Introduzione
1
INTRODUZIONE
Gli eventi che hanno caratterizzato il sistema finanziario in questi
ultimi mesi hanno sconvolto l’economia mondiale provocando la crisi
di numerose banche americane ed europee, nonché il crollo del “mito”
del capitalismo americano. I protagonisti di quanto accaduto sono i
mutui subprime. Quei mutui che venivano concessi a soggetti che non
potevano offrire garanzie di solvibilità adeguate e che hanno messo in
ginocchio il sistema del credito bancario USA.
Nouriel Roubini, economista dell’università di New York, afferma
che “ci troviamo davanti alla più grande crisi dopo quella degli anni
Trenta”. Effettivamente la situazione è grave e il futuro prossimo non
si prospetta essere roseo.
Secondo un rapporto Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo
Sviluppo Economico), l’economia dei 30 paesi più industrializzati è
entrata in recessione e proseguirà su questa strada per un prolungato
periodo di tempo.
Alla base della crisi sta la deregulation Usa, l’immissione nei circuiti
finanziari di tutto il mondo dei prodotti finanziari legati ai mutui
subprime e la lunga leva, usata con vari sotterfugi da moltissime
banche, che ha diluito il rapporto fra capitale e debito.
Il crollo continuativo di “Wall Street” ha poi creato allarme tra la
popolazione americana per le sorti dell’economia reale e per i
risparmi. Si è infatti innescato un meccanismo di riduzione dei
consumi che ha provocato una recessione globale, e che è stato
aggravato dalla paralisi del sistema bancario e creditizio con
conseguenze devastanti per l’apparato produttivo del paese.
Introduzione
2
Le ricadute a cascata nel resto del mondo sono del tutto evidenti. Non
a caso l’FMI (Fondo Monetario Internazionale) aveva previsto una
recessione su scala mondiale.
In questo elaborato ho voluto affrontare l’argomento esaminando
passo dopo passo gli avvenimenti dell’ultimo anno, partendo dal
Primo Capitolo con la descrizione degli effetti della liberalizzazione
dei mercati e del background della deregolamentazione finanziaria.
Nel Secondo capitolo ho descritto i mutui subprime e lo sviluppo del
mercato immobiliare, e ho esaminato nello specifico l’elemento che
sta alla base dell’attività creditizia, vale a dire il rischio di credito e gli
elementi che lo compongono nonché la valutazione del rischio di
default, cioè quel rischio tanto temuto dalle banche che veniva
trasferito utilizzando i famigerati credit default swap, anch’essi
ampiamente descritti insieme al mercato dei credit derivatives.
Ai “CDS” e ai “CDO” ho voluto dedicare particolare attenzione per
via del ruolo che essi hanno assunto durante questa crisi, in quanto
secondo alcuni analisti avrebbero contribuito ad estenderla poiché
falsavano la percezione del rischio.
Nel Terzo Capitolo ho illustrato il meccanismo che ha portato alla
crisi finanziaria, quindi ho iniziato dal “gonfiamento” della bolla
immobiliare fino allo scoppio, per poi spiegare perché titoli con la
Tripla A erano in realtà titoli “tossici”. Ciò è dovuto al fatto che essi
venivano “reimpacchettati” più volte dai diversi intermediari fino ad
arrivare a non sapere più che cosa si aveva in mano. Neanche le
agenzie di rating lo sapevano più, anche se queste erano, però,
caratterizzate da un potenziale conflitto d’interessi.
Dopodichè ho trattato le altre cause della crisi finanziaria.
Introduzione
3
In tanti hanno accusato il governo delle scelte politiche che sono state
fatte nel corso di quest’ultimo decennio in America, a partire dal 1999
quando vennero approvati la riforma proposta da Phil Gramm, allora
presidente della “Commissione banche, edilizia e affari urbani” del
Senato, che limitava il potere di supervisione della Fed sulle banche di
investimento e gli istituti di credito ipotecario, e il Commodity Futures
Modernization Act che deregolamentava il trading dei derivati, fino ad
arrivare al boom dei mutui “facili” del 2006.
Altro errore è stata la politica monetaria troppo espansiva adottata
negli ultimi anni dalla Fed. Al riguardo, ho descritto l’andamento dei
tassi di policy a partire dal 2001 fino al 2008. Ma forse, la colpa più
grave è dei supervisori che sono stati accusati di applicare le regole in
maniera “poco convinta”, di aver permesso che si gonfiasse la bolla
della quale essi erano a conoscenza e, soprattutto, la causa sta nella
lacunosa regolamentazione.
