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ABSTRACT
La Previdenza Complementare: mercato italiano e confronti
internazionali.
L‟anticipo dell‟entrata in vigore del d.lgs. n.252/2005 avvenuto
attraverso la Legge Finanziaria per il 2007 (legge n.296/2006) ha generato
intorno al tema della Previdenza Complementare un interesse che non si era
mai registrato nel corso dei suoi primi 15 anni di vita nel nostro Paese. Tale
interesse, sia da parte della letteratura finanziaria, sia da parte del mondo
dell‟informazione (ma anche soprattutto dell‟opinione pubblica) è dovuto al
fatto principale che il legislatore ha di recente escogitato un meccanismo per il
momento ideato solo per i lavoratori dipendenti privati (anche se da qui a breve
sarà esteso anche ai dipendenti pubblici). Tale meccanismo prevede, in seguito
al c.d. semestre di silenzio/assenso (la cui scadenza è fissata al 30 giugno
2007), l‟adesione tacita (nota anche come opzione di default) alla Previdenza
Complementare attraverso il conferimento delle quote di Trattamento di fine
rapporto (Tfr) maturande di coloro i quali non effettueranno alcuna
comunicazione al proprio datore di lavoro.
Finora i mezzi di finanziamento della Previdenza Complementare infatti
sono stati quasi prevalentemente individuati nelle quote di Tfr del lavoratore,
questo per via delle note difficoltà economiche in cui si è venuta a trovare larga
parte dei lavoratori dipendenti, soprattutto in seguito alla conversione della
nostra moneta di conto (dalla lira all‟euro). In presenza di tale scenario è
risultato e risulta tuttora evidente la difficoltà del lavoratore di reperire risorse
aggiuntive da destinare ad essa (basti pensare che già l‟elevata pressione fiscale
e contributiva presente nel nostro Paese riduce sensibilmente il reddito
disponibile degli individui). Ovviamente per i lavoratori autonomi oppure
atipici le cose si complicano, perché, non disponendo del Tfr, essi se vorranno
accedere alla Previdenza Complementare dovranno necessariamente reperire
risorse aggiuntive il che rende l‟adesione ancor più gravosa.
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Nel presente lavoro si cercherà di individuare l‟importanza e la necessità
della Previdenza Complementare in una moderna economia poiché è ritenuta
anche all‟interno dell‟area comunitaria mezzo ideale necessario a coprire il
rischio di longevità (noto negli Stati Uniti come probabilità di “rovina”). E‟
noto che fin quando la Previdenza Pubblica provvederà ad elargire importanti
rendite ai lavoratori in quiescenza, la necessità di ricorrere ad una pensione
aggiuntiva (complementare ad essa) è minore oppure addirittura assente.
Com‟è noto, in seguito alla riforma Dini, i tassi di sostituzione (rapporto tra
l‟ultimo stipendio e la prima prestazione pensionistica) sono destinati nel lungo
periodo a diminuire sensibilmente. Questa decisione è stata necessaria per
riequilibrare la finanza pubblica in quanto il nostro sistema previdenziale è
basato sul sistema a ripartizione (le prestazioni ai pensionati vengono pagate
dai contributi dei lavoratori) che come è noto è entrato in crisi. Ciò è dovuto al
fatto che i lavoratori attivi stanno diminuendo in relazione al numero dei
pensionati (in crescita per via dell‟allungamento della vita media). Tale
necessità non è però percepita per intero dall‟opinione pubblica ed a questo
dovrà ovviare (ed in parte lo sta già facendo) il Governo (attuale e tutti quelli
che si avvicenderanno) per permettere ai lavoratori di percepire il problema e
di costruire una propria pensione da affiancare a quella pubblica (di “base”) al
fine di ottenere un tasso di sostituzione sufficiente per la conduzione di un
dignitoso tenore di vita (ricerche stabiliscono che esso debba essere pari
almeno all‟84%). E‟ questa la funzione caratteristica della Previdenza
Complementare a cui però si affiancano altre funzioni, per così dire, accessorie.
