fu riconosciuta autonoma sotto l’alta sovranità della Sublime Porta
16
;
e anche la Moldavia e la Valacchia furono dichiarate semiautonome sotto la garanzia
della Russia, che sostituiva così la propria sovranità sui principati danubiani a quella
della Turchia, e veniva ad acquistare una nuova influenza negli affari della penisola
balcanica. Viene poi la volta dei bulgari che insorsero localmente e parzialmente per
ottenere una Chiesa propria, indipendente dal patriarcato greco (1836, 1841, 1851)
mentre continuò la rivalità tra Austria, Inghilterra e Russia. Questa, con il trattato
Unkiar-Skelessi (1833) aveva ottenuto la libera navigazione attraverso gli Stretti; ma nel
1840 l’Inghilterra ne ottenne dal sultano Abdul-Mağid l’annullamento, facendo
dichiarare gli Stretti del Bosforo e dei dardanelli chiusi alle navi da guerra di tutte le
potenze (1841). Per riaprirsi la via la Russia ricorse alle armi, ma fu fermata da Francia,
Inghilterra e Piemontecollegati con la Turchia (1854 – 1855). Durante questa, che fu
detta guerra di Crimea, nella regione balcanica i serbi, che avrebbero potuto approfittare
dell’occasione favorevole, rimasero neutrali in odio allo zar di Russia, e il trattato di
Parigi riaffermò l’autonomia dei principati di Moldavia (alla quale la Russia cedeva la
Bessarabia) e Valacchia (Romania) e la libertà della Serbia, abolendo ogni protettorato
russo oturco, e lasciando immutato l’assetto politico generale della regione (1856).
Con l’intensificarsi del movimento panslavista
17
favorito dalla Russia e col
rinnovarsi delle aspirazioni serbe a creare di nuovo la Grande Serbia, seguirono nuove
insurrezioni fomentate dalla Russia, che preparò la nuova guerra contro la Turchia. Lo
zar Alessandro II per garantirsi la netralità austriaca, offerse a Francesco Giuseppe la
Bosnia e l’Erzegovina (8 luglio 1876). La guerra vittoriosa per i russi si concluse con il
trattato di Santo Stefano, i cui patti furono riveduti dal Congresso di Berlino (giugno
1878). Le condizioni dei Balcani ne uscivano assai modificate.
L’austria-Ungheria ottenne l’amministrazione della Bosnia e dell’Erzegovina, e
il diritto di tenere guarnigioni nel angiacato turco di Novi-Bazar, che divideva la Serbia
dal Montenegro; fu riconosciuta l’indipendenza della Serbia, della Romania, del
Montenegro, con l’impegno per questo di non formarsi una marina da guerra e di non
costruire ferrovie nei territori di recente acquistati, denza il consenso dell’Austria. Il
nuovo grande Stato cristiano della Bulgaria, creato dal trattato di Santo Stefano, fu
16
Sublime porta (turco: Bab-ı Ali), ossia Porta Superiore o Suprema, o anche Porta ottomana sono stati termini usati per indicare il
governo dell'Impero ottomano. Il nome deriva dal portone, situato a Istanbul nelle immediate vicinanze del Topkapi, che conduceva
al quartier generale del gran visir, dove il sultano teneva la cerimonia di benvenuto per gli ambasciatori stranieri. Era un'antica
pratica orientale quella di rendere luogo di assemblea le porte delle città e dei palazzi reali. Il termine ha origine dal francese, che
era la lingua franca della diplomazia europea. In seguito passò ad indicare il Ministero degli Esteri e in epoca contemporanea
l'ufficio del governatore (Vali) della Provincia di Istanbul. Il nome è stato interpretato anche come riferimento alla posizione
dell'Impero Ottomano, come punto di passaggio tra Europa ed Asia.
17
Con il termine panslavismo si intende il complesso delle dottrine e degli ideali politici orientati a risvegliare la coscienza
nazionale dei popoli slavi.
19
mutilato: la parte orientale di esso, con il nome di Rumelia, rimase provincia turca con
qualche autonomia; la parte settentrionale fu elevato a principato autonomo tributario
della Porta; la parte meridionale, la Macedonia, fu abbandonata alla Turchia.
