Obiettivo e contenuti della tesi
La gran parte del patrimonio edilizio nazionale è costituito da edifici
progettati e costruiti in tempi antecedenti la pubblicazione delle prime norme
tecniche di progettazione recanti esplicite direttive di protezione sismica
(Legge del 2 Febbraio,1974). Quindi la maggior parte di essi è stata progettata
per “soli carichi verticali” e non tengono conto della pericolosità sismica del
sito di costruzione; pertanto la valutazione della resistenza sismica e
l’adeguamento di tali edifici risulta di fondamentale importanza per la
mitigazione del rischio sismico. Tale valutazione richiede procedure
significativamente diverse rispetto a quelle adottate per la pr ogettazione di
edifici nuovi, principalmente per le incertezze relative all’individuazione
dell’organismo strutturale resistente, alla stima delle proprietà dei materiali
in‐situ, all’identificazione dei dettagli costruttivi.
Il grande interesse verso la tutela del patrimonio costruito ha introdotto
n e l l a p i ù r e c e n t e n o r m a t i v a u n c a p i t o l o d e d i c a t o a g l i “ e d i f i c i esistenti” e
quindi ai criteri per valutarne la vulnerabilità sismica e per definire gli
interventi (D.M. 14/01/2008). Naturalmente il comportamento di una
struttura durante un sisma dipende, oltre che dall’azione sismica, anche dalle
caratteristiche della struttura stessa ossia dalla corretta impostazione
progettuale, dalla tipologia strutturale, dai dettagli strutturali e dalla buona
esecuzione.
Le più importanti normative antisismiche nazionali ed internazionali
prevedono l’utilizzo di quattro metodologie di analisi atte a verificare che la
risposta strutturale, durante un evento sismico, non superi un certo valore
limite. Tali metodi risultano caratterizzati da complessità e precisione
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crescenti comportando anche difficoltà di modellazione e di esecuzione man
mano più elevate: analisi statica, analisi dinamica modale, analisi statica non
lineare, analisi dinamica non lineare.
La scelta tra un metodo e l’altro dipende dalle caratteristiche (regolarità,
periodi propri) e dall’importanza della struttura che si intende progettare e/o
verificare; in particolare, per la valutazione della sicurezza sismica di edifici
esistenti, le normative moderne sismiche riconoscono l’importanza dei metodi
di analisi non lineare anche se i risultati di tali analisi son o generalmente
influenzati dalle ipotesi e dai modelli adottati per simulare il comportamento
non lineare delle membrature.
L’analisi dinamica non lineare (NLTH) rappresenta l’analisi per
eccellenza che meglio simula il comportamento di una struttura sottoposta a
s i s m a i n c a m p o p o s t ‐ e l a s t i c o i n q u a n t o s o t t o p o n e l a s t r u t t u r a a s t o r i e d i
accelerazioni alla base integrando al passo l’equazione del moto e aggiornando
le caratteristiche meccaniche delle sezioni di controllo. È ovvio che esige un
modello molto definito e tempi di elaborazioni molto lunghi, inoltre è molto
sensibile, oltre che alla storia accelerometrica impressa alla base, al livello di
dettaglio degli elementi costituenti la struttura nonché alle approssimazioni
fatte sui legami costitutivi e quindi all’evoluzione degli stessi durante l’analisi.
Quindi passo fondamentale di un analisi non lineare è la scelta d e l
modello non lineare della struttura. Nel caso dell’analisi di telai si parla
soprattutto di elementi non lineari di travi e colonne con inelasticità
distribuita o concentrata in determinati punti.
I modelli a plasticità concentrata provvedono a concentrare tutte le
risorse inelastiche nelle cosiddette “cerniere plastiche”. L’elemento finito può
essere considerato elastico‐lineare ma alle sue estremità (o dove necessario)
vengono introdotte delle zone a comportamento genericamente non‐lineare.
