Capitolo I
“La formula franchising”
1.1 Cos’è il franchising
In un mercato complesso, dinamico e in continua evoluzione come quello turistico,
un’impresa che vuole operare nel settore deve avviare strategie finalizzate
all’inserimento e alla successiva affermazione nei mercati. Tutto ciò necessita di tempi
non brevi e di mezzi adeguati. La crescita dimensionale può essere attuata secondo
modalità “interne” o “esterne”. Nel primo caso lo sviluppo si basa sull’accrescimento
graduale delle strutture produttive, commerciali, di ricerca, perseguite per linee interne
alla stessa impresa; nel secondo caso la crescita dimensionale è realizzata con strumenti
di tipo integrativo o cooperativo, che coinvolgono strutture aziendali prima “esterne”
all’impresa. Le forme di sviluppo di tipo integrativo sono caratterizzate da “legami
forti” cui vengono a soggiacere le imprese oggetto della crescita, ne sono un esempio
processi di fusione o di acquisizione. Nelle forme di crescita di tipo cooperativo, invece,
la caratteristica è la presenza di “legami più deboli” fra le imprese, le quali, di
conseguenza, finiscono per mantenere un notevole grado di autonomia e di
indipendenza operativa. Il fenomeno cooperativo è una realtà ben presente nel settore
turistico e il franchising rientra proprio in questa categoria.
Per l’Associazione italiana del franchising, che riprende la definizione data
dall’International Franchising Association (associazione professionale dei franchisor
americani), il franchising è una forma di collaborazione continuativa per la distribuzione
di beni o servizi fra un imprenditore (franchisor o affiliante) ed uno o più imprenditori
(franchisee o affiliato), giuridicamente ed economicamente indipendenti l’uno dall’altro,
che stipulano un apposito contratto attraverso il quale:
a) il franchisor concede al franchisee l’utilizzazione della propria formula
commerciale comprensiva del diritto di sfruttare il suo know-how ed i propri
segni distintivi (nome, marchio, insegna) unitamente ad altre prestazioni e forme
di assistenza atte a consentire al franchisee la gestione della propria attività con
la medesima immagine del franchisor;
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b) il franchisee si impegna a far propria la politica commerciale del franchisor,
nell’interesse reciproco delle parti medesime e del consumatore finale, nonché a
rispettare le condizioni contrattuali liberamente pattuite.
Al franchisor la formula consente l’acquisizione dell’indiscutibile vantaggio di avere
una crescita più veloce rispetto ad uno sviluppo tradizionale, soprattutto in termini di
territorio e con minori investimenti rispetto a quelli richiesti per la costituzione di una
rete di proprietà
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, mentre al franchisee offre l’opportunità di far nascere già “grande” la
propria impresa. Colui che diventa affiliato di un marchio affermato, avvia un’attività
che ha già dimostrato di poter affrontare con successo la selezione del mercato, che è
allenata a confrontarsi quotidianamente con i concorrenti e che si è fatta apprezzare per
qualità dai clienti. Il franchising rappresenta, per questa ragione, una delle forme più
interessanti sviluppatesi negli ultimi anni per “fare impresa” nel settore del commercio e
dei servizi.