Infine ho fatto un breve riferimento anche alla scarsa alfabetizzazione
finanziaria e all’innovazione finanziaria.
Il Quarto Capitolo è una cronologia di tutti gli eventi, infatti riporta gli
effetti della crisi e le vicende delle varie banche coinvolte:
la nazionalizzazione di Fannie Mae e Freddie Mac, il salvataggio
di AIG, l’episodio dell’eclatante fallimento di Lehman Brothers e
così via. Infine viene spiegato il fenomeno del “credit crunch” in
grado di accentuare la fase recessiva.
Nel Quinto Capitolo vengono invece descritti gli interventi delle
Banche centrali, e in particolare quelli del Governo Usa e della Fed,
per risanare la situazione, ormai caduta in un baratro che sembra
essere senza fine.
Introduzione
4
In special modo viene esaminato il maxipiano di salvataggio
dell’economia statunitense, il Piano Paulson, in tutti i suoi punti
chiave: l’acquisto dei titoli tossici e dei mutui dalle società finanziarie
con lo scopo di evitare i pignoramenti delle case dei debitori
insolventi; l’assicurazione degli asset “cattivi” contro future perdite, in
cambio del pagamento di una commissione da parte delle società che
li possiedono; l’aumento del tetto dei depositi a 250 mila dollari; i
tagli fiscali.
Viene inoltre illustrato il recente Piano Obama che si sta articolando
su due direttrici principali: quella finanziaria col “Tarp”, e quella
dell’economia reale con “l’American Recovery and Reinvestment
Plan”.
Infine durante questa crisi spesse volte si è fatto riferimento alle bolle
speculative del passato e alle possibili analogie con la bolla dei
subprime.
Nell’ultimo Capitolo ho fatto un confronto con la crisi degli anni ’30
per dimostrare che in realtà non c’è alcuna somiglianza tra esse,
evidenziando invece le differenze per sottolineare che ogni bolla è a sé
e ha le proprie caratteristiche e peculiarità.
Inoltre, ho dedicato una parte alle proposte di riforma della
regolamentazione finanziaria e alla tipologia di recessione avanzata
dagli esperti.
Al fine della stesura di questa tesi, vista l’attualità dell’argomento
trattato e, di conseguenza, la mancanza di una letteratura ad hoc, le
fonti da me utilizzate sono state alcuni siti internet, come
www.Economist.com, www.bloomberg.com, e, soprattutto,
www.rgemonitor.com.
Introduzione
5
In aggiunta, ho attinto una parte delle informazioni su alcuni dei
principali quotidiani italiani e stranieri, e su riviste finanziarie e non.
Naturalmente, c’è da considerare che il documento potrebbe non
risultare sufficientemente aggiornato al momento della lettura, dal
momento che lo svolgimento della crisi e l’attuazione di misure da
parte dei governi e delle banche centrali sono ancora in corso.
La deregolamentazione nei mercati finanziari
6
CAPITOLO 1
La deregolamentazione dei mercati finanziari
1.1 Liberalizzazione dei mercati e criticità
È diffusa opinione che le radici della crisi siano state poste dal trionfo
della liberalizzazione del sistema creditizio e finanziario
internazionale, in cui si è cercato di svincolare il più possibile i
mercati da regole pubbliche.
La progressiva liberalizzazione, avviata negli Stati Uniti dopo il crollo
del sistema di “Bretton Woods”
1
, nel 1971, si è evoluta, con più forza
a partire dal 1980, con l’amministrazione del presidente “Reagan” ed
è continuata con le amministrazioni successive. Ha avuto il sostegno
in Gran Bretagna dell’allora primo ministro “Margareth Thacher” e si
è diffusa successivamente al resto dei Paesi occidentali, espandendosi
pian piano in tutto il mondo.
La liberalizzazione ha avuto nel sistema economico effetti positivi,
quali la possibilità di diversificare i rischi, l’aumento della produttività
e la notevole crescita produttiva. Grazie ai dati disponibili nel
database del “World Economic Outlook 2008” del “Fondo Monetario
Internazionale”, (Fmi), si può osservare, nella Figura 1 della pagina
seguente, l’andamento del “Prodotto Interno Lordo reale”, misura
della produzione aggregata a prezzi costanti, degli Stati Uniti e
dell’Area Euro. Si può notare come, dal 1980 al 2008, la produzione
sia costantemente aumentata.
1
Bretton Woods: nel 1944 si tenne una conferenza che stabilì regole per le relazioni commerciali
e finanziarie tra i principali paesi industrializzati del mondo.