Invece i modelli a plasticità diffusa, di impiego più recente e avanzato,
anche se con maggiori oneri comp utazionali, prevedono il calcolo attraverso
Introduzione Obiettivo e contenuti della tesi
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l’integrazione della risposta non lineare delle fibre che suddividono la sezione
per tutta la lunghezza dell’elemento finito. Le fibre hanno caratteristiche
meccanico‐reologiche diverse a seconda del materiale e posizione come
appunto nel caso di una sezione in c.a. confinata.
La differenza fondamentale tra i due modelli è costituita dal d iverso
approccio allo studio della formazione delle inelasticità in una struttura come
avviene nel caso di azioni sismiche di elevata intensità.
L’avvento del calcolo numerico applicato all’ingegneria strutturale
tramite l’uso dei codici di calcolo agli elementi finiti ha notevolmente
semplificato la risoluzione dei problemi posti dalla tecnica delle costruzioni
soprattutto quelli non risolvibili in forma chiusa tipici del calcolo non lineare. I
programmi di calcolo commerciali e di ricerca forniscono diversi modelli non
l i n e a r i , s p e t t a a l l ’ a n a l i s t a s a p e r scegliere il più adatto al caso in esame.
Fondamentale è capire le proprietà ed i limiti di ciascun modello.
Altro punto centrale è quello delle modalità di verifica che richiedono il
confronto tra la capacità strutturale e la richiesta connessa con il particolare
evento sismico in questione. Vi esistono diversi parametri che possono essere
considerati per quantificare la capacità sismica della struttura sotto azioni
orizzontali indotte dal sisma (rotazione rispetto alla corda, rotazione plastica,
drift di piano, etc.), ma in questo studio si farà riferimento ai drifts di piano in
quanto tali valori possono essere convertiti facilmente in spostamenti globali.
Inoltre viene illustrato uno studio parametrico sul raggiungimento dello
Stato Limite; in particolare si confrontano i risultati ottenuti tramite diverse
metodologie di analisi statica non lineare (ASNL) con quelli derivanti da
analisi dinamiche non lineari (NLTH) in modo da quantificare in m a n i e r a
parametrica il raggiungimento dello stato limite su un campione di strutture
ampiamente rappresentativo del costruito esistente. Infatti, a partire da un
edificio “modello” di quattro piani, si genera un set completo di strutture
oggetto di studio eliminando in modo graduale il piano alla base della suddetta
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struttura fino a raggiungere la condizione di edificio ad unico livello. In questo
modo lo studio parametrico è stato condotto su un totale di quattro strutture.
In riferimento all’analisi statica non lineare si è fatta variare la tipologia
di distribuzione di forze considerata nell’esecuzione dell’analisi di pushover,
o v v e r o è p r e s a i n c o n s i d e r a z i o n e u n a d i s t r i b u z i o n e d i f o r z e d e f inita
“uniforme” (proporzionale alla massa ad ogni implacato), una distribuzione di
forze “modale” (proporzionale alla massa moltiplicata per gli spostamenti del
primo modo di vibrazione) ed una distribuzione definita “tagliante”
(proporzionale ai tagli di piano calcolati in un analisi dinamica lineare), in
modo da evidenziare l’influenza del profilo di carico applicato sulla curva di
capacità e sugli stati limite considerati per gli edifici oggetto di studio.
Tra le diverse procedure statich e non lineari per la valutazione delle
prestazioni sismiche delle strutture esistenti in c.a. calcolate per soli carichi
verticali, si sono considerati i metodi monomodali ed in particolare:
̶ il Metodo N2 (procedura NTC08 e OPCM3274);
̶ il Metodo dello Spettro di capacità (CSM, procedura ATC‐40);
̶ i l M e t o d o d e l C o e f f i c i e n t e d i S p o s t a m e n t o ( D C M , p r o c e d u r a
FEMA‐356).
