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CAPITOLO I
PASOLINI: UNA DENUNCIA CONTRO
L’OMOLOGAZIONE CULTURALE
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§ 1. Pasolini: cenni biografici
Pier Paolo Pasolini, primogenito dell'ufficiale romagnolo Carlo Alberto e
della maestra friulana Susanna Colussi, nacque nella zona universitaria di
Bologna, il 5 marzo 1922. A Bologna la famiglia Pasolini resta poco per via del
lavoro del padre: si trasferiscono a Parma, Conegliano, Belluno, Sacile, Idria,
Cremona, ancora Bologna ed altre città del nord. Visti i numerosi spostamenti,
l'unico punto di riferimento della famiglia Pasolini rimane Casarsa, dove si
recavano per trascorrere l‟estate. Pier Paolo vive con la madre un rapporto di
simbiosi, mentre, col passare del tempo, si accentuano i contrasti col padre.
Pier Paolo Pasolini
Conclude gli studi liceali e a 17 anni si iscrive all'Università di Bologna, facoltà
di Lettere. Negli anni del liceo crea, insieme a Luciano Serra, Franco Farolfi,
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Ermes Parini, Fabio Mauri, un gruppo letterario per la discussione di poesie.
Collabora a "Il Setaccio", il periodico della GIL bolognese. In questo periodo
Pasolini scrive poesie in friulano e in italiano, che saranno raccolte in un primo
volume, Poesie a Casarsa. Partecipa poi alla redazione di una rivista, "Stroligut",
con altri amici letterati friulani, con cui ha creato la Academiuta di lenga furlana.
Il dialetto rappresenta una sorta di opposizione al potere fascista; l'uso del dialetto
rappresenta anche un tentativo di privare la Chiesa dell'egemonia culturale sulle
masse sottosviluppate
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.
Il ritorno a Casarsa rappresenta, negli anni dell'università, il ritorno ad un
luogo felice per Pasolini, che nel 1945 si laurea discutendo una tesi intitolata
Antologia della lirica pascoliana e si stabilisce poi definitivamente in Friuli. Qui
trova lavoro come insegnante in una scuola media di Valvassone, in provincia di
Udine. In questi anni comincia la sua militanza politica. Nel 1947 dà la propria
adesione al Pci, iniziando una collaborazione al settimanale del partito "Lotta e
lavoro". Pasolini diventa segretario della sezione di San Giovanni di Casarsa, ma
non viene visto di buon occhio nel partito, soprattutto dagli intellettuali comunisti
friulani. In Pasolini molti comunisti vedono un sospetto di disinteresse per il
realismo socialista, un certo cosmopolitismo, e un'eccessiva attenzione per la
cultura borghese. Questo periodo, il periodo della militanza comunista, è l'unico in
cui Pasolini si sia impegnato attivamente nella lotta politica. Di questi anni i
manifesti murali disegnati e scritti da Pier Paolo Pasolini; scritti di denuncia
contro il costituito potere democristiano.
Il 15 ottobre del 1949 Pasolini viene segnalato ai Carabinieri di Cordovado per
corruzione di minorenne; è l'inizio di una delicata e umiliante trafila giudiziaria
che cambierà per sempre la sua vita: viene allontanato dall'insegnamento e poi
anche espulso dal PCI in seguito a questo oscuro episodio di omosessualità che
sfociò in un processo per corruzione di minori. È questo il primo di una lunga
serie di processi (oltre 30) che diedero a Pasolini la coscienza della propria
diversità e ne segnarono il destino (e anche il ruolo pubblico, che egli si ritagliò)
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Martellini L., Introduzione a Pasolini, Bari, Laterza editore, 1993, p. 9
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di emarginato e ribelle. Pasolini si trova proiettato nel giro di qualche giorno in un
baratro apparentemente senza uscita. La risonanza a Casarsa dei fatti di
Ramuscello avrà una vasta eco. Davanti ai carabinieri cerca di giustificare quei
fatti, intrinsecamente confermando le accuse, come una esperienza eccezionale,
una sorta di sbandamento intellettuale, ciò non fa che peggiorare la sua posizione.
Pasolini decide di fuggire da Casarsa, dal suo Friuli spesso mitizzato; insieme alla
madre si trasferisce a Roma, e qui è l'inizio di una nuova vita per lo scrittore
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.
I primi anni romani sono difficilissimi, proiettato in una realtà del tutto nuova e
inedita quale quella delle borgate romane. Sono tempi d'insicurezza, di povertà, di
solitudine. Si stabilisce in una borgata e vive di lezioni private e
dell'insegnamento in una scuola privata. La scoperta del mondo del
sottoproletariato romano gli ispira - oltre ad alcuni versi - soprattutto i
romanzi Ragazzi di vita (1955) e Una vita violenta (1959), che fecero scandalo,
ma che lo avviarono al successo letterario. Con i vecchi compagni d'Università
Leonetti e Roversi, fonda e dirige dal 1955 al 1959 la rivista «Officina», che vede
fra gli altri come collaboratori Fortini, Volponi e altri importanti critici e letterati
militanti. Comincia intanto nel 1961 la sua attività nell'ambito del mondo
cinematografico: realizza il suo primo film da regista e soggettista, Accattone. Il
film viene vietato ai minori di diciotto anni e suscita non poche polemiche alla
XXII Mostra del cinema di Venezia. Del 1962 è Mamma Roma. Nel 1963
l'episodio La ricotta diretto da Pasolini e inserito nel film RoGoPaG, viene
sequestrato e Pasolini è imputato per reato di vilipendio alla religione dello Stato.
