Introduzione
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Introduzione
La recente crisi finanziaria ha posto in evidenza molteplici problematiche
riguardanti il rapporto tra gli intermediari bancari ed il territorio; nel caso italiano, in
particolare, la questione assume una rilevanza maggiore, in quanto, ad un tessuto
aziendale diffuso e fortemente radicato nel territorio, si contrappone un sistema
bancario che tende alla concentrazione e alla crescita.
Soprattutto in questi ultimi anni, vi sono stati numerosi tentativi, sia da parte
di banche operanti su scala nazionale (global‐player) che da parte di banche locali,
di colmare il gap che si è venuto a creare; con la presente tesi si vuole andare a
ricercare un modello che tenti di rispondere al trade‐off (efficienza – territorialità)
nelle diverse accezioni nelle quali si è manifestato.
Il punto di partenza è il presupposto che il localismo rappresenti un valore ai
fini dello sviluppo economico del paese, proprio per la particolare caratterizzazione
industriale italiana; la banca locale, grazie al suo radicamento territoriale, dispone
delle conoscenze specifiche legate a contatti personali (soft information), che le
permettono sia di selezionare (screening) che di monitorare (monitoring) in modo
più efficace la clientela, favorendo una migliore allocazione delle risorse.
A questo proposito, si è aperto un dibattito sulla validità di un’analisi del
merito creditizio basata sulla soft information; infatti, il Comitato di Basilea per la
Supervisione Bancaria (con il Nuovo Accordo sul Capitale – Basilea II), ha ritenuto
non sufficiente un’analisi di questo tipo, ed ha definito parametri valutativi più
stringenti, attribuendo un’importanza maggiore alla loro obiettività e misurabilità, e
rendendo in tal modo difficile ed oneroso l’accesso al credito per le piccole e medie
imprese.
Introduzione
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Tuttavia, anche alla luce della recente crisi finanziaria, si è indotti ad un
ripensamento del modello generale di operatore bancario, e lo sviluppo del
localismo, coniugato con una gestione dell’informazione di tipo relatioship based,
può essere preso in considerazione quale driver per il recupero dell’efficienza
allocativa.
Capitolo 1 – Evoluzione del sistema bancario
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Capitolo 1
EVOLUZIONE DEL SISTEMA
BANCARIO
II settore finanziario viene considerato un “settore strategico” di ogni sistema
economico e, pertanto, risulta oggetto di una regolamentazione specifica; oltre agli
interessi di chi opera al suo interno, infatti, si intendono salvaguardare gli interessi
generali all’efficiente allocazione del capitale, per gli effetti positivi su crescita e
competitività dell’intera economia.
In particolare, il sistema creditizio è sottoposto a vincoli e controlli di natura
gestionale e amministrativa, in ragione della sua rilevanza rispetto agli strumenti di
politica monetaria e, perché , I’intensità dell'intermediazione, della leva finanziaria
e delle interconnessioni tra intermediari, rende significativo il rischio di
propagazione di crisi finanziarie al sistema economico nel suo complesso, come,
peraltro, l’esperienza di questi ultimi anni ha dimostrato.
1.1 PREMESSA Dl CARATTERE STORICO
La comprensione dell’attuale sistema finanziario italiano, caso unico
all’interno del panorama europeo, non può prescindere dall’analisi storica della sua
formazione ed evoluzione. La particolarità della situazione italiana, caratterizzato da
piccole e medie imprese, ha favorito lo sviluppo di un sistema finanziario che fosse
strumentale alla crescita delle imprese stesse.
Risulta quindi fondamentale ripercorrere i principali avvenimenti che si sono
succeduti nel corso dell'ultimo secolo, e che hanno contribuito in modo decisivo alla
formazione del sistema finanziario odierno, soprattutto nelle sue caratteristiche ed
Capitolo 1 – Evoluzione del sistema bancario
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accezioni più tacite. L’analisi sarà volta a sottolineare I’evoluzione del modello
organizzativo‐gestionale degli istituti di credito, con un breve accenno al contesto
normativo all'interno del quale il suddetto sviluppo si inserisce.