Tali procedure, consentendo di valutare le capacità deformative i n c a m p o
elasto‐plastico, permettono di collegare in modo esplicito i li velli di rischio
attesi con gli obiettivi prestazionali definiti nell’ambito dei moderni codici
sismici. Infatti in quest’ottica si muovono le nuove filosofie progettuali basate
su un approccio a più livelli prestazionali (Performance Based Design)
considerando il livello di danneggiamento in funzione dell’evento sismico che
si vuole fronteggiare.
La necessità di progettare in sicurezza nei confronti di eventi sismici ha
c o n d o t t o a l l o s t u d i o d e g l i s t e s s i e a l m o d o c o n c u i q u e s t i s o l l ecitano le
costruzioni, tale da indurre alla creazione di un database di registrazioni
accelerometriche e di dati empirici in grado di supportare la formulazione di
Introduzione Obiettivo e contenuti della tesi
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diverse metodologie per il progetto e la verifica delle strutture. Tra i vari
approcci l’analisi dinamica non lineare è sicuramente in grado di fornire la
migliore predizione della risposta strutturale indotta dai terremoti. Infatti lo
scopo di tale analisi è quello di valutare il comportamento dinamico della
struttura in campo non lineare, consentendo il confronto tra duttilità richiesta
e duttilità disponibile, nonché di verificare l’integrità degli elementi strutturali
nei confronti di possibili comportamenti fragili. Gli accelerogrammi utilizzati
come input per le analisi dinamiche non lineari, totalmente soddisfacenti le
prescrizioni delle NTC08, rispettano le procedure di selezione presentate in
Iervolino et al. (2008). Da quanto detto emerge che metodi più spinti esigono
modelli sempre più conformi alla realtà che spesso sono difficilmente
realizzabile; ne consegue che per questo tipo di analisi sono maggiori le
incertezze legate ai dati che quelle legate al metodo stesso. Si comprendono
quindi le motivazioni che portano l’analisi dinamica non lineare ad essere
maggiormente usata nel campo della ricerca scientifica e raramente utilizzata
nella pratica professionale dove si cerca di pervenire al comportamento
strutturale utilizzando metodi meno onerosi e più intuitivi in modo da poter
gestire al meglio l’analisi, cosa molto difficile nel caso di analisi dinamiche non
lineari.
Diversi codici di calcolo agli elementi finiti sono ormai disponibili per la
r e a l i z z a z i o n e d i a n a l i s i n u m e r i c h e c o n d o t t e s e c o n d o m o d e l l i a p lasticità
concentrata o diffusa, sia in campo statico (pushover analysis) che dinamico
(non linear time history analysis). Nel caso in esame le analisi sono state
c o n d o t t e s u m o d e l l i a p l a s t i c i t à d i f f u s a u t i l i z z a n d o i l c o d i c e OpenSEES
(Mazzoni et al., 2007) nel quale è disponibile un ampia libreri a di elementi
finiti utilizzabili per l’analisi non lineare delle strutture.
Quindi, in conclusione, la finalità della presente tesi è quella di effettuare
un controllo globale delle costruzioni in quanto molti edifici esistenti non
presentano i requisiti minimi di sicurezza, stabiliti in funzione di uno stato
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limite. Si parla di stato limite di esercizio (SLE) quando si porta avanti la
v e r i f i c a a l f i n e d i v a l u t a r e s e , a s e g u i t o d i u n e v e n t o s i s m i c o , l’edificio è
immediatamente utilizzabile non avendo riportato danni che ne pregiudichino
la fruibilità; invece di stato limite ultimo (SLU) quando si effettua la verifica
assicurandosi che la struttura non crolli, senza la pretesa di limitare il
danneggiamento strutturale e non strutturale.
P e r l a v a l u t a z i o n e d e l r a g g i u n g i m e n t o d e l l o S t a t o L i m i t e , m e d i a nte
l’esecuzione di analisi statiche e dinamiche non lineari relative ad una
particolare tipologia di edificio destinata ad uso pubblico molto diffusa negli
anni ’60 e ’70, si ipotizza l’ubicazione di tali strutture nel centro del comune de
L’Aquila.