La sconfitta diplomatica della Russia in un momento in cui la Francia era ancora
depressa dalle sconfitte subite nel 1870, e l’Italia era Stato nuovo e diplomaticamente
isolato, ridava ancora all’Austria, spalleggiata dalla Germania, l’egemonia nella regione
balcanica. Gli Stati generati dal Congresso di Berlino dovettero pensare alla loro
sistemazione, ma presto furono coinvolti in rivalità e contese per l’egemonia e per
l’annessione della Macedonia, appoggiandosi gli uni all’Austria, gli altri alla Russia.
Nel 1881 la Romania divenne Regno sotto carlo di Hohenzollern e si accostò alla
politica austro-germanica. Nel 1882 Milan Obrenović assunse il titolo di re di Serbia,
accostandosi all’Austria e rinunziando alla Bosnia e all’Erzegovina; nel 1885 scoppiò
l’urto serbo-bulgaro, avendo la Rumelia orientale proclamata la sua annessione alla
Bulgaria; ma la Serbia fu sconfitta dai bulgari e la guerra si chiuse per volere
dell’Austria, contraria ad ogni ingrandimento, con la pace di Bucarest (3 marzo 1886),
determinando in Bulgaria, con l’avvento al potere del principe Ferdinando di Sassonia-
Coburgo-Gotha, un avvicinamento all’Austria.
Negli anni seguenti non mancarono tentativi per eliminare i contrasti fra gli Stati
balcanici, ai quali si interessò anche l’Italia; Francesco Crispi nel 1889 cercò di
promuovere una convenzione militare tra serbi, bulgari e romeni. L’Italia, preoccupata
dell’invadenza austriaca, mirò anch’essa ad affermarsi nella penisola balcanica. Nel
1896 Vittorio Emanuele, principe ereditario d’Italia, sposava la principessa Elena di
Montenegro, e poco dopo, con un accordo stipulato a Monza, l’Austria e l’Italia si
impegnavano a rispettare lo status quo
18
in Albania. Il marchese di San Giuliano e il
conte Francesco Guicciardini, ritornando da un viaggio in Albania, fecero alla Camera
dichiarazioni non equivoche a favore del diritto nazionale albanese, e venne anche
costituito, sotto la presidenza del generale Ricciotti Garibaldi, un Consiglio albanese
che voleva rivendicare l’Albania agli albanesi. Il mutamento della politica serba in
senso favorevole alla Russia fu determinato con l’avvento al potere di Pietro
Karagjorgjević, dopo l’assassinio del re Alessandro Obrenović (1903), mutamento
importante nel periodo che va dal 1903 al 1908 perché a fianco della Serbia, ostile alla
Bulgaria austrofila, ricompariva la Russia.
L’insuccesso della politica russa nel 1878 fu la causa remota, ma principale, del
ravvicinamento franco-russo del 1892; accentuato poi dal più grave scacco subito dalla
Russia quando nel 1908, sotto promessa del consenso al libero passaggio russo
attraverso gli Stretti, il governo austriaco, di cui era ministro L’Aherenthal, si annetteva
senz’altro la Bosnia-Erzogovina (4 ottobre 1908), assicurandosi, a cose fatte, il
riconoscimento della Germania e dell’Italia, che per quanto danneggiata nei suoi
interessi balcanici non potè reagire. Si creò allora un netto dissidio fra l’Italia e
l’Austria, il quale determinò quel riavvicinamento con la Russia, essa pure colpita dalla
mossa austriaca, che era già stato abbozzato nel 1903. Seguì immediatamente la
proclamazione della piena indipendenza del Regno di Bulgaria (5 ottobre 1908).
Qualche tempo dopo anche Nicola del Montenegro assumeva il titolo di re (16 agosto
1910). Nella Turchia avveniva frattanto la rivoluzione dei Giovani Turchi
19
. Dopo il
18
Status quo è una ellissi dell'espressione latina "status quo ante" (la situazione precedente), analoga e meno corretta
dell'espressione statu quo derivante dall'espressione "in statu quo ante" (nella situazione precedente). Il termine è spesso utilizzato
nei testi letterari, citato per lo più con ironia, in particolar modo nell'ambito della politica e della diplomazia.
