null 80 null
CAPITOLO 1nullMIIKE TAKASHI
“È un canto. Il cinema di Miike Takashi è
coerente fin dalla sua prima opera.
Egli continua a cantare la medesima canzone”
Shiota Tokitoshi
1.1 Miike Takashi
Miike Takashi è nato a Osaka nel 1960 nel distretto di Kawachi dove è cresciuto, area
abitata prevalentemente dalla classe operaia dell’epoca. La disomogeneità multiculturale di
questa classe contrastava nettamente con la tipica immagine che si ha del Giappone come
società compatta di salarymen. Suo padre era un saldatore e sua madre una ricamatrice.
Quella della carriera di regista non è stata la sua prima scelta nella vita; Miike era un grande
appassionato di pachinko, motociclette e musica rock; desiderava diventare un cantante. Dopo
il diploma di scuola superiore l’aspirazione di Miike non era certo quella di trovare un lavoro
a tempo pieno; così decise che il miglior modo per andarsene di casa senza fare nulla e
guadagnare tempo era iscriversi alla Yokohama Eiga Senmon Gakkō (Scuola di Cinema e
Televisione di Yokohama) scuola che smise di frequentare dopo il primo anno di lezioni. Un
giorno, mentre gli altri studenti erano tutti impegnati nella realizzazione della loro tesi, un
dipendente della scuola fu contattato da un ex studente che lavorava come aiuto regista per un
film molto impegnativo, chiedendogli se conoscesse qualche studente disposto a dare una
mano per una paga minima. Iniziarono così gli anni di apprendistato di Miike Takashi.
1
1
DARIO TOMASI, Anime perdute il cinema di Miike Takashi, il castoro, Torino,2006, p.174
null 81 null
1.2 I primi anni
Nei primi anni della sua carriera, Miike Takashi lavorò come aiuto regista per tre
importanti autori: Imamura Shōei, Kuroki Kazuo e Onchi Hideo. Di loro Miike dice che
“ognuno ha una differente matrice registica, persino lo stesso modo di concepire il film, di
dirigere gli attori, le motivazioni di base e il ritmo di progressione sono del tutto diverse”.
2
Di
conseguenza, Miike Takashi ha imparato qualcosa da ciascuno di questi maestri, ma in
particolare “il modo di rapportarmi all’altra gente”.
3
Nel 1991 ottenne finalmente il suo primo
lavoro come regista per un film d’azione destinato al mercato dell’Home Video dal titolo
Toppu! Minipato tai – Aikyacchi jankushon (Eyecatch junction). Nei quindici anni successivi
dirigerà più di cinquanta film, la maggior parte dei quali produzioni a basso budget e poco
distribuiti in Giappone, ma che fecero di Miike Takashi un cult all’estero per il suo approccio
estremo a generi inconsueti.
4
Proprio nel 1991, anno del debutto di Miike Takashi, i film destinati al mercato video
iniziarono a imperversare, proprio in concomitanza con la diminuzione della frequentazione
delle sale da parte del pubblico. Alla fine degli anni Ottanta, infatti, lo studio system
tradizionale stava scomparendo a causa dell’introduzione di nuove attività per il tempo libero,
la televisione in primis. Per la realizzazione di questo nuovo tipo di film, ingaggiare registi e
attori ben affermati era ormai fuori discussione. I produttori si concentrarono quindi su
personalità ignote, che gravitavano ai margini dell’industria cinematografica. Uno di questi
era Miike Takashi. Il film che lo rivelò definitivamente al di fuori del Giappone fu Gokudō
sengokushi Fudō – Fudoh: the new generation (1996); nello stesso anno il regista iniziò a
dirigere molti film mischiando vari formati e generi e girando sequenze splatter anche nei
2
MARIA ROBERTA NOVIELLI, Intervista a Miike Takashi, Ottobre 1999
3
Ibid.
4
MARK SCHILLING, Storia di un uomo tranquillo.Sull’autobiografia di un regista. In Anime perdute.Il
cinema di Miike Takashi, a cura di Dario Tomasi, Torino, Il castoro,2006,p.23null24
null 82 null
film non horror, specializzandosi nel genere yakuzanullfilm che raccontavano di vecchi yakuza
ormai stanchi che si vedevano soppiantati da nuove generazioni, di vendette, di lotte fra gang
etc.