Ad esempio il ricorso al mercato finanziario (le contribuzioni alla Previdenza
Complementare confluiscono temporaneamente al suo interno attraverso
strumenti semplici quali azioni ed obbligazioni) può permettere alle imprese in
deficit di risorse finanziarie di approvvigionarsi di esse senza far ricorso al
canale tradizionale (credito bancario). Tra le altre funzioni accessorie, che
riguardano più da vicino il nostro studio, c‟è il vantaggio che possono ottenere
gli intermediari finanziari (banche, SIM, SGR, compagnie di assicurazione) nel
gestire le ingenti masse di denaro (si stima che solo le quote annue di Tfr
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ammontino a 19 miliardi di euro) e quindi ricercare un‟altra opportunità di
guadagno rappresentato dalle relative commissioni di gestione. Specie per le
banche quest‟area di business può rappresentare un‟alternativa importante che
potrà permettere loro di integrare i propri utili ed ovviare alla riduzione del
margine di interesse (la loro caratteristica fonte di guadagno) dovuta alla
sensibile riduzione dei tassi sul mercato intervenuta dagli inizi degli anni ‟90
ad oggi.
Dall‟inizio del 2007 si è incrementata la concorrenza tra le varie Forme
Pensionistiche Complementari. Ad affrontarsi sono infatti: il Fondo Pensione
di categoria (o Chiuso), avvantaggiato soprattutto dalle regole della legge che
sta rivoluzionando il sistema previdenziale (appoggiato anche dai principali
canali informativi); il Fondo Pensione Aperto che però ha alle spalle una
grande forza finanziaria ed una nutrita squadra di consulenti; i FIP (Forme
Individuali Pensionistiche) o PIP (Piani Individuali Pensionistici), come
outsider alle due tipologie sopra indicate, ma che si pongono però a differenza
di esse con costi più alti poiché non riescono a raggiungere soddisfacenti
economie di scala per via del più basso numero di adesioni. Per ora la corsa ad
investire le proprie quote di Tfr su una di queste tipologie non c‟è stata, anzi, a
meno di due mesi dalla scadenza del semestre individuato dal legislatore, la
liquidazione della maggior parte dei circa 12 milioni di lavoratori dipendenti
delle imprese private italiane resta parcheggiata in azienda, forse questi ultimi
in attesa proprio di ricevere maggiori informazioni in materia. Secondo il
sondaggio condotto da IPR Marketing per conto del Sole 24 ORE e le
sensazioni raccolte sul campo dai rappresentanti di banche ed assicurazioni, ai
lavoratori la rivoluzione della liquidazione “fa venire l‟ansia” e preferirebbero
(soprattutto i giovani) mantenere le cose come sono sempre andate, ossia
lasciare le loro quote maturande di Tfr alle rispettive imprese senza quindi
precludersi la possibilità di ottenere un montante cospicuo da prelevare al
momento di andare in pensione. Le motivazioni di ciò però sono anche da
additare alle Forme Pensionistiche Complementari che per ora sembrano
ancora in procinto di studiarsi, senza dimostrare la volontà di generare
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un‟accesa competizione. I più agguerriti in proposito sembrano proprio i Fondi
Chiusi (negoziali, di categoria o preesistenti). I Fondi Aperti, che dovrebbero
essere animati dallo spirito di conquista dell‟industria privata del risparmio,
tendono ancora ad aspettare sul da farsi senza organizzarsi efficacemente,
come se, in qualche modo, immaginassero di aver poche chance nell‟andare “a
caccia” delle quote di Tfr dei dipendenti delle imprese private. Il legislatore, in
effetti, ha favorito i Fondi Chiusi negoziali o di categoria, generati dagli
accordi sindacali ed in alcuni casi attivi da anni (come il caso di Fonchim
analizzato all‟interno del capitolo 6), ma ha comunque introdotto per la prima
volta una concorrenza, ancorché asimmetrica, su cui i promotori dei Fondi
Pensione Aperti solo in queste settimane cominciano a battersi: se riescono a
convincere i datori di lavoro, i Fondi Aperti possono essere offerti come
alternativa a pari condizioni (benefici fiscali compresi) di quelli patrocinati dal
sindacato. I gruppi finanziari usciti allo scoperto con specifiche campagne
pubblicitarie per sponsorizzare i Fondi Aperti sono ancora pochi e chi si
aspettava un assalto deciso da parte di essi è rimasto deluso, il tutto mentre la
campagna promozionale promessa dal Governo è appena cominciata.
