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PREMESSA
L’intervento di un terzo in un rapporto obbligatorio cui era
originariamente estraneo, e tendente a realizzare il diritto del creditore
e di riflesso ad estinguere l’obbligo gravante sul debitore, è un
fenomeno che genera delle riflessioni significative, sia se considerato
in sé stesso sia se considerato in riferimento al complesso gioco di
relazioni giuridiche cui normalmente dà luogo. In particolare
l’adempimento del terzo produce principalmente due ordini di vicende
giuridiche; l’una tra terzo-solvens e creditore accipiente, denominata
comunemente efficacia diretta; l’altra tra debitore originario e terzo
medesimo, denominata efficacia riflessa.
Come si avrà modo di chiarire nel proseguo del presente elaborato,
è norma comune di quasi tutte le legislazioni quella che, entro certi
limiti, riconosce la legittimità della sostituzione di un terzo al debitore
nella fase esecutiva (di realizzazione) del rapporto obbligatorio.
Tale norma prende le mosse da una ovvia considerazione di
carattere pratico: se il creditore, attraverso l’attività del terzo, riceve lo
stesso bene o la stessa utilità che si attendeva dalla prestazione del
debitore, non vi è alcuna ragione astratta per negare la legittimità
dell’intervento del terzo e per autorizzare il creditore a rifiutare senza
motivo la prestazione di questo.
Tale principio è assai antico. Infatti si può leggere nel Digesto che
«Solvere pro ignorante et invito cuique licet, cum sit iure civili
constitutum licere etiam ignorantis invitique meliorem condicione
2
facere» ( fr. 53 D. 46, 3). Esso tuttavia è il frutto di una lunga
evoluzione che ha subito la nozione di adempimento
dell’obbligazione; perciò non può essere inteso se non in senso
diacronico.
Nel diritto antico infatti la obligatio era espressione di uno stato di
asservimento, per cui era del tutto naturale che, essendo asservito
l’obligatus, provvedesse altri, per esso, a soddisfare il creditore. Con il
passare del tempo, essendo invece normale che fosse lo stesso
obbligato ad adempiere l’obbligo, ossia a liberarsi dal vincolo,
l’intervento del terzo assunse il diverso significato che riveste nel
diritto odierno, di atto diretto ad adempiere l’obbligo altrui, con effetti
verso il debitore.
Nel presente elaborato verrà affrontata la tematica
dell’adempimento del terzo sotto una duplice prospettiva; considerato
nella sua individualità così come disciplinato nell’articolo 1180 del
cod. civ.; e considerato altresì quale fattispecie inserita nel contesto
dei rapporti trilateri, intendendosi con tale espressione (di matrice
tedesca) per l’appunto le fattispecie caratterizzate dall’intervento di un
terzo, dal lato attivo o passivo, nell’adempimento di un rapporto
obbligatorio altrui. In quest’ottica è chiaro che anche l’adempimento
del terzo produce degli effetti in una triplice direzione; nel rapporto
solvens-creditore, nel rapporto solvens-vero debitore, e nel rapporto
creditore-vero debitore (che viene ad estinguersi).
Sotto il primo profilo particolare attenzione sarà dedicata alla (non
sempre lineare) differenziazione tra la fattispecie di cui all’art. 1180
cod. civ. con determinate figure affini se non altro da un punto di vista
3
concettuale (in primis la delegazione di pagamento), così come per
converso si procederà ad una eliminazione dall’alveo della
esaminanda fattispecie di quelle figure che con essa non presentano
alcun punto di contatto (si pensi alle ipotesi di delegazione a
promettere, espromissione ad accollo “esterno”, note alla dottrina con
il termine di assunzione dell’obbligo altrui).
Successivamente si procederà all’esame della struttura e natura
giuridica dell’atto di adempimento del terzo, analizzando le opinioni
dottrinali che si sono susseguite sul tema, cercando di porre chiarezza
in un ambito da sempre decisamente controverso, non prima però di
aver effettuato delle considerazioni sulla natura dell’atto di
adempimento del vero debitore, punto pregiudiziale imprescindibile
per la comprensione della struttura giuridica della solutio da parte del
terzo.
