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I PARTE
Introduzione
Comunicazione e relazione occupano in medicina uno spazio
caratterizzato da forte ambivalenza: se da una parte ne viene esaltata
l‟importanza, dall‟altra c‟è ancora chi non ritiene fondamentale dedicarvi
una formazione specifica né ritiene possibile la ricerca scientifica in
questo campo.
Le competenze comunicative e relazionali vengono spesso considerate
capacità non obiettivabili e, sul piano della loro acquisizione, innate o
insegnate dalla vita o, al meglio, apprese per imitazione di un modello. In
realtà non è cosi‟: si tratta infatti di abilità comportamentali in gran parte
modificabili attraverso l‟apprendimento. Inoltre, la moderna tecnologia
rende oggi possibile raccogliere abbastanza agevolmente gli aspetti
relativi alla comunicazione verbale e non-verbale durante le visite
mediche (per esempio con videoregistrazioni o audioregistrazioni) e una
serie di costrutti ben codificati guidano nello studio e nell‟analisi.
Chiedersi davanti ad una videoregistrazione il perché il medico ha detto,
o fatto questo piuttosto che quell‟altro vuol dire già scomporre l‟obiettivo
generale “comunicazione” in segmenti che possono essere oggetto di
ricerca, di insegnamento e di apprendimento.
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Nel presente lavoro si è puntata l‟attenzione all‟aspetto comunicativo
della relazione tra medico e paziente, quale strumento fondamentale nel
processo di cura; saper comunicare fa parte del bagaglio culturale del
medico, a tutti i livelli e rappresenta un caposaldo fondamentale per
l‟instaurarsi di una relazione empatica, di una buona compliance da parte
del paziente nel percorso di diagnosi e di cura.
Sono stati presi in considerazione due modelli messi a confronto.
Il primo è il “modello centrato sulla malattia”, su cui fino ad ora si è
basata gran parte della medicina tradizionale, che fonda i suoi
presupposti teorici e pratici sull‟individuazione da parte del medico dei
sintomi che un paziente manifesta, la possibile associazione causa-effetto
ad una patologia e l‟eventuale trattamento terapeutico più idoneo.
Il secondo è il “modello centrato sul paziente” che rappresenta un
allargamento della visione tradizionale e per alcuni versi un‟innovazione,
poiché si attribuisce grande importanza alla dimensione umana della
relazione, sottolineando il fatto che la medicina classica risulta per molti
aspetti riduttiva rispetto alla complessità dei problemi che possono
presentarsi in un ambulatorio. Si tratta cioè di un modello che promuove
il “prendersi cura della persona malata” e considera il paziente
protagonista della sua salute.
Lo scopo del lavoro è stato quello evidenziare come sia possibile
analizzare e valutare gli aspetti comunicativi nella relazione medico-
paziente attraverso alcuni strumenti.
In questo contesto sono state misurate tre dimensioni differenti.
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La prima è relativa all‟aspetto tecnico della comunicazione e a tale
proposito si è utilizzato uno strumento chiamato “Analisi della
conversazione”, fondato da Harvey Sacks (1979). La sua funzione
principale è quella di analizzare tecnicamente come le persone parlano
tra di loro secondo principi ben precisi e attraverso una metodologia
naturalistica. Sacks afferma che il “significato di un enunciato è definito
dal suo uso sociale, e ricerca proprio i metodi con cui le persone
conferiscono ordine alle loro interazioni verbali”. Egli individua per
esempio nella sequenzialità degli enunciati e nel sistema della presa dei
turni di parola i due meccanismi fondamentali che rendono possibile il
carattere socialmente significativo degli scambi linguistici. L‟idea di
partenza di questa disciplina consta nel fatto che l‟interazione parlata tra
le persone non sia casuale ma organizzata in modi specifici, che è
possibile descrivere in modo formalizzato. Analizzare la conversazione
significa appunto studiare l‟insieme delle relazioni che si creano tra
quello che una persona dice in un determinato momento della
conversazione, quello che è stato appena detto e quello che sarà detto
subito dopo.
