Prefazione
1
PREFAZIONE
Questo studio sull'esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società
quotate è idealmente suddiviso in due parti, una di carattere più
generale e una seconda dedicata a due diritti positivi. Inizialmente
si affronterà l'esame della direttiva 2007/36/CE, atto sovranazionale
che impone l'armonizzazione dei diritti nazionali degli Stati membri,
il sistema in cui è calata, i comportamenti apatici e attivisti degli
azionisti, le dinamiche indotte nel mercato, con un'analisi
all'insegna del confronto con i procedimenti istituzionali e i relativi
atti extranormativi. Si tratta dei primi due capitoli che, oltre a
descrivere la Direttiva, si preoccupano di fornire statistiche,
osservazioni e conflitti che hanno portato anche a delle lacune del
testo definitivo, non riuscendo i rappresentanti dei vari Stati membri
a trovare un punto di incontro. Non mancheranno riflessioni
comparatistiche tra un campione dei maggiori ordinamenti europei,
tenendo altresì presente la realtà statunitense, essendo pacifico che
varie innovazioni riportate sono influenzate dal diritto e
dall'economia d'oltreoceano. Proprio il profilo economico, ma a
livello europeo, troverà spazio nelle argomentazioni a seguire per
poter offrire un'introduzione pratica degli interventi necessari che la
legislazione ha dovuto apportare. Ogni capitolo sito nella seconda
parte si apre con un'analisi dei meccanismi e degli andamenti
societari così come si registrano all'entrata in vigore degli atti
normativi, sovranazionali e nazionali, un'esposizione di dati
finalizzata a fornire un panorama effettivo che la norma si trova a
regolare. Due sono i casi applicativi presi in considerazione e
riguardano l'Italia e la Francia. Si comincerà dal nostro sistema
Prefazione
2
ordinamentale, precisamente dalla legge delega per poi addentrarci
sul consequenziale decreto legislativo. In coerenza con la
descrizione della direttiva, che segue quasi fedelmente l'ordine delle
tematiche così come riportate nell'atto, l'esposizione delle norme
scaturenti dal decreto legislativo, a causa del loro carattere
eteronomo, seguirà massimamente i criteri della legge delega,
perfettamente scritta in linea al testo di fonte europea. L'approccio a
questa seconda parte è teso a estrapolare le possibili ricadute della
riforma nella previgente disciplina nazionale con la quale sarà
affrontato un confronto. Anche se lo studio concerne due casi
nazionali, ciò non ci preclude uno studio comparatistico
sull'apparato normativo di altri ordinamenti europei che offrono
spunti di riflessione, in accentuazione dello spirito europeo ispirato
dall'eliminazione degli ostacoli all'esercizio dei diritti. In chiusura
di capitolo uno spazio rilevante sarà dato alla norma secondaria,
regolamentare, tutt'ora in evoluzione, che non copre di certo un
ruolo così marginale, come da prassi già consolidata. Il secondo
caso applicativo riguarderà la Francia e verranno seguiti criteri
pressoché identici a quelli del capitolo che precede la sua
trattazione, soffermandosi in qualche dettaglio lì dove bisogna
prendere confidenza con un sistema che non è il nostro. La scelta su
questo Stato membro è stato il frutto di un vissuto personale, la
borsa di studio Erasmus, che mi ha portato oltralpe in quel di Parigi
permettendomi di studiare il loro diritto societario. Alla fine
verranno stese delle conclusioni che avranno un approccio formale
differente rispetto a quello utilizzato nel resto del mio studio.
Mentre nella trattazione dei vari livelli di legislazione si è proceduto
secondo un'impostazione verticale, dal testo sovranazionale, per
passare alla legge nazionali, ai regolamenti e in alcuni casi anche
Prefazione
3
alla prassi, nella parte finale si seguirà una linea orizzontale.
Verranno ripresi i punti salienti della riforma e si apriranno delle
finestre, anche comparative, sui problemi rimasti aperti e sui
possibili sviluppi. Al termine saranno presenti due Appendici che
riportano, sinteticamente, gli avvisi ci convocazione pubblicati
recentemente da due società quotate nei mercati regolamentati, una
italiana e l'altra francese, in vista dell'assemblea annuale.