La deregolamentazione nei mercati finanziari
7
La liberalizzazione ha però permesso l’introduzione di diversi fattori
negativi che, considerati nel loro complesso, aiutano a spiegare la
recente crisi finanziaria: la scarsa o inefficace regolamentazione dei
mercati, la mancanza di un efficace sistema di controllo, l’influenza
delle lobby sulla politica americana, l’eccessivo accesso al debito, il
gonfiarsi di bolle speculative, la creazione di strumenti finanziari tanto
innovativi quanto complessi da gestire, rischiosi sistemi di incentivi
agli operatori bancari, l’eccessivo ricorso alla leva finanziaria e la
possibilità di speculazioni in Borsa nocive per il sistema economico
nel suo complesso.
La deregolamentazione nei mercati finanziari
8
Cercare un unico colpevole sarebbe un errore e praticamente
impossibile. È certo però che anche nelle visioni liberiste è previsto
che, per il suo corretto funzionamento, il mercato sia regolato e
vigilato dallo Stato per evitare che sia soffocato dalla naturale
tendenza monopolistica dei soggetti che vi operano.
Lo Stato, in particolare quello americano, nel suo ruolo di regolatore e
vigilante, non ha visto, o non ha voluto vedere, che nel mercato
qualcosa non andava.
A tal proposito, “Dominique Strauss-Kahn”, direttore generale del
“Fmi”, in un intervento su “Il Sole 24 Ore” del 23 settembre, ha
affermato che:
«la crisi è il risultato di un’incapacità da parte delle autorità di
tutelare l’economia da una eccessiva assunzione di rischi all’interno
del sistema finanziario, in particolare negli Stati Uniti».
La deregolamentazione nei mercati finanziari
9
1.2 La scarsa regolamentazione.
La creazione di un mercato finanziario globale, favorita da
liberalizzazione dei mercati, innovazione finanziaria e informatica,
non è stata accompagnata da un analogo sviluppo dei sistemi di
regolamentazione e controllo, ancora attribuiti ai singoli Stati. La
situazione di concorrenza tra i diversi Stati per attrarre capitali dai
mercati internazionali ha, infatti, portato ad una corsa al ribasso
riguardo al loro controllo.
Seguendo questa tendenza, il sistema americano di regole e controlli si
è rivelato insufficiente, attribuito a una molteplicità poco coordinata di
agenzie ed eccessivamente basato sulla autoregolamentazione del
mercato.
Apparentemente sembrerebbe, quindi, che ci sia stata una mancanza di
regolamentazione; in realtà sappiamo che non mancano affatto delle
regole nei mercati in questione, ma bensì che le regole che ci sono
attualmente sono di cattiva qualità e talvolta rivolte a risolvere i
problemi di ieri anziché guardare a quelli attuali.
Innanzitutto i controlli sulle banche d’investimento e sugli istituti di
credito ipotecario sono stati limitati, durante l’amministrazione
Clinton, nel 1999, dal “Gramm-Leach-Bliley Act”, la più grande
riforma bancaria dagli anni ’30.
Tale legge ha abbattuto le barriere e le restrizioni introdotte, negli anni
del “New Deal” rooseveltiano, dal “Glass Steagall Act”. Quest’ultimo
era stato introdotto nel 1933 quando, a causa della Grande
Depressione, il Congresso degli Stati Uniti lo approvò per separare le
banche d’investimento dalle banche commerciali.
Una banca commerciale è una banca nella quale noi apriamo un conto,
mettiamo in deposito i nostri soldi e sulla base di questi depositi la
La deregolamentazione nei mercati finanziari
10
banca può fare dei prestiti ad altre persone. Queste banche sono quelle
che la maggior parte delle persone considera essere banche, perché noi
andiamo da loro a depositare i nostri soldi.
Una banca d’investimento è invece una specie di banca
completamente diversa. Sono banche d’investimento quelle che fanno
prestiti alle aziende che sono sul mercato dei capitali e che quindi
hanno delle azioni quotate in borsa, e anche quelle che garantiscono la
sicurezza delle aziende.
Ritornando alla nostra questione, la decisione della separazione
derivava dalla constatazione che se una banca commerciale
sottoscriveva, deteneva, vendeva o comprava titoli emessi da imprese
private, in linea di principio poteva nascere un “conflitto d’interessi ”
perché queste banche potevano collocare presso i propri clienti titoli
emessi da imprese loro affidate che avrebbero poi utilizzato i fondi
raccolti per rimborsare i prestiti concessi proprio da queste banche.
Detto in parole povere, le potenziali sofferenze si potevano mutare in
emissioni-truffa a danno dei risparmiatori.