L‟anticipo di sei mesi dell‟entrata in vigore del nuovo regime ha
spiazzato tutti: i lavoratori, i datori di lavoro ed anche l‟industria della gestione
del risparmio la quale ha dovuto rivedere i prodotti già sul mercato, sia i Fondi
Aperti che i FIP e PIP, le polizze pensionistiche. Molti dei giganti finanziari
quindi sono ancora impegnati a disegnare le proposte da presentare sul nuovo
mercato. Alcuni operatori di mercato considerano la soluzione adoperata dal
legislatore italiano una grande occasione mancata, poiché essi ritengono non ci
siano abbastanza vantaggi fiscali ed avrebbero preferito invece che tutte le
contribuzioni conferite ai Fondi fossero completamente detassate. Quanto ai
lavoratori, si nota subito una colossale mancanza d‟informazione e molti di essi
faranno la loro scelta solo in extremis quando si moltiplicheranno le iniziative
sui luoghi di lavoro. La titubanza ad aderire alla previdenza integrativa
potrebbe comunque portare milioni di lavoratori, specialmente giovani, a
posticipare la scelta anche a dopo il 1/7/2007. Il senso di abitudinaria sicurezza
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incorporato nel Tfr e la sottovalutazione del fatto che la pensione pubblica
degli attuali trentenni sarà pari a meno della metà del loro ultimo stipendio
(alcuni dati a riguardo verranno presentati all‟interno del capitolo 5),
contribuiscono alla stasi decisionale di milioni di persone. Mentre nelle
imprese fortemente sindacalizzate i Fondi negoziali comunque vedono
aumentare le adesioni (il Cometa dei metalmeccanici nel febbraio 2007 ne ha
raccolte tante quante in tutto il 2006), i responsabili dei Fondi Pensione Aperti
stanno facendo di tutto per incontrare imprenditori e capi del personale in tutta
Italia. Il Fondo Aperto viene proposto come alternativa al Fondo di categoria
soprattutto dove il negoziale non è radicato o dove, per varie ragioni, i
dipendenti sono alla ricerca di più possibilità di scelta. La nuova normativa ha
contribuito a far cambiare politica anche all‟Unicredit (di cui si analizzerà
sempre all‟interno del sesto capitolo, il caso Unicredit Previdenza, Fondo
Aperto ad adesione sia collettiva che individuale): il gruppo (attraverso la
controllata Pioneer Investment Management) che finora aveva soprattutto
gestito Fondi negoziali, ora punta infatti anche sugli Aperti, utilizzando la rete
di Unicredit Banca d‟Impresa per entrare in contatto con le aziende. Il fulcro
infatti è proprio l‟azienda poiché si può partire a fare concorrenza ai Fondi
negoziali soprattutto dove ci sono tra i 50 ed i 200 dipendenti (è lì dunque che i
Fondi Aperti stanno notando un grande interesse). Un tipo di strategia è quella
di convincere i datori di lavoro di piccole ditte (tipo laboratori e studi
professionali, con tre o quattro addetti, magari dove il titolare è un
professionista che già sottoscrive il PIP dello stesso intermediario) e riuscire a
far adottare il loro Fondo Aperto per i propri dipendenti: questa manovra
avvolgente accomuna quasi tutte le compagnie di assicurazioni. Tra quelle
note, solo la Mediolanum sembra comportarsi diversamente: non avendo
prodotti per le aziende, non può utilizzare il volano dell‟imprenditore cliente e
quindi apertamente sostiene di voler continuare a puntare soprattutto su PIP e
FIP più adatti per lavoratori autonomi e professionisti (strumenti
personalizzabili, arricchibili con diverse garanzie, come quelle mediche,
dunque più costosi per il sottoscrittore e più remunerativi per gli agenti che li
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collocano). Se la compagnia assicurativa menzionata pensa al singolo, gli altri
ricorrono sempre più sovente all‟impresa. Alcune compagnie stanno chiudendo
i contatti con decine di società e già nella seconda metà di aprile hanno firmato
un certo numero di convenzioni. Questo è l‟avvio di una rivoluzione che
impiegherà anni per mutare sensibilmente lo scenario e molto probabilmente le
imprese potranno tranquillamente supportare anche due o tre Fondi Aperti
aggiuntivi.
