2
L’importanza della connessione tra i due calcolatori è aumentata, e con essa
è aumentata la quantità di dati scambiati e la loro complessità. Il cavo si è
ramificato, diventando un complicato insieme di connessioni, richiedendo
perciò sofisticate tecniche di gestione per poterne controllare ed assicurare
la funzionalità.
A partire dalla introduzione del Web nel 1992, Internet ha quasi
raddoppiato ogni anno la propria estensione, superando di gran lunga i tassi
di sviluppo di tutte le precedenti tecnologie di comunicazione, quali il
telefono, la televisione, la radio e il cellulare.
La competizione globale non costituisce più una tendenza, ma è ormai una
realtà. Per competere nel nuovo millennio, l’impresa deve modificare la
propria organizzazione, passando dalla tradizionale strategia del “produrre e
vendere” a quella innovativa del “capire e rispondere”. Deve diventare
estremamente dinamica ed essere in grado di seguire in tempo reale, in un
ciclo rapido e continuo, le esigenze dei clienti, fornendo risposte
personalizzate e riducendo i costi. In tal senso, Internet non è quindi
soltanto un nuovo business, ma anche e soprattutto una forza trainante di
trasformazione delle attività esistenti. La sfida consiste non nel saper
incorporare la rete delle reti all’interno del proprio business, bensì capirne
al meglio la struttura e l’evoluzione. Nessuna impresa può ignorare questo
fenomeno, ma anzi può e deve approfittare delle opportunità che si
presentano e recuperare la propria competitività, aspetto sempre più vitale
in scenari di pressione competitiva e liberalizzazione/
internazionalizzazione, nei quali le grandi imprese tendono a modificarsi
radicalmente, le medie a modernizzarsi, le piccole a divenire più flessibili.
Il minimo comune denominatore è unico: la gestione del cambiamento in
maniera rapida ed efficace.
E’ l’affermazione della tecnologia di trasmissione IP (Internet Protocol) uno
dei fenomeni più significativi ai quali si è assistito nel mondo
dell’Information & Communication Technology (ICT); l’uso all’interno
3
delle aziende di strumenti di comunicazione basati su tale protocollo è un
fenomeno relativamente recente, con gradi diversi di diffusione nei paesi
industrializzati ma che in ogni caso appare destinato a portare delle
modifiche sostanziali nel modo in cui le aziende si pongono rispetto al
mercato e si organizzano per gestire al meglio il proprio core business, oltre
a rivoluzionare l’ambiente di lavoro in molte aree all’interno delle aziende
stesse.
Le caratteristiche del Web (tra cui apertura, interoperabilità, costo
relativamente basso, prospettive di diffusione capillare anche dal lato
consumer) rendono i potenziali impatti di questo strumento
sull’organizzazione delle aziende decisamente più profondi rispetto a quelli
avuti da altre tecnologie di scambio di dati tra le imprese che hanno fatto la
loro comparsa sul mercato nel passato.
Nel presente lavoro abbiamo voluto esporre come Internet abbia provocato,
e tuttora provochi, cambiamenti nei connotati del mondo dell’ICT, in
particolar modo nei confronti dei gestori di telecomunicazioni, i quali si
trovano a dover sviluppare assetti organizzativi coerenti con la nuova realtà
imprenditoriale.
Il presente è ricco di grandi cambiamenti tecnologici che stanno
trasformando completamente l’industria delle telecomunicazioni, le quali
sono sempre state caratterizzate, soprattutto negli ultimi anni, da continue
evoluzioni. Quanto accade oggi sta però cambiando completamente le
regole del gioco.
Uno dei trend principali sembra essere l’enorme aumento della capacità di
trasporto: una fibra ottica è in grado di trasportare tutto il traffico voce
transcontinentale negli USA.
Il secondo elemento di grande interesse è dato dalla crescita enorme del
traffico dati che raddoppia ogni anno; si prevede che nel 2010 il 95% del
traffico di telecomunicazioni sarà costituito dalla trasmissione dati.