La seconda dimensione analizzata è quella relativa agli elementi
strutturali dell’interazione tra medico e paziente, ovvero il setting dove
avviene la consultazione medica nei suoi tempi e nei suoi spazi, facendo
riferimento a regole ben precise.
Infine, la terza la dimensione valutata è stata quella relativa all‟empatia,
in termini di partecipazione emotiva da parte del medico all‟interazione.
Sia per la seconda che per la terza dimensione si è rivelata molto utile
l‟applicazione di un test (BAS) di valutazione, strutturato in 23 items, che
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mette in evidenza le competenze/abilità o “skills” del medico quando si
trova in una situazione di consultazione con un paziente facendo
riferimento sia all‟idoneità degli elementi strutturali nella situazione e sia
alla capacità comunicativa.
Gli strumenti elencati sono stati applicati a colloqui realmente condotti e
registrati tra medico e paziente, con lo scopo di mettere in luce quanto
essi faccessero riferimento ad un modello centrato sulla malattia piuttosto
che ad uno centrato sul paziente.
Possedere strumenti scientificamente applicabili per l‟analisi della
comunicazione medico-paziente è fondamentale per costruire una base di
conoscenza che guidi azioni atte a migliorare l‟efficacia terapeutica della
relazione.
Oggi si assiste sempre di più ad un cambiamento delle esigenze del
paziente il quale non si presenta più in visita lamentando soltanto sintomi
e chiedendo una risoluzione farmacologica, bensì riporta, oltre ai sintomi,
tutto un mondo legato ad essi fatto di sofferenza e disagio, manifestati
attraverso emozioni spesso negative e conflittuali.
Sia per il “modello centrato sulla malattia” che per il “modello centrato
sul paziente”, la patologia risulta la stessa e viene affrontata con le
medesime strategie; i due medici sono allo stesso modo attenti al
problema clinico, ma la differenza consta nell‟attenzione posta al vissuto
di malattia.
Gli aspetti emotivo-psicologici del malato, trascurati dalla “vecchia”
medicina tradizionale, sono, in base al modello centrato sul paziente, ora
tenuti in considerazione. Questo porta a pensare che una nuova
prospettiva della relazione tra medico e paziente, necessiti di strategie
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comunicative-relazionali innovative che garantirebbero, da un lato una
maggiore soddisfazione del paziente al termine della visita in termini di
migliore comprensione della sua situazione e, dall‟altro, una differente
gratificazione del medico. Lo stesso assumerebbe un ruolo più ampio non
solo di colui che cura la patologia organica ma di colui che capisce e
comprende empaticamente il vissuto di malattia del paziente.
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CAPITOLO 1
IL PASSAGGIO DAL MODELLO CENTRATO SULLA
MALATTIA AL MODELLO CENTRATO SUL
PAZIENTE
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La Medicina “…è un insieme armonico di tecnologia
medica e antropologica medica, dove accanto
all’applicazione delle scienze di base deve sussistere
con pari dignità, il rapporto interumano tra medico e
paziente: un rapporto di dualità che diventa pluralità
coinvolgendo medico, paziente e società.
Stagnaro S., Vecchio e Nuovo nella Scienza. Tempo Medico, 1989
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1.1 IL MODELLO CENTRATO SULLA MALATTIA
Gran parte della medicina e di conseguenza della formazione medica
teorica è fondata su un paradigma biologico, biochimico e riduzionista.