1.3 Il successo
Dopo i primi anni di esperienza come aiuto regista e il periodo dell’ original video, il
successo arrivò soprattutto negli anni in cui uscirono i film Dead or Alive, Audition e MPD
psycho e grazie ai quali il regista venne definitivamente conosciuto in tutto il mondo come
autore estremo e provocatorio. A questo proposito scrive Dario Tomasi nel suo libro “Anime
perdute. Il cinema di Miike Takashi”:
Quale più quale meno, i film di Miike sono comunque sempre
attraversati da eccessi iconici strettamente connessi agli eccessi
narrativi che li contrassegnano. Oltre a garantire la spettacolarità del
suo cinema, tali eccessi iconici ne costituiscono anche una “cifra”,
svelandone la dimensione fortemente autoreferenziale: quello di Miike
è un meta cinema allo stato puro. L’eccesso iconico interrompe i modi
della fruizione passiva introducendo uno scarto che genera una presa
di coscienza del carattere di finzione e di ciò che avviene sullo
schermo. Come si diverte con i generi, Miike si diverte giocando con
lo spettatore invitandolo a partecipare al gioco.
5
Nel 2001 Miike Takashi diresse altri film destinati a diventare celebri fra cui
Katakurike no kōfuku null The happines of the Katakuris, una contaminazione di generi tra cui
horror, commedia e musical; Visitor Q, commedia drammatica su una famiglia giapponese
(per i temi trattati è considerato uno dei film più controversi); Agitator e Ichi the killer
quest’ultimo splatter tratto dall’ omonimo manga di Yamamoto Hideo. Nel 2003 è la volta di
5
DARIO TOMASI, Anime perdute il cinema di Miike Takashi, il castoro, Torino,2006
null 83 null
Gozu film grottesco realizzato in quindici giorni per l’original video, mentre fra il 2004 e il
2005 gira, tra gli altri, Izo e Sukiyaki Western Django. Infine, negli ultimi anni Miike ha
realizzato Crows –Episode 0 tratto dal manga Crows di Takahashi Hiroshi, sul tema di piccole
bande di ragazzi in contrasto fra loro, titolo che è giunto in vetta al botteghino; Yatterman,
pellicola di azione fantasy carica di effetti creati con il computer graphics, basata
sull’omonimo anime del 1977; infine Kamisama no pazuru, film di fantascienza di cui
parleremo più approfonditamente nel corso di questo lavoro.
Spesso ospite di festival internazionali, con il suo cinema da poco oggetto di studi
critici, articoli e monografie, Miike ha saputo ritagliarsi un personalissimo e inatteso status di
autore. L’etichetta di cineasta estremo non esprime in maniera adeguata la portata e la
complessità del suo lavoro. La tensione verso gli estremi, pur essendo un’innegabile
peculiarità della sua arte, se considerata in termini assoluti può rappresentare un limite
invalicabile ai fini di un inquadramento storiconullar tistico soddisfacente, benché molti spettatori
nutrano una legittima riluttanza di fronte all’esplicita rappresentazione della violenza. La
singolarità del soggetto richiede una contestualizzazione più ampia che non si fermi di fronte
alle apparenze e tenga in considerazione l’intero arco di una carriera profilica e multiforme,
per far emergere il valore e la complessità di un autore inusuale come Miike Takashi.
1.4 Che cosa è cambiato? E cosa no? Kamisama no pazuru.
Miike Takashi all’inizio del nuovo millennio aveva suscitato l’interesse di milioni di
persone con i suoi film yakuza e horror a basso budget, ma quell’era è ormai passata.
Recentemente si vocifera che Miike Takashi preferisca puntare a un pubblico come quello
mattutino composto da famiglie e adolescenti piuttosto che a maniaci di film horror e splatter,
con film ad alto budget come Zebraman o The Great Yokai War. Il critico Tom Mes sostiene
null 84 null
che non sia Miike a essere cambiato, bensì l’industria che lo circonda.
6
Ormai non ci sarebbe
più posto per il genere a basso budget che ha imperversato nella decade precedente, anche a
causa della scomparsa del mercato video che ne era “culla”.