1.2. Le origini della fortunata formula commerciale
Le origini del franchising si fanno risalire all’inventore della macchina da cucire, Isaac
Singer (USA 1850), il quale concesse il diritto di vendere in esclusiva le sue macchine,
in varie aree geografiche, facendo pagare ai diversi soggetti “tasse di licenza” (licensing
fees) con l’impegno, da parte di quest’ultimi, di istruire e assistere i clienti. Con la
creazione di questo inedito rapporto commerciale e la conseguente realizzazione di una
rete di distribuzione, Singer potè reperire il capitale necessario per la massiccia
produzione di macchine da cucire e superare la diffidenza dei consumatori di fronte alla
complessità del meccanismo tecnico. In seguito, altre grandi industrie cercarono di
sfruttare questa formula, come per esempio la General Motors (1898) e la Coca Cola
(1899). Essa, infatti, consentiva di coprire grandi aree commerciali in modo rapido ed
efficace realizzando un’efficiente integrazione fra produzione e distribuzione, poiché in
primo piano, venivano a porsi i diritti di esclusiva ceduti dal detentore dell'invenzione
1
Rete di proprietà: strategia di sviluppo che avviene per linee interne tramite l’espansione della propria
rete (apertura di nuove agenzie e assunzione di personale proprio) attraverso acquisizioni o fusioni con
altri operatori presenti sul mercato o tramite un contratto di associazione in partecipazione. Con questo
tipo di contratto l’associante (casa madre) allestisce un punto vendita a se intestato e, a fronte del
versamento di un determinato corrispettivo, lo affida in gestione all’associato che presta la propria opera
come libero imprenditore e partecipa agli utili della filiale. Da specificare che questo contratto è ben
diverso, nella forma e nella sostanza, da quello di franchising in quanto l’associato non sarà né titolare né
socio dell’impresa.
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ad una serie di imprenditori addetti alla vendita. Il primo esempio europeo lo troviamo
in terra francese nel lanificio di Roubaix nel quale si decise di dar vita alla prima grande
distribuzione di magazzini specializzati nella vendita di lane da lavorare a mano con
l’obiettivo del rapido smaltimento della produzione di filati effettuato dallo stabilimento
stesso. Questo avveniva attraverso un numero di dettaglianti indipendenti, associati
attraverso contratto, che avevano l’esclusività del marchio in una zona territoriale ben
definita (di fatto un contratto di franchising). In Italia una delle pioniere è stata la
Buffetti S.p.A. fondata nel 1852, che ha trasformato le vecchi concessioni di vendita
esclusiva in veri e propri contratti di franchising, trasferendo presso i punti vendita
(1000 in Italia) tutto il proprio know-how e l’assistenza necessari. Ma la data ufficiale
della nascita in Italia del franchising è il 18 settembre 1970, con l’inaugurazione del
primo punto vendita Gamma
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a Fiorenzuola d’Arda (PC), nel 1978 veniva fondata la
Assofranchising italiana con 15 soci affiliati
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e nel 1984/’85 la Camera di Commercio di
Milano affida al Cesdit il primo studio sul franchising in Italia
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.
Il moderno franchising si diffuse soprattutto a partire dagli anni ’30, anni in cui la
formula venne anche applicata al settore dei servizi. Il primo caso lo si ebbe negli USA
con la catena di ristoranti e poi hotel <<Howard Johnson>> nel 1935, seguito da Mc
Donald’s nel 1955 e Holiday Inn nel 1956. Quindi, il franchising si afferma, si modella
e si trasforma nella realtà economica statunitense, della quale appare come significativa
espressione. Le imprese di servizi, specie nel settore dell’ospitalità e della ristorazione,
diversificate fino a quel momento solo in relazione al target degli utenti ed alla fascia di
prezzo (e correlativamente a numero e qualità dei servizi), si aprono a nuovi criteri di
qualificazione, nei quali diventa centrale l’originalità della <<formula>> contenuta in
un simbolo di immediata percezione per il pubblico, il <<il logo>>, che esprime in
modo immediato una ben definita tipologia di servizi. La grande diffusione del
franchising particolarmente nel settore turistico è dovuta, da un lato, al fatto di
consentire all’affiliante la possibilità di avere una conoscenza più approfondita del
mercato e della sua evoluzione entrandovi come impresa già conosciuta e con rischio
economico ridotto e, dall’altro, al fatto di consentire al consumatore di orientarsi con
più semplicità nella sue scelte di acquisto per l’indiscusso vantaggio di poter
agevolmente individuare tutta un serie di prerogative del servizio e poter confidare
sulla standardizzazione ed uniformità delle metodologie e delle caratteristiche aziendali.
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Successivamente il marchio Gamma venne acquistato dalla Standa.
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Oggi Assofranchising conta oltre 220 aziende associate.
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Vengono rilevate 62 aziende affilianti in 13 settori diversi.
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Le agenzie di viaggio sono entrate nel sistema del franchising in tempi recenti (fine anni
’80) divenendo in breve tempo un modello distributivo efficace e competitivo.