Capitolo I : L'apatia razionale, tra legge e mercato
4
CAPITOLO I
L'APATIA RAZIONALE, TRA LEGGE E
MERCATO
Sommario: - 1. Apatia e attivismo azionario degli azionisti. - 2. Una
partecipazione al passo col mercato. - 3. La tecnologia nell'attivismo diretto e
in absentia.
"I also believe there is a strong medium-
to- long- term case for establishing real
shareholder democracy in the EU"
1
1. Apatia e attivismo azionario degli azionisti
L'antinomia tra attivismo e apatia degli azionisti è la risultante di
come si presenta la proprietà societaria e dei comportamenti degli
investitori. Per la precisione, il peso di una partecipazione al
capitale della società da un lato offre lo spunto per ricavare il suo
ruolo all'interno dell'emittente e di conseguenza le norme che lo
interessano, dall'altro è un indice per la determinazione dei diritti
che ne derivano, condizionati dalla scelta del sistema sulla
1
Cit. BOLKESTEIN F., "The EU Action Plan for Corporate Governance–Conference on the
German Corporate Governance Code". Trad: "Credo anche che vi sia una forte necessità a
medio-lungo termine di stabilire una vera democrazia degli azionisti nell'UE".
Capitolo I : L'apatia razionale, tra legge e mercato
5
ripartizione degli stessi
2
. Da questo dato economico (la
partecipazione) consegue un comportamento che l'azionista verte in
scelte messe in campo nei confronti della società. Dipendentemente
dalla reazione conseguita si traccia il profilo del soggetto apatico o
attivista.
Discutere sull'attivismo, fenomeno risalente agli arbori del XIX
secolo
3
, con studi che si sono sviluppati nell'ultimo trentennio
4
, non
si presenta particolarmente complesso. Ciò che emerge è la strategia
di investimento prescelta dall'investitore, a prescindere dallo studio
della sua valenza, che si riflette su altre categorie di operatori e
sulla società stessa, proporzionalmente all'importanza del suo
investimento ovvero alla sua incidenza nella vita societaria. Esempi
tipici sono gli scandali finanziari, come quello che ha condotto alla
crisi economica del 2008 che incontreremo in seguito. A
prescindere dalla mole di partecipazione azionaria in possesso,
l'investitore punta sempre alla massima realizzazione dello scopo
lucrativo, e in quest'ottica trova nel mercato, rispondente alla rigida
regole della vendita al maggior offerente, il suo habitat ideale. In
America il proliferarsi degli investitori professionali è stato uno
degli incipit della crescita dell'attivismo ma nel vecchio continente
il contesto è differente. Qui una versione "familiare" della società
non ha mai abbandonato il controllo, cioè una partecipazione di
maggioranza, neanche con l'apparizione della forma S.p.a. la cui
attività trae da questi soggetti le sue origini. E' questa in Europa la
forma tipica di attivismo. Il discorso si fa più articolato invece se si
prende in considerazione l'apatia degli investitori.
2
V. infra Cap II, par. 6 sul principio un'azione-un voto.
3
Cfr. GILLAN S.L., STARKS L.T., The Evolution of Shareholder Activism in the United
States in Journal of Applied Corporate Finance, 19, 2007, p. 55 ss.
4
Cfr. KLEIN A., ZUR E., Entrepreneurial Shareholder Activism: Hedge Funds and Other
Private Investors, in Journal of Finance, 2009, 64, in particolare Prior Waves of Shareholder
Activism pp. 191-194.
Capitolo I : L'apatia razionale, tra legge e mercato
6
La passività dell'azionista discende da più fattori cumulativi
sensibili all'innesto del profilo economico a quello
comportamentale che portano a un disinteresse sull'andamento della
vita societaria e dei propri diritti
5
. Questo disinteressamento porta a
scelte strategiche emotive, non particolarmente fondate, alle quali
seguono risultati che per ciò, da un punto di vista economico,
vengono definiti apaticamente razionali. In un contesto di pluralità
di forme di azionariato e di prevalenza di partecipazioni concentrate,
come gli investitori istituzionali e le partecipazioni rilevanti,
familiari o meno, quasi tutte le categorie di azionisti serbano, a
diversi livelli, talune prerogative della funzione imprenditoriale
dato che apportano risorse finanziarie, affiancate
contemporaneamente da risorse cognitive dal valore non irrilevante
6
.
