1.1 Un autore dimenticato Il caso di Simone Porzio è quantomeno singolare nella storia della
filosofia. Non tanto per il fatto, inevitabile per molti, di essere un
pensatore di secondo piano, di cui si possiede una bibliografia
ridottissima soprattutto riguardo all'analisi delle opere. La cosa curiosa
è che l'irrilevante fortuna critica, risollevatasi in minima parte solo a
partire dal settecento, contrasta con l'enorme prestigio di cui Porzio
godeva in vita come filosofo, medico, docente universitario e
personaggio pubblico 1
.
Infatti, nella continua spola fra Pisa e Napoli che ha caratterizzato la
sua vita, Porzio riuscì a tessere ottimi rapporti sia col Duca di Firenze
Cosimo I Medici, sia col Viceré di Napoli don Pedro di Toledo, e
persino con il pontefice.
Simone Porzio nacque a Napoli nel 1497. Francesco Fiorentino lo
ipotizza formatosi a Pisa; tuttavia non si hanno notizie certe riguardo
alla sua carriera studentesca. Sempre grazie al fondamentale studio di
Fiorentino, sappiamo per certo che egli non fu discepolo di Pietro
Pomponazzi. Lo storico calabrese ha efficacemente confutato la teoria
di certi studiosi settecenteschi, secondo i quali Porzio fu epigono di
1 D ANIELA C ASTELLI , Un bilancio storiografico: il caso Simone Porzio , pp. 163-165.
1
Pomponazzi durante il suo insegnamento a Padova. D'altra parte le
basi di questa ipotesi erano molto deboli; uno dei suoi difensori,
Papadopoli, afferma addirittura di averla ricavata dalla prefazione del
De humana mente di Porzio, ma basta una velocissima lettura
dell'opera per verificare che non c'è nessun riferimento a tal proposito.
Per Fiorentino, è credibile piuttosto che Porzio sia stato allievo di
Agostino Nifo, come si evince da un'espressione presente nel
trattatello psicologico Quaestio num datur sensus agens . In questo
scritto Porzio si rivolge a Nifo (senza per questo risparmiargli una
critica) con il termine "precettore", ossia con un appellativo più
prestigioso di quello di "maestro" che comunemente veniva attribuito
a un'autorità 2
.
Porzio non fu scrittore fecondo. Gran parte delle sue opere fu
pubblicata negli ultimi anni della sua vita, a partire dal 1550, molto
spesso accompagnate dalla traduzione in volgare dell'accademico
Giovan Battista Gelli; prima di questa data, di Porzio fu stampato
pochissimo materiale.
Tuttavia, già dalla sua prima opera, il De amore , traspare
quell'interesse per l'indagine scientifica che caratterizzerà pressoché
tutta la riflessione del filosofo di Napoli. Il testo consiste in un'esegesi
2 FRANCESCO F IORENTINO, Studi e ritratti della Rinascenza , pp. 86-88; vedi anche D.
CASTELLI , I l caso Simone Porzio , pp. 168-169, che afferma come questa ipotesi
del Fiorentino fosse già presente nella revisione storica di Gianni Amenduni.
2
filosofica di un sonetto di Petrarca che ripropone in versi il classico
tema della lotta fra ragione e passioni 3
. Porzio riduce il sonetto a
un'analisi clinica del tema dell'amore, in contrapposizione alla visione
aulica che autori platonici come Marsilio Ficino davano di esso.
L'amore è, dal punto di vista del filosofo naturale, nient'altro che una
passione, un accidente del corpo fisico: in quanto tale, esso è
essenzialmente una concupiscenza di tipo materiale 4
.
Altri due scritti di Porzio, il De conflagratione Agri Puteolani e il De
puella germanica , testimoniano come in Porzio convergano l'interesse
per la realtà fisica e un metodo d'indagine che non prescinde
dall'osservazione sensibile. Il primo testo è una lettera in cui viene
descritto un terremoto nella zona di Pozzuoli al quale Porzio ha
assistito personalmente. Il fascino per le scienze naturali diventa una
vera e propria forma mentis nel De puella germanica . Qui si narra di
un caso di straordinaria resistenza al cibo da parte di una ragazza
tedesca, ma senza alcuna riconduzione all'intervento miracoloso di
Dio. Le cause della sopravvivenza a questa terribile anoressia
risultano razionalmente spiegabili in quanto dovute esclusivamente a
una particolare costituzione fisica della ragazza e all'ambiente esterno.
Viene spontaneo, come ha fatto Vasoli, far derivare questo approccio
3 FRANCESCO P ETRARCA, Il Canzoniere , Sonetto CCXL, pag. 314.
4 CESARE VASOLI, Tra Aristotele, Alessandro di Afrodisia e Juan de Valdés: note su
Simone Porzio , pp. 565-566.