Considerare la legge bancaria del 1936 come punto di partenza e d'obbligo:
filiazione diretta della crisi economica e del clima politico formatosi a cavallo fra gli
anni venti e trenta, ma anche, nello specifico caso italiano, di un'evoluzione del
sistema finanziario che I'aveva reso particolarmente esposto a fallimenti di notevole
portata, tale legge di sistema influenzò profondamente I'organizzazione e la
distribuzione dei poteri e delle funzioni, per rimanere in vigore fino ai primi anni
novanta.
1.1.1 La banca mista
II motivo principale che portò alla formulazione della legge del 1936 fu la
necessità di ridefinire il ruolo della banca mista in Italia, che, fino ad allora, aveva
svolto una funzione centrale nello sviluppo dei paesi che affacciatisi in ritardo
all'industrializzazione.
Per banca mista si intende una banca che, oltre ad offrire credito nelle varie
forme, alle imprese clienti, partecipa con investimenti nel loro capitale, entrando
perciò a pieno titolo nella struttura di governo e condividendone il rischio di
impresa.
La banca mista richiedeva un'infrastruttura finanziaria ridotta: la sua attività si
esercitava quasi interamente nel rapporto diretto tra banca e impresa, potendo
quindi fare a meno di quelle istituzioni finanziarie intermedie (Borsa, investitori,
intermediari, enti di regolazione, di controllo e analisi, etc.), che sono invece
necessarie in un sistema aperto, basato sulla libera scelta degli investitori.
Per questo motivo aveva accesso a fonti di raccolta limitate ed instabili, e la sua
efficacia risultava particolarmente elevata nei casi in cui, a fronte di scarse risorse, si
preferisse una scelta accentrata nell'allocare le stesse tra attività alternative e nel
regolare la concorrenza tra diversi progetti (Giordano, 2007).
Capitolo 1 – Evoluzione del sistema bancario
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In Italia, la banca mista nasceva da una scarsezza cronica di capitale di rischio
rispetto alle necessità di sviluppo dell'apparato produttivo, specialmente
industriale. In tale prospettiva, risultò inevitabile che lo Stato, o per esso I'istituto di
emissione, fossero considerati finanziatori o rifinanziatori di ultima istanza
(Malagodi, 1978).
Al ruolo della banca mista va, dunque, associato un rilevante, seppur discontinuo,
contributo dello Stato: essa infatti, avendo accentrato su di sé il monitoraggio e la
gestione finanziaria di una vasta parte dell'industria del paese, finì per concentrarne
anche i rischi.
1.1.2 La legge bancaria del 1936 e lo Stato Imprenditore
(approccio dirigista)
Durante gli anni trenta, I'Italia si trovò a fronteggiare una crisi economica
mondiale; per un sistema banco‐centrico come quello italiano I'epicentro della crisi
si svolse intorno alle banche miste di maggiori dimensioni. E' proprio in seguito a
queste vicende storiche che si avverti I'esigenza di garantire stabilità al sistema
finanziario, e che trovarono collocamento le leggi bancarie del 1926 ed, in
particolare, del 1936.
Quest'ultima si sviluppa lungo tre direttrici di intervento:
La prima condusse verso la nascita dello Stato imprenditore; il piano di
salvataggio impose allo Stato un generalizzato assorbimento delle partecipazioni
industriali e finanziarie in perdita, che vennero conferite all'Istituto per la
ricostruzione industriale (Iri).
La seconda riguarda la protezione del risparmio: “dare ai risparmiatori, che
sono le vittime maggiormente danneggiate e maggiormente degne di tutela, una
preventiva garanzia per i loro depositi” (Toniolo, 2003).