19
(1906-1917) Movimento nazionalista e costituzionalista dell'impero ottomano.
20
1908 la Russia, irritata dall’invadenza austriaca, intervenne più decisamente nella vita
balcanica in sostegno della causa slava. Se alla sfida austro-ungarica del 1908 non potè
rispondere l’Italia, replicò la Russia, organizzando, sotto il suo protettorato, la
quadruplice alleanza balcanica fra Bulgaria, Serbia, Montenegro e Grecia (marzo 1912),
con la quale si mirava a correggere il trattato di Berlino del 1878 e a limitare o anche ad
escludere l’influenza dell’Austria dai Balcani. Questa lega delle nazioni balcaniche era
diretta, ottenendo il consenso della Francia alla politica orientale della Russia, in pari
misura contro la Turchia e contro l’Austria-Ungheria.
Si riprese allora quel movimento di liberazione dal dominio turco in Europa che
con l’azione diplomatica dell’Inghilterra e la preponderanza degli interessi delle potenze
dellEuropa era stato arrestato già nei primi decenni del secolo XIX e poi dal Congresso
di Berlino, che aveva impedito il totale smembramento dei domini turchi in Europa. Ma
le difficoltà erano ora più gravi, sia per le aspirazioni antagoniste dei bulgari e dei serbi,
sia per la confusione etnica nella Macedonia e nella Tracia, sia per l’atteggiamento del
Montenegro abitato da serbi che voleva tenersi indipendente dalla Serbia, sia perché
l’Italia e l’Austria avevano interessi contrastanti tanto a una espansione serba verso il
Mar Ionio, quanto a un ampliamento greco e serbo nell’Albania. In consegeuenza degli
sforzi della Russia e grazie alla coincidenza della guerra italo-turca, scoppiarono le
guerre balcaniche, prima la guerra tra le potenze collegate (Grecia, Bulgaria, Serbia e
Montenegro) e la Turchia, poi fra gli Stati stessi della lega in cui intervenne anche la
Romania. La diplomazia europea svolse un’attività vana per il mantenimento della pace,
anche perché i due grandi aggruppamenti delle potenze europee, Triplice Alleanza
20
e
Triplice Intesa
21
, mancavano ciascuno di compattezza di fronte alle questioni
balcaniche.
Nell’autunno del 1912 si svolsero febrilmente i preparativi militari e laTurchia
raccolse nelle sue province europee e, particolarmente in Tracia, circa 200.00 uomini. Il
13 ottobre i collegati mandavano un ultimatum alla Turchia, esponendo le
rivendicazioni di ciascuno Stato, tempo tre giorni per l’accoglimento. Il 17 ottobre la
Turchia dichiarò guerra ai serbi e ai bulgari, e subito la Grecia dichiarò guerra alla
Turchia. La guerra era già cominciata perché i bellicosi soldati del Montenegro erano
già entrati in Albania (1 ottobre 1912). Scendevano quindi in campo i bulgari, che con
forti corpi d’esercito entrarono nella Tracia, mentre i serbi con forze considerevoli
penetrarono nella provincia turca detta la Vecchia Serbia, e i greci da una parte
invadevano l’Albania meridionale, dall’altra risalivano verso la Macedonia. Inoltre la
flotta greca occupava alcune isole turche nell’Egeo e rendeva difficile le comunicazioni
marittime fra i possedimenti asiatici e i possedimenti europei della Turchia.
Data la configurazione geografica del paese e la dislocazione delle forze, il
teatro principale della guerra doveva essere la Tracia, e difatti l’azione principale fu
compiuta dai bulgari che con una forte massa investirono la fortezza di Adrianopoli
20
La Triplice alleanza fu un patto militare difensivo firmato nel 1882 a Vienna dagli imperi di Germania e Austria-Ungheria (che
già formavano la Duplice Alleanza) e dal Regno d'Italia. Inizialmente fu voluta principalmente dall’Italia, desiderosa di rompere il
suo isolamento e di contrastare la Francia che aveva occupato Tunisi. Successivamente, con il mutarsi della situazione in Europa,
l’alleanza fu sostenuta soprattutto dalla Germania. Nel 1914, allo scoppio della Prima guerra mondiale, l’Italia, dopo un lungo
percorso di avvicinamento e di accordi con la Francia, con la Gran Bretagna e con la Russia, in forza dell’articolo 4 del trattato,
dichiarò la sua neutralità. Nel 1915, l’Intesa propose all’Italia, in cambio della sua entrata in guerra contro l’Austria, ampliamenti
territoriali a scapito di Vienna e una posizione di dominio nell’Adriatico. Lo stesso anno l’Italia rifiutava le inferiori proposte
dell’Austria, denunciava la Triplice Alleanza ed entrava nel conflitto contro l’Austria-Ungheria.