In seguito si porrà l’attenzione sulla disciplina posta dal legislatore
all’istituto in esame, disciplina contenuta in un solo articolo del codice
civile, il 1180, ma che sviluppa delle interessanti e complesse
questioni in particolar modo sotto il profilo dei limiti all’ammissibilità
dell’adempimento del terzo, limiti a carattere generale costituiti dalla
sussistenza di un interesse (soggettivo si, ma obiettivamente
valutabile) del creditore a che sia il debitore in persona ad eseguire la
prestazione dovuta, e dall’eventuale opposizione a siffatto
adempimento manifestata dal vero debitore al creditore; si vedrà nello
specifico le differenti conseguenze giuridiche connesse ad entrambi.
Sotto il secondo profilo si procederà ad analizzare la tematica,
sicuramente complessa ma decisamente interessante, relativa alla
4
differenziazione tra l’adempimento del terzo e l’indebito soggettivo ex
latere solventis, che costituisce classica ipotesi di rapporto trilaterale
ma da un punto di vista patologico, dato che esso descrive il caso di
colui che paga il debito altrui credendosi debitore in base ad un errore,
a differenza dell’adempimento del terzo che invece rappresenta un
caso fisiologico di rapporto triangolare, posto che, come si vedrà,
elemento essenziale per la sua configurabilità è l’esistenza di un
animus del terzo-solvens di adempiere un debito che egli sa essere non
proprio.
A tal proposito si vedrà come le due fattispecie costituiscano
fenomeni totalmente differenti, disciplinando l’una un caso di
pagamento efficacemente estintivo di un dato rapporto obbligatorio,
l’altra viceversa un caso di pagamento non dovuto e quindi indebito,
per tanto di regola ripetibile; in sostanza si chiarirà come l’interprete
debba “andare oltre” il dato meramente esteriore dell’essere in
entrambe le ipotesi il solvens un soggetto terzo rispetto al rapporto
obbligatorio, per giungere ad una interpretazione dei due istituti tali da
non stravolgere la necessaria coerenza sistematica.
Per pervenire ad una siffatta conclusione si farà precedere una
digressione relativa per l’appunto alle diverse species di pagamento
non dovuto, ossia l’indebito oggettivo e l’indebito soggettivo ex latere
accipientis, al primo assimilabile quoad disciplinam, per finire proprio
con l’indebito soggettivo ex latere solventis, che verrà esaminato
approfonditamente sotto il duplice profilo della struttura e della
disciplina giuridica.
5
Viceversa l’ultimo capitolo assumerà una funzione per così dire
“mista”, nel senso che da un lato tratterà delle diverse modalità
azionabili dal terzo per il recupero dell’esborso patrimoniale
affrontato, dall’altra recupererà la valenza triangolare della fattispecie
di cui all’art. 1180 cod. civ., affrontando la tematica della
differenziazione dell’adempimento del terzo dalla delegazione di
pagamento sotto il profilo della legittimazione attiva e passiva a
ripetere la prestazione in presenza di varie ipotesi patologiche, per poi
concludere con una riflessione di portata più generale sempre sulla
legittimazione attiva e passiva alla condictio nell’ambito dei rapporti
trilateri in senso lato.
6
7
INTRODUZIONE
Sezione I: nozioni preliminari.
L’articolo 1180 del codice civile disciplina il fenomeno
dell’adempimento del terzo, ossia l’atto solutorio proveniente da un
soggetto diverso dal debitore e quindi estraneo al rapporto
obbligatorio.
Tale norma è piuttosto chiara nel riconoscere a qualsiasi terzo la
legittimazione ad adempiere l’obbligo altrui: ciò è particolarmente
significativo perché involge problematiche di teoria generale delle
obbligazioni, in particolar modo quella relativa alla esattezza, anche
soggettiva, dell’adempimento.
Prima di cominciare la trattazione della materia è opportuno
sottolineare come l’istituto in esame, apparentemente molto lineare,
sia invece dal punto di vista sostanziale particolarmente complesso, a
causa delle sue numerose implicazioni non solo
dogmatico–sistematiche, ma anche pratiche
1
.
Sotto il primo profilo, si deve notare come all’interno della
esaminanda fattispecie vengano a confluire, a causa della sua
1
In questo senso si veda DI MAJO, Dell’adempimento in generale, in Comm. cod. civ.