La strada per agevolare il voto degli azionisti può essere quella di
cambiare le regole giuridiche che ostacolano l'azione collettiva e
individuale degli azionisti, adottare nuove regole che facilitino tale
azione e sviluppare un ambiente istituzionale e giuridico che in
modo più efficace controlli i conflitti di interesse Money Manager
7
.
Dello stesso avviso è il legislatore comunitario che punta ha messo
in luce l'insufficienza della legislazione comunitaria previgente,
rintracciabile nei considerando
8
della direttiva 2007/36/CE
9
oggetto
del mio studio. La legislazione ha il ruolo primario di controllore
5
"Shareholder passivity, in sum, may be both legally and historically contingent. It may reflect
less the inexorable logic of collective action,than a combination of legal obstacles to
shareholder action, shareholder conflicts of interest, managers' agenda control, and more
dispersed and conflicted ownership in the past than today." Cfr. BLACK B.S., Shareholder
Passivity Reexamined, in Michigan Law Review, 1990, 89, op. cit., p. 525.
6
Cfr. CHARREAUX G., L'actionnaire comme apporteur de ressources cognitives, in Revue
française de gestion, 141, 2002, p. 77 ss.
7
Cfr. BLACK B.S., Shareholder Passivity Reexamined, in Michigan Law Review, 1990, 89,
cit., p. 525.
8
Cfr. considerando n. 4: "La legislazione comunitaria vigente non è sufficiente per raggiungere
questo obiettivo. […] Dovrebbero pertanto essere introdotte alcune norme minime volte a
proteggere gli investitori e a promuovere l'esercizio agevole ed effettivo dei diritti degli
azionisti conferiti da azioni con diritto di voto".
9
Direttiva 2007/36/CE dell’11 luglio 2007 G.U.U.E. del 14.7.2007 L. 184 pag.17 relativa
all'esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate, d'ora in avanti "la direttiva".
Capitolo I : L'apatia razionale, tra legge e mercato
7
dell'equilibrio dei diritti e dei doveri spettanti agli azionisti e agli
organi di gestione. E' evidente ciò che lega l'apatia e i diritti degli
azionisti, soprattutto per le minoranze azionarie. Ne è riscontro, per
esempio, l'esistenza di norme che condizionano determinate
vicende societarie (scissione, Opa e fusioni) al rispetto delle
minoranze che potrebbero vedere pregiudicate le loro partecipazioni.
Studi della dottrina hanno riscontrato nel meccanismo dell'esercizio
del voto uno dei fattori chiave dell'assenteismo dei soci e, partendo
da ciò, le riforme, che stanno interessando vari ordinamenti,
prevedono una semplificazione delle procedure ed un utilizzazione
delle nuove tecnologie. La stessa Comunità europea, con la direttiva
2007/36/CE, spinge alla repressione dei comportamenti apatici
degli azionisti, con particolare riguardo ai non residenti nello Stato
membro sede della società emittente le azioni interessate. Non vi
sono dubbi circa la centralità del tema voice insito nella direttiva e
l'aspirazione a combattere l'assenteismo degli azionisti: da un lato si
forniscono i mezzi per un intervento diretto assembleare, dall'altro
si agevola un indiretto esercizio del voto. La questione che ne esce
fuori è se vi sia un maggior favore per il radicarsi della democrazia
azionaria diretta, in cui si cerca di dare più spazio possibile anche
all'infinitesima partecipazione, o si prediliga invero un sistema che
fa capo a chi è in grado di raccogliere quantità considerevoli di
consensi. Non si tratta di un dilemma di poco conto visto che le
delibere scaturiscono per influenza di una o dell'altra. E' quindi ora
comprensibile l'importante ruolo della legislazione offerta.