4
La ragione principale è, ancora una volta, attribuibile ad Internet, che
sembra avere nei confronti delle aziende di telecomunicazioni lo stesso
impatto che il PC ebbe nel rivoluzionare l’industria dei computer negli anni
ottanta.
Lo sviluppo di Internet ha inoltre generato l’ampia diffusione sia di nuovi
servizi di comunicazione quali la posta elettronica e la videoconferenza, sia
di servizi di transazioni come il commercio elettronico, che inevitabilmente
trasformano e trasformeranno ancora, completamente, il tradizionale modo
di tale aziende di svolgere le proprie attività economiche.
Per questo, dopo aver affrontato, nel primo capitolo, il tema della
globalizzazione, nel lessico di fine millennio un termine ormai “cult”, molto
utilizzato, spesso abusato e a volte inadeguato, un fenomeno dal quale
nessuno può ormai sottrarsi a meno di non voler scomparire dalla scena
competitiva, nel secondo capitolo viene affrontato il modo in cui il settore
delle telecomunicazioni sia stato messo a dura prova dall’avvento di
Internet, provocando profondi cambiamenti culturali e innovazioni dal
punto di vista di core business, nonché la nascita di una nuova tipologia di
operatori: gli Internet Service Provider, ossia i famosi ISP.
Il terzo capitolo, dopo una breve storia della rete delle reti, riguarda le
numerose applicazioni che quest’ultima consente, i benefici che Internet
può apportare non solo alle aziende in termini di riduzione dei costi e
migliori performance aziendali, ma anche al classico consumatore, piccolo
o grande che sia, allo studente, al tranquillo impiegato, insomma nella vita
di tutti i giorni di ognuno di noi.
Il lavoro si conclude con la presentazione di un caso aziendale
particolarmente interessante, un’azienda che ha saputo mettersi in
discussione e sfruttare le potenzialità di Internet per mantenersi al passo con
i tempi. Si tratta di Telecom Italia la quale, a seguito della completa
liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni datata 1 Gennaio
1998, è passata dall’essere una public utility, tutelata dallo Stato, ad
5
un’azienda in competizione. Viene qui presentata nel nuovo ruolo di
Internet Service Provider, un ruolo imprescindibile visto l’intensificarsi
della concorrenza, la pervasività di Internet e la continua evoluzione della
tecnologia.
Nel concludere questa breve introduzione, vorrei ringraziare innanzitutto il
mio relatore, Dott. Gaetano Aiello, per il suo aiuto e i suoi preziosi
suggerimenti, nonché, all’interno della sede di Tin.it di Roma, coloro che
mi hanno concesso parte del loro prezioso tempo per la stesura dell’ultimo
capitolo: l’Ing. Carlo Boni, responsabile Segment Marketing, l’Ing. Gianni
Manfreda, responsabile Gestione Clienti del Customer Care, e la Dott.ssa
Stefania Fiorelli, Segment Manager per il mercato Consumer.
6
CAPITOLO 1
GLOBALIZZAZIONE E NEW MEDIA
7
1.1 Mercati e imprese globali
Il nostro pianeta sta ormai subendo una sorta di trasformazione in un “vil-
laggio globale”, nel quale ogni sistema nazionale è sempre più strettamente
interdipendente da altri paesi-mercato, interdipendenza che ha idealmente
ridotto la dimensione spaziale che li divide. Inoltre il contemporaneo verifi-
carsi di accadimenti socio-economici, accessibili ormai a livello planetario,
ha anche ridotto la dimensione temporale che separava tra loro paesi e con-
tinenti. Ciò ha comportato una rilevante conseguenza: le barriere culturali
si sino ridotte ed i modelli locali di consumo si sono parzialmente assimilati
stimolando un processo di imitazione che porta ad una maggiore uniformità
culturale.