Tra i motivi della scelta del Fondo Aperto anziché quello Chiuso (a parità
di benefici fiscali) ecco alcuni motivi che incidono: sfiducia nel sindacato,
ricerca di performance migliori, consulenza più continua, possibile aggiunta di
garanzie accessorie. L‟importanza di queste esigenze lo si inizierà a capire tra
12-18 mesi, analizzando le adesioni ai Fondi Aperti. Un intermediario che ci
crede molto è CAAM SGR, la società della francese Crédit Agricole che è stata
tra le prime a partire con la campagna pubblicitaria. Il suo obiettivo è quello di
far capire a tutti che c‟è bisogno della Previdenza Complementare ed il loro
bersaglio principale sono le aziende, per far sì che il loro Fondo venga
affiancato al Fondo negoziale. Dall‟inizio dell‟anno essi hanno già firmato
molti accordi con imprese (anche se le aziende coinvolte non hanno autorizzato
CAAM SGR a divulgare il loro nome). Lo stesso è accaduto anche ad Arca
SGR, che di aziende in convenzione ne aveva 170 già a fine dicembre, poiché
c‟è un grosso timore di andare a disturbare il Fondo Pensione Chiuso negoziale
o di categoria, specie dove la sindacalizzazione è alta. D‟altronde, anche la più
potente confederazione (la Cgil) è stata esplicita. Essa sostiene che già dagli
ultimi mesi del 2006 i rappresentanti di banche e compagnie assicurative
cercano di sviluppare rapporti diretti con i responsabili del personale delle
imprese private, con l‟obiettivo di convincerle a convenzioni per l‟utilizzo dei
loro prodotti previdenziali. Secondo sempre la Cgil la strada maestra per un
sistema complementare risulta essere quella dei Fondi Pensione negoziali
collettivi. Tale strategia sembra poco improntato al fair play che dovrebbe
regnare tra strumenti messi in competizione dalla normativa. In realtà, quelli
che la Cgil dipinge come concorrenti da scoraggiare sono spesso i gestori degli
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stessi Fondi negoziali: è a loro, infatti, che vengono affidate le diverse linee di
investimento, da quelle più prudenti a quelle più aggressive (è fatto divieto ad i
soggetti promotori ed ai Fondi negoziali di gestire direttamente le risorse loro
conferite dagli aderenti). Fino a qualche anno fa inoltre i mandati non venivano
quasi mai attribuiti ad operatori esteri, mentre adesso la situazione è cambiata e
qualche operatore sostiene che è rimasto deluso dal fatto che non sia stata
creata una corsia preferenziale per gli operatori nazionali data la valenza anche
sociale della modifica alle norme sul Tfr. Per la prima volta i Fondi Aperti
stanno entrando a contatto con gli operai e con chi fa mestieri manuali
attraverso gli incontri organizzati nelle aziende ed alcuni specialisti reduci
dagli incontri nelle aziende raccontano di un grande bisogno di informazione e
di un forte senso di spiazzamento da parte dei lavoratori. Con questo non
dobbiamo però aspettarci che ci sia la corsa ai Fondi Pensione da qui all‟inizio
del mese di luglio, poiché occorrerà vincere la diffidenza di milioni di piccole
imprese dove il Fondo negoziale non arriverà e questo lavoro dovrà continuare
anche ben oltre il prossimo mese di giugno.
Attualmente un numero preciso riguardo le adesioni nel corso dei primi
mesi dell‟anno non lo ha nessuno. L‟elaborazione messa a punto da Plus24 il
settimanale de il Sole 24 ORE sulle adesioni a strumenti di Previdenza
Complementare in questa prima metà del semestre di silenzio/assenso, non
sembra certo soddisfacente. Ai 62.650 nuovi iscritti ai Fondi Pensione
negoziali si aggiungono i 26.000 circa ai Fondi Aperti, mentre il numero dei
nuovi aderenti ai PIP potrebbe sfiorare le 20.000 unità, se si considera che
9.000 sono quelli prenotati (il conferimento del denaro arriverà solo al mese di
luglio) tra Eurizon e Mediolanum ed almeno altrettanti sono quelli collocati
dalle altre compagnie. In totale quindi sono circa 110.000 adesioni certe, un
livello sensibilmente lontano dagli obiettivi del Governo (che si prefigge un
tasso di adesione attorno al 40%) nell‟operazione “smobilizzo del Tfr”; la
valutazione di mezzo termine è resa ancor più difficile dalla percentuale di chi
aderirà tacitamente, senza esprimere cioè alcuna scelta entro il 30/6/2007.