Per questo motivo, Miike Takashi ha scelto di andare avanti alternando pellicole che
possono essere definite “marginali” a film per il botteghino. Ma nonostante questo, la sua
vena stilistica non è cambiata: Miike continua a girare film con le stesse tematiche, raccontate
in modi sempre diversi e originali. In Kamisama no pazuru, ad esempio, si possono
certamente riconoscere l’ossessione per la creazione, per l’annichilimento e per il significato
della vita che si potevano già intuire nelle domande “dove sono?”, “ cosa sto facendo?” che si
potevano trovare in Dead or Alive 2, Izo e Big Bang love Juvenile A.
Kamisama no pazuru è un film tratto dall’omonimo romanzo di Kimoto Shinji.
Kadokawa Haruki, uno dei produttori, ha detto di aver avuto l’idea per questo film nel 2003
mentre si trovava in prigione a causa di problemi di droga. Racconta che gli apparvero delle
visioni e che la sua anima volò in alto in cielo. Questa esperienza extracorporea, che lo ha
incuriosito riguardo l’origine dell’universo, lo ha spinto a leggere il romanzo di Kimoto. Da
qui, poi, l’ispirazione per la realizzazione del film, scegliendo in seguito di affidarne la regia a
Miike Takashi e la sceneggiatura a uno dei più fidati collaboratori di Miike, Nakamura Masa.
Miike, dal canto suo, ha sempre richiesto sacrifici al suo pubblico e Kamisama no pazuru non
fa eccezione, considerando il fatto che gran parte del film implica lunghe discussioni riguardo
le leggi della fisica e la creazione dell’universo. Sta di fatto, comunque, che Kamisama no
pazuru prescinde dalla sceneggiatura originale. A detta dell’attrice conullprotagonista Tanimura
Mizuki (nel ruolo di Saraka nel film), in una sua intervista rilasciata per “Cinema
Comin’Soon”, “ [per Miike Takashi] il copione praticamente non esisteva”
7
. Infatti, il regista
preferiva che gli attori cercassero di improvvisare il più possibile i dialoghi, come spesso
accade per i suoi film:
6
MES TOM, A Midnight Eye review: God’s puzzle, 2008
7
CINEMA COMIN’ SOON, Mizuki Tanimura intabiuu, 2008
null 85 null
Io rispetto gli sceneggiatori come scrittori, e considero una
sceneggiatura come un’opera indipendente. Non è che uno strumento
che serve per realizzare un film. Dopo di che, io la interpreto a modo
mio. Ci dividiamo il lavoro seguendo questo tacito accordo. Ma anche
i casi in cui dico: «cos’è questa sceneggiatura? Robaccia!» sono molto
divertenti. L’adrenalina scorre a fiumi.
8
E ancora:
In Giappone di norma non si compone uno storyboard, tutto è
solo racchiuso in mente. Quindi, un’identica frase può sortire effetti
differenti a seconda della persona che la interpreti, di come uno decide
di leggere il testo. Ci sono degli aspetti che fino all’ultimo momento
non rendo noti neanche allo staff o al produttore. Non è che io cambi
di colpo la sceneggiatura iniziale, ma mi capita a volte di scivolare via
dalle righe del testo. In un certo senso, decido di scena in scena, è per
questo che capita anche che nessuno sul set sappia quale sarà il
risultato finale. Ma non credo che questo sia male.
9
Del resto, sono molti i cineasti che negano l’importanza o la specificità della
sceneggiatura. Questo perché la sceneggiatura, scrive Vanoye, è un “oggetto «cattivo» perché
transitorio, privo di futuro o, come diceva Pasolini, “una struttura che vuole essere un’altra
struttura”,
10
“non è concepita per durare, ma per cancellarsi, diventare altro”.
11
8
DARIO TOMASI, Anime perdute il cinema di Miike Takashi, il castoro, Torino,2006, p.179
9
MARIA ROBERTA NOVIELLI, Intervista a Miike Takashi, in Noir in Festival 1999, Catalogo Festival
Courmayeur,Roma,1999
10
PASOLINI Pier Paolo, La sceneggiatura come struttura che vuole essere un’altra struttura, in Empirismo
eretico,Garzanti,Milano 1972
11
BONITZER JeannullClaude CerrièrenullPascal, Exercice du scénario,Femis, Paris,1990
null 86 null
1.5 Kamisama no pazurunullTrama
Motokazu è un ragazzo che lavora in un ristorante di sushi con una spiccata passione
per il rock (vorrebbe infatti diventare un famoso musicista) e ha un fratello gemello che studia
all’università al dipartimento di fisica, Yoshikazu. I due sono completamente identici per
quanto concerne l’aspetto fisico ma diametralmente opposti per quanto riguarda il carattere.