3
scientifico all'evento straordinario dalla conoscenza di Porzio del De
incantationibus di Pomponazzi 5
.
Come ulteriore testimonianza della passione per l'osservazione
naturale, vale la pena di citare una sorta di catalogo incompleto sui
pesci a cui Porzio lavorò negli ultimi anni della sua vita, del quale
conosciamo una sola copia manoscritta, custodita nella Biblioteca
Ambrosiana di Milano. Delle descrizioni ittiche di Porzio, che in
questi confusi appunti univa le proprie osservazioni agli insegnamenti
zoologici di Aristotele e alle testimonianze dei pescatori, fece tesoro il
bolognese Ulisse Aldrovandi, collezionista sfrenato e fondatore della
prima cattedra di scienze naturali all'università di Bologna 6
.
1.2 Le opere fiorentine Come si è accennato, il punto di svolta nella produzione letteraria di
Simone Porzio è il triennio fra il 1550 e il 1552, anno quest'ultimo in
5 Ivi , p. 577: "In ogni caso, in entrambi gli scritti, l'atteggiamento del filosofo
napoletano era chiaro e guidato dall'attenzione di dimostrare che simili eventi
straordinari ed eccezionali erano perfettamente spiegabili secondo le stesse leggi
di natura e non richiedevano alcuna interpretazione di tipo "sovrannaturale" o,
comunque, estranea alla pura analisi razionale. Insomma: la precisa e sicura
dottrina di un physicus e medico che aveva bene appreso la lezione
pomponazziana del De incantationibus ".
6 F. F IORENTINO, Studi e ritratti , pp. 122-126; D. C ASTELLI , Il caso Simone Porzio ,
pp. 170-171; EVA DEL SOLDATO , Un catalogo naufragato: il De piscibus di
Simone Porzio , pp. 154-156.
4
cui viene pubblicata a Firenze gran parte della sua opera, assieme alla
consistente ristampa di opere precedenti e alle relative volgarizzazioni
da parte di Gelli.
Le ottime relazioni che intercorrevano fra il viceré di Napoli e il duca
Cosimo (quest'ultimo aveva sposato Eleonora, figlia di don Pedro)
permisero un nuovo trasferimento di Porzio da Napoli a Pisa, nel
1545, in qualità di insegnante straordinario dello Studio Pisano. Lo
stipendio percepito per tale mansione, come riportato dalle carte
dell'Archivio di Stato di Pisa, era nettamente superiore a quello degli
altri maestri 7
. Per farsi un'idea della fama di cui Porzio godette in vita,
basti pensare che per realizzare il suo trasferimento alla cattedra
pisana fu scomodato persino il papa, visto che, al momento della
chiamata di Cosimo, Porzio si trovava a Roma e Paolo III si opponeva
alla sua partenza.
Cosimo I elaborò un progetto di politica culturale per il Granducato
che nella degradata Pisa fu estesa anche all'ambito universitario. Il
prestigio della Studio venne innalzato dalla convocazione di famosi
maestri da tutta l'Italia, fra cui appunto Porzio che insegnava a Napoli.
In secondo luogo, il duca mediceo chiamò dal Belgio alle sue
dipendenze lo stampatore Lorenzo Torrentino, ai torchi del quale
affidò la stampa di numerose opere che si allineavano ai suoi interessi
7 F. F IORENTINO, Studi e ritratti , p. 95.
5
scientifici o ai suoi programmi politici.
Secondo Fiorentino, non è da escludere che tutte le pubblicazioni
fiorentine di Porzio, contrapposte ai pochissimi testi fin lì editi, siano
state sollecitate dallo stesso Cosimo 8
. Nell'ordine, vengono stampati il
commento allo pseudo-aristotelico De coloribus (questo del 1548), il
trattato De coloribus oculorum , le ristampe del De conflagratione e
del De puella germanica con relative volgarizzazioni del Gelli, l'opera
medico-filosofica De dolore ; ma soprattutto, vedono la luce le due
opere fondamentali della filosofia di Porzio: il De humana mente e
l' An homo bonus vel malus volens fiat .
Dallo scorrere dei titoli emerge nuovamente il prevalente interesse per
gli argomenti scientifici che orienterà Porzio verso una lettura
rigorosamente naturalistica dei testi guida aristotelici, che
verifichiamo applicata sia allo studio delle passioni umane (è il caso
del De dolore ), sia all'analisi dell'anima umana condotta nel De
humana mente .
