5
Introduzione
L’uomo non è un sovrano assoluto della Terra, non vive isolato e
protetto, i suoi destini sono legati all’ambiente. Egli viene inserito nel
sistema di forze che lo condiziona e con la sua attività provoca, come
accade oggi, una rottura dell’equilibrio di ciò che lo circonda e dunque
dell’ambiente.
Innanzitutto bisogna interrogarci sulla nozione di “ambiente”. In
merito, può essere utile rimandare alla definizione fornita dalla Corte
Internazionale di Giustizia nell’Opinione Consultiva sulla liceità della
minaccia o dell’uso delle armi nucleari del 1996. E dunque:
«The environment is not an abstraction, but represents the living
space, the quality of life and the very health of human beings,
including generations unborn».
1
Si tratta di un’ampia definizione che focalizza un’impostazione
antropocentrica e che quindi l’ambiente rappresenta prima di tutto lo
spazio vitale degli esseri umani. Esso non deve essere semplicemente
sano o pulito ed in grado di garantire la sopravvivenza dell’uomo, ma
deve anche essere in grado di garantire una certa qualità della vita e
una certa qualità della salute degli esseri umani. Dunque viene
adottato uno standard che non sia solo di basso livello di
inquinamento ma anche un alto livello di qualità dell’ambiente
destinato alle generazioni presenti e future.
2
1
Cfr. Opinione Consultiva sulla liceità della minaccia o dell’uso delle armi
nucleari, Corte Internazionale di Giustizia, 1996.
2
Cfr. M.MONTINI, “La necessità ambientale nel diritto internazionale e
comunitario”, Cedam, Padova, 2001, p.20.
6
Nella presente tesi, si analizzerà la tematica ambientale con partenza
fissata nel 1992 dalla Dichiarazione di Stoccolma analizzando
l’evoluzione storica del diritto internazionale dell’ambiente e arrivo ai
giorni nostri sviluppando i principi che, sul piano internazionale, sono
posti alla base per la tutela dell’ambiente. Inoltre, ci si soffermerà su
quell’aspetto ambientale che riguarda la biodiversità e gli ecosistemi
per quindi raggiungere l’oggetto principale di tale dissertazione:
l’ecosystem approach. Proposto e adottato dalla Convenzione sulla
biodiversità, è questo una nuova strategia di gestione al fine di
promuovere la conservazione e l’uso sostenibile delle risorse naturali,
con rispetto degli ecosistemi dai quali dipende l’essere umano. Di
conseguenza, verranno proposti ed esaminati i principi atti per tale
gestione (i Principi di Malawi) ed esposto come essi vengono
applicati.
Infine, l’analisi di due case-studies norvegesi ci fornirà una
spiegazione, ossia un esempio attuativo, dell’approccio ecosistemico.
Questo modello sarà, quindi, una misura alternativa efficace per
salvaguardare la biodiversità, e più in generale il nostro ambiente?
La risposta è ancora incerta e oggetto di numerose discussioni,
tuttavia questo lavoro, nel tentativo di costituire una morale ecologica,
vuole giungere ad una conclusione orientata in senso positivo e
dunque in supporto dell’ecosystem approach.
7
CAPITOLO I
L’evoluzione storica e i principi fondamentali
1. Cenni sull’origine e i primi sviluppi
Nel periodo antecedente alla seconda guerra mondiale, le iniziative
internazionali poste per la tutela ambientale sono rare e lacunose. I
primi trattati hanno come fine principale la tutela di interessi
economici, non la conservazione delle risorse naturali. Manca
probabilmente a livello internazionale una piena consapevolezza
dell’esistenza di una “questione ambientale” che necessita di
interventi di tutti gli Stati sia per creare regole per la protezione
dell’ecosistema che per la promozione di uno sviluppo economico
dell’ambiente. Solo alla fine degli anni ’60 si inizia a porre
l’attenzione ai temi ambientali grazie alla presenza di due fattori. Il
primo concerne gli incidenti ambientali che via via accrescono sempre
di più come quello nel 1967 dell’affondamento della petroliera Torrey
Canyon con la conseguenza di un versamento nella Manica di 80.000
tonnellate di petrolio. Il caso dimostra che per far fronte a questioni
che vertono su più Stati vi è una grossa insufficienza di rimedi
nazionali. Il secondo dei due fattori dibatte sull’importanza di
numerosi studi scientifici pubblicati che pone l’attenzione su problemi
oggettivi, quali l’impronta limitata delle risorse naturali, i danni
ambientali frutto di uno sviluppo economico incontrollato o ancora la
carenza di regole di diritto internazionale che si pongano a tutela di
aree ambientali importanti.