La legge esplica la salvaguardia del risparmio, insieme all'esercizio del credito, come
funzione di pubblico interesse (e quindi sotto la tutela dello Stato), estendendone la
definizione al deposito bancario e a tutte le operazioni di finanza, ed impedendo sul
nascere la possibilità di sviluppo di un mercato dei capitali, dal momento che le
Capitolo 1 – Evoluzione del sistema bancario
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aziende di credito “non possono partecipare a sindacati di collocamento di azioni,
obbligazioni, buoni di cassa e altri valori mobiliari che non siano di Stato, o garantiti
dallo Stato, né prestare I'assistenza della loro organizzazione per il collocamento, se
I'emissione non ha ricevuto la preventiva autorizzazione dell'ispettorato” (Art. 45
della legge bancaria).
La terza direttrice dell'intervento pubblico fa riferimento al controllo diretto
sul sistema finanziario, corollario dell'esigenza di garantire protezione pubblica al
risparmio privato: si tratta della riforma del sistema che portò all'integrazione della
quasi totalità del settore bancario in quello pubblico. La raccolta dei depositi e
I'esercizio del credito furono dichiarate funzioni di diritto pubblico; parallelamente
venne Istituito l'ispettorato per la difesa del risparmio, presieduto dal governatore
della Banca d'Italia e sottoposto ad un comitato di ministri a sua volta presieduto
dal capo del governo.
Al sistema fondato sulla banca mista (di cui vengono preservate solo alcune
caratteristiche, in particolare I'accentramento proprietario) si venne così a sostituire
un modello incentrato sullo Stato, quale garante di ultima istanza, che finì per
assumere una responsabilità diretta nella supervisione finanziaria delle imprese. In
un momento storico caratterizzato dall'incertezza degli investimenti, dove alto era il
rischio che il risparmio restasse immobilizzato in strumenti finanziari liquidi e a
breve termine, la presenza di un garante affidabile divenne necessaria per spingere
il risparmiatore verso impieghi a medio‐lungo termine.
Quanto descritto finora confluì in una disposizione che, per molti versi,
rappresenta la ratio sottostante I'intera normativa: la necessità di garantire la
separazione tra banche e imprese industriali; la nuova legge, inoltre, distingue gli
istituti e aziende di credito in raccoglitori di risparmio a breve termine da un lato, e
a lungo termine dall'altro. (Giordano, 2007)
La scelta degli Stati Uniti fu molto diversa, ed è proprio in questo periodo che
si gettarono le basi per le future divergenze tra i due sistemi.
Sebbene in entrambi prevalesse I'ostilità alla concentrazione di potere che le grandi
banche avrebbero potuto costituire, e una preferenza verso un tessuto bancario
Capitolo 1 – Evoluzione del sistema bancario
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diffuso e localmente radicato, la legislazione statunitense si mosse verso la difesa
del risparmiatore attraverso il rafforzamento della trasparenza, piuttosto che
tramite la garanzia dello Stato.
Nel 1934 nacque la Security and Exchange Commision, con lo scopo primario
di farsi veicolo di diffusione di informazioni a supporto della fiducia del pubblico
nell'integrità dei mercati. L'idea sottostante era che, sebbene la mano pubblica
potesse promuovere strumenti che proteggessero, almeno parzialmente, forme
elementari di risparmio come i depositi bancari, tale provvedimento non fosse
appropriato per altre forme di investimento, per le quali il rischio era parte
inscindibile del contratto di finanziamento e che, d'altra parte, in condizioni di
trasparenza si sarebbero dovute incoraggiare.
L'intervento pubblico deve essere, in tal caso, volto a garantire la veridicità e
pubblicità delle informazioni sulle quali si basa la scelta di investimento.
A ulteriore tutela della stabilità del sistema, il Banking Act del 1933, noto
anche come Glass‐Steagall Act, che separa formalmente I'attività di emissione e
distribuzione di strumenti finanziari, l'investment banking, dall'attività finanziaria
tradizionale come I'erogazione del credito; alle banche di investimento è vietata
I'assunzione di depositi. Alla base della separazione vi è il timore di conflitti di
interesse.