Capitolo I : L'apatia razionale, tra legge e mercato
8
2. Una partecipazione al passo col mercato
" La partecipazione degli azionisti è una condizione fondamentale
per un efficace governo societario." Con queste parole si apre
l'introduzione alla relazione della "Proposta di direttiva del
Parlamento europeo e del Consiglio, relativa all’esercizio dei diritti
di voto da parte degli azionisti di società aventi la sede legale in uno
Stato membro e le cui azioni sono ammesse alla negoziazione su un
mercato regolamentato"
10
, preparata dalla Commissione europea il
5 gennaio 2006.
Dall'affermazione posta in apertura possiamo trarre
immediatamente la considerazione che la direttiva 2007/36/CE si
pone l'obiettivo mediato di una maggiore dialettica e partecipazione
degli investitori per giungere ad un fine più amplio, quello di un più
efficace governo societario, in armonia e in coerenza con l'obiettivo
del diritto societario: rispondere agli interessi della società, presa in
considerazione in termini lati. Le novità introdotte a livello europeo,
di cui si parlerà già dal prossimo capitolo, sono inserite in un
disegno più complessivo, per un rinvigorimento dei diritti degli
azionisti, che è in atto da almeno un decennio in tutti i paesi
occidentali a capitalismo avanzato, teso ad ampliare la capacità di
controllo e la voice dell'azionariato
11
. I consociati sono coloro che
corrono il rischio d'impresa, per cui il legislatore attribuisce loro,
oltre al diritto sugli utili e al residuo, il diritto di decidere in merito
all'organizzazione sociale. Da questi due elementi ricaviamo il
concetto di proprietà di una società, difatti attribuita agli investitori
10
COM/2005/0685 def. - COD 2005/0265 */ . La Comunità europea può intervenire in base al
principio di sussidiarietà sancito dall'art. 5 del Trattato CE limitandosi a quanto necessario per
conseguire gli obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità.
11
Cfr. ABRIANI N., SANTOSUOSSO D. U., La Direttiva relativa all'esercizio di alcuni diritti
degli azionisti di società quotate ed il ruolo degli investitori istituzionali nella democrazia
azionaria del terzo millennio, in RDS, 2007, 4, p. 140.
Capitolo I : L'apatia razionale, tra legge e mercato
9
che dovrebbero essere messi nelle migliori condizioni possibili per
esercitare i loro diritti, considerando che questi si riflettono nel
prezzo pagato per l'acquisto delle azioni
12
. La protezione degli
investitori assume nella cultura giuridica europea una notevole
rilevanza, dato che la possibilità di estromettere le minoranze dal
controllo sono ingenti
13
. La materia dei diritti degli azionisti vive
12
Sulla struttura del capitale di rischio prendiamo atto che il rapporto di conflitto tra azionisti e
managers come descritto da Berle e Means è il risultato dell'enorme dispersione del capitale
nelle società di diritto statunitense (che sconosce forme organizzative del capitale nominale), e
che tale insiste tutt'oggi al centro delle misure legislative in materia di corporate governance.
L'Europa, di contro, consta di molte meno società a capitale largamente diffuso prevalendo la
figura dell'azionista dominante che detiene il controllo delle azioni con diritto di voto, spesso
contando, come accade in Italia, di strutture piramidali. Da ciò consegue che i soci dominanti
sono incentivati a controllare l'attività degli amministratori ma dall'altro lato la concentrazione
del capitale con diritto di voto può portare considerevoli problemi, poiché l'interesse al
controllo coinvolge le minoranze azionarie. "Non si può negare che, mentre nelle società di
persone il rapporto tra qualità di socio e potere di amministrare è diretto e di immedesimazione,
nelle società di capitali invece tale rapporto è indiretto e di separazione. Indiretto, perché tra
socio ed amministratore si interpone il diaframma dell'assemblea che nomina i preposti agli
uffici amministrativi; di separazione, perché assemblea ed amministratori sono due organi
distinti e separati, ancorché caratterizzati dalla derivazione dei preposti al secondo della scelta
operata dal primo; scelta che si attua secondo un rapporto che è appunto di proporzionalità tra
rischio (e, quindi, conferimento) e potere di gestione (o meglio, potere di incidere sulla
gestione, tramite la scelta di coloro che vi sono preposti)." Cfr. SCHIUMA L., Controllo,
governo e partecipazione al capitale, p. 169 ss.
