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CAPITOLO I
LE LEGGI RAZZIALI IN ITALIA
1.1 INTRODUZIONE
Il 5 settembre 1938 fu emanato il decreto intitolato <<Provvedimenti per
la difesa della razza nella scuola fascista>>
1
, ove gli studenti ebrei
furono banditi dalle scuole pubbliche elementari e secondarie, proprio
mentre si apprestavano tornare tra i banchi scolastici
2
.
1
Vittorio Emanuele III per Grazia di Dio e per la Volontà della Nazione, Re d'Italia
Imperatore d'Etiopia, Visto l'art. 3, n.2, della legge 31 gennaio 1926-IV, n.100;
Ritenuta la necessità assoluta ed urgente di dettare disposizioni per la difesa della razza
nella scuola italiana;Udito il Consiglio dei Ministri; Sulla proposta del Nostro Ministro
Segretario di Stato per l'educazione nazionale, di concerto con quello per le finanze;
Abbiamo decretato e decretiamo;
Art. 1. All'ufficio di insegnante nelle scuole statali o parastatali di qualsiasi ordine e
grado e nelle scuole non governative, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non
potranno essere ammesse persone di razza ebraica, anche se siano state comprese in
graduatorie di concorso anteriormente al presente decreto; nè potranno essere ammesse
all'assistentato universitario, nè al conseguimento dell'abilitazione alla libera docenza.
Art. 2. Alle scuole di qualsiasi ordine e grado, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale,
non potranno essere iscritti alunni di razza ebraica [...]. Dato a San Rossore, addì 5
settembre 1938 - Anno XVI Vittorio Emanuele Mussolini, Bottai, Di Revel, Visto il
Guardasigilli: Solmi. E. Collotti, Il fascismo e gli ebrei. Le leggi razziali in Italia, Bari
2006, p. 190.
2
Ivi, p.191.
5
1.2 Il MANIFESTO DELLA RAZZA DEL 1938
Il 15 luglio del 1938 il giornale d’Italia pubblicò, col significativo titolo
<<Il fascismo e i problemi della razza>>
3
, i risultati di uno studio
condotto da un gruppo anonimo di studiosi di fascisti, docenti delle
università italiane, che fissò la posizione del fascismo nei confronti dei
problemi della razza. A una prima superficiale lettura sembrò che il
compito di tale documento fosse di dare una base ideologico - culturale
alle disposizioni emanate dall’autorità pubblica su tale delicata materia e
concernesse quindi soltanto, o meglio soprattutto, la nota questione
coloniale. In un primo momento tale <<Manifesto>>
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fu commentato
dalla stampa del regime in modo da non creare allarmismi nella piccola
comunità ebraica, anche se influente, e negli ambienti della borghesia
cosmopolita e del mondo cattolico. Tale manifesto, che non fu altro che
3
G. Sale, Le leggi razziali in Italia e il Vaticano, Foligno 2009, p. 63.
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Tale manifesto constava di 10 punti, che venivano poi singolarmente sviluppati, in essi
si stabiliva: 1 le razze umane esistono; 2 esistono grandi razze e piccole razze; 3 il
concetto di razza è concetto puramente biologico; 4 la popolazione dell’Italia attuale è
di origine ariana e la sua civiltà è ariana; 5 è una leggenda l’apporto di masse ingenti di
uomini in tempi storici; 6 esiste ormai una pura razza italiana; 7 è tempo che gli italiani
si proclamino francamente razzisti; 8 è necessario fare una netta distinzione tra i
mediterranei d’Europa occidentale, da una parte; gli africani e gli orientali dall’altra; 9
gli ebrei non appartengono alla razza italiana; 10 i fisici e psicologi puramente europei
degli italiani non devono essere alterati in alcun modo. Ivi, p. 64.
6
un decalogo delle razze, dopo aver precisato che la popolazione
dell’attuale Italia fu nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà
ariana, recitò al settimo paragrafo
:
<<E’ tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta
l’opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo.
[…] La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto
di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La
concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e
l’indirizzo ariano-nordico>>.
Per correggere l’eccesso di biologismo e di riferimenti al sangue e
soprattutto per dissipare il sospetto che il razzismo italiano fosse
nient’altro che una scopiazzatura servile di quello germanico, si
aggiunse:
5
<<Questo non vuol dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo
tedesco […] questo vuol dire elevare l’italiano a un ideale di superiore
coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità>>.
Dei dieci paragrafi, solo uno, il nono, parlò direttamente degli ebrei
6
:
<<Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel
corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla
5
Ivi, p. 61-62.
6
Ivi, p. 62.
7
in generale è rimasto. […] Il processo di assimilazione fu sempre
rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l’unica popolazione che
non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi
razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno
dato origine agli Italiani>>.