1. Criteri generali di progettazione
1.1 Scelta della forma della struttura
La risposta sismica di un edificio è notevolmente influenzata dalla forma
e dalla configurazione della sovrastruttura.
La scelta della forma strutturale è particolarmente importante dal punto
di vista progettuale; la resistenza di un edificio alle forze orizzontali sismiche è
sp e sso co n di z i o n a to da lla si m me t ri a i n pi a n t a de i t e la i ne lle d ue direzioni
ortogonali. Infatti, gli edifici in c.a. hanno la migliore possibilità di resistere ad
un forte terremoto se la loro forma strutturale è semplice, lin eare ed il più
p o s s i b i l e s i m m e t r i c a , e n e s s u n i n g e g n e r e p o t r à f a r s i c h e u n a f orma
strutturale inadeguata si comporti in modo soddisfacente durante un
terremoto.
Naturalmente non esiste un tipo di struttura ideale, ma nelle prime fasi
della progettazione di un edificio occorre tener presenti alcuni principi di
guida. Nell’Eurocodice 8 (punto 4.2.1) gli aspetti fondamentali che regolano
questo progetto concettuale sono:
̶ la semplicità strutturale;
̶ l’uniformità e la simmetria;
̶ la resistenza e la rigidezza in due direzioni ortogonali;
̶ la resistenza e la rigidezza torsionale;
̶ la resistenza e la rigidezza dell’impalcato;
̶ l’adeguatezza delle fondazioni.
I l s o d d i s f a c i m e n t o d i t a l i r e q u i s i t i c o n s e n t e d i o t t e n e r e u n m i glior
comportamento della struttura, anche in presenza di azioni sismiche più forti
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di quelle ipotizzate durante la fase di calcolo, in quanto aumenta l’affidabilità
dei risultati forniti dal modello utilizzato per la struttura e per le azioni.
1.1.1 Semplicità strutturale
Tale termine viene utilizzato per indicare l’esistenza di percorsi chiari e
diretti per la trasmissione delle azioni (carichi verticali o azioni sismiche), dal
punto in cui sono applicate fino alla fondazione, attraverso i diversi elementi,
strutturali e non, che compongono l’edificio.
Per fare un esempio di mancanza di semplicità strutturale, si consideri
un pilastro che poggia su una trave e non direttamente su un pilastro
sottostante (pilastro in falso). Questo comporta forti sollecitazioni (flessionali
e taglianti) nella trave e la necessità di curare particolarmente la disposizione
delle barre longitudinali e delle staffe; inoltre occorre prestare attenzione
anche all’abbassamento del punto di contatto trave‐pilastro e le conseguenze
che questo potrebbe provocare su tutta la struttura sovrastante.
Pertanto, la semplicità struttural e è u n i m p o r t a n t e o b i e t t i v o d a
perseguire poiché la modellazione, l’analisi, il dimensionamento, la definizione
dei particolari e la costruzione di strutture semplici sono soggetti a minori
incertezze e quindi la previsione del loro comportamento durante un evento
sismico può essere ipotizzata in maniera molto più realistica.
1.1.2 Uniformità e simmetria
Con il termine “uniformità” si intende una diffusa ed oculata
d i s t r i b u z i o n e d e g l i e l e m e n t i r e s i s t e n t i , s i a i n p i a n t a c h e l u n g o l’altezza.