In Italia prevalse invece I'idea di una congenita avversione al rischio dei
risparmiatori o, in altre parole, della necessità da parte delle istituzioni pubbliche di
proteggere in modo diretto il risparmio nazionale, divenendone il principale veicolo
di distribuzione. (Giordano, 2007)
Nel secondo dopoguerra si decise di proseguire lungo i binari tracciati,
confermando la separazione tra banca impresa, per credito ordinario e credito
mobiliare, ed estendendo il ruolo del settore pubblico come soggetto
imprenditoriale e garante dei flussi di risparmio. Anche grazie al senso di sfiducia
verso la classe imprenditoriale privata, si riteneva che un sistema di questo tipo
potesse mobilitare il risparmio italiano verso iniziative industriali. Inoltre, l'Italia di
quel periodo, mancava del tutto di quelle istituzioni intermedie necessarie al
Capitolo 1 – Evoluzione del sistema bancario
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funzionamento del sistema di mercato, a favore invece del complesso apparato
burocratico e della classe di dirigenti pubblici, che venne ritenuta in grado di
guidare la difficile fase di ricostruzione del paese.
1.1.3 Dualismo del sistema bancario -Le banche locali
All'interno di questo quadro si inseriscono due fattori istituzionali che hanno
avuto un ruolo fondamentale nell'evoluzione del sistema italiano: il dualismo del
sistema bancario, frutto di una precisa scelta istituzionale, e la separazione
funzionale tra credito a breve termine (attività bancaria ordinaria) e il credito
speciale a medio e lungo termine.
II sistema finanziario del periodo risulta caratterizzato, da una parte, da grandi
banche nazionali, destinate al servizio dei grandi gruppi (tenute sotto stretto
controllo per evitare eventuali tentazioni di ritorno alla banca mista, scoraggiando
nella crescita dimensionale a vantaggio del locale) e, dall'altra, dalle popolari, le
casse di risparmio, le rurali e le cooperative, destinate al sostegno della piccola
impresa.
In un contesto aziendale contraddistinto dal controllo personale e familiare
delle imprese, in cui le dimensioni medie sono molto ridotte e si cerca il
mantenimento del massimo controllo con il minimo impegno patrimoniale, le
banche locali possono svolgere un ruolo estremamente proficuo.
Di queste è utile enfatizzare non solo la dimensione e la distribuzione territoriale,
ma anche la struttura a carattere cooperativo o mutualistico (nel caso, ad esempio,
delle popolari o delle banche di credito cooperativo), non necessariamente
orientata al profitto, il cui governo è basato sul sistema “one member, one vote”, e
in cui I'erogazione del credito è indirizzata prevalentemente ai membri.
Si verifica quindi una naturale continuità tra le banche locali ed il circuito di
finanziamento all'interno di un distretto industriale.
Nel distretto, il merito creditizio viene giudicato non tanto attraverso I'analisi
formale delle prospettive d'impresa, ma sulla base di un sistema informativo locale,
Capitolo 1 – Evoluzione del sistema bancario
13
fondato su interazioni ripetute e sui frequenti rapporti creditizi reciproci che
originano da relazioni di subfornitura o dall'appartenenza a una stessa filiera
produttiva. II vantaggio in termini informativi della durata della relazione e della
reciproca dipendenza tra banca e impresa (“lock in”), dipende anche dalla
conoscenza personale tra staff della banca e cliente affidato.
Da parte delle imprese viene percepito il valore di una relazione di lungo
periodo con la banca, che offre supporto all'azienda in periodi ciclici avversi senza
approfittare di una sua eventuale posizione dominante inasprendo i costi o
diminuendo I'ammontare del reddito disponibile.
La comunità è dal canto suo, incentivata a sanzionare comportamenti devianti, per i
riscontri negativi che essi hanno sull'intero distretto.
Per le banche nazionali, al di fuori della comunità locale, tale continuità di
relazione crea un forte rischio di collusione tra il rappresentante della banca e
I'impresa.
E’ noto che tradizionalmente le banche di maggiori dimensioni, allo scopo di
scoraggiare un'eccessiva prossimità personale tra cliente e agente di banca,
imponessero un'elevata mobilità territoriale ai loro dipendenti.