Nel '64 dirige Il Vangelo secondo Matteo; nel '65 Uccellacci e Uccellini; nel
'67 Edipo re; nel '68 Teorema; nel '69 Porcile; nel '70 Medea; tra il '70 e il '74 la
Trilogia della vita, ovvero Decameron, I racconti di Canterbury e Il fiore delle
mille e una notte; il suo ultimo film, Salò o le 120 giornate di Sodoma è del 1975.
Il cinema lo porta a intraprendere numerosi viaggi all'estero: nel 1961 è, con
Elsa Morante e Moravia, in India; nel 1962 in Sudan e Kenia; nel 1963 in Ghana,
Nigeria, Guinea, Israele e Giordania (dove girerà un importante documentario dal
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Ivi, p. 12-15
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titolo Sopralluoghi in Palestina). Nel 1966, in occasione della presentazione
di Accattone e Mamma Roma al festival di New York, compie il suo primo
viaggio negli Stati Uniti; rimane molto colpito da quel paese e soprattutto da New
York. Negli anni della contestazione studentesca Pasolini assume una posizione
originale rispetto al resto della cultura di sinistra. Seppure accetti e appoggi le
motivazioni ideologiche degli studenti, ritiene che questi siano
antropologicamente dei borghesi, e in quanto tali destinati a fallire nel loro
tentativo rivoluzionario
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La mattina del 2 novembre 1975, sul litorale romano di Ostia, in un campo
incolto in via dell'idroscalo, una donna, Maria Teresa Lollobrigida, scopre il
cadavere di un uomo. È Ninetto Davoli a riconoscere il corpo di Pier Paolo
Pasolini. Le circostanze della morte di Pasolini non sono ad oggi ancora state
chiarite. Contraddizioni nelle deposizioni rese dall'omicida, un "chiacchierato"
intervento dei servizi segreti durante le indagini e alcuni passaggi a vuoto o poco
coerenti riscontrati negli atti processuali, sono fattori che – come hanno
ripetutamente sottolineato negli anni seguenti gli amici più intimi di Pasolini –
lasciano aperte le porte a più di un dubbio.
Personaggio complesso e scrittore di singolare originalità, Pier Paolo Pasolini
ha segnato con la sua presenza incisiva il quadro storico-letterario, politico e
sociale dei primi decenni della seconda metà del Novecento. La sua opera infatti
comprende poesie, racconti, romanzi, opere teatrali e cinematografiche, antologie,
teorie e discussioni estetiche, politiche e morali. Scomodo ma sincero ed
appassionato, profondamente attaccato alla realtà contemporanea che lo circonda,
Pasolini rimane un intellettuale a trecentosessanta gradi che assomma nella sua
personalità novità e conservazione, religiosità e laicità insieme. Le sue prese di
posizione audaci e illuminanti, sfrontate, provocatorie e scandalistiche, a distanza
di tanti anni rappresentano ancora la parte più viva della cultura di quegli anni.
Passione e ideologia sarà il conflitto che lo tormenterà per tutta la vita e su cui
fonderà il suo pensiero e le sue teorie.
5
De Giusti Luciano, I film di Pier Paolo Pasolini, Roma, Gremese editore, 1982, p. 34-36
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La tensione sperimentale di Pasolini si ravvisa nell'attenzione ai problemi
linguistici e nel confronto con il mondo. La cultura è presenza nel mondo,
intervento nell'attualità, valore universale per Pasolini, tanto che il suo
sperimentalismo è lontano da ogni avanguardia ed è volto alla scelta di forme
linguistiche. Suo scopo è intervenire, far sentire la sua voce; la sua contraddizione
risiede nel suo essere stesso, se da una parte egli avverte il richiamo del mondo
naturale, dall'altra sente il segno dell'impurità e dello scandalo, soprattutto in virtù
della sua vita da omosessuale. La passione di scrittore si lega, in Pasolini, con
l'ideologia e la voglia di costruire una società nuova e più giusta, in equilibrio tra
società italiana e società mondiale
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L‟opera di Pasolini è infatti impensabile al di fuori di una realtà localizzata, di
un paesaggio che cambia e che vive. È un paesaggio che ha molti volti e molti
nomi: Casarsa e il Friuli, Bologna, Roma, l‟India, la Palestina, Napoli e l‟Italia del
Sud, l‟Africa e Sana‟a, Orte, e ancora il Friuli. In tutti questi luoghi, Pasolini cerca
la specificità (le “realtà singolari”) sotto forma di lingua, di cultura, di storia, di
rapporto sensuale con la natura. Egli cerca cioè i modi in cui la presenza umana e
l‟ambiente fisico si condensano in un paesaggio composito, determinando
interazioni sociali, tradizioni, linguaggi.