La medicina a tale proposito considera la malattia e la sintomatologia
annessa come fulcro su cui dirigere l‟attenzione. Tale prospettiva
individua appunto il “modello centrato sulla malattia” o desease
centered come riferimento teorico per i medici, i quali seguendo il
paradigma tradizionale individuano i sintomi, li collegano ad una
malattia, formulano un‟ipotesi diagnostica principale e definiscono il
trattamento. Da un punto di vista tecnico si può affermare che il modello
risulti vincente in quanto il medico accerta e approfondisce tutti gli
aspetti relativi ad una possibile diagnosi del paziente, ma manifesta
carenze da un punto di vista più umano, ovvero vengono trascurati tutti
quegli aspetti invece riferiti alla dimensione psicologica e relazionale del
paziente inteso come persona, portatore di sofferenza.
Attualmente il modello desease centered è quello più diffuso e sostiene
che la medicina si debba occupare della malattia, intesa come alterazione
dalla norma di variabili biologiche, somatiche misurabili. Al medico
compete definire la presenza di una patologia nei malati, tramite una
diagnosi e di intervenire con un piano terapeutico dimostrato
scientificamente. Il modello biomedico o tradizionale si è costituito
attraverso un excursus storico preciso; nasce con Cartesio nel XVII, il
quale in base alla sua teoria sul dualismo, separa nettamente mente e
corpo, disumanizzando così il corpo dell‟uomo, che viene paragonato ad
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una macchina. Il paradigma culturale di quel momento disgiunge quindi
il soggetto dall'oggetto, il malato dalla malattia, disgiunge tutto ciò che si
percepisce come la più autentica identità personale dalla corporeità,
assegnandole a due diverse categorie di fenomeni tra loro incomunicabili:
uno puramente psichico, l'altro puramente fisico. L‟uomo stesso viene
studiato come una serie di meccanismi di causa-effetto, offrendo la
possibilità alla medicina tradizionale di anticipare gli eventi in maniera
predittiva. Dall‟altra parte la disumanizzazione del corpo dell‟uomo
comporta l‟esclusione di “un corpo con uno spirito”.
Oltre i contribuiti filosofici, alle spalle di questa nascita seicentesca vi
sono anche quelli clinici. Sydenham, in base alla sua visione ontologica,
distingue nettamente il malato dalla malattia affermando che la
concentrazione del medico debba avvenire su quest‟ultima. A questi due
modelli di riferimento, cioè il dualismo cartesiano e la malattia come
unico fulcro di interesse, si aggiungono l‟anatomia patologica e la
biologia. Da un punto di vista metodologico invece l‟innovazione è data
dall‟introduzione del disegno sperimentale, considerato un nodo
irrinunciabile della medicina che garantisce l‟affidabilità dei trattamenti
testati, fornito dalla ripetibilità degli esperimenti. Il percorso menzionato
caratterizzato dal radicamento del dualismo cartesiano, dall‟ipotesi della
realtà ontologica della malattia e dall‟introduzione del disegno
sperimentale, costituisce le fondamenta della medicina odierna e del
modello desease centered che la contraddistingue.
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1.1.1 IL METODO CLINICO DEL MODELLO CENTRATO SULLA
MALATTIA
Il metodo clinico utilizzato nella pratica professionale è influenzato e
plasmato dal modello centrato sulla malattia. Al centro dell‟attenzione
c‟è la malattia definita in termini puramente biologici e accanto ad essa la
figura del medico. La malattia e il medico in quanto esperto della stessa
sono i due protagonisti della visita medica e pertanto si potrebbe anche
parlare di metodo clinico doctor centered. Il medico rappresenta l‟unico
depositario della conoscenza della condizione di salute del paziente; egli
sulla base delle sue competenze cerca e individua i segni e i sintomi della
malattia, approfondendoli con indagini diagnostiche e decidendo quali
strategie idonee adottare. Il paziente in questo contesto è presente come
portatore della malattia e come ricettore passivo delle decisioni che il
medico reputa necessarie.
