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INTRODUZIONE
Nell’Europa del dopo guerra, nessun processo di crescita e cambiamento
strutturale si avvicina tanto a quello dell’economia spagnola, sia dal lato
del grande livello di avanzamento che dal lato della profondità e rapidità
delle trasformazioni.
Sotto vari punti di vista, il paese iberico ha richiamato attenzione e
ammirazione. Alla fine degli anni Settanta superò, in modo indolore, la
delicata fase del passaggio alla democrazia. Ammessa nella Comunità
Europea a metà degli anni Ottanta, la Spagna raggiunse velocemente il
cuore dell’Europa, completando, in appena poche decine di anni, un
processo di modernizzazione che occupa ancora adesso un posto
importante all’interno della storia politica economica dei paesi occidentali.
L’economia spagnola si affacciò sulla scena mondiale con caratteristiche
ben distinte da quelle che presentava solo pochi decenni prima, quando le
impronte lasciate dalla tragedia della guerra civile erano ancora ben
evidenti.
Si era passati, infatti, da un’economia subordinata alle fluttuazioni
dell’agricoltura, con un alto grado di isolamento e con gravi differenze
sociali, ad un’economia con la struttura produttiva propria di
un’industrializzazione avanzata, diventando un paese aperto ed integrato in
Europa, con molte relazioni commerciali e finanziarie con l’estero, ed ebbe
5
accesso in tempi record alle strutture del benessere in linea con la media
dell’Europa occidentale.
Il presente studio si propone di analizzare le dinamiche e i cambiamenti
storici e economici che interessarono la Spagna, dopo la fine del regime di
Francisco Franco. Ci si concentra sul sistema politico spagnolo, per
spiegare come affrontò le sfide che aveva davanti quali: costruire
praticamente da zero un sistema politico competitivo; riportare i militari in
caserma; scegliere delle istituzioni che mettessero il paese al riparo dal
ripetersi di turbolenze simili a quella degli anni Trenta, tragicamente
terminate con la guerra civile e il franchismo; avviare il processo di
decentramento territoriale, offrendo garanzie alle nazionalità storiche e
trovare una soluzione al problema dell’Eta.
Alcune di queste sfide furono superate, mentre altre, come la questione
dell’assetto territoriale e la minaccia dell’Eta, sono partite ancora aperte.
Nel ricostruire queste vicende si è cercato di sottolineare l’insieme di
vincoli e opportunità con cui l’élite politica si trovò a fare i conti.
In particolare, va sottolineata la capacità dei dirigenti politici spagnoli di
apprendere dal passato. La transizione deve molto alla memoria storica
della guerra civile e del franchismo. Le istituzioni, infatti, furono disegnate
in modo da non riprodurre la fragilità della Seconda Repubblica; lo Stato
delle Autonomie accolse le domande negate dal regime di Franco, i partiti
si rinnovarono cercando di imparare dai propri errori. Questa capacità di
servirsi dell’esperienza del passato per costruire il presente fu uno degli
aspetti salienti del modo in cui il sistema politico spagnolo si era
trasformato negli ultimi trent’anni.
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La Spagna democratica, inoltre, visse, negli ultimi 20 anni, un veloce
processo di avvicinamento all’Europa e per tutto questo periodo, la sua
integrazione fu l’argomento centrale della politica spagnola, specialmente
dal punto di vista economico. Gli sforzi che il paese iberico dovette fare per
raggiungere gli obiettivi che si era preposta, alla fine furono premiati,
partecipando pienamente alla costruzione del mercato interno dell’Unione
Europea ed aderendo all’Unione Monetaria sin dalla sua creazione.
Nel primo capitolo si chiariscono quale sia l’eredità lasciata dal regime
autoritario e quale quella della transizione democratica. Le modalità del
passaggio alla democrazia, con la collaborazione tra tutte le principali forze
politiche, permisero di costruire un clima di fiducia e di legittimazione
reciproca a livello di élite, che costituì la base per il successivo
consolidamento democratico.