Oggi il franchising si presenta sotto tre diverse tipologie:
FRANCHISING DI DISTRIBUZIONE: la formula più diffusa nella quale
l’affiliante fornisce il marchio, il know-how e i prodotti che l’affiliato deve
rivendere;
FRANCHISING DI SERVIZI: formula in cui, oltre al marchio e al know-how,
vengono forniti, in luogo dei prodotti, l’assistenza specifica per mettere in grado
l’affiliato di vendere e offrire i servizi specifici di quella catena. Essendo
l’oggetto di attività enormemente variabile è utilizzata in svariati campi:
ristorazione, attività turistiche, istituti di bellezza, servizi di consulenza
professionale, istituti di istruzione e formazione, ecc…
FRANCHISING INDUSTRIALE: formula nella quale l’affiliante concede
all’affiliato la licenza dei brevetti di fabbricazione ed i marchi, gli fornisce la sua
tecnologia e gli assicura un’assistenza tecnica costante. L’affiliante fabbrica e
commercializza le merci prodotte dal proprio stabilimento, applicando le
conoscenze e le tecniche di vendita sviluppate e messe a disposizione
dell’affiliante.
Ciò che accomuna le varie tipologie di franchising, indipendentemente da ogni
distinzione che può essere fatta, è la volontà di creare un sistema di rete che duri nel
tempo, garantendo la soddisfazione dei suoi tre principali attori: il consumatore,
l’affiliato e l’affiliante.
1.3 Caratteri del contratto di franchising
In passato il contratto di franchising non godeva in Italia di una specifica disciplina
normativa, e anche se si era sviluppato nella pratica, esso veniva dalla dottrina
qualificato in maniera diversa, avvicinandolo ora alla concessione di vendita, ora alla
licenza di beni immateriali, ora definendolo come un contratto organizzativo a funzione
associativa, ora, più correttamente, classificato come contratto atipico. L’ampia
diffusione di questo tipo di accordo aveva, pertanto, da tempo gettato le basi per il
necessario passaggio da contratto atipico a materia specificatamente disciplinata e, a
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ciò, ha provveduto la legge del 6 maggio 2004, n. 129 dal titolo <<Norme per la
disciplina dell' affiliazione commerciale>>, la quale ha posto fine a tutta una serie di
dubbi e perplessità riguardanti obblighi e doveri delle parti del contratto. Le finalità che
si è prefissato il legislatore sono di adeguare la normativa nazionale con quella degli
altri paesi dell’Unione Europea
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e di fornire gli strumenti per tutelare la parte
contrattualmente più debole, quale è appunto l’impresa affiliata, senza però, al
contempo, limitare notevolmente l’autonomia dei privati
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. Il testo della legge 129/2004
consta di 9 articoli, il primo dei quali fornisce una definizione di tale accordo:
“l’affiliazione commerciale (franchising) è il contratto, comunque denominato, fra due
soggetti giuridici, economicamente e giuridicamente indipendenti, in base al quale una
parte concede la disponibilità all’altra, verso corrispettivo, di un insieme di diritti di
proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali,
insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know-how, brevetti, assistenza o
consulenza tecnica e commerciale, inserendo l’affiliato in un sistema costituito da una
pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati
beni o servizi. Può essere utilizzato in ogni settore di attività economica
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”.
La qualificazione del rapporto come commerciale sottolinea una relazione di stretta ed
intensa collaborazione (denominata, per tale motivo, affiliazione) rivolta al mercato, cui
si propone con una ben definita e visibile immagine. Le parti del contratto sono:
Il “franchisor” o affiliante, un’azienda di produzione e/o distribuzione
di beni o servizi che opera, con successo, in un determinato settore di
attività e sceglie di utilizzare questo tipo di contratto per crescere. I
requisiti che un franchisor deve possedere sono: esperienza, competenza,
5
Prima dell’entrata in vigore della legge n. 129/2004, una definizione del contratto di affiliazione
commerciale si rinveniva nella normativa comunitaria, precisamente nel Regolamento CEE n. 4087 del
30 novembre 1988, in relazione al divieto di intese restrittive della libera concorrenza, dettato dall’art, 81
Trattato CEE. Esso disciplina gli accordi di franchising non soltanto tra imprese di un medesimo settore
appartenenti a diversi Stati membri della comunità, ma anche gli accordi tra imprese dello stesso Stato
quando essi costituiscano la base di una rete di rapporti che possano estendersi al di là dei confini del
singolo Stato membro ed interessare soggetti appartenenti ad altri Stati della comunità.