Insomma, di fronte alla grande crisi del ’29, il mondo capitalistico
rispose con una linea ben precisa: mettere l’economia, e in special
modo la finanza, sotto il controllo della politica.
Il “Gramm-Leach-Bliley Act”, contrariamente a quanto stabilito dal
precedente “Glass Steagall Act” dell’amministrazione Roosevelt, ha
permesso invece alle banche commerciali di fondersi con quelle di
investimento, avvantaggiandosi della stabilità del grande gruppo, e di
spingersi oltre i confini nazionali, diversificando il rischio grazie alla
minor influenza regionale.
La deregolamentazione nei mercati finanziari
11
L’accesso alle attività di investimento ha permesso alle banche, sia
americane che europee, di affiancare con quote crescenti le più
remunerative attività di trading alla tradizionale attività di credito.
Gli utili netti sono così lievitati generando però instabilità, infatti i
ricavi dei grandi istituti bancari provengono oggi in parte dall’attività
creditizia e per buona parte da commissioni, in particolare
sull’intermediazione in derivati e titoli strutturati.
In primo piano su questo modello di “business” c’è il ruolo giocato
dal tipo di incentivi retributivi di cui godono i diversi attori in campo.
Nelle grandi banche di investimento, infatti, raggiunge massimi livelli
l’utilizzo di “bonus” e dei sistemi di “stock option”
2
, che inducono gli
operatori ad esporre le banche a rischi sempre maggiori, con la
speranza di ottenere maggiori rendimenti.
Tuttavia non è stata solo questa legge a consentire i giochi senza
scrupoli che ci hanno portato alla situazione attuale. Essa è servita
solo ad eliminare una barriera artificiale che già veniva aggirata in
vari modi e a rendere più facili i rapporti d’affari con l’Europa, dove
dominava il modello di banca universale.
La norma che ha, invece, fatto più danni, quella che ha davvero
liberalizzato i prodotti della finanza derivata, venne approvata un anno
dopo.
Il Congresso stava varando l’ultima grande legge di spesa dell’era
Clinton e lo stesso senatore Gramm riuscì ad infilarci un
emendamento di ben 262 pagine, chiamato “Commodity Futures
Modernization Act”, (CFMA).
2
Stock option: sono opzioni call (strumento derivato) europee o americane che danno il diritto di
acquistare azioni di una società ad un determinato prezzo d'esercizio (detto strike). Tale diritto è
esercitato se il prezzo d'esercizio è inferiore al valore corrente dell'azione quotata. Le stock option
esistono non per tutte le società per azioni, ma solo per quelle quotate.
La deregolamentazione nei mercati finanziari
12
L’atto ha deregolamentato il “trading” dei derivati e, in particolare,
dei “Credit default swap”,(Cds), le speciali “polizze” che gli
investitori utilizzano per assicurarsi contro l’insolvenza delle
obbligazioni.
La norma ha, infatti, abrogato l’Accordo “Shad-Johnson” del 1981,
stipulato per definire le competenze in materia di derivati, sottraendo
quasi per intero i derivati stessi alla sorveglianza tanto della “Sec”,
l’authority della borsa, quanto della “Commodity Futures Trading
Commission”, (CFTC), l’Agenzia federale che sorveglia le
“scommesse sul futuro”, cioè i contratti usati ad esempio dai
produttori per porsi al riparo dalle oscillazioni dei prezzi delle materie
prime, dei combustibili, etc… Strumenti che, da tempo, evolvono
sempre più spesso verso impieghi speculativi.
I “Cds”, in pratica, da quel momento non hanno più avuto alcun
controllo. Nel 2002 si sono, poi, diffuse le “Asset backed
Securities”,(Abs), titoli garantiti da altri titoli, in particolare da
cartolarizzazioni di mutui, che permettono alle banche di vendere a
fondi o a privati attività immobili nel loro bilancio, e che, grazie alla
riforma, non sono stati più controllati.
Facendo seguito all’ondata di “deregulation”, nel 2004 la “Security
and Exchange Commission”, (Sec), ha concesso alle banche di
investimento l’esenzione dai limiti sui parametri patrimoniali, ossia
quelli relativi al rapporto tra debiti e capitale netto.
Le cinque grandi banche d’investimento di Wall Street (Lehman
Brothers, Bear Stearns, Merrill Lynch, Morgan Stanley e Goldman
Sachs) hanno potuto quindi fissare da sé la misura delle proprie
riserve di capitale e usare in modo molto più spinto la leva finanziaria
e aumentare il proprio debito.