Si prosegue approfondendo l’assetto istituzionale che gli spagnoli scelsero,
evidenziando come questo configurò un sistema improntato alla ricerca
della stabilità. Si analizzano, in seguito, le tappe dell’integrazione spagnola
che la portarono sino all’interno dell’Unione Europea, partendo dalle
riforme varate, dalla risposta dei governi nei confronti del gruppo
terroristico basco Eta e dal decentramento provocato dallo sviluppo dello
Stato delle Autonomie.
Per ultimo vengono trattate le conseguenze dell’adesione della Spagna alla
CEE, avvenuta il 12 giugno 1985 ed entrata in vigore dal 1 gennaio 1986;
vengono prese in esame le dinamiche economiche, storiche e sociali dello
sviluppo spagnolo, e i fattori che la influenzarono sino al boom economico
degli anni Novanta. Il tutto, attraverso le pagine del giornale spagnolo El
País, mettendo in evidenza il fatto che il quotidiano non fu un semplice
7
narratore dei fatti che si successero, ma che divenne, esso stesso, attore
protagonista degli eventi che si susseguirono in Spagna: dalla transizione,
contribuendo, di fatto, all’avvento e al radicamento della democrazia sino
all’entrata nell’Ue e al successivo boom economico degli anni Novanta.
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Capitolo primo
La fine della dittatura e l’inizio del
processo di democratizzazione
1.1 Introduzione
Si è scritto che la Spagna è stata “lezione, modello e miracolo”.
Sotto vari punti di vista il paese iberico ha richiamato attenzione e
ammirazione. Mentre si assisteva all’agonia del generale Francisco Franco,
la Spagna guardava agli altri paesi dell’Europa occidentale come ad un
esempio da emulare. Di fatto, dopo il lungo periodo di dittatura che si
concluse con la morte del Generale Franco, si assistette al recupero della
democrazia attraverso l’instaurazione della monarchia e la promulgazione
di una nuova Costituzione. Alla fine degli anni Settanta, infatti, la Spagna
aveva superato in modo indolore la delicata fase del passaggio dalla
dittatura alla democrazia.
La difesa ed il recupero della libertà furono i principali motivi che
portarono all’inizio del processo di transizione democratica in Spagna,
processo che si concluse con un esito storico globale che non si può mettere
in dubbio.
1
Questa transizione e la connessa instaurazione democratica,
caratterizzate dalla collaborazione tra le élite politiche e sociali,
1
Mayor Oreja, La Fortaleza democrática, Anuario El Mundo, 2003, pp.27-30
9
diventarono un esempio per i paesi dell’America latina, prima, e per quelli
dell’Europa centro-orientale, poi.
In questo capitolo cercherò di analizzare e narrare il periodo della dittatura
di Francisco Franco, l’introduzione della Costituzione e, in generale,
parlerò del sistema politico spagnolo, spiegando come ha affrontato le sfide
che aveva davanti alla fine degli anni Settanta. Alcune di queste sfide sono
state superate e va sottolineato l’insieme di vincoli e opportunità con cui
l’élite politica si trovava a fare i conti. In particolare, la capacità dei
dirigenti politici spagnoli di apprendere dal passato: la transizione deve
molto alla memoria storica della guerra civile e del franchismo.
Le istituzioni sono state disegnate in modo tale da non riprodurre la
fragilità della Seconda Repubblica e lo Stato delle autonomie accolse le
domande brutalmente negate dal regime di Franco. Uno dei grandi
problemi della passata storia della Spagna è stato quello di una carenza di
tenacia democratica dei dirigenti politici, delle istituzioni e della società
spagnola.
1.2 La Dittatura
Quando terminò il conflitto mondiale, la Spagna era completamente isolata:
nell’agosto 1945, venne formalmente rifiutato il suo ingresso nell’Onu,
mentre nel dicembre 1946 una risoluzione delle Nazioni Unite esortò i
paesi membri a ritirare da Madrid i propri ambasciatori. La situazione
cambiò drasticamente con la guerra fredda, perché Franco decise una
radicale trasformazione del proprio regime. Così, quando diventò chiaro
che le potenze dell’Asse non potevano vincere la guerra, il Generale relegò
10
la Falange e la dottrina corporativa in posizione secondaria. Fin dal 1943,
ma soprattutto dal 1945 in poi, vennero prese decisioni giudicate positive
dagli osservatori internazionali che permisero al regime di guadagnare
consensi all’estero.