21
La Triplice intesa (1907) fu un'intesa politica raggiunta da tre grandi potenze, cioè Francia, Regno Unito e l'Impero russo all'inizio
del XX secolo. A seguito di questa, l'Impero Russo e l'Austria-Ungheria ripresero le loro tensioni per il dominio dei Balcani, e si
scatenò un gioco di alleanze che porterà le potenze mondiali dell'epoca a scendere in campo in quello che sarà il conflitto più
sanguinoso mai accaduto.
21
separandola dal resto delle forze turche, mentre con gli altri corpi attaccarono a Kir
Kilise il quadrilatero della Tracia e l’esercito turco che lo difendeva, mettendolo in
piena rotta (23, 24 ottobre). Ritiratisi sopra una seconda linea di difesa sul pianoro di
Lüle Burgaz e di Bunar Hisar, i turchi impegnarono una battaglia campale durata cinque
giorni (27, 31 ottobre); ma sconfitti un’altra volta i turchi dovettero ripiegare verso la
terza e ultima linea di difesa costituita dalle colline di Ciatalgia, rafforzata a
sbarramento del’istmo, da Caraburnu sul Mar Nero alla Baia di Büjük Čekmedže sul
Mar Marmara, a poca distanza da Costantinopoli. Su questa buona linea di difesa, cui
conferiva saldezza maggiore anche la natura acquitrinosa del terreno antistante, i turchi,
rafforzati anche da contingenti asiatici giunti per la via del Mar Nero, poterono
sostenere e respingere gli assalti violenti dei bulgari che tentavano di sfondare o di
aggirare quelle forti posizioni (17, 19 novembre).
Nel frattempo i serbi con tre armate avanzarono nella regione Üsküb-
Kumanovo; i turchi che difendevano la Vecchia Serbia, sconfitti a Kumanovo (24
ottobre), si ritirarono a Üsküb inseguiti dai serbi e tosto sgombrarono anche questa
località ritirandosi a Monastir, mentre i serbi, invaso il Sangiaccato di Novi Bazar, si
spinsero fino all’Adriatico. L’esercito del Montenegro, ricacciato il corpo turco che
presidiava l’Albania lo assediò nella fortezza di Scutari. I greci alla loro volta, entrati
nell’Albania meridionale vi assediarono Giannina, mentre con l’altro esercito della
Macedonia, respingendo le non grandi forze turche, tendevano a Salonicco. Con
l’intervento e le insistenze delle grandi potenze e per la diffusione minacciosa di
un’epidemia colerica scoppiata a Costantinopoli fu fatta una sospensione d’armi, e
drante la tregua si riunirono a Londra i rappresentanti degli Stati belligeranti per trattare
la divisione dei territori, l’antagonismo fra Austria e Russia circa la futura sistemazione
della regione balcanica, la protesta degli albanesi contro eventuali progetti di
spartizione del loro paese, i temporeggiamenti della diplomazia turca ritardarono la
conclusione degli accordi.
Finalmente le potenze delle due triplici trasmisero a Costantinopoli una formula
di pacificazione che comprendeva l’abbandono dei territori balcanici compresa la Tracia
occidentale fino ad Adrianopoli (17 gennaio 1913). L’opposizione dei Giovani Turchi,
con a capo Enver Pascià, provocò la formazione di un ministero della difesa nazionale
che assunse la responsabilità della ripresa della guerra. Riprese le operazioni di guerra
(3 febbraio 1913) i turchi dovettero sgombrare Giannina ai greci (7 marzo) e Scutari ai
montenegrini (22 aprile), mentre anche Adrianopoli aveva dovuto arrendersi (26
marzo). Intanto la diplomazia europea riprese l’iniziativa della pace, e il Trattato di
Londra (maggio 1913) limitava il dominio turco alla linea di Enos-Midia; il resto del
territorio turco era assegnato agli Stati balcanici collegati meno il territorio del nuovo
Stato di Albania (UTET, 1967).