Qualora, a causa di una irregolarità della distribuzione delle masse e delle
rigidezze, non ci sia coincidenza o quasi tra il baricentro delle masse
Capitolo I Criteri generali di progettazione
9
CM=(X
M
;Y
M
)
1
e delle rigidezze CR=(X
R
,Y
R
)
2
, il movimento della struttura sotto
sisma non accompagna quello di oscillazione naturale e pertanto si innescano
fenomeni rotazionali e torsionali sugli elementi resistenti che ne comportano
ovviamente un grave sovradimensionamento. In sintesi:
se CM e CR coincidono, il moto del piano conseguente all’applicazione
di forze nelle due direzioni è puramente traslatorio (Figura 1.1):
Figura 1.1: Moto traslatorio della struttura durante l’evento sismico
nel caso di CM e CR coincidenti
se CM e CR non coincidono, nascono effetti torcenti in pianta che
inducono rotazioni intorno al centro di rigidezza e possono indurre un
incremento della sollecitazione negli elementi più lontani (Figura 1.2):
1
P e r d e t e r m i n a r e i l c e n t r o d i m a s s a , i n c u i s i a p p l i c h e r à l ’ a z i one sismica
relativa a ciascun impalcato, bisogna calcolare il momento statico di ciascuna massa
rispetto agli assi di riferimento x e y. Le coordinate del CM saranno pari al rapporto
tra i momenti statici dei pesi di tutte le masse sismiche rispetto agli assi di riferimento
e il peso sismico dell’impalcato stesso. Se il carico è uniformemente distribuito in
pianta il baricentro delle masse coincide con quello geometrico. Un principio
fondamentale della dinamica dei sistemi di punti materiali dice che: “il centro di massa
di un sistema ha lo stesso moto di un singolo punto materiale in cui fosse concentrata
tutta la massa del sistema, e su cui agisce la risultante delle sole forze esterne agenti
sul sistema”.
2
Il centro di rigidezza è il baricentro delle reazioni tagliant i. Nell’ipotesi che
l’impalcato si comporti come una lastra è possibile schematizzare l’azione dei telai
sulla lastra con dei vincoli cedevoli elasticamente la cui costante è pari alla rigidezza
laterale dei telai. Quindi le coordinate del CR, assunto un generico sistema di
riferimento, si ottengono dal rapporto tra il momento statico delle rigidezze rispetto
all’asse x o y e la sommatoria delle rigidezze, rispettivamente, in direzione y o x.
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Figura 1.2: Effetti torsionali indotti dall’eccentricità tra CM e CR
durante un eccitazione sismica
L a p r e s e n z a d i e l e m e n t i d i f f u s i i n p i a n t a e v i t a i l r i s c h i o d i f orti rotazioni
planimetriche durante l’evento sismico, che potrebbero mandare
anticipatamente in crisi gli elementi perimetrali, riducendo così la duttilità
globale del sistema. Quindi per quanto riguarda la scelta della p i a n t a
dell’edificio (Figura 1.3), forme rettangolari sono preferibili a forme a T, L ed U
in quanto strutture con angoli rientranti (Figura 1.4) sono soggette ad una
richiesta di duttilità distribuita in modo non uniforme e ad un movimento
r e l a t i v o t ra i s o l a i ( p a r ti t r a tteggiate nella Figura 1.3a) che p u ò p o r t a re a
distacchi tra le parti e, di conseguenza, a risposte strutturali non previste [1].
In altri termini, in caso di piante articolate e non simmetriche, è opportuno
curare la disposizione degli elementi resistenti correlandola con quella delle
masse, in modo da rendere minima la rotazione planimetrica degli impalcati.
Figura 1.3: Esempi di configurazioni (a) sfavorevoli e (b) favorevoli in pianta
Capitolo I Criteri generali di progettazione
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Figura 1.4: Angoli rientranti (zona di massima debolezza nella costruzione)
Inoltre edifici molto allungati in pianta potrebbero poggiare su terreni con
caratteristiche meccaniche diverse e, di conseguenza, presentare elevati
cedimenti differenziali; pertanto è opportuno che il rapporto tra i lati non sia
eccessivo, eventualmente suddividendo la struttura in più parti usando giunti
sismici.
Quindi la risposta sismica di un edificio è notevolmente influenzata dalla
forma e dalla configurazione della sovrastruttura. In particolare, la mancanza
d i s i m m e t r i a , i n q u a l s i a s i p a r t e d e l l a p i a n t a , c o m p o r t a u n a d i f ferente
distribuzione delle masse e la conseguente differenza delle rigidezze, delle
resistenze e della duttilità; tutto ciò ha un effetto torsionale di difficile
valutazione e con effetti molto distruttivi. Un edificio che in pianta presenta
angoli rientranti o che, anche se regolare, ha una distribuzione delle rigidezze
asimmetrico (Figura 1.5), subisce la formazione di una significativa forza
torsionale.