Nel governo, il posto dei falangisti venne preso dai cattolici dell’Ancp e,
più tardi dell’Opus Dei
2
; la Falange fu marginalizzata e lo stesso termine
Partido único sostituito con quello di Movimiento, che indicava l’insieme
dei sostenitori di Franco. Nel 1947, fu revocata la legge marziale, in vigore
dal 1936, e venne varata una legge di successione con cui Franco trasformò
lo stato spagnolo in regno e se stesso in capo dello stato a vita, con il potere
di scegliere il monarca che sarebbe stato suo successore.
3
Nello stesso
periodo i rapporti con la Chiesa si rafforzarono e in tal senso, nel 1952,
venne firmato il Concordato.
Sfruttando le fessure aperte della guerra fredda, il franchismo riuscì quindi
a portare a termine una non facile metamorfosi: da dittatura anacronistica a
prezioso alleato dell’occidente contro i sovietici. Nel novembre 1950 l’Onu
revocò la censura del 1946, consentendo il ritorno degli ambasciatori e
ponendo la prima pietra per la piena ammissione della Spagna, che vi fu
alcuni anni dopo, precisamente nel 1955.
Questo ingresso era propiziato anche da un patto che Franco, nel settembre
del 1953, stipulò con gli Stati Uniti: un accordo bilaterale, con il quale
cedeva alcune basi aeree e navali e riceveva in cambio moderni armamenti
2
Carrer R. e Fusi J.P., La Spagna da Franco a oggi, Roma-Bari, Laterza, 1981, pp. 47-48
3
Morlino L., Dalla democrazia all’autoritarismo. Il caso spagnolo in prospettiva comparata, Bologna, Il
Mulino, 1981, pp.323-359
11
per i militari, oltre che i consistenti aiuti finanziari di cui il paese aveva
assoluto bisogno.
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Nel febbraio 1957, un rimpasto portò nel governo alcuni esponenti
dell’Opus Dei che occuparono i ministeri economici ed alcuni incarichi
chiave. Questi tecnocrati furono i responsabili del cambiamento nella
politica economica che aprì le porte al “miracolo” degli anni Sessanta.
La nuova politica dei ministri dell’Opus Dei si proponeva di promuovere la
crescita industriale attraverso il mercato, aprendosi al commercio
internazionale e cercando il sostegno del capitale straniero e delle grandi
banche nazionali. Le misure adottate culminarono nel piano di
stabilizzazione del 1959 con il quale il governo dichiarò di voler “allineare
l’economia spagnola a quella dei paesi del mondo occidentale e liberarla
dall’interventismo ereditato dal passato”.
5
Il cambio di politica economica offrì risultati straordinari, infatti, per tutti
gli anni Sessanta, si dispiegò un lungo periodo di crescita che si concluse
solo con la crisi politica del 1973. Tra il 1961 e 1974, difatti, il Pil spagnolo
crebbe ad un tasso medio del 7,1%, la produzione industriale aumentò
annualmente del 10%
6
e il reddito medio per abitante passò dai 350 dollari
del 1953 ai 1250 del 1973.
7
L’abbondanza di mano d’opera poco costosa,
gli investimenti stranieri e l’ingente flusso di valuta legato al turismo e alle
rimesse degli emigranti furono i fattori che spiegarono le dimensioni del
miracolo spagnolo.