13
Negli anni, se non ormai nei secoli, si sono sviluppate importanti teorie sulla natura
economica e giuridica delle società per azioni. La ricerca affrontata da Berle e Means rivela la
situazione delle società per azioni statunitensi tra i secoli XIX e XX, con il passaggio alla
società definita moderna dagli stessi dalla joint stock company (società anonima, cosi definita
in quanto le azioni non erano nominative. Tale definizione si riferisce alle società per azioni e
in molti paesi, per lo più francofoni, è rimasta tale. Durante il tempo delle compagnie coloniale
si caratterizzavano per un limite del rischio da parte degli investitori e di una separazione
patrimoniale che erano esclusivo frutto di un privilegio concesso dal sovrano. Sono le
codificazioni napoleoniche nel XIX secolo a introdurre la moderna traduzione di società
anonima segnata da un autonomia patrimoniale ormai perfetta). La radice della loro teoria è la
convinzione che nelle società con capitale largamente diffuso si innesti un meccanismo di
separazione tra la gestione del capitale investito, l'attività economica nella società e la
partecipazione al rischio d'impresa. Su tali premesse il diritto societario dovrebbe perseguire gli
interessi dei propri azionisti e massimizzare il valore di mercato delle azioni. Inoltre ricordiamo
che la società, come noto dall'esperienza americana, sviluppatasi negli anni Settanta su una
prospettiva economica del diritto, è un nexus of contracts in cui molteplici sono gli interessi
che alimentano la sua attività e che creano non pochi problemi cosiddetti di agency. In base a
questa teoria i plurimi e plurilaterali rapporti che interessano la società, a prescindere che
trovino la loro causa in un contratto formale, si muovono verso il fine ultimo di accrescere il
benessere aggregato di tutti gli stakeholders. Interessi di tutti gli stakeholders che sono
potenzialmente in conflitto per cui è necessario il mantenimento di comportamenti consoni al
rapporto principal-agent; scopo problematico e non semplice nell'ottica della teoria
dell'agenzia continuando a vedere gli azionisti non come i proprietari della società, bensì come
proprietari del solo capitale finanziario, di cui la società si serve come base per fronteggiare le
incerte e possibili differenze negative tra entrate e spese. Accentrando principalmente la
politica gestionale sulla massimizzazione del profitto degli azionisti si traccerebbe la migliore
strada per realizzare l'obiettivo più ampio della promozione del guadagno comune. Si è più
propensi a trattare con una società che garantisca dei risultati e, di contro, i suoi soci hanno
l'interesse a operazioni vantaggiose per loro stessi e per tutte le altre parti. Cfr. ENRIQUES L.,
Capitolo I : L'apatia razionale, tra legge e mercato
10
nell'intimo del diritto delle società per azioni, ed è la risultanza di
un'evoluzione
14
. Saranno le teorie liberistiche, formalizzate nei
codici napoleonici del 1804, e il Code de commerce francese del
1867, modelli per l'Europa, a creare le fondamenta dei diritti
spettanti agli azionisti, come una consapevole informazione
dell'assemblea, distinta dall'organo amministrativo, creando
un'organizzazione tendenzialmente democratica sensibile alla tutela
delle minoranze; in pratica, si mossero i risparmi di ingenti strati
della popolazione, così da collettivizzare il finanziamento. Ci si è
resi conto che il ruolo della legislazione in campo finanziario
andava ampliato al fine di una maggiore tutela degli investitori.