In sostanza il problema secolare delle banche ‐ I'asimmetria informativa nei
confronti del cliente ‐ viene qui risolto, da una parte attraverso la selezione
all'entrata, cioè con il fatto che la banca locale, che opera su base cooperativa,
regola gli interessi sulla base di criteri di appartenenza alla comunità locale (criteri
tipicamente non disponibili per una banca di carattere nazionale, better monitoring
capability). Dall'altra, la capacità di controllo sociale propria della comunità locale e
la governance cooperativa della banca costituiscono un efficace sistema di
monitoraggio reciproco tra i membri, e di sanzionamento reputazionale, che non è
disponibile alle altre banche (peer monitoring).
Le banche locali, avendo a disposizione un bacino limitato da cui attingere
clientela, tendono ad avere una quota di mercato alta nelle zone in cui operano e
un'alta concentrazione dei loro impieghi negli stessi luoghi: la concentrazione in una
singola area richiede a sua volta una forte frammentazione dei fidi.
Capitolo 1 – Evoluzione del sistema bancario
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E’ chiaro che questo sistema presenta, oltre ai vantaggi indicati, una serie di
problematiche in termini di efficienza e stabilità.
Innanzitutto, la dimensione locale implica un'incapacità di distribuire il rischio
tra settori e aree geografiche, rendendo le banche locali più vulnerabili e, pertanto,
più conservatrici. Popolari e casse di risparmio, finanziando il sistema locale, sono il
più delle volte restie ad un'offerta di credito per investimenti legati a fenomeni di
discontinuità, quali una crescita organica significativa o per acquisizione. Per
diversificare, tentano di offrire credito anche alle grandi imprese o di fornire mezzi
alle banche nazionali.
Inoltre le banche locali, data la ridotta dimensione, non riescono a sfruttare le
economie di scala; per questa ragione, ogni qual volta intraprendono la via della
crescita, ne escono snaturate in quanto emergono i limiti di una struttura di
governo mutualistica (particolarmente evidenti qualora venga meno il ruolo di
governo attivo da parte dei membri) e l'esercizio del monitoraggio sulla base di un
vero radicamento territoriale.
Esse sono per lo più consapevoli della propria incapacità di valutare il rischio
sulla base di parametri oggettivi, e di esprimere un livello adeguato di
remunerazione degli impieghi in linea con le condizioni di mercato a livello
nazionale.
Se a ciò si aggiunge il desiderio di conoscenza locale da parte della banca
nazionale, si spiega la diffusione, nel periodo storico considerato, del fenomeno del
multiaffidamento che, diversamente da altri paesi, spesso vede banche sia nazionali
sia locali insistere sullo stesso cliente, anche nel caso di piccole e medie imprese.
Si prefigura una sorta di divisione del lavoro in cui un tipo di banca si
accaparra, per così dire, delle informazioni di cui I'altra dispone con maggiore
facilità. Peraltro I'accesso alle informazioni e lo stretto contatto, anche personale,
tra la banca, i suoi rappresentanti e I'imprenditore, riesce laddove il controllo
sociale funziona davvero; altrimenti i rischi sono ovviamente molto elevati.
Capitolo 1 – Evoluzione del sistema bancario
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“Nonostante le carenze del sistema finanziario, piccolissime, piccole e medie
imprese industriali, spesso proiettate sui mercati esteri, acquisteranno, a partire
dagli anni 70, un crescente peso nello sviluppo del paese.” (Barca, 1997).
II sistema italiano risulta quindi caratterizzato da efficienza adattativa: la
finanza si adatta alle condizioni esistenti, le asseconda e contribuisce al loro
radicamento, divenendone, tuttavia, strumento di conservazione e non di
cambiamento. Le piccole banche hanno una struttura istituzionale favorevole alla
crescita delle piccole e medie imprese, mezzi sufficienti e protezione normativa per
svolgere il loro ruolo positivo a sostegno di questo sviluppo; quello che manca loro è
tuttavia la capacità di facilitare il salto dimensionale o di incoraggiare la
maturazione verso forme di governo, strutture proprietarie, approcci tecnologici e
gestionali più moderni ed ambiziosi. (Giordano, 2007)
1.1.4 I turbolenti anni settanta
La turbolenza finanziaria che ha caratterizzato gli anni settanta e la crisi
dell'economia reale, hanno messo a dura prova il settore del credito
evidenziandone i limiti della struttura organizzativa e aggravandone gli elementi di
instabilità.