Pareva così conclusa la pace quando scoppiò una controversia tra gli stessi Stati
balcanici vincitori (ne mancò in questo dissidio l’opera incitatrice dell’Austria),
suscitando una nuova guerra balcanica tra i bulgari che tentarono, con improvviso
assalto, di cacciare Serbi e Greci dalle posizioni occupate. Nella nuova guerra
intervenne anche la Romania avversa a un eccessivo ampliamento della Bulgaria, i cui
vantaggi furono ridotti dal Trattato di Bucarest (agosto 1913). La Romania ottenne la
regione di Silistria, la Serbia il territorio fre il Vardar e lo Struma, la Grecia ebbe
Salonicco e la Penisola Calcidica con una larga striscia di territorio fino a Cavala; la
Turchia conservò Adrianopoli e il territorio compreso fra queste città e la linea di Enos-
Midia; alla bulgaria rimase solo la parte meridionale della Macedonia e sul mare il solo
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porto di Dedeagatsch; il Montenegro aveva dovuto abbandonare Scutari. Nel territorio
turco lungo le coste del Mar Ionio, una parte piccolissima fu occupata dai montenegrini
e un altro tratto dai greci. Il resto del territorio, per l’intervento delle potenze, fu
costituito in uno stato autonomo, il Principato di Albania, sotto la sovranità nominale
della Turchia e sotto la protezione delle grandi potenze europee. Ma l’Albania
rappresentava un pomo di discordia tra Italia e Austria, che cessava di essere una
potenza balcanica con la scomparsa del suo ultimo miraggio, Salonicco. Il 7 marzo 1914
assunse il governo dell’Albania il principe tedesco di Wied; ma il paese fu presto
straziato da lotte intestine, minato dalla gelosia delle potenze e specialmente della
Grecia che dalle guerre balcaniche aveva pur ricavato i maggiori vantaggi.
In tanta incertezza di situazione, con tante aspirazioni deluse, col grave
malcontento e le gelosie suscitate o rinnovate, con gli animi assillati dal desiderio di
rivincita o di vendetta, la pace non doveva essere duratura; e per quanto vi fosse
generale esaurimento e stanchezza, la Serbia non cessò dalle agitazioni finchè con
l’assassinio di Francesco Ferdinando, arciduca ereditario d’Austria-Ungheria, avvenuto
a Sarajevo il 28 luglio 1914, si ebbe la causa occasionale della Prima Guerra Mondiale.
La Serbia e il Montenegro stettero con la Russia contro l’Austria; la Turchia, sotto
l’influenza militare della Germania, stette con l’Austria; la Bulgaria, ostile alla Serbia
per la questione della Macedonia, stette coi tedeschi; in Grecia e nella Romania, divise
da interessi discordi fra Russia e Austria, si delinearono anche due partiti opposti a
favore l’uno degli Imperi Centrali e l’altro degli Stati dell’Intesa, entrando poi in guerra
contro gli Imperi Centrali.
Con la prima guerra mondiale, eliminata la Russia a causa della sua rivoluzione
e crollato l’impero Austro-Ungarico erano eliminati due grandi antagonisti che per tanto
si erano disputata l’egemonia nella penisola balcanica. Degli Stati balcanici i serbi, i
romeni e i greci erano usciti vincitori; la Bulgaria e la Turchia sconfitte. Il trattato di
Sèvres (10 agosto 1920) ridusse la Turchia in Europa al solo possesso di Costantinopoli,
come il trattato di Neuilly (27 novembre 1919) aveva ancora rimpicciolita la Bulgaria,
ditribuendo la Macedonia e la Tracia bulgare fra Grecia e Serbia, e il trattato di Saint-
Germain (10 settembre 1919) aveva ristretto lo Stato austriaco e riconosciuto lo Stato
Jugoslavo (serbo, croato, sloveno) costituito da Croazia, Slovenia e regno di Serbia.
