1. Lʼavvento del sonoro
Negli anni venti, prima dellʼavvento del sonoro, il cinema muto aveva
raggiunto una piena maturità espressiva.
Il cinema era nato muto, questo aveva fatto sì che si sviluppasse un
linguaggio visivo sempre più articolato, ma anche che «fosse
accompagnato dal grande sogno di una lingua universale»
5
.
Questo linguaggio era presente in maniera esplicita, con le didascalie, che
si alternavano alle immagini, e in maniera implicita con il montaggio,
organizzando le immagini in modo da costruire un discorso in cui un piano
o un gesto erano gli equivalenti di una parola.
Non si può, tuttavia, immaginare uno spettatore del cinema muto privo di
percezione uditiva, dʼaltra parte «il cinema non è mai stato veramente
muto, semmai sordo»
6
.
Tentativi di sincronizzare le immagini al suono, erano già stati portati
avanti da Thomas Edison, con il suo Kinetoscopio, come ricorda
Gaudiosi
7
, inoltre va precisato che «il suono può essere considerato come
un elemento basilare fin dalla nascita del cinema»
8
.
La fruizione dei film delle origini era accompagnata da effetti sonori e da
musica eseguita dal vivo solitamente da un pianista o da un organista, ma,
a volte, anche da un'orchestra.
8
5
«Nei teorici di quegli anni era assai spiccato il tentativo di trovare, nellʼarticolarsi del
linguaggio delle immagini, il corrispondente delle strutture linguistiche della parola o della
frase», Bertolini M., Tuppini P. (a cura di), Deleuze e il cinema francese, Mimesis, Milano,
2002, p. 189.
6
Chion Michel, La voix au cinéma, Edition de lʼ Etoile, Paris, (trad. it. La voce nel
cinema, Pratiche, Parma, 1991).
7
Sainati Augusto - Gaudiosi Massimiliano, Analizzare i film, Marsilio, Venezia, 2007,
p. 149.
8
Ibidem.
Questi espedienti derivavano dalla tradizione delle rappresentazioni
popolari ottocentesche, come il vaudeville
9
, il circo e gli spettacoli
musicali; i rumoristi si nascondevano dietro lo schermo o nella sala, per
imitare i suoni delle immagini che venivano proiettate.
Ciò che determinò una svolta nellʼevoluzione del linguaggio
cinematografico fu la possibilità di raggiungere - attraverso la registrazione
del suono sulla pellicola - la sincronia tra suono e immagine.
La rivoluzione radicale del suono sta, non tanto nel fatto che si
ascoltino i suoni - in questo non cʼè nulla di scioccante per lo
spettatore degli anni venti - quanto piuttosto che la percezione
uditiva viene attivata su quella visiva
10
.
Se da un lato, la musica e i rumori costituivano una tradizione ben radicata
nel cinema muto - sebbene dipendessero dallʼesecuzione dal vivo in sala -
la possibilità di vedere la fonte e, contemporaneamente, di udire il suono
della voce umana, rappresentò un elemento nuovo e perturbante per una
forma artistica che era maturata anche grazie a questa assenza:
Per esso [il cinema] fu unʼopportunità che il suono gli lasciasse
carta bianca per trentʼanni, e non lo raggiungesse che dopo.
Senza questo, sarebbe restato, molto probabilmente, unʼarte
legata al suono, dipendente dalla parola.
11
Nel film muto la parola era unʼimmagine, o, meglio ancora, era un
intervallo tra le immagini, era una didascalia.
Grazie al montaggio, la narrazione filmica era basata sulla visione.
9
9
Il vaudeville è un genere teatrale nato in Francia a fine Settecento. A fine Ottocento in
America, era tra i generi popolari più amati. Per dare unʼidea, dellʼinfluenza che il genere
ebbe sul cinema muto, possiamo ricordare che Buster Keaton proveniva da una famiglia
di attori di vaudeville, e lui stesso debuttò in teatro allʼetà di soli cinque anni. Cfr. Cullen
Frank, Vaudeville, old & new: an encyclodeedia of variety performers in America,
Routledge, New York, 2007, Vol. 1, pp. 592 - 596.
10
Denunzio Fabrizio, Fuori campo: teorie dello spettatore cinematografico, Maltemi,
Roma, 2004, p. 124.
11
Chion Michel, La toile trouée. La parole au cinéma, Cahiers du cinéma, Paris, 1988,
p. 115.
Il rischio di una percezione uditiva attivata su quella visiva era quello di
adagiarsi su forme espressive tipiche del teatro o della letteratura, dove la
parola assume più valore dellʼimmagine.
In questʼottica si possono comprendere le reazioni e le critiche che
seguirono lʼavvento del sonoro.
René Clair
12
individuò la pericolosità di un film parlato, nella misura in cui
la prosaicità del linguaggio avrebbe intaccato il linguaggio poetico delle
immagini.
Ejzenštejn, Pudovkin e Alexandrov, in un articolo intitolato Il futuro del
sonoro. Dichiarazione.