Difatti non è da sottovalutare l'importanza del diritto del mercato
finanziario che ormai ha mutato l'identità giuridica dell'impresa e
capace di portare il legislatore a disciplinare le S.p.a. in funzione
del mercato
15
. Prendiamo in considerazione, a supporto della tesi, il
decennio 1995-2005 e notiamo come in alcuni paesi gli investitori
abbiano deciso di incrementare la loro posizione azionaria nel
Diritto societario comparato, 2008, p. 28. Sarebbe il perseguimento dello shareholder value il
fine primo del diritto societario assicurando un mercato efficiente che, in quanto mezzo di
controllo più efficace, permette di osteggiare gli interessi individuali, contrari a quelli societari,
dei dirigenti che Berle e Means vedono come temperabili solo attraverso norme inderogabili.
Di certo quella della nexus-of-contracts theory of the firm (Le basi della nexus-of-contracts
theory of the firm si trovano in ALCHIAN A., DEMSETZ H., Production, Information Costs
and Economic Organization,1972) non si può dire che non sia abbastanza ottimista sulla scelta
che le parti concludano contratti per il perseguimento primo di un optimum sociale. Berle e
Means si soffermano parecchio, nei loro studi, sulla dicotomia gestione-partecipazione presente
nelle società anonime del common law. Nel periodo precedente la grande depressione, al
fiorente sviluppo dell'impresa si accompagna, in egual misura, l'incapacità dei fondatori di
trattenere la maggioranza delle partecipazioni che passano nella disponibilità degli
amministratori, di certo maggiormente presenti nella vita societaria ma al tempo stesso spinti
da interessi spesso diversi, se non confliggenti, con quelli della società, soprattutto al momento
della scelta tra ripartizione e reinvestimento degli utili.
14
La scoperta delle Americhe ha dato origine all'epoca mercantile e nel seno delle prime
compagnie coloniali si sviluppa la società anonima caratterizzata da una responsabilità limitata
di chi investiva rispetto all'attività societaria e la divisione del capitale in azioni, formalizzate
in documenti dalla facile circolazione. L'esperienza giuridica anglosassone del XVI si fonda
sull'investimento anonimo: da un lato il bisogno di un opulente capitale vista la dispendiosa
attività coloniale, dall'altro, un variegato novero di investitori. Si avviano secoli in cui non ci si
sofferma sulla tutela dei diritti spettanti ai soci, la dottrina parla di fase di aristocrazia
nell'organizzazione societaria.
15
Cfr. SPADA P., C'era una volta la società..., in Rivista del notariato, 2004, 1, p. 3 ss.
Capitolo I : L'apatia razionale, tra legge e mercato
11
portafoglio, mentre in altri la situazione è rimasta costante se non ha
addirittura preso una direzione deflessa
16
(Table 4). Altro dato cui
far fronte è la crescita dell'investimento dei non residenti che tra il
2001 e il 2005 ha segnato una crescita media annua del 19% nel
panorama mondiale e a fine 2005 gli investimenti internazionali in
Europa erano pari al 52.5%
17
. Sono dati che spingono ad
incentivare ancor di più, o quantomeno a non dissipare, tali
finanziamenti, il che richiede una regolamentazione competitiva che
tuteli e incentivi gli investitori.
Table 4
18
- Household financial portfolio: international comparison
Fonte: Borsa Italiana
16
Le cause sono varie e spaziano dalla privatizzazione, al mantenimento per un periodo
considerevole di un'importante riduzione dei tassi di interesse per poter entrare a far parte
dell'Unione Monetaria Europea passando da un nuovo processo di industrializzazione. Tutto
ciò ha portato in paesi come la Spagna e l'Italia a una maggiore fiducia da parte degli
investitori che si sono orientati maggiormente a una propensione al rischio diversificando le
loro scelte sul risparmio. Cfr. CORAGGIO V., FRANZONI A., Household portfolio and
demand for equity: an international comparison p. 20 in Bit Notes n. 19 di Borsa Italiana del
Maggio 2008.
17
Cfr. GERANIO M., FRANZONI A., "Gli investimenti internazionali di portafoglio: quale
ruolo per l'Italia?" in Bit Notes n. 18 di Borsa Italiana del Novembre 2007, p. 12.
18
Cfr. CORAGGIO V., FRANZONI A., Household portfolio and demand for equity: an
international comparison p. 19 in Bit Notes n. 19 di Borsa Italiana del Maggio 2008.