Conseguentemente, nella fase attuale di evoluzione della realtà operativa, il
tema della globalizzazione dei mercati e della internazionalizzazione delle
imprese è certamente fra quelli che presenta i più elevati livelli di dinami-
smo dei comportamenti delle imprese, da un lato, e dei modelli interpretati-
vi e di inquadramento teorico, dall’altro. Riferendoci quindi ai due concetti
base di globalizzazione dei mercati e di globalizzazione delle imprese, si
può osservare che entrambi tendono ad essere definiti nella letteratura se-
condo modalità non sempre omogenee.
Per quanto attiene ai mercati, la globalizzazione di essi viene collegata tal-
volta ad una situazione di standardizzazione internazionale della domanda;
altre volte, invece, ed è questa la via preferibile, vengono ritenuti “globali” i
settori in cui l’ambito geografico cui occorre fare riferimento per l’analisi
della domanda e per la valutazione della posizione competitiva delle impre-
se, da parte di queste ultime, supera i confini delle specifiche nazioni per
assumere dimensioni appunto “globali”.
Secondo questa impostazione un settore può assumere caratteri di “globali-
tà” anche quando la domanda internazionale non è del tutto omogenea. In
tali casi, anzi, possono emergere a livello internazionale dei segmenti di
8
mercato derivanti non solo dalla semplice aggregazione di più mercati na-
zionali, ma anche dall’aggregazione di specifici segmenti sub-nazionali che
presentano tra loro omogeneità tali da rendere possibile un’offerta interna-
zionale di dimensioni interessanti, ancorché “di nicchia” rispetto all’intero
settore globale
1
. I settori “globali”, definibili anche “regiocentrici-
geocentrici”
2
, rappresentano quindi arene concorrenziali nelle quali la posi-
zione competitiva, consolidata da un’impresa in un paese, risulta connessa e
correlata alla sua posizione conquistata anche in altri paesi mercato:
l’internazionalità del settore globale è espressa quindi non solo dalla aggre-
gazione delle singole realtà nazionali, ma anche dalla loro interconnessione
e interdipendenza, al punto che le imprese che concorrono in un settore glo-
bale si confrontano tra loro sia nei contesti nazionali che su un campo di a-
zione settoriale con una profondità di raggio estesa a livello mondiale. Il
settore può perciò essere definito globale se possono essere conseguiti dei
vantaggi competitivi integrando le attività dell’impresa su base mondiale o
regionale, un settore dove l’impresa deve necessariamente tentare di esten-
dere ed integrare le sue attività su un orizzonte transnazionale e mondiale
per sviluppare ed affermare dei vantaggi competitivi che possono solo deri-
vare dalla presenza simultanea in più paesi mercato e dall’integrazione e
coordinamento, tra loro, delle specifiche strategie definite per consolidare la
sua posizione in ciascun mercato in cui essa opera o desidera operare
3
.
1
P. STAMPACCHIA, Globalizzazione dei mercati e internazionalizzazione delle imprese, in “Si-
nergie”, quad. 6, giugno 1991
2
Si contrappongono ai settori policentrici, detti anche multinazionali o multidomestici, nei quali il
confronto concorrenziale tra le imprese si manifesta limitatamente all’arena nazionale, cioè su una
base paese per paese. In tali settori l’impresa multinazionale può quindi sfruttare e trarre vantag-
gio, per la penetrazione ed il consolidamento delle sue attività in un altro paese, dal trasferimento
di know-how, tecnologie, competenze organizzative e di marketing già maturate nel mercato di
origine o in altri mercati esteri, sebbene le caratteristiche peculiari e la specificità locale del paese
ospite impongono comunque spesso all’impresa uno sforzo ed un investimento per tentare di adat-
tare con la massima efficacia ed efficienza le sue capacità ai bisogni locali e alle caratteristiche
strutturali e concorrenziali dei paesi ospiti selezionati. Un settore policentrico è perciò un settore
con valenza internazionale che emerge quale risultato della aggregazione dei singoli settori locali,
ognuno dei quali può comunque distinguersi dagli altri sulla base della sua specificità nazionale.