13
, diventato poi noto come Manifesto
dellʼasincronismo , espressero la loro opinione sullʼavvento del sonoro, e
proposero soluzioni alternative alla sincronia:
[...] Il cinema sonoro è un'arma a doppio taglio e lo sfruttamento
del film così perfezionato seguirà la linea di minor resistenza
soddisfacendo solo e semplicemente la curiosità.
[...] Il primo periodo non nuocerà allo sviluppo dell'arte nuova,
ma il secondo periodo potrà rivelarsi disastroso quando,
attenuata la purezza della prima impressione, si arriverà ad
un'epoca di utilizzazione dell'invenzione per drammi
"psicologici" ed altre rappresentazioni fotografate di ordine
teatrale. Il sonoro utilizzato in questo modo ucciderà la regia.
Ogni aggiunta della parola ad una scena filmata aumenterà
l'importanza sua propria a detrimento dell'insieme che procede
per sovrapposizione di scene separate.
Solo l'utilizzazione del sonoro quale contrappunto in rapporto
alla scena darà nuove possibilità allo sviluppo e al
perfezionamento della regia. [...] Soltanto il "contrasto" darà la
sensazione voluta, sensazione che condurrà poi alla creazione
di un nuovo contrappunto orchestrale di quadri visivi e auditivi.
14
Un uso “contrappuntistico” del sonoro, capace di esprimere un contrasto
tra immagine e suono, avrebbe preservato, a differenza della sincronia, le
qualità del montaggio.
10
12
Cfr. Clair René, Cinéma dʼhier, cinéma dʼaujourdʼhui, Gallimard, Paris, 1970.
13
Ejzenštejn S.M. - Pudovkin W.I. - Alexandrov G.W., Il fururo del sonoro. Dichiarazione
in «Gisn Iskusstva»,Leningrad. 32, luglio, 1928. Riportato per intero in Simeon Ennio, Per
un pugno di note. Storia, teoria, estetica della musica per il cinema la televisione e il
video, Rugginenti, Milano, 1995, p. 50.
14
Ibidem.
Inoltre, il sonoro, offriva delle possibilità, oltre che espressive, anche
drammaturgiche ed estetiche.
Il regista avrebbe così avuto lʼopportunità di risolvere:
[...] una serie di problemi che sembravano senza soluzione.
Come primo problema occorre considerare le didascalie e tutti i
tentativi infruttuosi di introdurle nella composizione del film
come elementi di regia (frazionamento delle didascalie, caratteri
più grandi o più piccoli, ecc.). Il secondo problema si presenta
sotto la forma delle scene esplicative che appesantiscono la
composizione del film e ne rallentano il tempo.
15
Il sonoro offrì una soluzione ai problemi che si erano presentati al cinema
muto, laddove i soggetti rappresentati, erano diventati più complessi,
imponendo delle scelte visive che appesantivano la fruizione, e che,
talvolta, portavano ad un simbolismo esasperato.
In questa rivoluzione estetica, «il suono si aggiudicò funzioni sempre più
profonde e complesse di quella subordinata e passiva di accompagnare,
sorreggere, assecondare il livello visivo»
16
.
Le diverse soluzioni combinatorie generarono un livello di fruizione nuovo,
con un proprio effetto sullo spettatore e un proprio significato.
Diventa opportuna, quindi, unʼanalisi che si occupi, oltre che della colonna
visiva, anche della colonna audio.
Per fare ciò, bisogna superare una concezione di tipo concorrenziale del
rapporto tra suono e immagine.
Sollevare il sonoro dalle accuse di ridondanza
17
e individuare, nellʼapporto
specifico del suono, unʼautonomia significativa oltre che una reciprocità
nellʼinterazione dei due elementi.
11
15
Ejzenštejn S.M. - Pudovkin W.I. - Alexandrov G.W., Il futuro del sonoro. Dichiarazione,
op.cit.
16
Ramaglia Vincenzo, Il suono e lʼimmagine. Musica, voce, rumore e silenzio nel film,
Dino Audino Editore, Roma, 2004, p. 23.
17
«Ridondanza in rapporto a cosa? Non allʼimmagine, certamente (perché ci si domanda
in cosa, delle percezioni così differenti, in essenza e sostanza come un suono e un
immagine, possano duplicarsi), ma con il suono sognato, mentalmente ricostruito, doppio
che lʼaveva preceduto nello spazio, infinitamente più plastico dellʼarbitrio, delle
immaginazioni individuali.» Chion Michel, Le son au cinéma, Editon de lʼEtolile, Paris,
1992, p. 27.
Bisogna superare la semplice idea di “visione” cinematografica, per
giungere ad una più completa di “audio-visione”.
12
2. Lʼaudiovisione
Il termine audiovisione viene usato per designare il tipo di percezione
proprio della visione cinematografica.
Lʼimmagine è la fonte cosciente dellʼattenzione, laddove il suono apporta,
in tutti i momenti, una serie di effetti, di sensazioni, di significati che,
spesso, influenzano e trasformano la visione.
[...] nella combinazione audiovisiva, una percezione
influenza lʼaltra e la trasform a: non si “vede” la stessa cosa
quando si sente; non si “sente” la stessa cosa quando si
vede.