8
Prima ancora della diffusione di trattati multilaterali a tutela
dell’ambiente, alcune controversie tra Stati formano basi essenziali
per il progresso del diritto internazionale dell’ambiente.
Un esempio è dato dal caso della fonderia di Trail: Canada e Stati
Uniti si scontrano circa le conseguenze dannose subite dalle
coltivazioni di cereali di agricoltori statunitensi che vengono
provocate da emissioni di biossido di zolfo provenienti da impianti
industriali della Columbia britannica. Il tribunale arbitrale adotta il
principio generale sic utere tuo ut alienum non laedas che sancisce il
divieto dell’inquinamento transfrontaliero e con la sentenza del 1941
riconosce la responsabilità del Governo canadese.
Nonostante ciò, non è sufficiente la prevenzione di rischi ambientali
transfrontalieri per una completa tutela ambientale internazionale ma
occorre inoltre la cooperazione tra Stati e l’obbligo di prevenzione che
costituiscono le basi per quei principi fondamentali in tema
ambientale che esamineremo in seguito.
2. Le grandi Conferenze delle Nazioni Unite
Essenziale è l’intervento delle Nazioni Unite nel promuovere lo
sviluppo del diritto internazionale dell’ambiente. Il 26 giugno del
1945 viene stipulata la Carta di San Francisco che pur non contenendo
riferimenti diretti alla protezione dell’ambiente o alla sua
conservazione focalizza obiettivi nei quali si inseriscono iniziative per
la tutela ambientale, come la promozione della cooperazione
internazionale riguardo i problemi economici, sociali, culturali o
umanitari.
Con le istituzioni del Consiglio economico e sociale (ECOSOC) e
dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite si dibatte su temi
9
ambientali per la tutela e conservazione di risorse. Esempio rilevante è
la prima Conferenza del diritto del mare, che porta all’adozione delle
quattro Convenzioni di Ginevra del 29 aprile 1958 che concernono
inoltre la conservazione di risorse biologiche marine.
Ma sono le tre grandi conferenze intergovernative tenutesi a
Stoccolma, Rio de Janeiro e Johannesburg che costituiscono un passo
determinante per la tutela ambientale e per l’evoluzione del diritto
internazionale dell’ambiente.
La prima, la Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente umano
(Stoccolma, 5-16 giugno 1972) rappresenta l’origine del diritto
internazionale ambientale inteso come il complesso di principi e di
norme formate con lo scopo di assicurare la protezione ambientale su
un piano internazionale. Partecipano i rappresentanti di 113 Stati, di
cui 108 Stati membri delle Nazioni Unite e cinque non membri
dell’Organizzazione; i rappresentanti di 13 agenzie specializzate delle
Nazioni unite; diverse organizzazioni internazionali e organizzazioni
non governative (ONG) come osservatori. Per la prima volta si espone
agli Stati della comunità internazionale il problema della protezione
dell’ambiente umano a livello internazionale e nazionale. Vengono
così adottati tre strumenti giuridicamente non vincolanti: una
Dichiarazione di principi, contenente regole di condotta e obiettivi; un
Piano d’azione , con raccomandazioni; una risoluzione concernente
questioni istituzionali e finanziarie.
La Dichiarazione pone l’attenzione su un chiaro approccio
antropocentrico, tuttavia costituisce il primo strumento internazionale
che formula regole di condotta essenziali per la protezione
dell’ambiente, dalle quali risulta che è impossibile risolvere i problemi
senza un’azione comune.
La vera svolta per lo sviluppo del diritto internazionale dell’ambiente
si ha nel 1987 con il rapporto delle Nazioni Unite intitolato “Il nostro
10
comune futuro” (detto anche Rapporto Brundtland, dal nome della sua
presidente), il quale esamina gli aspetti della relazione tra ambiente e
sviluppo e quindi dà impulso e sostiene il concetto a livello
internazionale di “sviluppo sostenibile”.