Un giorno, una compagna di corso di Yoshikazu, che aveva prenotato un viaggio con un
amico per un’isola della Thailandia, chiede a Yoshikazu se vuole accompagnarla perché il suo
amico non può più venire e il viaggio non può essere cancellato. Yoshikazu non se lo fa
ripetere due volte e convoca il gemello Motokazu per chiedergli di sostituirlo durante le
lezioni per la durata del suo viaggio. Motokazu accetta, anche se riluttante, soprattutto perché
in questo modo potrà conoscere meglio Shiratori, una ragazza alla quale sembra essere
parecchio interessato. Così, il giorno seguente, mentre il fratello è in volo per la Thailandia,
Motokazu si reca all’università con l’intento di sostituire Yoshikazu. Ma dopo un paio di
lezioni fa amicizia con Hashizune, una persona anziana che ha ripreso a frequentare
l’università e che si definisce un “uditore”. Hashizune gli pone il problema della possibilità
che l’universo possa essere creato dagli uomini e non solo da Dio. Nel bel mezzo della
discussione, la professoressa, la bella e brillante signorina Hatomura, intercetta Motokazu e
una volta nel suo ufficio gli chiede di andare a fare visita a una studentessa, che da un po’ di
tempo ha smesso di frequentare le lezioni, il solitario e precoce genio di soli 17 anni Omizu
Saraka e di cercare di convincerla a tornare a lezione. Motokazu si reca a casa della ragazza e
cerca di persuaderla a tornare, senza molto successo, fino a quando Motokazu non le rivela,
inventandolo sul momento, che ha intenzione di portare come tema per il seminario di fisica
“la nascita dell’universo”. Saraka lo lascia andare via senza dire se farà ritorno o meno, ma il
giorno dopo si presenta al seminario. A Saraka e a Motokazu viene così affidato il progetto di
cercare di scoprire se l’universo possa essere ricreato o meno dagli esseri umani. La ragazza
null 87 null
comincia a diventare progressivamente sempre più ossessionata da questo problema fino a
quando decide di tentare l’impresa e di usare “Mugen”, un acceleratore di particelle frutto di
un suo progetto in Giappone, per cercare di ricreare da sola il momento della nascita
dell’universo. Sarà compito di Motokazu cercare di fermarla.
1.6 Le tematiche di Miike Takashi e quelle presenti in Kamisama no pazuru
Se è vero che la maggior parte dei lavori di Miike Takashi sembrano a un primo
sguardo essere facilmente ascrivibili a un genere specifico, horror o yakuza che sia, è anche
vero che raramente questo insieme di canoni viene rispettato con fedeltà, anzi nei film tipici
del regista non è insolito trovare elementi appartenenti a più generi. Miike sostiene, infatti, di
non curarsi minimamente del genere e che quando gira un film stia agli altri decidere a quale
categoria esso appartenga.
12
Dead or Alive, per esempio, potrebbe sembrare un film sulla
yakuza mentre, a un occhio più attento, ricorda più il genere fantascientifico piuttosto che
quello gangsteristico. Discorso analogo per un film come Audition, che mischia l’horror con il
sentimentale, e Tennen shōjo un, ibrido fra sentimentale, horror, arti marziali e commedia. Se
un regista come Miike Takashi, non è legato a un determinato genere, allora è libero di
inserirvi qualsiasi tipo di elemento egli voglia, creando così quella combinazione di cui si è
accennato: la presenza di questi elementi è il risultato del processo creativo, non la sua
premessa. Nei film di Miike Takashi, dunque, la determinazione di un genere è una sorta di
facciata, di maschera sotto la quale si possono nascondere tematiche ricorrenti, spesso
collegabili a esperienze vicine al regista, interconnesse tra loro come parte di un unico
processo.