Scialoja‐Branca‐Galgano, Bologna‐Roma, 1994, p. 41 ss.; altresì BRECCIA, Le
obbligazioni, in Trattato dir. priv. Iudica‐Zatti, Milano, 1991, p. 435 ss.; BIANCA, Diritto
civile, 4, L’obbligazione, Milano, 1990, p. 283 ss.; CANNATA, L’adempimento in generale,
in Trattato dir. priv. Rescigno, 9, t. 1, Torino, 1984, p. 79 ss.
8
«trasversalità sistematica
2
», tanto principi generali, quanto singoli
istituti riguardanti il diritto delle obbligazioni, con conseguente
necessità di coordinamento reciproco
3
.
È altresì doveroso porre in rilievo il fatto che la dottrina italiana ha
quasi sempre affrontato la problematica della ricostruzione
dell’adempimento del terzo solamente in relazione a singole e
specifiche tematiche, senza viceversa procedere ad un’analisi
esaustiva ed unitaria della fattispecie
4
.
Né d’altra parte può dirsi che la giurisprudenza abbia supplito alle
lacune della dottrina, forse anche a causa di un contenzioso non
eccessivamente ricco, ma, molto più verosimilmente, in conseguenza
dei limiti intrinseci e connaturati al suo operare, costituiti dalla
necessaria aderenza al caso concreto, che la costringono a risolvere
esclusivamente quei profili che rilevano per la soluzione
chiarificatrice del caso di specie
5
.
2
L’espressione è di TURCO, L’adempimento del terzo, in Comm. Schlesinger, sub art.
1180 cod. civ., Milano 2002, p. 4.
3
Tale coordinamento non è quasi mai stato fatto dalla dottrina in una prospettiva
complessiva e omogenea che coinvolga la fattispecie di cui all’art. 1180 cod. civ.
nell’insieme, bensì limitandosi ad una comparazione con i singoli istituti di volta in volta
analizzati ( così SCHLESINGER, Adempimento del terzo e delegazione di pagamento, in
Temi, 1958, p. 572 ss.; nello stesso senso GAZZONI, Manuale di diritto privato, 8ª ed.,
Napoli‐Roma, 2000, p. 571).
4
Fa eccezione la monografia di NICOLÒ, L’adempimento dell’obbligo altrui, Milano,
1936, il quale analizza la fattispecie durante la vigenza del codice civile del 1865, agli
artt. 1238‐1239; a tal proposito cfr. infra, Introduzione storica e profili di comparazione,
p.
5
Per tale rilievo v. Di MAJO, Dell’adempimento n generale, in Comm. Cod. civ. Scialoja‐
Branca‐Galgano, pag. 48.
9
Ciò premesso, si deve rilevare come l’istituto disciplinato all’art.
1180 cod. civ. preveda la possibilità che un terzo si sostituisca al
debitore nella fase esecutiva di attuazione del rapporto obbligatorio,
compiendo egli stesso la prestazione cui il primo era tenuto.
In linea generale, si deve in primis specificare come l’intervento di
un terzo per attuare un rapporto giuridico altrui, può essere relativo sia
al lato attivo che al lato passivo del rapporto obbligatorio, ma solo nel
secondo caso ci si trova di fronte alla figura oggetto del presente
studio, mentre viceversa nel primo caso siamo di fronte all’esercizio
di un diritto altrui
6
.
Il nostro legislatore ha quindi ammesso come regola generale la
legittimità dell’adempimento dell’obbligazione da parte di un soggetto
diverso dal debitore, con l’unico limite della sussistenza di un
interesse del creditore a che il debitore esegua personalmente la
prestazione (art. 1180, 1° comma cod. civ.)
7
.
In questa sede introduttiva appare necessario spiegare quale sia
stata la ragione determinante che abbia indotto il legislatore ad
ammettere la validità dell’attività solutoria del terzo, posto che, in
termini astratti ed in conformità con la soluzione prescelta da altri
sistemi giuridici, sarebbe stata possibile anche pervenire alla
conclusione diametralmente opposta, ossia configurare la legittimità
dell’adempimento del terzo in termini di eccezione alla regola
generale della sua inammissibilità
8
.