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Il principio di libertà di iniziativa economica privata è garantito dall’art. 1322 cod. civ. e prima ancora
dall’art. 41 cost. (“L’INIZIATIVA ECONOMICA PRIVATA è LIBERA”, ossia i privati possono decidere
liberamente di svolgere un’attività imprenditoriale, impegnando materie prime e risorse umane, per
produrre beni e servizi con lo scopo di realizzare un profitto economico. Ciò non deve, però, avvenire in
contrasto con l’utilità sociale o in modo da ledere la sicurezza dei singoli, in quanto lo sviluppo
economico non è un fine ma, un mezzo per la realizzazione dei valori fondamentali della persona e dei
doveri di solidarietà sociale).
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Coerentemente con uno dei massimi principi in materia civilistica, l’autonomia privata di cui all’art.
1322 cod. civ.
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un’immagine di marca e un mix di prodotti o servizi ben definiti e di
sperimentata efficacia ed inoltre, per poter costruire una rete di
franchising e consolidarla nel tempo, deve essere in grado di mettere a
disposizione risorse economiche, strutture organizzative e competenze
manageriali adeguate;
Il “franchisee” o affiliato, un imprenditore o un aspirante imprenditore
che vede nel progetto di espansione del franchisor qualità e valore
aggiunto relativamente a prodotti, servizi, know-how, immagine di
marca e assistenza fornita e che decide di aderire al progetto, stipulando
il contratto di affiliazione, conscio di dover riconoscere dei corrispettivi
economici a fronte dei benefici e degli apporti che il franchisor gli
garantisce e di doversi impegnare a realizzare e gestire, in una data area
di mercato, l’attività per la quale ha scelto di operare, con le stesse
caratteristiche che hanno consentito il successo di altri punti vendita o
centri diretti del franchisor.
Il contratto, per sua natura, è destinato a produrre effetti in un certo periodo di tempo,
poiché realizza una collaborazione continuata. La durata di tale accordo non è, però,
rimessa all’autonomia negoziale delle parti, in quanto il legislatore, per consentire
all’affiliato l’ammortamento dell’investimento, ha fissato una durata minima sufficiente
all’ammontare dello stesso e comunque non inferiore a tre anni. In ogni caso, è
consentita la risoluzione anticipata del contratto nel momento in cui una delle due parti
risulti inadempiente. Il legislatore ha altresì espressamente sancito una serie di
disposizioni che pongono obblighi informativi a carico di entrambe le parti
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, sia nella
fase precedente alla stipulazione del contratto sia con riferimento al contenuto dello
stesso
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, contratto che, a garanzia della trasparenza del contenuto e della chiarezza
dell’assetto delle parti, e anche in relazione alla tutela dei terzi, deve essere redatto per
iscritto a pena di nullità. L’individuazione degli obblighi dell’affiliante, ha lo scopo di
tutelare la controparte da eventuali abusi o raggiri, in particolare viene prevista la
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Con un richiamo all’obbligo di buona fede, correttezza e lealtà nonché un dovere generale di fornire
tempestivamente ogni dato ed informazione necessaria ed utile per la stipula del relativo contratto di
affiliazione.
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Oltre a quanto stabilito dal legislatore negli articoli della legge 129/2004, il d.m. 2 settembre 2005 n.
204 stabilisce l’obbligo per gli affilianti che hanno operato esclusivamente all’estero, di fornire
all’aspirante affiliato le ulteriori informazioni, concernenti il contratto, definite nello stesso dm.
Informazioni che devono essere fornite, se richiesto, in italiano.
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