Tale concetto sarà anche il protagonista della successiva Conferenza
delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo (Rio de Janeiro, 3-14
giugno 1992). Vi partecipano i rappresentanti di 175 Stati, nonché 16
agenzie specializzate delle Nazioni Unite, 36 organizzazioni
intergovernative e circa 2400 rappresentanti di ONG come
osservatori. La Conferenza che considera ambiente e sviluppo come
due aspetti della stessa questione si chiude con l’adozione di tre
strumenti giuridicamente non vincolanti: l’Agenda 21, che consiste in
un programma d’azione per lo sviluppo del pianeta dal 1992 al XXI
secolo; una Dichiarazione di principi su ambiente e sviluppo; una
Dichiarazione di principi sulle foreste. Infine, nel corso della
Conferenza vengono firmati importanti trattati per la difesa dei beni
comuni che rientrano nel patrimonio comune dell’umanità (common
heritage of humankind) o costituiscono un interesse comune
dell’umanità (common concern of humankind) come ad esempio la
Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (4
giugno 1992) e la Convenzione sulla biodiversità biologica (5 giugno
1992). La prima delle due Convenzioni trae origine dalla presa di
coscienza che l’evoluzione del clima rappresenta una preoccupazione
comune dell’umanità. Si fissano, quindi, degli impegni da mantenere
per la limitazione di emissioni di Co², il principale gas a effetto serra.
La seconda Convenzione invece regola l’uso delle risorse genetiche,
delle specie e degli ecosistemi che sono considerati come parte
integrante del percorso per lo sviluppo economico. Compito delle
Parti è quello di costituire un sistema di aree protette e finalizzate alla
conservazione della diversità biologica.
11
Nella Dichiarazione di Rio il tema centrale è l’obiettivo di uno
sviluppo sostenibile come mezzo per la soddisfazione delle esigenze
delle generazioni presenti senza compromettere quelle future,
comunque non trascurando la questione della prevenzione
dell’inquinamento transfrontaliero.
Per ciò che concerne le interferenze transfrontaliere, il principio 2
della Dichiarazione di Rio (che riprende il pr.21 della Dichiarazione
di Stoccolma) viene rafforzato con regole di condotta, quali la
notificazione preventiva del principio 18 e la consultazione preventiva
del principio 19 e ancora la valutazione d’impatto ambientale del
principio 17. La Dichiarazione per spiegare il contenuto dello sviluppo
sostenibile si serve di diversi principi, come quello dell’equità inter-
generazionale (pr.2), d’integrazione delle esigenze di protezione
ambientale nei processi decisionali in materia di sviluppo (pr.4), della
partecipazione del pubblico nei processi decisionali (pr.10), di
precauzione (pr.15).
Negli anni successivi, le Nazioni Unite si accorgono che i progressi
nella tutela ambientale non sono soddisfacenti. Dunque, a dieci anni
dai lavori di Rio, le nazioni Unite convocano un’altra conferenza
internazionale, ossia il Vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile
(Johannesburg, 26 agosto- 4 settembre 2002). Tale vertice mostra una
novità dal punto di vista strutturale: la sua originalità è rappresentata
dalla partecipazione attiva di attori non-statali. Così, si prende atto che
le decisioni importanti in termini di sviluppo sostenibile devono
coinvolgere non solo i soggetti di diritto internazionale ma anche la
società civile. Lo scopo del vertice è di valutare i progressi ottenuti
con la Conferenza di Rio, bilanciando tre componenti: lo sviluppo
economico, la protezione dell’ambiente e lo sviluppo sociale.
Quest’ultimo diventa il terzo dei pilastri interdipendenti di un concetto
di sviluppo sostenibile che confluisce talvolta nella dimensione
politica. Il prodotto di Johannesburg è la creazione di due risoluzioni
12
giuridicamente non vincolanti: la Dichiarazione di Johannesburg
sullo sviluppo sostenibile, quale dichiarazione politica che accentua la
continuità tra Stoccolma, Rio e Johannesburg con la funzione di
integrare il contenuto giuridico del piano e il Piano di attuazione,
quale documento programmatico. Nel capitolo II di quest’ultimo
strumento vi sono due aspetti interessanti. Il primo è l’approccio alla
conservazione dell’ambiente e delle risorse; consiste nel trattare la
protezione ambientale unitariamente per ecosistema attraverso quindi
il cd. “approccio ecosistemico”. Il secondo concerne l’attenzione del
coordinamento degli strumenti internazionali sulla biodiversità.
La valutazione complessiva dell’evoluzione del diritto internazionale
ambientale deve tener conto dell’insufficiente livello d’attuazione che
gli orientamenti generali da Rio hanno conosciuto. Quindi, la
questione ambientale sembra progressivamente perdere quel carattere
prioritario che ha acquisito nell’ultimo trentennio dello scorso secolo.