6
In tal senso NICOLÒ, voce Adempimento, in Enc. dir., vol. I, Milano 1958, p. 556.
7
Su ciò cfr. infra, par. 3. 3
8
Come accade ad esempio nell’ordinamento anglosassone; su ciò cfr. infra, Introduzione
storica e profili di comparazione, p. 11 ss.
10
Ebbene, la risposta al quesito, a parere della dottrina che può
considerarsi ormai maggioritaria, è che il legislatore non poteva
trascurare la circostanza fondamentale che se il creditore raggiunge
ugualmente attraverso la prestazione del terzo la stessa utilità che si
attendeva dal creditore il suo interesse non può non considerarsi
soddisfatto, se non altro sotto il profilo economico
9
.
Ovviamente il giurista non può limitarsi al dato meramente
contingente costituito dalla identità puramente economica tra la
prestazione del terzo e la prestazione cui sarebbe stato tenuto il
debitore, ma deve domandarsi se possa sussistere tra le stesse una
identità anche giuridica: ebbene la risposta non può che essere
negativa, poiché esiste nel nostro ordinamento il principio per cui
affinchè il diritto di credito si estingua per adempimento è necessario
che la prestazione oggetto della solutio corrisponda a quella dedotta in
obbligazione non solo sotto il profilo oggettivo, ma anche dal punto di
vista soggettivo; ossia è necessario che colui che esegue la prestazione
sia il soggetto a ciò obbligato in base al programma obbligatorio, e
che colui che la riceva sia a sua volta il soggetto a ciò legittimato
10
.
Tale principio è posto dall’art. 1218 cod. civ.; si tratta quindi di
capire come si possa conciliare quest’ultima norma con la legittimità
dell’adempimento del terzo ex art. 1180 cod. civ.
9
In tal senso NICOLÒ, L’adempimento dell’obbligo altrui, cit., p. 36 s.
10
Ossia il creditore, il suo rappresentante ovvero la persona indicata dal creditore o
autorizzata dalla legge o dal giudice a riceverlo (art. 1188 cod. civ.)
11
Sezione II: inquadramento storico e profili di
comparazione.
Si è già avuto modo di osservare che l’art. 1180 cod. civ.,
nell’ammettere espressamente che ad adempiere la prestazione dovuta
possa essere anche un soggetto diverso dal debitore, abbia al tempo
stesso fissato altresì il limite generale dell’ammissibilità di tale
adempimento, individuandolo nell’interesse del creditore a che il
debitore esegua personalmente la prestazione
11
.
Nonostante tale limitazione, è indubbio che la norma in esame,
nell’ammettere in linea di principio la legittimità della sostituzione di
un terzo al debitore nella fase esecutiva del rapporto obbligatorio,
risponda ad una esigenza di carattere pratico
12
, caratterizzata dal
rilievo per cui «se il creditore, attraverso l’attività del terzo, riceve lo
stesso bene e le stesse utilità che si attendeva dalla prestazione del
debitore, non vi è alcuna ragione astratta per negare la legittimità
dell’intervento del terzo e per autorizzare il creditore a rifiutare senza
motivo la prestazione di questo
13
».
Questa constatazione era già stata sostenuta in riferimento agli artt.
1238–1239 del codice civile del 1865, dedicati par l’appunto
all’adempimento dell’obbligo altrui, ma conserva tutto il suo valore
anche relativamente alla fattispecie di cui all’art. 1180 del codice
civile del 1942; tuttavia tale analogia, che costituisce un mero rilievo
11
A tal proposito cfr. infra, par. 3.3
12
In questo senso NICOLÒ, L’adempimento dell’obbligo altrui, Milano, 1936, p. 17, il
quale sottolinea la derivazione di tale esigenza direttamente dal diritto romano.
13
Così, testualmente, NICOLÒ, op. loc. ult. cit.
12
di fondo, non deve però indurre l’interprete a ritenere che tra la norma
attuale e i suoi corrispondenti storici vi sia una perfetta coincidenza di
ratio e di disciplina
14
. Viceversa le differenze tra le due normative
sono sicuramente profonde.