Tom Mes, nel suo libro AgitatornullThe cinema of Miike Takashi, suddivide questo
processo in sei fasi tematiche, partendo da una superficie fatta di violenza e eccesso per
12
MES Tom, Agitator.The cinema of Takashi Miike.Fab,Godalming, 2004,p.21
null 88 null
arrivare a tematiche più profonde legate all’intimo. Queste tematiche sono sempre presenti nei
film di Miike in misura maggiore o minore, e anche se alcuni film ne tralasciano alcune, si
possono sempre individuare le altre. Parecchi studiosi come Shiota Tokitoshi, Abe Kasho e
Zeze Takahisa o Aaron Gerow hanno scritto saggi cercando di definirle. Si tratta delle
seguenti:
• L’individuo senza radici
• L’outcast/il reietto
• La ricerca della felicità
• La nostalgia
• L’unità familiare
• La violenza
Riassumendo brevemente, una delle caratteristiche fondamentali dei personaggi
miikeani è la mancanza di radici. L’individuo senza radici si trova a cavallo fra due realtà,
senza appartenere a nessuna, e quindi l’inevitabile conseguenza è la perdita d’identità. Essere
senza radici spinge il personaggio a diventare un reietto, un elemento non integrato nella
società in cui vive e da essa rifiutato.Ciò spinge il personaggio alla ricerca della felicità. Nei
film miikeani questa ricerca è rappresentata in vari modi, ma la più gettonata dal regista è
quella del tentativo di fuga dall’ambiente in cui si vive.
L’infanzia è vista in contrapposizione all’età adulta; il personaggio tipico miikeano, è
un reietto alla ricerca della felicità, si rifugia nei ricordi infantili. Sempre allo scopo di
ricercare la felicità, i personaggi tendono a riunirsi in gruppo con altri soggetti che si trovano
nella stessa condizione di reietti. Il gruppo finisce con l’essere un surrogato del nucleo
familiare, con un legame estremamente esile che lo unisce perché nato da un’unione di
convenienza e caratterizzato dall’instabilità emotiva o sociale.
La violenza è la patina che ricopre il tutto. Essa è il risultato, non la causa, è una sorta
di contenitore al cui interno si trovano le altre tematiche. In alcuni film, tuttavia, questa patina
null 89 null
non si è resa necessaria, come nel caso di Chūgoku no chōjin null The bird people of China,
Andromedia o in Kamisama no pazuru, per tanto non tratteremo questo argomento con
particolare rilievo. A questo punto è interessante notare come Miike Takashi possa essere
considerato alla stregua di un autore con tematiche e stile precisi.
Inoltre, oltre alle sei tematiche tipiche indicate da Tom Mes, spesso nei film di Miike
sono ricorrenti anche il tema della nascita e del parto, quello del rapporto gerarchico tra uomo
e donna e del contrasto fra spazi aperti e spazi chiusi. Tutte tematiche con fondo
autobiografico.
null 90 null
CAPITOLO 2null LA TRAnullSnullAZIOnullALITÁ E IL REIETTO
“You try to get along with others inside the circle and ignore those who are outside it.
That’s the japanese way.
The weakness of this society is that it has no real connection with the outside word.”
1
In questo capitolo e in quelli successivi procederemo a spiegare meglio le tematiche di
cui si è parlato nel capitolo 1 paragrafo 1.6, limitandoci però a quelle che sono presenti nel
film che intendiamo analizzare e tralasciando le altre.
2.1 La società giapponese e l’ “altro”
Come altre culture asiatiche, il Giappone viene etichettato da parte dell’occidente
come luogo “altro” ,e se ne rimarcano le differenze con l’occidente, soprattutto l’omogeneità
di classi, di cultura e di etnia. Sembra inoltre che gli occidentali si sentano obbligati a parlare
dell’ unicità dei giapponesi. A causa di questa idea limitata, però, spesso l’estrema
abbondanza delle diversità che si possono trovare nel paese non viene considerata. Infatti,
secondo Smith, “l’immagine dominante del Giappone è quella di una società senza classi e
conflitti e priva di distinzioni individuali.”
2
Takashi Miike, invece, presenta al suo pubblico un Giappone diviso da conflitti etnici
e sociali. I suoi film mostrano una società che ha tante differenze quanti sono gli individui, i
quali possono distinguersi per opinioni, stili di vita, storia.