8
4
Hermet G., Storia della Spagna nel Novecento, Bologna, Il Mulino, 1999, p.196
5
García Delgado e Jiménez, Un siglo de España. La economía, Madrid-Barcellona, Marcial Pons, 1999,
p.139
6
García Delgado e Jiménez, Un siglo de España. La economía, Madrid-Barcellona, Marcial Pons,1999,
pp.171 e 151
7
Hermet G., Storia della Spagna nel Novecento, Bologna, Il Mulino, 1999, p.212
8
Powell C., España en democrazia, 1975-2000, Barcelona, Plaza & Janés,2001, pp. 25-26
12
Questa forte crescita avvicinò la Spagna al mondo esterno, cambiandola per
sempre. La crescita industriale e urbana, insieme a quella degli investimenti
stranieri, dell’emigrazione e del turismo, favorirono una struttura sociale
più complessa e articolata, in cui si ridusse notevolmente il
sottoproletariato dei braccianti agricoli, si rafforzò la classe operaia, e
soprattutto, si espanse e si diversificarono le classi medie, un risultato di
cui Franco era consapevole e orgoglioso.
9
A metà degli anni Settanta, pertanto, la Spagna era un paese
industrializzato e urbanizzato, con un’economia che si piazzava al nono
posto nel mondo e una società che, per caratteristiche e aspirazioni, era
vicina a quelle dell’Europa occidentale. Queste trasformazioni, tuttavia,
portarono con sé delle conseguenze inattese per il regime, che a partire
dagli anni Sessanta, dovette fare i conti con le proteste e le manifestazioni
di opposizione emerse nel mondo del lavoro, in quello universitario e
persino nei rapporti con la chiesa.
10
In riguardo a questa tematica, il giornale El País propose una chiave di
lettura dove intendeva sottolineare che quanto avvenne nelle relazioni
industriali, nel rapporto con la chiesa e nelle università, - anche se di fatto
contro le idee del regime - non era segnale di un perpetrarsi di una società
polarizzata e politicizzata tipica degli anni Trenta in quella della Spagna
degli anni Settanta. Al contrario, dopo quattro decenni di franchismo,
l’opinione pubblica era caratterizzata, da un lato, da una sorta di
pragmatismo che la portava a preferire la pace e il benessere materiale alle
questioni politiche e ideologiche e, dall’altro, da atteggiamenti di apatia e
9
Pastor M., Las postrimerías del franquismo, in Cotarelo (a cura di), 1992, pp.31-46
10
Bosco A., Da Franco a Zapatero. La Spagna dalla periferia al cuore dell’Europa, Bologna, Il Mulino,
2005, p.17
13
indifferenza politica. Si trattava di due effetti legati alla tragica memoria
della guerra civile e alla socializzazione del periodo autoritario.
11
Negli ultimi anni del Franchismo e fino a tutto il 1978 l’opinione pubblica,
in modo pragmatico, non intendeva sacrificare la pace e il benessere
raggiunti per delle libertà i cui effetti erano ancora da conoscere.
La delegittimazione del multipartitismo, insieme alla smobilitazione e
all’apatia politica promosse dal regime, avevano alimentato nell’opinione
pubblica un senso di disinteresse e di sfiducia nei confronti della politica
che si protrasse nel tempo. A metà degli anni Ottanta, ad esempio, il 54%
degli spagnoli associava la politica a sentimenti di noia e diffidenza, il 10%
a irritazione e disgusto e solo il 29% degli intervistati la collegava a
impegno e passione.
12
Così fu solo quando il nuovo sistema democratico
dimostrò di saper mantenere, e migliorare, i risultati positivi del vecchio
regime che gli spagnoli modificarono la loro scala delle preferenze,
attribuendo maggiore importanza a valori come libertà, giustizia e
democrazia.
13
1.3 Dalla caduta di Franco al processo di Transizione
Il 20 novembre 1975 il Generale Francisco Franco morì all’età di 82 anni e
la sua scomparsa segnò l’avvio del processo di transizione democratica.
La Spagna che assistette ai funerali del “generalísimo”
14
aveva ormai poco a
11
El País, 30 novembre 1978
12
Morlino L., Democracy between Consolidation and Crisis. Parties, Groups, and Citizens in Southern
Europe, Oxford, Oxford University Press, 1998, p. 125
13
Aguilar Fernández, Memoria y olvido de la guerra civil españla, Madrid, Alianza Editorial, 1996, pp.
227-228 e 348-354
14
El País, 17 novembre 1977