Innanzitutto si deve rilevare come l’art. 1180 cod. civ. rappresenti
«un modello, più che esemplare, di quel processo di
semplificazione–astrattizzazione che sembra essere l’aspetto più
peculiare della codificazione del 1942
15
»; il rilievo è importante
perché è in questa prospettiva che si possono valutare efficacemente le
differenze tra la normativa ex art. 1180 cod. civ. e gli artt. 1238–1239
del codice civile previgente
16
.
A tal proposito, l’art. 1238 cod. civ. del 1865 stabiliva, al primo
comma, la piena ammissibilità dell’adempimento del terzo solo se
eseguito «da qualunque persona che vi ha interesse, come da un
coobbligato o da un fideiussore». Tuttavia, pur prevedendo il
secondo comma della medesima disposizione che «le obbligazioni
possono essere estinte col pagamento fatto da un terzo che non vi ha
interesse», tale norma subordinava siffatta possibilità alla circostanza
che «questo terzo» agisse in nome e per le liberazione del debitore
(ossia quale suo rappresentante); ovvero, qualora il terzo agisse in
nome proprio, alla condizione che esso non venisse surrogato nei
diritti vantati del creditore nei riguardi del debitore in conseguenza
dell’adempimento.
14
In questo senso TURCO, L’adempimento del terzo, cit., p. 10.
15
Così, testualmente, DI MAJO, Dell’adempimento in generale, cit., p. 42 ss.; in senso
analogo anche RODOTÀ, Ideologie e tecniche della riforma del diritto civile, in Riv. dir.
comm., 1967, I, p. 83 ss.
16
In questo senso TURCO, op. ult. cit., p. 11.
13
A completamento della disciplina l’art. 1239 cod. civ. 1865
precisava che l’obbligazione di fare non può essere adempiuta da un
terzo contro la volontà del creditore, «ove questi non abbia interesse
che sia adempiuta dal debitore medesimo
17
».
Già da un veloce raffronto fra l’art. 1180 cod. civ. e le norme citate
del codice previgente, che sono state in esso trasferite e semplificate
18
,
emerge chiaramente la segnalata reciproca diversità di disciplina e di
ratio, a prescindere dal rilievo che entrambe assumano come limite
all’ammissibilità dell’adempimento del terzo la presenza di un
17
Art. 1238 cod. civ. 1865: «le obbligazioni possono estinguersi con il pagamento fatto
da qualunque persona che vi ha interesse, come da un co‐obbligato o da un
fideiussore.» (1° comma); «possono anche essere estinte con il pagamento fatto da un
terzo che non vi ha interesse, purchè questo terzo agisca in nome e per la liberazione del
debitore, e ove agisca a nome proprio, non venga a sottentrare nei diritti del creditore.»
(2° comma); art. 1239 cod. civ. 1865: «l’obbligazione di fare non può adempiersi da un
terzo contro la volontà del creditore, ove questi abbia interesse che sia adempiuta dal
debitore medesimo».
La dottrina dell’epoca aveva avanzato notevoli riserve sul contenuto risultante dal
combinato disposto di tali disposizioni; in particolare la critica riguardava la distinzione
tra terzo interessato e terzo non interessato, nonché la limitazione del divieto di
adempimento del terzo invito creditore alle sole obbligazioni di fare (in tal senso si veda
NICOLÒ, L’adempimento dell’obbligo altrui, cit., pp. 18 ss. e 119 ss.). Le due norme in
esame costituivano riproduzione quasi letterale degli artt. 1236‐1237 del Code Civil, il
quale, a sua volta, recepiva un principio, che aveva ricevuto l’autorevole avallo del
POTHIER, secondo cui, almeno per le obbligazioni di dare, il pagamento a favore del
debitore può farsi da qualsiasi persona.
18
Parla di semplificazione sistematica lo stesso DI MAJO, op. ult. cit., p. 43, nt.6, il quale
osserva come il legislatore del 1942 abbia inteso far risultare la figura dell’adempimento
del terzo in via residuale dal raffronto con altre figure da esso distinte, quali
l’adempimento del fideiussore o del terzo rappresentante.
14
interesse del creditore a che il debitore esegua personalmente la
prestazione
19
.