L’Albania venne pure spezzata; gli Albanesi in maggioranza costituirono uno Stato
libero; ma un terzo di essi rimase sottoposto alla Serbia e alla Grecia. Difficili e
laboriose furono le trattative tra Italia e Jugoslavia, concluse poi con i trattati di Rapallo
(12 novembre 1920) e di Roma (17 gennaio 1924) e con gli Accordi di Nettuto (luglio
1925), che fissarono i confini tra i due Stati e regolarono la questione di Fiume.
Con l’invasione imperialistica dell’Italia sul suolo albanese, alla vigilia della
Seconda Guerra Mondiale la Penisola balcanica si ritrovava ancora una volta
palesemente sulla traiettoria di potenze esterne, che nella discordia e nella debolezza
economica e politica dei paesi balcanici riconobbero buone possibilità di agitazione e
validi pretesti per intervenire. Di fronte alla crescente minaccia costituita da Italia e
Germania, e alla manifesta incapacità della Francia e della Società delle Nazioni di
garanture l’integrità degli stati balcanici, i singoli governi presero le distanze dagli
impegni di assistenza previsti dai trattati dell’Intesa.
Dal 1940 fino alla fine del 1944 l’intera Penisola balcanica fu ancora una volta
riunita con la forza sotto un dominio unitario: l’amministrazione militare tedesca,
insieme ai governi suoi alleati (Italia, Bulgaria, Romania ed Ungheria), diede nuovo
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impulso alle tendenze separatistiche represse negli anni tra le due guerre. Ancora una
volta cominciarono estese ridistribuzioni territoriali, tese a rivedere gli accordi di pace
parigini secondo i desideri delle nazioni sconfitte nel 1918. La Bulgaria vedeva ora
accolte le sue rivendicazioni sulla Macedonia, l’Ungheria riacquistò le regioni
meridionali perdute nel 1920 col trattato del Trianon. A nord-ovest la Germania pretese
dalla Slovenia la Stiria inferiore e parte della Carniola, l’Italia occupò Lubiana, la costa
adriatica della Dalmazia e la maggior parte delle isole prospicienti, parte della Bosnia e
dell’Erzegovina. Mussolini mantenne inoltre l’Albania con l’aggiunta della regione del
Kosovo, e l’esercizio di un protettorato sul Montenegro.
La presenza militare tedesca in Europa sudorientale nasceva da un’azione in
soccorso degli alleati italiani messi alle strette; le truppe tedesche perciò erano viste sul
teatro di guerra del Sudest europeo sia in veste di alleati sia di aggressori e occupanti.
Quindi diverse furono le reazioni della popolazione civile locale. Nelle particolari
circostanze dell’occupazione tedesca il Sudest europeo divenne teatro di un’esacerbata
resistenza partigiana, di lotte fratricide ed intestine. In questa micidiale guerriglia
riuscirono infine ad imporsi le forze nuove che dopo il ritiro delle truppe tedesche
avrebbero svolto un ruolo determinante nella ricostruzione dell’ordine politico.
Dal settembre del 1941 inizò l’ascesa di Josip Broz
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, detto Tito, segretario
generale del Partito comunista, croato di nascita, che diventò la figura dominante della
resistenza jugoslava. I tentativi d’intesa con il colonnello jugoslavo Draža Mihajlović
23
naufragarono, tanto che il movimento partigiano si divise in due fazioni che, non solo
operavano separatamente, ma anche l’una contro l’altra. I successi di Tito spinsero gli
alleati a rifiutare ulteriore appoggio a Mihajlović e ad affidare all’Esercito di liberazione
popolare, guidato dai comunisti, la conduzione esclusiva delle operazioni di guerra in
Jugoslavia
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. Tito ebbe l’abilità di ampliare a tal punto la base del suo movimento che
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Josip Broz (grafia cirillica: Ј осип Броз , più conosciuto con il nome di battaglia di Tito (Тито ); Kumrovec, 7 maggio 1892 –
Lubiana, 4 maggio 1980) è stato un politico jugoslavo, a capo della Repubblica Jugoslava dalla fine della seconda guerra mondiale
sino alla morte. Durante la seconda guerra mondiale, Tito organizzò il movimento antifascista della Resistenza jugoslava. Alla sua