Figura 1.5: Effetto torsionale derivante da notevole irregolarità in pianta (edificio
ad “L”) o da differente rigidezza (2° caso)
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L ’ u n i f o r m i t à n e l l o s v i l u p p o v e r t i cale dell’edificio è altrettanto
importante, perché consente di evitare la concentrazione di sforzi in singoli
piani, che potrebbe portare a forti richieste di duttilità localizzate e quindi ad
una riduzione della duttilità globale. Si pensi ad esempio al cosiddetto “piano
soffice” (Figura 1.6), nel quale si possono formare cerniere plastiche mentre il
resto della struttura rimane in campo elastico.
Figura 1.6: Meccanismo deformativo indesiderato in una struttura a telaio
Quindi nel caso in cui il telaio presenti un irregolarità nella distribuzione di
rigidezze e resistenze lungo l’altezza, con piani deboli in cui le colonne hanno
resistenza inferiore rispetto a quella delle travi, è possibile che si verifichino
nei piani concentrazioni di deformazioni tali da superare la capacità locale e
d a p r o v o c a r e d a n n i s u l l ’ i n t e r a s t r u t t u r a a f r o n t e d i u n a l i m i t a ta duttilità
g l o b a l e . I n p a r t i c o l a r e , n e l l e s t r u t t u r e a t e l a i o i n c e m e n t o a r mato, un
meccanismo di piano debole si può verificare quando le pareti di riempimento
in muratura o in calcestruzzo, pur non avendo compiti strutturali,
irrigidiscono le travi e limitano la deformabilità delle colonne al solo tratto di
altezza lasciato libero dai riempimenti.
Ad esempio supponiamo di avere t amponature al piano terra (Figura 1.7a), al
secondo ed al terzo, mentre al primo livello si ha un piano completamente
finestrato; se il calcolo strutturale avviene senza tener conto d i q u e s t a
discontinuità in altezza, può capitare che l’irrigidimento dovuto ai tompagni
modifichi sensibilmente la duttilità locale calcolata alle estremità delle travi,
r e n d e n d o i n p r a t i c a l a l o r o r e s i s t e n z a m a g g i o r e d i q u e l l a d e i p ilastri. Di
Capitolo I Criteri generali di progettazione
13
conseguenza nelle sezioni di estremità dei pilastri, essendo il m o m e n t o
resistente inferiore a quello del sistema trave‐muratura, si fo rmeranno delle
cerniere plastiche
3
indesiderate. Altro caso tipico è identificabile negli edifici
con piano terra destinato ad uso commerciale (Figura 1.7b) per effetto della
presenza di lati aperti o molto alti rispetto agli altri. I pilastri, a tali piani, pur
avendo una rigidezza tale da coprire quelle richieste dal sisma , non hanno
rigidezze tali da avere spostamenti (drift) di piano accettabili . I n f a t t i l a
presenza di un piano soffice è facilmente riscontrabile perché evidenzia un
brusco cambiamento negli spostamenti di piano.
Figura 1.7: Modalità di collasso: di piano
Un piano soffice, generalmente, si presenta quando la rigidezza del relativo
piano è inferiore al 70% di quella relativa del piano superiore e all’80% della
rigidezza media dei tre piani superiori.
Quindi se la distribuzione degli elementi costruttivi senza funzione strutturale
è fortemente irregolare in altezza, nel calcolo strutturale si deve tener conto
della possibilità di forti concentrazioni di danno ai livelli caratterizzati da
significativa riduzione del numero di tali elementi rispetto ai livelli adiacenti.