Vedi al riguardo E. VALDANI, P. ADAMS, Marketing globale, EGEA, Milano 1998
3
E. VALDANI, P. ADAMS, op. cit.
9
Anche per quanto attiene alle imprese globali, si hanno definizioni ed impo-
stazioni non sempre coincidenti o concordanti e questo, probabilmente, non
è affatto disgiunto dall’elevata velocità con cui si vanno manifestando a li-
vello internazionale forme nuove di sviluppo e di collegamento interazien-
dale
4
. Non esiste più, infatti, un unico modello di sviluppo internazionale
delle imprese, né tanto meno lo sviluppo internazionale delle imprese deve
necessariamente presentarsi come un processo a più fasi (Fig.1).
4
Lo sviluppo globale, secondo un termine in voga nella letteratura statunitense, è per alcuni versi
un particolare modo di sviluppo multinazionale. La differenza principale è la seguente: l’impresa
multinazionale persegue i propri obiettivi di sviluppo, mentre l’impresa operante in un mercato
globale considera il mercato come un’unica entità, anche se naturalmente articolata in singoli mer-
cati. Ne deriva che quando un’impresa multinazionale decide di ritirarsi da un determinato merca-
to deve considerare principalmente gli effetti che si produrranno sul volume dei costi e dei ricavi
generati da quel mercato, mentre un’impresa operante in un mercato globale deve esaminare so-
prattutto gli effetti sulla propria capacità competitiva nei confronti delle altre imprese, in quanto la
perdita di un mercato potrebbe significare il rafforzamento della concorrenza anche su altri merca-
ti. Al riguardo L. GUATRI, Il marketing, Milano 1986.
10
Fig. 1 (fonte: Assinform/Gartner Consulting)
11
In primo luogo, anche le piccole imprese “nazionali” o “locali” operanti in
settori globali devono porsi il problema della loro competitività in termini
internazionali (o globali appunto) se vogliono sviluppare un’analisi vera-
mente completa ed utile dei punti di forza/debolezza e delle minac-
ce/opportunità che si presentano loro
5
. Lo sviluppo internazionale non è più
un fatto che riguarda solo le grandi imprese: per crescere, o più semplice-
mente per sopravvivere, numerose piccole imprese sono portate a muoversi
su scala internazionale. La globalizzazione comporta un aumento della con-
correnza nel business ed esercita una forte pressione sui concorrenti dome-
stici a livello di costi e prestazioni; i player domestici si trovano quindi at-
taccati nelle quote di mercato e nei margini, e questo incide non solo sulla
loro posizione economico-reddituale di breve periodo ma, nel lungo termi-
ne, anche sulla loro capacità di competere e di progettare per il futuro. La
risposta dell’azienda domestica all’entrata dei player globali non dovrebbe
limitarsi a rivedere in chiave difensiva il proprio posizionamento e la pro-
pria strategia, ma piuttosto dovrebbe portare alla formulazione di una nuova
strategia, con l’obiettivo di ridurre l’impatto negativo derivante
dall’asimmetria di posizione competitiva
6
. Risulta evidente perciò come la
globalizzazione per alcune aziende può essere un dato di fatto con cui so-
lamente confrontarsi, per altre diventa una scelta: dinanzi a questa alternati-
va si spiega come tante aziende e managers abbiano scartato questa ipotesi
ritenendo valida l’impostazione multidomestica, rinunciando così alle mol-
teplici sinergie ed economie di scala che l’integrazione e l’azione a livello
globale possono comportare. Il mercato e la stessa economia globale, pro-
prio per l’implicita interdipendenza cui danno origine, mettono conseguen-
temente in discussione tutta una serie di aspetti economici, produttivi e
commerciali, nonché modi di essere e di agire a livello di comportamento e
5
P. STAMPACCHIA, op. cit.
6
L. RODIGHIERO, C. CERRUTI, Istruzioni per la globalizzazione delle imprese domestiche, in
“L’impresa” n. 8, 1995
12
di assetto strategico delle imprese in termini di prodotto, di tecnologie, di
alleanze, di uomini; la globalizzazione permea così indirettamente
l’impresa, i suoi prodotti, il suo modo di produrre, di vendere, di fare mar-
keting e indirettamente anche l’indotto che ne dipende
7
. Dinanzi alla globa-
lizzazione due sono gli atteggiamenti possibili: ignorarla e subirla passiva-
mente, rinforzandosi con una strategia di nicchia sul proprio terreno più tra-
dizionale dove maggiori sono i propri vantaggi competitivi oppure accettar-
la e gestirla strategicamente, ponendosi obiettivi di presenza internazionale.