Evidenti furono le incertezze e l’incoerenza di un documento che
contemporaneamente propugnò da una parte un approccio biologico della
questione razziale, e dall’altra il solito mito spirituale della romanità, il
tutto condito dall’eccessivo servilismo verso il razzismo germanico, tutti
caratteri ai quali Mussolini già da qualche anno ci abituò
7
. Circa che le
cause che diedero vita a tale indirizzo razzistico e xenofobico furono
generalmente indicate in due ordini motivi. Il primo, di carattere politico-
propagandistico, fu rivolto a vivificare il regime, dandogli nuove basi
ideologiche e identitarie, fondate sul concetto di razza e sull’orgoglio di
appartenenza razziale. Su tali principi, considerati scientifici e quindi
inattaccabili, s’intesero forgiare le nuove generazioni, in particolare i
giovani che fecero parte delle associazioni fasciste, così da dar vita una
volta per tutte al fascista integrale, sinceramente razzista e fiero di
appartenere alla razza ariano-latina. Il secondo riguardò invece il nuovo
7
Ivi, pp 63 ss.
8
orientamento assunto in ambito internazionale negli ultimi tempi
dall’Italia, ove Mussolini si adoperò, dopo la rottura con l’Inghilterra,
con tutte le sue forze a consolidare il rapporto di amicizia con la
Germania nazista, già iniziato due anni prima con la guerra civile
spagnola. In questa, per la prima volta, gli stati totalitari europei si
scontrarono, su campo neutro, con quelli democratici, mettendo a
confronto il proprio potenziale bellico e la propria capacità di trascinare
le masse. In quei mesi i rapporti italo-tedesco, si intensificarono a un
punto tale che, anche sotto l’aspetto operativo, la scelta razzista e
antiebraica del regime fu davvero obbligata
8
. Il 25 luglio il partito
nazionale fascista
9
, per far tacere alcuni sospetti sollevati negli ambienti
internazionali sull’autorità scientifica degli estensori del manifesto, rese
noti i nomi di coloro che lo redassero e di quelli che vi aderirono, e
8
Non c’è dubbio che anche sull’adozione dei provvedimenti razziali la visita di Hitler a
Roma, che si svolse dal 3 al 9 maggio del 1938, ebbe un’influenza enorme, non perché i
tedeschi imponessero tale scelta all’alleato italiano, ma perché quello era per Mussolini
il momento di imboccare liberamente la strada dell’antisemitismo di Stato. R. De Felice,
Mussolini il Duce, in G. Sale, Le leggi razziali in Italia e il Vaticano, cit., p.66.
9
Il partito nazionale fascista (sigla PNF) fu il partito politico italiano espressione del
movimento fascista. Nato nel 1921 dalla fusione tra i fasci italiani di combattimento e
l'associazione nazionalista italiana, guidò la cosiddetta rivoluzione delle camicie nere
che portò, nell'autunno del 1922, Benito Mussolini a divenire presidente del consiglio
dei ministri e, tra la metà e la fine degli anni venti, diventò, prima de facto poi de iure, il
partito unico del Regno d'Italia fino alla caduta del regime fascista nel luglio del 1943.
Ivi, p. 72.
9
dichiarò che esso fu preparato sotto l’egida del ministero della cultura
popolare
10
.
1.3 I PRIMI PROVVEDIMENTI ANTIEBRAICI
Le prime leggi antiebraiche furono introdotte nel sistema giuridico
italiano dal mese di settembre 1938. Tali norme furono comprese nella
definizione di <<leggi per la difesa della razza>>
11
, e accorpate con le
disposizioni emanate dal governo fascista, già dall’anno precedente, per
scoraggiare le unioni tra Italiani e donne indigene nelle colonie africane.
Il tutto fu denominato come <<leggi razziali>>
12
e ebbero come scopo,
10
I firmatari più noti del manifesto della razza erano due medici (S. Visco e N. Pende),
un antropologo (L. Cipriani), uno zoologo (E. Zavattari), uno statistico (F. Savorgnan) e
uno psichiatra (A. Donaggio); gli altri oscuri assistenti universitari, tra i quali
ricordiamo G. Landra, M. Ricci e L. Businco. Pare che nessuno dei firmatari del
Manifesto sia stato interpellato prima della sua pubblicazione. Soltanto due di essi,
successivamente, anche se in modo non troppo chiaro, protestarono per essere stati
inclusi nella lista dei firmatari. Il testo fu preparato da Landra, su indicazioni precise
dello stesso Mussolini, come ricorda Bottai nei suo Diario. Dal diario di Bottai risulta
che la maggior parte dei dirigenti del partito, compreso il segretario particolare di
Mussolini, non erano stati informati del suo progetto di rediger un manifesto della razza,
perché egli sapeva che alcuni erano contrari a tale progetto. Ibidem.
11
Ivi, p. 83.
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Le leggi razziali fasciste sono un insieme di provvedimenti legislativi e amministrativi
(leggi, ordinanze, circolari, ecc) che vennero varati in Italia fra il 1938 e il primo
quinquennio degli anni quaranta, inizialmente dal regime fascista e poi dalla Repubblica