Gli istituti bancari, peraltro, non si sono sottratti al proprio ruolo istituzionale di
sostegno ai settori industriali di riferimento, raggiungendo livelli di esposizione
verso le industrie in crisi spesso ben superiori ai normali valori di prudenzialità:
cominciarono ad emergere i difetti di una configurazione organizzativa che, nella
sua complessità, finì per limitare I'autonomia gestionale degli istituti di credito,
diminuendone il senso di responsabilità.
In quel periodo, in realtà, fu I'intero edificio dell'intervento pubblico nell'economia
ad essere messo in discussione.
La spinta decisiva all'innovazione arrivò dall'Europa, grazie alla formazione del
Mercato comune, e da cambiamenti nel contesto esterno, quali disintermediazione
bancaria e deregolamentazione. Ne risultò un sistema del credito profondamente
Capitolo 1 – Evoluzione del sistema bancario
16
cambiato dal punto di vista sia normativo che organizzativo, che si allontanava dal
modello dirigistico prevalso in precedenza e si avviava verso una
liberalizzazione che avrebbe rimesso al centro la concorrenza e riportato I'attività
bancaria ad essere attività imprenditoriale. (Giordano, 2007)
1.1.5 La disintermediazione bancaria
II panorama bancario internazionale cambiò, a partire dai primi anni ottanta,
grazie alla progressiva disintermediazione bancaria, un fenomeno globale legato
all'ampliamento dei mercati finanziari, che spinse verso la deregolamentazione.
In Italia questo fenomeno si è verificato in gran parte a favore dello Stato, ed è stato
provocato in misura prevalente dalle esigenze di finanziamento del disavanzo,
piuttosto che da un generale processo di securitization dell'economia, come invece
è accaduto negli Stati Uniti. (Conigliani, 1986)
Nel 1985 entrò in vigore la prima Direttiva europea, che stabiliva il carattere di
impresa dell'attività bancaria, indipendentemente dalla natura pubblica o privata
degli enti che la esercitavano; fece cadere inoltre le restrizioni amministrative alla
creazione di nuove banche e la Banca d'Italia dovette attenersi, per il vaglio delle
domande di apertura di nuove banche, ad alcuni criteri: la dotazione minima di
capitale, la competenza professionale delle persone chiamate a svolgere attività
direttive, e i requisiti di onorabilità per le stesse.
Interventi successivi hanno avuto la funzione di scardinare poco a poco il
sistema di autorizzazioni, portando alla liberalizzazione dell'articolazione
territoriale, e di condurre verso la fine della specializzazione temporale e operativa
delle banche. Grazie ai vincoli patrimoniali minimi obbligatori, imposti agli istituti di
credito dalla Banca d'Italia nel 1986, a tutela della stabilità del sistema, la
capitalizzazione delle banche iniziò a migliorare.
Le azioni riformatrici di questo periodo si proposero di dare potere al mercato
nella selezione degli intermediari, promuovendo la concorrenza tra essi e la
trasparenza dei comportamenti; inoltre predisposero strumenti di vigilanza atti ad
Capitolo 1 – Evoluzione del sistema bancario
17
individuare I'azionista di riferimento e disciplinare i gruppi bancari.
Tutto ciò nell'ottica di garantire I'indipendenza della gestione della banca dalla
proprietà e di prevenire possibili commistioni tra banche e il sistema industriale,
obiettivo tra I'altro perseguito già dalla legge del 1936.