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
1995
2005
Capitolo I : L'apatia razionale, tra legge e mercato
12
Nella realtà dei mercati, da tener ben presente è anche l'istituto della
delega: si sono presentate situazioni in cui soggetti interposti per
delega tra anonimi azionisti e gestori societari, fanno rientrare la
partecipazione anonima nel rischio d'impresa
19
. Per il tramite degli
investitori istituzionali viene rivalutata la tradizionale posizione di
questi azionisti, che quindi, hanno la possibilità di influire
sull'amministrazione e sul controllo societario. In primo piano al
riguardo si pone l'istituto del voto delegato, esercitato per il tramite
di soggetti competenti, fulcro del ribaltamento che si cerca di
contenere proprio allargando alla base il quadro dei diritti spettanti
a ogni singola, anonima voce.
La corporate governance, quale insieme di norme che regola la fitta
rete di interessi in gioco in una società articolata da complessi e vari
rapporti giuridici, va inserita nel suo specifico contesto, in analisi
delle condizioni che in un ordinamento si manifestano in un dato
momento storico
20
. La storia ci insegna che la tutela dell'azionista e
del risparmio ha sempre fatto la sua mossa per contrastare gli
scandali finanziari. E' stata la legge sul risparmio del 2005 la
risposta agli scandali Cirio e Parmalat, la vicenda della Ferfin e dei
Ferruzzi all'inizio degli anni '90 spinse, invece, al varo della legge
sull'Opa del 1992 per una maggior protezione dei property rights, al
fine di tutelare i piccoli azionisti nel caso di scalate, sia per
19
Si veda sull'argomento SCHIUMA L., Le deleghe di voto tra diritto delle società e diritto del
mercato azionario, op. cit., che, a p. 2 e ss., afferma: "La disciplina delle deleghe di voto
rappresenta pertanto un "osservatorio" particolarmente significativo degli sviluppi della
legislazione economica in materia di società e di mercato finanziario […] Ciò che risulta
tutelato, comunque, non è la consapevolezza del voto in quanto tale, ma la consapevolezza del
voto in quanto strumentale all'affermazione di un dato modello di società tendenzialmente
contendibile, dove facilitare il rilascio delle deleghe di voto è funzionale alla lotta
all'assenteismo, e la lotta all'assenteismo, intesa a contrastare il consolidarsi di posizioni di
potere non proporzionate al rischio e ad attivare meccanismi interni di verifica sull'operato di
chi governa la società. Un attivismo ed una proporzionalità da intendersi, evidentemente, nelle
società quotate, non più soltanto in relazione alla singola partecipazione, di chi governa o di chi
verifica l'operato dei gestori della società, ma anche in relazione a forme di "partecipazione
aggregata" degli azionisti all'assemblea".
20
Husserl ci insegna che la norma giuridica è un prodotto della storia.
Capitolo I : L'apatia razionale, tra legge e mercato
13
monitorare l'insider trading e le manipolazioni del mercato, ciò che
avvenne con il T.u.f. nel 1998. Risalendo ancor più indietro nel
tempo, nel 1974, la stessa istituzione della Consob fu in parte
innescata anche dalle vicende di criminalità finanziaria di Michele
Sindona. L'emanazione della direttiva su alcuni diritti degli azionisti
va invece inserita nell'ambito dell'intento del legislatore, di prendere
atto, da un lato, dell'ormai integrazione della finanza mondiale che
porta un dispiegamento sempre maggiore di investitori
internazionali partecipanti al capitale sociale delle società quotate e,
d'altro lato, delle potenzialità informative derivanti dall'utilizzo
della rete, con la conseguente irrilevanza delle distanze che
ostacolavano in passato il compiuto esercizio dei diritti azionari e la
capacità degli azionisti di partecipare attivamente agli eventi
assembleari
21
. Proprio al fine di una compiuta integrazione dei
mercati finanziari, l'Unione Europea ha fissato un quadro normativo,
teso a dar maggior vigore al settore dei servizi finanziari
aumentando la concorrenza e la stabilità finanziaria
22
. La politica
comunitaria della libera circolazione dei capitali, deve porsi
l'obiettivo di proteggere maggiormente i consumatori, non potendo
ignorare né il potenziale carattere transfrontaliero delle attività, né i
servizi legati alle nuove tecnologie. Enron, Worldcom, Ahold e, più
recentemente Parmalat, fanno parte di una "sala della vergogna" e il
Piano d'Azione tiene conto delle lezioni da loro impartite. Ma il
piano d'azione è molto più di una risposta ai recenti scandali
finanziari. E' anche una risposta alle potenzialità di Internet per le
21
Si veda GUYADER, L'actionnaire transnational et la directive n° 2007/36/CE du 11 juillet
2007 in Bulletin Joly Bourse 2008, 265; DETHOMAS, RONTCHEVSKY, Un premier pas
vers l'exercice effectif des droits des actionnaires de sociétés cotées dans l'ensemble de l'Union
européenne in Lamy Droit des affaires 2007, 10.