Q u e s t o r e q ui s i t o s i i n t e n d e s o d d i s f a t t o i n c r eme n t a n d o d i u n f a tt o r e 1 . 4 l e
azioni di calcolo per gli elementi verticali (pilastri e pareti) dei livelli con
3
Tra i vincoli classici costituiti dalla cerniera (vincolo che consente una libera
rotazione) e l’incastro (vincolo che non consente rotazioni), è possibile definire un
vincolo intermedio definito appunto cerniera plastica che consente la rotazione solo
per momenti superiori ad un valore prefissato.
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riduzione dei tamponamenti. Quest’ultima disposizione tiene conto dell’effetto
“piano debole” generato dalla mancanza di tamponamenti ad un qualche
livello.
I n v e c e n e l c a s o i n c u i i l t e l a i o p r e s e n t a u n a b u o n a r e g o l a r i t à nella
distribuzione delle rigidezze e resistenze lungo l’altezza (Figura 1.8), in cui le
colonne hanno resistenza superiore rispetto alle travi (modello trave debole –
colonna forte) in modo che quest’ultime possano ruotare, l’effetto delle forze
laterali viene assorbito dall’inter a s t r u t t u r a t r a m i t e u n a d i s t ribuzione
uniforme del danno e con conseguente minimizzazione delle deformazioni
locali.
Figura 1.8: Meccanismo di deformazione di un telaio a “travi deboli – colonne forti”
Quindi, in conclusione, anche l’uniformità degli elementi non strutturali
dotati di rigidezza non trascurabile (come le pareti di tamponamento) deve
essere curata dal progettista. Una loro presenza diffusa è in g enere di aiuto
alla struttura, mentre una distribuzione non regolare, planimet ricamente o
lungo l’altezza, potrebbe alterare sensibilmente il comportamento (elastico o
inelastico) previsto per la struttura “nuda”.
L’abitudine a prendere in considerazione nel calcolo solo l’ossatura
intelaiata nuda si è diffusa, ed ha portato a volte a problemi come l’insorgere
di dissimmetria in edifici a struttura simmetrica, tanto da spingere norme
recenti a sottolineare che “il modello della struttura su cui verrà effettuata
l’analisi dovrà rappresentare in modo adeguato la distribuzione di massa e
rigidezza effettiva considerando, laddove appropriato, il contributo degli
Capitolo I Criteri generali di progettazione
15
elementi non strutturali” (Ordinanza 3274, Allegato 2, punto 4.4). Le Norme
Tecniche per le Costruzioni 2008 (punto 7.2.6) ribadiscono che tali elementi
secondari, nella definizione del modello della struttura, possono “essere
rappresentati unicamente in termini di massa, considerando il loro contributo
a l l a r i g i d e z z a e a l l a r e s i s t e n z a del sistema strutturale solo qualora essi
possiedano rigidezza e resistenza tali da modificare significativamente il
comportamento del modello”.
Quindi allorché si considera un tipo di struttura è importante rendersi
conto che alcuni elementi normalmente non strutturali diventano
strutturalmente assai collaboranti nei terremoti; infatti questi elementi,
durante l’evento sismico, si possono comportare come pareti di controvento e
influenzare significativamente il comportamento e la sicurezza della struttura.
Negli edifici i principali elementi interessati sono: il rivestimento esterno, le
pareti perimetrali di tamponamento e i divisori interni.
1.1.3 Resistenza e rigidezza flessionali secondo due direzioni
ortogonali
L’accelerazione orizzontale conseguente ad un evento sismico non ha
mai una direzione ben precisa e deve essere sempre considerata come
costituita da due componenti ortogonali, di intensità variabile in maniera non
correlata.
Quindi per limitare il rischio di collasso strutturale e garantire che la
struttura dell’edificio sia in grado di resistere ad azioni orizzontali comunque
orientate è opportuno organizzare in pianta gli elementi resistenti secondo
una maglia ortogonale; la presenza dei due sistemi resistenti, orditi secondo
direzioni ortogonali e aventi valori di rigidezza e resistenza simili, assicurano
un comportamento spaziale della struttura facilmente valutabile p e r
qualunque direzione essa sia sollecitata.