Nella fase di consultazione, durante l‟anamnesi, il medico accoglie e
recepisce fondamentali solo gli elementi che si connettono all‟ipotesi di
un danno biologico, vengono selezionate le informazioni che si
incastrano in una mappa biomedica eliminando a priori tutto ciò che non
è biologico. Il punto di vista del paziente sulla sua malattia e la sua
condizione di sentirsi malato non sono tenuti in considerazione e
addirittura in molti casi ritenuti ostacoli nel processo diagnostico. Il
medico, infatti, più che un alleato, è spesso percepito come un esperto
che parla un linguaggio poco comprensibile e che combatte la malattia
con le armi che la tecnologia gli ha consegnato. Un esperto che, quando
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non riesce a vincere la battaglia, si permette di pronunciare l'inappellabile
sentenza di condanna "non c'è più niente da fare".
Negli ultimi vent'anni si sono moltiplicati a dismisura, da un lato le
accuse ai medici di preoccuparsi solo degli aspetti tecnici della loro
professione e di curare la malattia senza prestare ascolto alle istanze della
persona; dall'altro gli appelli alla capacità e al dovere del medico di
ascoltare, di curare la persona e non la malattia, di guardare ai problemi
della salute con un respiro olistico e globale. La dimensione biologica e
biografica che definiscono l'unità della persona devono essere riunite
teoricamente. E questa unità deve essere il presupposto fondante
dell'epistemologia medica. In altre parole, il medico deve avere alle
spalle, come solido strumento di riferimento, una teoria che preveda che
rivolgendosi al corpo biologico, ci si rivolge, istantaneamente e
simultaneamente, anche al corpo biografico. Una teoria che sancisca che
il corpo biografico comprende il biologico. E lo comprende non tanto nel
senso che ne è il contenitore, ma nel senso che il corpo biografico altro
non è che un corpo biologico contestualizzato, cioè che vive nel suo
spazio-tempo.
Un metodo doctor centered influenza lo svolgimento di una vista medica
non solo sul piano dei contenuti ma anche per quanto concerne la
modalità attraverso la quale si snoda la comunicazione.
In un colloquio tra medico e il paziente entrambi dovrebbero partecipare
in maniera equipollente all‟interazione, in cui ciascuna risposta innesca
un‟ulteriore domanda, ma sulla base di un modello teorico di doctor
centered accade che il controllo dell‟evoluzione degli scambi
comunicativi è interamente gestito dal medico il quale inserisce le
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risposte del paziente sulla base del proprio schema di ipotesi. Un
colloquio condotto in base al modello centrato sulla malattia è
caratterizzato da un alto controllo degli scambi dal parte del medico e da
un basso controllo da parte del paziente; all‟interno di questo processo
l‟input degli scambi origina quasi sempre dal medico e dai suoi schemi di
riferimento e la risposta del paziente raramente viene raccolta dal medico
come stimolo per rilanciare la comunicazione. Il fulcro di quest‟ultima è
focalizzata esclusivamente sulla dimensione biologica della patologia. I
due modelli citati si integrano a vicenda nella pratica clinica.
Le caratteristiche discusse, del modello centrato sulla malattia,
evidenziano una scarsa rilevanza e importanza data agli aspetti umani,
emotivi e psicologici del paziente, portatore della sofferenza, ma
nonostante ciò tale modello presenta elementi che costituiscono dei punti
forza. Il primo consiste nella sua semplicità, ovvero la malattia è
analizzata scomposta negli elementi minimi che la costituiscono,
riducendo il fenomeno ad un rapporto di causa-effetto. Il secondo punto
forza è rappresentato dal potere predittivo in base al quale poiché la
malattia è letta in termini di causa-effetto che si ripete in soggetti diversi,
ciò consente al medico non solo di diagnosticare la malattia ma anche di
indicarne la prognosi. In terzo luogo, punto focale del metodo clinico,
questo modello propone con chiarezza gli obiettivi da raggiungere, sia
quelli generali relativi alla scienza medica che deve identificare le
patologie e trattarle sia quelli specifici relativi agli scopi e ai passi che il
medico deve effettuare per raggiungerli. Il quarto punto consiste nella
verificabilità dei risultati, ovvero la capacità di verificare la correttezza