22
Comunicazione della Commissione dell'11 maggio 1999, "Attuazione del quadro di azione
per i servizi finanziari: Piano d'azione, in COM (1999) 232 che propone certi obiettivi al fine di
un mercato finanziario unico: 1) istituzione di un mercato dei servizi finanziari all'ingrosso; 2)
accessibilità e sicurezza dei mercati al dettaglio; 3) rafforzamento delle norme di vigilanza
prudenziale.
Capitolo I : L'apatia razionale, tra legge e mercato
14
informazioni aziendali e per il successo del mercato interno. Questo
successo significa che più società europee operano a livello
transfrontaliero e che i mercati dei capitali sono sempre più integrati.
Il piano d'azione accrescerà l'efficienza del business, il che è
ottimale per la crescita dell'Europa. Società ben gestite, con un forte
governo societario hanno una performance migliore delle
concorrenti. E' verso queste società che l'Europa guarda per
generare occupazione e crescita sostenibile a lungo termine
23
.
La c.d. DSHR
24
è quindi una riforma che, una volta tanto, non nasce
da una crisi o da uno scandalo
25
, ma la sua approvazione è avvenuta
comunque alla vigilia di un periodo di acutissima crisi economica e
debutta dopo il terremoto finanziario del 2008-2009. Il terzo
elemento del Piano d'Azione è quello di generare potere per gli
azionisti, rafforzare i diritti degli azionisti nelle società quotate. Un
rapporto più responsabile tra azionisti e gli amministratori è
necessario per controllare gli eccessi. L'altra faccia della medaglia è,
naturalmente, che gli azionisti prendano sul serio le proprie
responsabilità
26
. L'auspicio è che essa possa rappresentare un
efficace strumento di crisis management e dare un notevole apporto
alla ripresa economica. Sostanzialmente questa nuova disciplina,
con l'obiettivo di favorire una maggiore partecipazione degli
azionisti alla vita delle società, incentiva indubbiamente un veloce
ed efficiente accesso degli investitori di tutto il mondo al capitale di
23
Cfr. BOLKESTEIN F., "The EU Action Plan for Corporate Governance–Conference on the
German Corporate Governance Code". La Commissione avverte anche la necessità di un
maggior coordinamento tra le autorità di vigilanza in tutti i settori e attraverso le frontiere al
fine di garantire che la legislazione nazionale sia debitamente applicata. I recenti scandali
hanno sottolineato che le imprese e le società di revisione sono operatori globali i cui guasti
causano danni agli investitori in tutto il mondo. Pertanto, la proposta fornisce il quadro per la
cooperazione tra le autorità competenti di paesi terzi. L'UE è impegnata, in particolare, in un
intenso dialogo con le autorità statunitensi, in particolare la Securities and Exchange
Commission e il PCAOB (Public Company Accounting Oversight Board).
24
Acronimo inglese: shareholders rights diretctive.
25
Cfr. BUSANI A., Più partecipazione all'assemblea delle società, in Le Società, 4, 2010, p.
401.
26
Cfr. ibidem.