La prima è una risposta molto rischiosa, in quanto se da una lato permette
all’impresa, nel breve periodo, di massimizzare la sua posizione e di limita-
re la turbolenza trainata dall’entrata di concorrenti globali, dall’altro richie-
de una attenta valutazione di quanto la nicchia sia difendibile e sostenibile
nel lungo periodo: il rischio è infatti quello di vedere progressivamente ina-
ridire la propria base di attività. La seconda risposta invece, pur incontrando
nell’immediato maggiori difficoltà, laddove il mercato stia decisamente e-
volvendo verso un assetto internazionale, rappresenta invece una strategia
più sostenibile
8
. Le aziende che non accettano questo confronto rischiano di
scomparire, come nel caso di quelle aziende che pur disponendo di prodotti
globali ignorano le opportunità della globalizzazione o di quelle aziende
che non avendo i giusti prodotti vogliono a qualunque costo cimentarsi nel
mercato globale.
E’ evidente, tuttavia, che non si possono assolutamente definire globali tutte
le imprese operanti in settori globali e che, pertanto, devono in ogni caso
realizzare analisi globali dello scenario competitivo. Ne deriverebbe, infatti,
un ampliamento a dismisura nel novero delle imprese definibili globali, si
metterebbero insieme imprese dai caratteri strutturali e gestionali molto di-
versi tra loro e certamente si userebbe un aggettivo troppo impegnativo per
molte imprese che, come può accadere, pur essendo inserite in settori globa-
7
A. FOGLIO, Marketing globale e mercato 2000, FrancoAngeli, Milano 1990
8
L. RODIGHIERO, C. CERRUTI, op. cit.
13
li non svolgono nessuna funzione di gestione al di fuori dei confini naziona-
li
9
.
Cambiando il mercato (da nazionale in globale) deve cambiare l’azienda e
devono cambiare le regole con cui approcciare il mercato. Dinanzi ad un
unico mercato mondiale tutti i fattori produttivi e commerciali richiedono
all’azienda un atteggiamento sovranazionale; l’impresa globale è quella che
ha una sola dimensione, il mondo, e che quindi produce, ricerca, recupera
capitali, si rifornisce di materie prime, realizza alleanze, vende ovunque
possa svolgere al meglio queste attività. Avere uno “spirito globale” per
un’impresa significa avere una vocazione a soddisfare nel migliore dei mo-
di i bisogni ed i desideri del mercato globale. Da questa premessa si può
dedurre che le aziende globali non sono solamente quelle considerate tali
per dimensioni e potenza, bensì quelle di qualunque grandezza che sono in-
teressate alla competizione globale, che perciò già dispongono o stanno ac-
quisendo una mentalità orientata alla globalizzazione; esse cercano di pene-
trare non già mercati diversi con specifiche strategie, bensì il mondo con
un’unica strategia globale. L’azienda si propone di arrivare al consumatore-
utilizzatore, al mercato globale sfruttando le omogeneità che esistono nei
vari mercati e le globalizza nella sua offerta mondiale: è quindi definita
globale non per i prodotti globali che può vendere, bensì per i mercati che è
capace di raggiungere e riunire nel suo approccio globale. La globalizzazio-
ne viene ricercata sotto la spinta di una convinzione che trae la sua forza
dall’ottenimento di concrete economie di scala, dalla possibilità di estende-
re mondialmente il raggio di azione, da una migliore ripartizione delle spese
e da un incremento dei volumi di produzione e di vendita.
Man mano che il processo di globalizzazione avanza diventa vitale il pas-
saggio dalla presenza multinazionale, più dispersiva perché basata su inizia-
tive autonome, verso quella globale, più unitaria e quindi certamente più
penetrante a livello mondiale.