8 Ivi , p. 134.
6
1.3 Il De humana mente e la Formae orandi Nel 1516 Pomponazzi pubblica il Tractatus de immortalitate animae .
L'opera scatena reazioni violentissime; il testo viene bruciato
pubblicamente a Venezia e verso l'autore fu pronunciata l'accusa di
eresia: tuttavia amicizie importanti evitarono al professore nativo di
Mantova guai ben peggiori. Le vicende della De humana mente
disputatio di Porzio, uscita dalla bottega ducale di Torrentino nel
1551, presentano varie analogie con le peripezie affrontate dal
Tractatus .
Entrambe le opere difendono la stessa conclusione finale, ovvero
l'affermazione della mortalità dell'anima umana; inoltre l'accoglienza
riservata al De humana mente fu tutt'altro che favorevole. Ma le
accuse rivolte a Porzio non si ripercossero sulla sua carriera
universitaria, dato che egli proseguì a insegnare e a pubblicare,
almeno per quel poco di tempo che gli rimaneva prima che la gotta lo
consumasse fino alla morte, nell'agosto del 1554. La figura chiave di
questo trattamento benevolo è senz'altro Cosimo I, che del Porzio non
era un semplice protettore, ma un vero e proprio amico; la relazione
fra i due era confidenziale al punto da estendersi anche alla moglie del
duca, con la quale Porzio era solito corrispondere durante il suo ultimo
7
soggiorno napoletano.
In ogni modo, le polemiche che comunque fecero seguito al De
humana mente suggerirono al Porzio di muoversi in maniera più
oculata, come a suo tempo aveva fatto Pomponazzi. Dopo il putiferio
scoppiato con la stampa del Tractatus , Pomponazzi decise di lasciare
soltanto in forma manoscritta altre due opere dai contenuti pericolosi,
il De incantationibus e il De fato . Con ogni probabilità Porzio fece
tesoro di questa lezione perché del De humana mente non venne fatta
uscire l'edizione in volgare, che pure il Gelli aveva composto come
per le altre opere 9
. E sempre per questo timore di ripercussioni si
spinse oltre. Dopo il De humana mente , sempre nel 1551, esce a
Firenze uno scritto di carattere religioso; ma il dato più rilevante è che
fu data la precedenza editoriale all'edizione di Gelli rispetto al testo
latino di Porzio, che fu stampato soltanto l'anno successivo.
Senz'altro questa decisione ha giovato al Porzio nella diffusione
capillare della sua posizione "ufficiale" dinanzi all'ortodossia cattolica,
che verosimilmente poteva accusarlo di eresia 10
.
Ma allo stesso tempo è possibile cogliere nella Formae orandi
christiana enarratio (questo il titolo latino dell'opera) una vaga
9 C. V ASOLI, Note su Simone Porzio , p. 595. La probabile traduzione del Gelli si
trova in forma manoscritta alla Biblioteca Nazionale di Parigi (vedi E. DEL
S OLDATO , Accademici, Aristotelici ed eretici. Simone Porzio e Giovan Battista
Gelli , p. VIII).
10 F. F IORENTINO, Studi e ritratti , p. 145-146.
8
simpatia di Porzio per certi ambienti riformati come hanno fatto
Vasoli e la Del Soldato 11
. L'allusione è a Juan de Valdés, teologo
castigliano che fu attivo a Napoli proprio nel periodo in cui Porzio
compose l'altra sua opera religiosa, il De coelibatu (1538)
12
.
Quanto al rapporto fra quest'ultima quest'opera – in cui Porzio
predicava l'assoluta castità e astensione dei preti da tutti quei piaceri
carnali che impediscono il retto ministero celeste – e le idee
evangeliche di Valdés non pare esserci discordanza. Le tesi del
castigliano, anti-cattoliche nel loro opporsi al dogmatismo,
condividevano comunque l'esigenza controriformista della
rieducazione morale dei funzionari religiosi.
Riguardo invece alla Formae orandi , analizzerò in seguito quali
concezioni religiose emergono realmente dal testo 13
; ma qualunque
esse fossero, il filosofo napoletano si vide accettata nella pratica la
separazione che egli ribadì fra l'ambito della teologia e quello
filosofico-naturale 14
. Così il cattolico Porzio, dichiaratamente
11 C. V ASOLI, Note su Simone Porzio , pp. 566-568; 600, 601.
12 Secondo la Del Soldato, il 1538 è anche l'anno di stampa di un libello anonimo,
che in realtà è la prima stesura della Formae orandi ( E. D EL SOLDATO , La
preghiera di un alessandrista: i commenti al Pater Noster di Simone Porzio , p.
58 sgg.).