1
“Juzo Itami” ,SCHILLING Mark,Contemporary japanese film, Weatherill,New York,1999
2
SMITH Herman W. The myth of japanese homogenity, St.Louis: Nova science publisher, 1995
null 91 null
Il nullihonjinron, ovvero “le teorie riguardo ai giapponesi” , è un movimento nato nel
1970, sebbene le sue radici possano essere ricondotte anche a periodi precedenti della storia
giapponese. Questo modo di concepire la cultura giapponese mostra come quest’ ultima possa
alienarsi da chi non ne fa parte. Il fulcro del nullihonjinron consiste nel nazionalismo culturale,
un movimento teso a “rigenerare la comunità nazionale creando e preservando un’identità
culturale quando questa fosse mancante, inadeguata o minacciata.”
3
Seguendo questo principio
tutti i giapponesi condividono comportamenti simili che non sono riscontrabili in altre parti
del mondo. Questo atteggiamento porta a un’identificazione positiva del “noi” e a
un’identificazione negativa di “essi”, basate su una percezione di immutabile differenza fra i
giapponesi e tutti gli altri.
L’idea di uchi (dentro) e soto (fuori) sono concetti importanti per i giapponesi,
soprattutto in fase di crescita. Ai bambini viene insegnato di associare il “fuori” con il
“pericolo e la paura” concetto che pone le basi per la discriminazione verso coloro che sono
diversi dalla “norma”.
I film di Miike Takashi, al contrario fanno da contrappunto all’idea dell’omogeneità
giapponese, dimostrando che la società nipponica è composta da individui che differiscono
significativamente tra loro nell’etnia e nella filosofia di vita, e che la società pone questi
individui in ruoli marginali, rendendo per loro impossibile avanzare al suo interno. Mostrando
la situazione di questi emarginati, Miike critica la struttura sociale del Giappone moderno.
Non solo Miike stigmatizza la maggioranza, ma dimostra come anche i sottoinsiemi della
stessa, come nel caso degli yakuza, utilizzino lo stesso tipo di gerarchia; quindi, anche nei
grandi gruppi di reietti gli emarginati non possono trovare posto.
3
YOSHINO Kosaku, Cultural nationalism in contemporary Japan, routledge,London 1992
null 92 null
2.2 La Transnazionalità
Uno degli elementi principali nei film di Miike Takashi è, come abbiamo detto, il tema
della transnazionalità, dell’essere senza dimora e della liminalità. Il regista Zeze Takagisa fa
notare come i lavori del collega siano caratterizzati da “ una mancanza di centro”,
dall’“erranza” e dal “sangue misto”. Storie di gente senza centro che vive in luoghi senza
centro
4
.
Il critico Aaron Gerow suggerisce che il cinema di Miike Takashi sia transnazionale
innanzi tutto perché lavori come Rainy Dog(1996), The bird people of China (1998) e The
guys from paradise (2001) sono tutti girati all’estero, con l’ausilio di attori e collaboratori
stranieri. Questi “forestieri”, continua Gerow, entrano nella sfera giapponese soprattutto nella
Shinjuku di Shinjuku kuroshakai: Chaina mafia sensō null Shinjuku Triad society (1995), nullihon
kuroshakai null Ley Lines (1999) e Hyōryūgai null The city of lost souls (2000), cioè quartiere
brulicante di persone di tutte le razze e nazionalità.
5
Questi personaggi sono persone che
vivono la loro esistenza in bilico fra due elementi, sono senza radici e non appartengono né a
uno stato né all’altro (chūkansei) . Il critico Tom Mes indica cinque tipologie di mancanza di
radici.
6
I personaggi miikeani possono sentire la mancanza di radici etniche, culturali o
nazionali. Ciò significa che hanno perso il loro paese natale e virtualmente non hanno una
patria. L’esempio più lampante sono i protagonisti di Dead or Alive e Shinjuku Triad Society:
essi sono i cosiddetti zanryu koji ovvero bambini nati in Giappone da genitori di origine
giapponese, i quali però sono nati e vissuti all’estero. Questi bambini, poichè sono nati in
famiglie con alle spalle generazioni di parenti che hanno vissuto all’estero, crescono senza un
4
ZEZE Takahisa, La quarta tesi di Miike Takashi, in Kinema Jumpo, 15 giugno 1998, n 1258, p.58
5
GEROW Aaron, Stile senza dimora e tristezza di un cineasta, in Anime perdutenullil cinema di Miike Takashi a
cura di Dario Tomasi, il castoro,Torino,2006,p.62null6 3
6
MES Tom, Agitator.The cinema of Takashi Miike, Fab, Godalming, 2004