La Banca d'Italia identificò il gruppo funzionale come il più adatto, data la
tradizione dell'ordinamento italiano, per I'organizzazione del nuovo sistema
creditizio aperto alla concorrenza internazionale. L’idea era quella di un sistema in
cui le banche sviluppano prodotti e servizi distribuiti tramite società controllate,
attraverso un'articolazione di gruppo, con una holding e diverse partecipate.
Inoltre venne introdotto il controllo di vigilanza bancaria su base consolidata
(potendo richiedere agli enti creditizi dati consolidati) in quanto I'articolazione del
sistema tramite gruppi funzionali risultava problematico sia per I'autorità di
vigilanza che per gli amministratori.
Venne anche istituito il Fondo di garanzia dei depositi, alimentato con contributi
delle banche partecipanti, che sopperì alla mancanza di strumenti di garanzia per i
depositanti, fino ad allora anomalia italiana nel contesto internazionale.
Va ricordato che il peso dei depositi sulle attività finanziarie era già da tempo
diminuito in maniera significativa; nonostante gran parte della disintermediazione
bancaria fosse passata attraverso il debito pubblico, non mancava infatti una solida
domanda di altri strumenti finanziari, soprattutto a partire dalla fine degli anni
settanta, in coincidenza con la ripresa dei mercati.
Si diffusero in questo periodo i cosiddetti titoli atipici, veicoli di investimento
che raggiunsero presto ampia dimensione, anche se in mancanza di una specifica
regolamentazione, e che per questo destarono così preoccupazione negli ambienti
ufficiali.
L'introduzione della regolamentazione dei fondi comuni di investimento, fu opera di
Andreatta nel 1983, che stabilì inoltre il controllo da parte della Consob sulla
sollecitazione del pubblico risparmio; tali provvedimenti vennero facilitati dal fatto
che, nello stesso periodo, era in preparazione a Bruxelles la Direttiva sugli strumenti
di investimento collettivi, fortemente sostenuta soprattutto da Francia e Germania.
Capitolo 1 – Evoluzione del sistema bancario
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Gli anni ottanta, in Europa, risultarono caratterizzati da scelte che
privilegiarono I'allargamento del mercato, una minor presenza dello Stato (visione
antidirigista) e la costruzione di una complessa struttura di regole e strumenti di
controllo.
Lo strumento principe per ridurre il ruolo dello Stato come operatore economico
furono le privatizzazioni; a sostegno di queste si addussero anche argomentazioni di
carattere tecnologico. All'origine della diffusa presenza pubblica nell'economia vi
era stata la necessità di gestire in via diretta industrie considerate monopoli
naturali; il progresso tecnologico cambia il contesto di riferimento, introducendo
elementi di concorrenza che indeboliscono il grado di monopolio.
1.1.6 Il gruppo plurifunzionale e la banca universale
Nel 1990 la legge Amato introdusse una nuova disciplina per gli enti pubblici e
per i gruppi creditizi, prevedendo inoltre una riorganizzazione societaria per gli
istituti di credito (si spingono cioè le imprese sotto il controllo pubblico ad assumere
forme societarie privatistiche). A tale scopo le banche vennero incentivate, anche
attraverso agevolazioni fiscali, a realizzare il passaggio a società per azioni; si aprì la
possibilità di raccogliere capitali di rischio e si incoraggiarono operazioni di
ricapitalizzazione. Fondamentale la parte della legge che prevede la riunificazione in
una sola società di tutta I'attività di credito speciale che era in precedenza svolta dai
vari istituti confluiti in un unico gruppo plurifunzionale.
Nel 1992 in Italia venne poi recepita la seconda Direttiva di coordinamento
bancario, che definì le condizioni di autorizzazione all'attività bancaria, le condizioni
per I'esercizio dell'attività e i rapporti con il settore industriale (che avrebbero
potuto estendersi all'assunzione di partecipazioni, sia pure assoggettate ad una
serie di limitazioni). In tema di vigilanza si introdusse una divisione di responsabilità,
basata sul principio secondo cui il controllo e responsabilità dell'autorità di vigilanza
del paese d'origine, esteso alle filiali estere, e accompagnato dalla condivisione di
informazioni tra le autorità dei diversi paesi.