Le cause sono diverse: il deterioramento della situazione economica
generale, il timore che politiche ambientali possano pregiudicare
benefici del libero commercio ed avere ripercussioni negative
sull’occupazione. Si contrappongono, allora, da una parte, un modello
di sviluppo sostenibile che rispetta l’ambiente, sostiene l’industria
eco-compatibile e lo sfruttamento equilibrato delle risorse naturali;
dall’altra, un modello basato sull’industria pesante e sull’uso sfrenato
del petrolio.
In conclusione, possiamo affermare che se la Conferenza di Rio ha il
merito di iniziare il processo di inserimento dello sviluppo sostenibile
fra i grandi temi delle relazioni internazionali e le priorità a livello
internazionale, non si può di certo sostenere lo stesso per il vertice di
Johannesburg. L’impressione è che il momento in cui si è tenuto è
sbagliato, ovvero quando si dovevano celebrare i dieci anni da Rio ma
senza che ci fossero le premesse per conseguire i progressi sperati;
infatti non vi sono stati grandi passi in avanti dal 1992.
13
3. I principi fondamentali dell’ambiente
In dottrina, in giurisprudenza e negli strumenti relativi al diritto
internazionale dell’ambiente si trovano spesso dei riferimenti ai
principi generali. Alcuni di tali principi costituiscono proprio regole di
comportamento per gli Stati (ciò accade ad esempio con il principio
del divieto di inquinamento transfrontaliero, quello di prevenzione e
quello di cooperazione). Altri vengono considerati in via generale
come principi aventi natura interpretativa impiegati specialmente dai
giudici, o come principi-guida che indicano il comportamento più
corretto da tenere per l’adozione di decisioni in materia ambientale
(come per il principio precauzionale, o quello di “chi inquina paga” o
ancora dello sviluppo sostenibile). Altri invece sembrano dei concetti
astratti di cui le conseguenze non sono affatto chiare (come accade per
i concetti di interesse comune e di patrimonio comune dell’umanità o
dell’equità intra e iter generazionale).
Le fonti del diritto internazionale dell’ambiente sono eguali a quelle
del diritto internazionale quindi questi principi non costituiscono una
fonte di diritto internazionale diversa e autonoma. Tali principi si sono
formati specialmente in via normativa e quindi fanno parte per citare
gli esempi più importanti della Dichiarazione di Stoccolma, della
Carta mondiale della natura, della Dichiarazione di Rio. Al di là delle
difficoltà concettuali dei principi va tuttavia tenuto presente il fatto
che costituiscono un elemento fondamentale del diritto internazionale
dell’ambiente. Veniamo, dunque, ad analizzarli.
14
3.1 Il principio 21: sovranità permanente degli Stati sulle
loro risorse naturali e obbligo di non causare danni
all’ambiente di altri Stati
Il principio 21 menzionato nella Dichiarazione di Stoccolma e ripreso
successivamente nella Dichiarazione di Rio incorpora due principi
fondamentali che percorrono strade diverse: da una parte quello
secondo cui gli Stati hanno il diritto sovrano di sfruttare le proprie
risorse naturali conformemente alle politiche ambientali e dall’altra
parte il principio in base al quale gli Stati non devono causare danni
all’ambiente posto al di là della loro giurisdizione.
3
Così la Dichiarazione di Stoccolma enuncia il principio 21:
«States have, in accordance with the Charter of the United Nations
and the principles of international law, the sovereign right to exploit
their own resources pursuant to their own environmental policies, and
the responsibility to ensure that activities within their jurisdiction or
control do not cause damage to the environment of other States or of
areas beyond the limits of national jurisdiction».
4
Il principio in esame dibatte su due interessi contrapposti degli Stati:
quello per un utilizzo delle proprie risorse naturali secondo le proprie
politiche ambientali e quello dell’obbligo a carico di tutti gli Stati di
compiere un vero e proprio controllo sulle attività realizzate nel
proprio territorio, per assicurare che non costituiscano fonte di danno
ambientale.
Così pure il principio 2 della Dichiarazione di Rio riprende
minuziosamente i due interessi enunciati nel principio 21 della
Dichiarazione del 1972. L’unica parte aggiuntiva riguarda il diritto
sovrano degli Stati di sfruttare le proprie risorse naturali considerando
3
Cfr. M.MONTINI, “La necessità ambientale nel diritto internazionale e
comunitario”, Cedam, Padova, 2001, p.26
4
Cfr. Principio 21, Dichiarazione di Stoccolma, Stoccolma, 1972.