9
P. STAMPACCHIA, op. cit.
14
Mentre infatti l’azienda multinazionale risponde alle esigenze e alle compe-
tenze di ogni mercato, quella globale esamina il mercato nella sua totalità e
ricerca il business omogeneo, senza tuttavia rinunciare ad inserire
nell’offerta globale le necessarie variazioni a livello locale. L’impresa glo-
bale, integrando così su scala mondiale le proprie attività, riesce certamente
a conseguire in misura maggiore dei vantaggi competitivi che non agendo
singolarmente in ogni mercato estero: si riesce dunque a vincere la sfida
della globalizzazione solamente se si dispone di prodotti e di strategie che
permettano di essere presenti contemporaneamente su più mercati, sul mer-
cato globale, il quale deve essere visto come un’autentica opportunità stra-
tegica.
E’ globale perciò quell’impresa che si dà una dimensione ed una proiezione
mondiale elaborando ed attuando nei vari mercati una sola strategia globale
di marketing: produrre ciò che il mercato globale vuole, tenendo presente e
confrontandosi con la competitività in termini globali, sfruttando insomma
le favolose opportunità che la stessa globalizzazione comporta
10
.
Si può inoltre osservare che proprio la globalizzazione dei settori, nel senso
sopra detto, è da intendersi come la causa principale della diffusione delle
“nuove forme” di sviluppo internazionale delle imprese basate soprattutto
su accordi interaziendali e non semplicemente su rapporti di dominanza
dell’impresa internazionale sulle imprese locali. In tal senso non è un caso
che i primi settori a divenire “globali” siano stati quelli in cui la dimensione
degli investimenti in ricerca e sviluppo ed il coinvolgimento in tali processi
di imprese di dimensioni non grandi rapportati al tempo prevedibile di dura-
ta in vita delle conseguenti innovazioni di prodotto, inducevano a massi-
mizzare le aree territoriali di sviluppo delle vendite, in modo da ottenere
adeguati volumi di incassi nel tempo sempre più breve di durata in vita dei
prodotti nuovi.
10
A. FOGLIO, op. cit.
15
Al tempo stesso non è ugualmente un caso che tali condizioni si stiano ma-
nifestando progressivamente in un numero crescente di settori e, seppure
non siano l’unico dei fattori che operano in tal senso, contribuiscano a por-
tarne un numero sempre crescente nella categoria di quelli da considerare
globali. In tal senso non esiste più un modello unico di sviluppo internazio-
nale delle imprese, né tutte le imprese che svolgono attività internazionali
devono per forza pervenire allo stadio più complesso di imprese con attività
dirette di produzione e ricerca in più stati nazionali. Anche imprese di me-
die dimensioni, invece, sono portate a realizzare le forme di sviluppo, anche
cooperativo, che consentono di massimizzare su base globale il ritorno dei
punti di forza e delle innovazioni di cui dispongono
11
.
Risulta evidente quindi che, negli ultimi venti anni, il clima economico e di
mercato si sia palesemente spostato verso la globalizzazione. I fattori che
hanno determinato questa situazione sono da ricercarsi nella crescita del
mercato mondiale come tale rispetto a quella dei mercati domestici,
nell’interdipendenza delle diverse economie, nella competitività, nel rapido
sviluppo tecnologico, nella comunicazione universale, nell’informatica ri-
dimensionatrice di spazi, tempi e movimenti, nel processo di multinaziona-
lizzazione. La globalizzazione è la conseguenza del passaggio dalla società
industriale a quella postindustriale, il risultato di nuovi rapporti, di nuove
attività; la situazione che viene a delinearsi non fa che evidenziare e quindi
supportare la presenza di economie e di mercati denazionalizzati che trova-
no un loro nuovo modo di essere proprio nel mercato globale.
In questo contesto è chiaro che l’azienda deve rivedere il suo approccio al
mercato, il suo modo di essere internazionale.
11
P. STAMPACCHIA, op. cit.