18
Assistendo alla proiezione di un film, lo spettatore non si limita a vedere
delle immagini e a sentire dei suoni, le due percezioni interagiscono
reciprocamente e vicendevolmente si arricchiscono.
Questo è un fenomeno tipico della percezione audiovisiva e viene definito
valore aggiunto.
Con lʼespressione valore aggiunto designamo il valore
espressivo e informativo di cui un suono arricchisce
unʼimmagine data, sino a far credere, nellʼimpressione
immediata che se ne ha o nel ricordo che se ne conserva,
che quellʼinformazione o quellʼespressione derivino
“naturalmente” da ciò che si vede, e siano già contenute
nella semplice immagine
19
.
Il valore aggiunto dal suono allʼimmagine crea lʼillusione cinematografica,
soprattutto se il suono e lʼimmagine interagiscono in un rapporto di
sincronia, o “parallelismo”
20
, secondo il principio della sincresi
21
, quando,
13
18
Chion Michel, Lʼaudio-vision. Son et image au cinéma , Nathan, Paris, 1990, (trad. it.
Lʼaudiovisione. Suono e immagine nel cinema , Lindau, Torino, 2001, p. 7).
19
Ivi, p. 12.
20
Ramaglia Vincenzo, Il suono e lʼimmagine. Musica, voce, rumore e silenzio nel film, op.
cit., p. 23.
21
Parola formata combinando “sincronismo” e “sintesi”. Cfr. Chion Michel, Lʼaudiovisione.
Suono e immagine nel cinema, op. cit., p. 58.
presentandosi contemporaneamente, producono una saldatura inevitabile
e spontanea tra loro.
Ciò avviene sempre, per esempio, quando sullo schermo, vengono
simulate esplosioni, collisioni, deflagrazioni, quando vengono
rappresentate scene concitate o anche, semplicemente, quando vediamo
una pistola fare fuoco.
Non basterebbe vedere solamente il fumo uscire dalla canna, o il corpo
della vittima cadere a terra, per creare lʼillusione che la pistola abbia
sparato.
Il suono aggiunge alle immagini la consistenza e la materialità di cui esse
sono prive nel momento in cui riprendono e rappresentano, sullo schermo,
oggetti di scena e muri di cartapesta.
Allo stesso modo, non basterebbe ascoltare solamente i suoni.
I suoni non ci aiutano, autonomamente, a costruire un “campo”, la loro
localizzazione e la loro espressività, dipendono dal rapporto con le
immagini
22
.
Né lʼenunciazione visiva né lʼenunciazione sonora, hanno «una potenza di
significazione maggiormente determinante e necessariamente superiore a
quelle degli altri»
23
, per questo il rapporto audiovisivo viene descritto e
formulato come contratto, «vale a dire, come il contrario di un rapporto
naturale che rimandi ad un armonia preesistente tra le percezioni»
24
.
Le due percezioni, di fatto, sono estremamente diverse tra di loro, ma è
grazie al contratto audiovisivo, alla reciproca influenza e alla
contaminazione tra esse, che lo spettatore non se ne accorge.
La paritarietà di ruoli, tra suono e immagine, non ha senso,
perché tutto mira, nel film, ad un certo risultato e non alla
democratica distribuzione degli spazi espressivi.
25
14
22
Cfr. Chion Michel, La toile trouée. La parole au cinéma, op. cit., p. 140.
23
Linguiti F., Colacino M., Lʼinconscio cinema. Lo spettatore tra cinema, film e psiche,
Effatà, Torino, 2004 p.11.
24
Chion Michel, Lʼaudiovisione. Suono e immagine nel cinema , op. cit., p.8.
25
Chion Michel, Le son au cinéma, op. cit., p.86.
Risulta impossibile, poi, analizzare le due entità come se fossero,
composte da materiali diversi, ma strutturate allo stesso modo.
La “colonna video” è, infatti, composta dai piani, singole unità riconoscibili
ed individuabili, montati tra loro, fino a costituire un flusso di immagini.
Per la “colonna audio” non è lo stesso: gli elementi sonori sono scelti
individualmente, secondo i bisogni della storia, della drammaturgia, della
scenografia, e sono poi montati in rapporto con le immagini, e non tra loro.
Non esiste, quindi, una “colonna audio”, esiste, dal punto di vista
puramente tecnico, una pista sonora che corre lungo il film, ma questo
non comporta lʼesistenza di una totalità unitaria di suoni nel film.
Con il termine “colonna audio”, tuttʼal più, ci si può riferire alla semplice
giustapposizione, tecnica ed empirica, dei suoni di un film, priva, in ogni
caso, di un significato autonomo
26
.
Nellʼaudiovisione, suono e immagine, rinunciano ad una propria
autonomia: «nel cinema, dunque, non vi sono una colonna immagine e
una colonna audio, ma vi è un luogo di immagine e suoni.»
27
15
26
Cfr. Chion Michel, Lʼaudiovisione. Suono e immagine nel cinema , op. cit., p.40.
27
Ivi, p.41.