leadership viene imputata la responsabilità dei massacri che nell'immediata fine della seconda guerra mondiale colpirono i
collaborazionisti degli occupatori dell'Asse e le loro famiglie, nonché una serie di oppositori politici. In questo quadro si imputano a
Tito anche i massacri delle foibe e l'esodo istriano. Tito fu uno dei membri fondatori del Cominform
(La sigla Cominform derivata
da "Communist Information Bureau” è stata usata nel mondo Occidentale per indicare l'Ufficio di Informazione dei Partiti
Comunisti e Laburisti, costituito a Szklarska Poreba nel settembre del 1947 allo scopo di scambiare informazioni tra i partiti
comunisti dei vari paesi europei, fra cui il Partito Comunista Italiano. Da alcuni osservatori è stata considerata come
un'organizzazione attraverso la quale l'Unione Sovietica poteva controllare la politica estera dei paesi comunisti, mentre a più
riprese ne è stato sospettato un coinvolgimento in manovre di spionaggio internazionale. Ha avuto la sua prima sede a Belgrado,
quindi, dopo l'espulsione della Jugoslavia (1948) per le divisioni sopravvenute fra Tito e Stalin, fu trasferita a Bucarest fino al suo
scioglimento nel 1956.) ma resistette all'influenza sovietica e divenne uno dei maggiori promotori del Movimento dei Non-Allineati.
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Dragoljub "Draža" Mihailović (in cirillico Serbo: Драгољуб "Дража " Михаиловић ; conosciuto anche con il soprannome di Чича
o Čiča) (27 aprile 1893 – 17 luglio 1946) è stato un generale serbodurante la seconda guerra mondiale. In particolare fu fondatore e
capo delle formazioni chiamate Esercito Jugoslavo in Patria (Jugoslovenska vojska u otadžbini), talvolta chiamati anche
semplicemente "Cetnici", movimento di resistenza a base etnica serba, di stampo monarchico-conservatore, anticomunista fedele a
re Pietro II che a seguito dell'invasione della Jugoslavia da parte delle potenze dell'Asse si trovava in esilio a Londra. Mihailovic fu
inizialmente contattato da Tito, nella prima e nella seconda offensiva anti-partigiana, in Serbia, ma, nonostante alcuni episodi di
collaborazione, fra i due eserciti non vi fu mai una vera alleanza, rifiutata da Miailovich per le sue idee anticomuniste, perché non
accettava una posizione subalterna rispetto a Tito e, soprattutto poiché i suoi progetti (liberazione della Iugoslavia e reinsediamento
della monarchia e del governo in esilio a Londra a Belgrado) erano incompatibili con quelli di Tito. A partire dal 1944 fu
abbandonato dagli alleati occidentali, che videro in Tito un comandante più coerente con le necessita' belliche e politiche.
Il suo quartier generale era situato sulle alture serbe del Ravna Gora (Serbia). Dopo la liberazione, Mihailovic fu catturato
dall'OZNA nei pressi del confine austriaco mentre tentava di abbandonare il paese. Egli fu processato dalla Lega dei Comunisti
Jugoslavi, condannato a morte e giustiziato. Gli Alleati seppero in anticipo che si voleva la sua morte ma decisero di non intervenire
e di lasciarlo al suo destino per non guastare i futuri rapporti con il Maresciallo Tito, il leader su cui avevano puntato nella loro
politica nei Balcani dopo la fine della guerra.
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Stato federale dell'Europa balcanica sorto nel 1918 e dissoltosi nel 1991. Nacque, dopo la Prima guerra mondiale, come unione di
Serbia e Montenegro alle province già austro-ungariche di Slovenia, Croazia, Dalmazia e Bosnia ed Erzegovina, con il nome di
Regno dei serbi, croati e sloveni (Regno di Jugoslavia dal 1929). Durante la Seconda guerra mondiale fu occupata dai nazifascisti,
contro cui il maresciallo Tito organizzò la resistenza comunista, che portò - alla fine della guerra - alla proclamazione della
Repubblica popolare federale e al varo di una costituzione socialista. Tito guidò il paese fino alla morte (1980) mantenendo
l'autonomia dal modello sovietico (la rottura si consumò nel 1948) e contenendo le rivendicazioni autonomistiche delle repubbliche