Per quello che concerne la disciplina, tale diversità va individuata
nella duplice dicotomia ex art. 1238 cod. civ. 1865 tra terzo interessato
e terzo non interessato ad adempiere il debito altrui, e, con riguardo al
terzo interveniente non interessato, tra terzo adempiente in nome
proprio e terzo adempiente nomine alieno. Tale dicotomia costituisce
una riproposizione di quanto previsto dall’art. 1236 Code civil, in cui
si pone ugualmente alla base dell’ammissibilità dell’intervento del
terzo l’esistenza di un interesse giuridicamente rilevante del medesimo
all’adempimento (come ad esempio nel caso del soggetto
coobbligato); mentre si richiede invece al terzo non interessato ad
adempiere la dimostrazione di un vantaggio che dall’adempimento
possa scaturire per il debitore (come avviene nel caso in cui il terzo
adempia in nome di quest’ultimo, ovvero adempia in nome proprio ma
senza alcuna surrogazione nei diritti del creditore
20
).
19
In realtà tale analogia è più apparente che reale; infatti, mentre nell’art. 1239 del cod.
civ. del 1865 la possibilità di rifiuto del creditore all’adempimento da parte di un terzo è
espressamente limitata alle obbligazioni di fare, nell’art. 1180 del codice civile attuale
essa è stata generalizzata a tutte le tipologie di obbligazioni (in realtà già lo stesso
NICOLÒ, op, ult. cit., p. 119 ss., era favorevole ad un suo ampliamento quanto meno alle
obbligazioni di dare, quanto meno nel caso di infungibilità del bene oggetto del diritto di
credito o in presenza degli eventuali limiti subiettivi essenzialmente riguardanti la
persona del creditore e/o del terzo). Per di più la normativa prevista dal codice
previgente non accennava minimamente alla possibilità che la facoltà di rifiuto del
creditore fosse riconnessa ad una preventiva (ed eventuale) opposizione del debitore, a
differenza dell’attuale art. 1180 cod. civ., che mostra in tal guisa di accordare rilevanza
anche all’interesse del debitore contrario all’adempimento da parte di un terzo.
20
In questo senso TURCO, op. ult. cit., il quale riporta il pensiero di DI MAJO, op. ult. cit.,
p. 42, testo e nt. 4.
15
Viceversa l’art. 1180 cod. civ. ha abbandonato la richiamata duplice
dicotomia
21
, e non reca altresì menzione neppure dell’ulteriore
condizione negativa costituita dal necessario difetto della surrogazione
nei diritti del creditore da parte del terzo non interessato e adempiente
in nome proprio
22
; è per l’appunto tale circostanza che consente di
comprendere pienamente l’altrettanto significativa diversità di ratio
dell’attuale normativa rispetto a quella previgente.
Quest’ultima infatti era espressione del principio del favor
debitoris, accolto in via generale dal legislatore del 1865, principio
che imponeva la tutela preminente della posizione debitoria di fronte
al pericolo di un possibile aggravamento di quest’ultima conseguenza
per l’appunto della potenziale surrogazione del terzo non interessato
adempiente in nome proprio (art. 1238, 2° comma, cod. civ. 1865).
Viceversa il legislatore del 1942 ha ridimensionato notevolmente la
portata del principio del favor debitoris, e ha spostato al contrario il
baricentro sulla tutela dell’interesse creditorio
23
(favor creditoris): è
proprio in questa prospettiva che deve collocarsi la già segnalata
operazione di semplificazione della fattispecie dell’adempimento del
terzo operata dall’ art. 1180 cod. civ., soprattutto nella direzione di
eliminare la distinzione tra terzo interessato e terzo non interessato
21
A tal proposito si veda DI MAJO, L’adempimento dell’obbligazione, Bologna, 1998, p.
71.
22
In questo senso TURCO, op. ult. cit., p. 13; osserva DI MAJO, Dell’adempimento in
generale, op. cit., p. 43 nt. 6, che la previsione normativa ex art. 1238, 2° comma cod.
civ. 1865 del divieto di adempimento dl debito altrui da parte dal terzo non interessato
interveniente in nome proprio si spiega considerando che la massima preoccupazione
del legislatore del 1865 era quella di evitare che la posizione del debitore risultasse
aggravata per effetto dell’intervento del terzo.
23
Così DI MAJO, op. ult. cit., p. 43, nt. 6.