13 Infra , cap. 4.5.
14 È dunque opportuno inserire anche la Formae orandi come rientrante,
nonostante la sua diversità di contenuto, in quel blocco unico di opere fiorentine
che Vasoli ha così descritto ( C. V ASOLI, Note su Simone Porzio , p. 583): "La
successione di queste edizioni, così concentrate nel breve spazio di cinque anni,
sembra insomma procedere con oculata misura da operette che trattavano di
particolari fenomeni fisici e di singolari "curiosità" fisiologiche a scritti di
tutt'altro carattere che affrontavano quistioni filosofiche di grande rilevanza e le
9
sottomesso alla verità religiosa, era libero di portare avanti le sue
indagini naturalistiche, che portarono alla pubblicazione, a Napoli nel
1553, del De rerum naturalium principiis : ancora una volta il filosofo
napoletano ripropone la validità dal punto di vista filosofico di
concetti come l'eternità della materia, distinguendo l'indagine che
poggia su premesse aristoteliche dalla dogmatica rivelata, di per sé
vera.
1.4 Tratti salienti della ricerca di Porzio Dalla necessaria e netta scissione di teologia e filosofia, nasce
l'interesse per le scienze della natura (biologia, fisica, anatomia) e per
i loro principi, che è caratteristica centrale del pensiero di Porzio.
Il suo metodo di ricerca non faceva a meno del commento averroistico
di Aristotele e, dato questo più particolare, degli originali greci;
Questa condotta non entusiasmava i suoi studenti universitari, ma
senz'altro gli permettevano una profondità di comprensione superiore
del pensiero di Aristotele 15
. Un'altra pratica comune del napoletano era
proponevano e risolvevano secondo i principi e le conclusioni della tradizione
aristotelica "radicale" che, anche nello Studio Pisano, continuò a imporsi fino
alla fine del secolo".
15 F. F IORENTINO, Studi e ritratti , p. 116-117.
10
l'accostamento di più fonti, pubblicazioni o manoscritti che fossero,
per correggerne gli eventuali errori; nel De humana mente ad esempio,
riguardo alla tesi di un intelletto divino ed eterno, Porzio scrive:
Queste parole, che piacquero a Filopono e ad altri, rivestono grande peso per
stabilire l'eternità dell'intelletto. Ma prima di proseguire, è lecito sapere che
il testo non si legge in un senso solo. Infatti un antichissimo codice
manoscritto reca le parole oude vous eoikon eggignestai ovvero: l'intelletto
non sembra essere nato, essendo una certa sostanza. Come abbiamo detto
sopra, il codice manoscritto risulta più vero in questo senso: dopo aver
affermato che l'anima non si muove né si altera, pare negare che essa non
nasca né si corrompa, come se la seconda negazione presupponga la prima 16
.
È grazie a questa sua abilità filologica che Porzio, al confronto di due
codici manoscritti con una stampa incompleta del De coloribus ,
avanzò il sospetto (confermato poi dalla storiografia moderna) che lo
scritto non fosse un originale di Aristotele, ma fosse piuttosto opera di
Teofrasto 17
.
Dalla passione per le fonti originali, rafforzata dall'ottima conoscenza
del greco, deriva un gusto per le traduzioni eleganti e una predilezione
16 S IMONIS P ORTII De humana mente disputatio , cap. XII, p. 58: " Haec verba, ut
Philopono et aliis placuit, magnum habent momentum ad aeternitatem
intellectus construendam; sed priusquam progrediamur, scire licet literam non
uno modo legi. Nam, antiquissimus codex manu scriptus habet, oude vous eoikon
eggignestai, id est neque intellectus videtur innasci substantia quaedam existens.
Codex impressus ita, ut superius recitavimus, et manu scriptus verior videtur,
hoc sensu, quod cum declarasset animam non moveri, nec alterari, videatur
negare ipsam non innasci, neque corrumpi, quasi secunda negatio priorem
supponat ".
17 F. F IORENTINO, Studi e ritratti , p. 128.
11
per gli interpreti greci e arabi. Gli autori in lingua latina vengono
screditati, come se la loro ignoranza della lingua di Aristotele fosse un
limite invalicabile che preclude a questo "gregge" l'accesso al vero
significato dei detti dello Stagirita 18
.
L'esegesi di Porzio, almeno quella psicologica, si basa esclusivamente
sui passi di Aristotele. Non c'è nessuna allusione a certe dottrine
antiche che potevano allinearsi alla mortalità dell'anima (si pensi al
naturalismo di Democrito e Empedocle o alla dottrina epicurea), ma
soprattutto Porzio respinge senza tutte quelle storpiature che la
scolastica latina ha preso in prestito dalla religione cristiana o da
quell'autorità filosofica che al Cristianesimo maggiormente si
avvicina, ossia Platone.
18 S IMONIS P ORTII De humana mente , dedica a Mariano Savelli, pp. 3-4.
12