Insomma, il futuro previdenziale non sembra fin qui preoccupare molto gli
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italiani, anche perchè il timore verso il mercato azionario, non ancora sopito
dopo i crack finanziari di Cirio e Parmalat, li tiene ancora lontani dalle Borse.
C‟è però, valutazione che coinvolge tutti i lavoratori e secondo quanto emerso
in una recente assemblea di Assogestioni, un deficit di fiducia verso
l‟investimento azionario e verso le SGR. Qualcuno, infine, ritiene che il
Governo non stia informando adeguatamente i lavoratori in materia di Fondi
Pensione, perché ha interesse a trattenere il Tfr presso l‟INPS, al fine di
portarlo in detrazione del debito pubblico, così come previsto (in modo molto
discusso, come si dirà nel corso del lavoro) dall‟ultima Legge Finanziaria. A
sostenere la necessità, soprattutto per le giovani generazioni, della Previdenza
Complementare è intervenuto il ministro del Lavoro in persona. Secondo il
ministro Damiano, “i Fondi Pensione convengono e sono un‟esigenza sociale.
E‟ necessario incentivarli, soprattutto per quanto riguarda i giovani”. Si tratta,
sostiene il ministro, di “una ruota di scorta che può garantire un futuro a chi
andrà in pensione”.
E‟ anche vero che una serie di fattori ha reso poco fluido il trasferimento
della liquidazione verso la Previdenza Complementare. L‟anticipo della
riforma ha causato problemi normativi, ma anche organizzativi, con le strutture
obbligate a “reinventarsi” nel giro di poche settimane. Sicuramente non ha
aiutato l‟articolazione e, per alcuni, la complessità della materia. Questo è la
conseguenza della “cattiva abitudine” italiana di considerare la previdenza un
cantiere sempre aperto, con riforme da proporre praticamente con cadenza
annuale, rendendo incerto il quadro d‟insieme ed il sistema poco affidabile.
Non è abitudine degli intermediari finanziari, poi, registrare adesioni a
strumenti senza incassarne il corrispettivo in denaro (questo avverrà infatti non
prima di luglio), circostanza che ha frenato l‟attività di molte reti assicurative.
Alcune strutture hanno deciso di non comunicare i dati sulla propria
operatività, nonostante le ripetute richieste, negando talvolta le informazioni
anche alla Covip (l‟Autorità di vigilanza sui Fondi Pensione) da inviare il 10 di
ogni mese sull‟operatività del mese precedente. Nella lista di “reticenti” ci sono
i leader di mercato dei Fondi Aperti: Intesa Previdenza SIM ed Arca SGR,
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rispettivamente con il 25 ed il 16% del mercato dei Fondi Aperti e molto attivi
negli accordi collettivi presso aziende di piccole e medie dimensioni. Non ha
comunicato nulla anche Generali, nonostante abbia già ottenuto
l‟autorizzazione al suo prodotto, in collocamento presso la rete ormai da mesi.
Diverso il caso di Ras (e della controllata Lloyd Adriatico), ferma in attesa del
lancio dei nuovi prodotti armonizzati alla nuova normativa. Per molti Fondi
negoziali l‟incremento di adesioni è vicino al 10%, come per Foncer, Fonte,
Cometa e Fonchim. La massa degli iscritti ai preesistenti, che vantano
percentuali di adesione al Fondo in media del 90% sul bacino di utenza,
potrebbe fornire inoltre nuova linfa al settore.
La svolta “epocale” decisa nel corso delle ultime due legislature potrà
permettere alla Previdenza Complementare il suo decollo forse definitivo dopo
alcuni anni in cui si è fregiata dell‟appellativo di “grande assente” nel mercato
finanziario italiano.
Uno dei primi interessi degli operatori di mercato (ma anche dello Stato,
soprattutto dopo la recente Legge Finanziaria) e del nostro studio è quello di
capire di quanto aumenterà effettivamente il tasso di adesione alle Forme
Pensionistiche Complementari. Secondo stime autorevoli e dati provenienti da
sondaggi di recente fattura è plausibile che il tasso di adesione passi
dall‟attuale 12% a circa il 40% (IPR marketing, secondo una recente stima,
prevede una percentuale compresa tra il 37% ed il 41%, percentuali in linea
con quelle ipotizzate dal Governo, ossia il 40%). Questo ovviamente dipenderà
da circa un 25% di lavoratori dipendenti privati che ha già deciso di destinare
le proprie quote di Tfr maturande alla Previdenza Complementare ed
ovviamente da un cospicuo numero di individui che ancora oggi è indeciso sul
da farsi (questi circa il 35% di lavoratori ed è presumibile che una buona parte
di essi si avvarranno della c.d. opzione di default). E‟ ovvio che i Fondi
negoziali saranno avvantaggiati, non solo perché finora il 60% di chi ha già
deciso di aderire si è rivolto ad essi, ma anche perché il legislatore, come verrà
detto più volte nel corso del lavoro ed in parte già anticipato, ha riservato ai
Fondi Chiusi attraverso il d.lgs. n.252/2005 un trattamento di favore (come già
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accaduto in provvedimenti passati), essendo preferiti in caso di conferimento
tacito alle altre tipologie di Forme Pensionistiche Complementari (sulle
motivazioni di ciò verrà fatto cenno nel corso del lavoro). Solamente un 27% si
è rivolto finora ad un Fondo Aperto ed appena il 13% ad un PIP, tipologie che
non saranno nemmeno avvantaggiate più di tanto dalla riforma (la cui adesione
tacita è prevista solo in via secondaria e quindi in casi meno frequenti).
Nel corso del lavoro verrà inoltre definito il percorso decisionale di un
lavoratore dipendente che non ha ancora aderito alla Previdenza
Complementare (caso che riguarda circa l‟88% dei lavoratori dato che al 2005,
ultimo anno in cui si posseggono dati definitivi per tutte le Forme
Pensionistiche Complementari, il tasso di adesione era di circa il 12%). Verrà
data inoltre attenzione agli eventi storici che si sono succeduti dalla nascita del
nostro sistema previdenziale alla recente legge n.296/2006, dando molta
importanza alle riforme intervenute nel corso degli anni „90. Successivamente
si cercherà di capire qual è lo scopo ed il funzionamento delle Forme
Pensionistiche Complementari, studiando in sede separata le Forme del
secondo pilastro del nostro sistema previdenziale (Fondi Chiusi ed Aperti ad
adesione collettiva, all‟interno del secondo capitolo) da quelle di terzo pilastro
(Fondi Aperti ad adesione individuali e PIP, all‟interno del terzo capitolo),
soffermandosi anche sulla governance e sulla vigilanza che deve essere
esercitata su tutte esse per tutelare il risparmiatore previdenziale. La trattazione
del terzo pilastro previdenziale si è resa necessaria in quanto è sembrato giusto
esaminare anche la soluzione previdenziale messa a disposizione per chi non
dispone di un Tfr e per chi non presta attività lavorative. All‟interno del quarto
capitolo è sembrato invece opportuno verificare quanto accade all‟interno
dell‟area comunitaria in materia di Previdenza Complementare (per restringere
l‟analisi si sono tenuti in considerazione i Paesi dell‟UE-15) per verificare se
esistevano esperienze significative in materia e se il nostro Paese è in grado di
riproporle nella nostra economia. Nel quinto capitolo si esaminerà la situazione
del mercato interno, con particolare riferimento alla domanda ed all‟offerta di
prodotti previdenziali nel nostro Paese, tenendo conto del fatto che, come già
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anticipato finora, la situazione è in rapida evoluzione. Infine verranno
esaminati i rendimenti storici e la composizione del portafoglio di alcuni
prodotti previdenziali (Fonchim per i Fondi negoziali, Unicredit Previdenza per
i Fondi Aperti, Vipensiono, Postaprevidenza Valore ed Alpe Adria Previdenza
per i PIP). La scelta dei PIP di tre importanti compagnie assicurative (la
multinazionale Zurich Investments Life, la nazionale Poste Vita e la locale La
Venezia assicurazioni) si spiega per via del fatto che su tale mercato non si
dispongono di dati globali. Inoltre i loro PIP, rispetto ad altri, potrebbero
raccogliere adesioni anche mediante conferimento delle quote di Tfr. Infine
verranno presentate delle opportune conclusioni dell‟intero studio,
sintetizzando i risultati di mercato e le prospettive della Previdenza
Complementare all‟interno del nostro Paese alla luce delle più significative
esperienze internazionali.