In questi luoghi naturali e culturali la differenza assume forme e spessore. È
per questo che il paesaggio è, per Pasolini, sempre una realtà plurale. È plurale,
innanzitutto perché è la somma di tutti gli aspetti che si muovono in esso; ma
ancor di più perché non esiste un unico modello di paesaggio, mentre invece
esistono in ogni paesaggio delle costanti morali che, attraverso i casi singoli,
ritornano. Ciò spiega perché, nei suoi interventi, trovino lo stesso rilievo città e
campagna, l‟Italia e l‟Africa, le pianure del Nord e i territori brulli del Sud. Lo
sguardo di Pasolini al paesaggio è cioè quello di un‟etica dei luoghi, alla ricerca
dei valori che vi si sono depositati nei secoli. Tali valori sono molteplici: la
possibile continuità tra la vita dell‟essere umano e quella della natura, nel senso
ecologico della varietà di aspetti che questa vita assume; la capacità umana di
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Martellini L., Ritratto di Pasolini, cit., p. 42
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definirsi attraverso il paesaggio, e di trasformare la propria storia culturale
rapportandosi conoscitivamente alle forme che, col tempo, si cristallizzano nei
luoghi; ma soprattutto la bellezza, che è qui un valore etico, e corrisponde alla
capacità del paesaggio di vivere in una “doppia contemporaneità” di presente e
passato, di natura e cultura. Per il poeta, infatti, il paesaggio non è solo natura, né
solo cultura. È piuttosto la forma del loro stratificarsi e concrescere nel corso della
storia, uno sguardo sincronico sul processo mediante il quale le diverse comunità
hanno imparato ad abitare l‟ambiente. Come tale, quindi, il paesaggio è
un‟espressione della cultura nella natura: “La manomissione del paesaggio è una
distruzione di identità, una perdita di memoria, radici, ragioni e divinità, è la
distruzione della comunità culturale e storica, e della comunità più vasta realizzata
nei secoli con la natura, animale, vegetale, minerale, oltreché con le generazioni
passate, con le generazioni future
7
.”
7
Iovino S., Ecologia letteraria. Una strategia di sopravvivenza, Milano, Edizioni Ambiente, 2007,
p. 25
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§ 2. Una prima lettura Ecocritica: Ragazzi di vita
La scoperta, da parte di Pasolini, del mondo del sottoproletariato romano gli
ispirò il romanzo Ragazzi di vita. Pubblicato nel 1955, rappresenta il suo primo
grande successo. Il libro piombò sulla società italiana come un macigno ed
infranse la tranquillità letteraria dell‟epoca. Infatti il testo, oltre al grande successo
di critica e di pubblico, suscitò anche uno scandalo enorme. Basti pensare ai tanti
processi “per oscenità” e “per oltraggio al pudore” cui fu sottoposto l‟autore che,
attraverso il suo scritto, portava alla luce la sconvolgente realtà di una Roma
“altra”, quella dell‟emarginazione e della povertà descritta senza mediazione;
processi in cui intervennero a difesa di Pasolini, tanti nomi della nostra letteratura.
Del resto lo scrittore, con la sua scelta, fece valere la sua denuncia sociale ed
ideologica: “i ragazzi di vita” non sono altro che “un prodotto storico di una fase
ben precisa della gestione del potere da parte del Palazzo, insensibile al dramma
di questa umanità” (M. Materazzi). La principale novità dello scrittore fu di
iniettare nelle pagine del romanzo un‟insolita dose di dialetto, immergendo quasi
fisicamente il lettore nell‟universo delle borgate romane; il realismo diventa
estremo, si scende nell‟inferno del popolo sottoproletario. Il dialetto diventa lo
strumento che penetra e svela la realtà, che rivela un‟epopea nascosta.
L‟immersione si attua però come mimesi: il dialetto più che quello delle borgate, è
il gergo figurato della malavita, con il suo codice e le sue espressioni criptiche.
In un intervento di poco posteriore a Ragazzi di vita, Pasolini teorizzava la
necessità, per lo scrittore che volesse lasciar "parlare le cose", di attuare
un'operazione “regressivo - mimetica”, il che vuol dire sostanzialmente abdicare
alla propria identità socio-culturale e linguistica di autore colto per lasciar posto
alla voce diretta del parlante (popolare). Da qui la massiccia introduzione
in Ragazzi di vita del dialetto, o meglio del gergo: il gergo delle borgate, la triste
loro realtà, nate e proliferate nel secondo dopoguerra in modo insensato e
inumano ai bordi della città. I protagonisti sono per la prima volta quei “ragazzi di
vita”, umiliati, offesi ed emarginati, vittime innocenti della miseria e della
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violenza. Il mondo di Ragazzi di vita è il mondo della violenza e della
sopravvivenza. Il popolo qui è “un grande selvaggio in seno alla società”. Tutti i
protagonisti hanno in mente una sola cosa: il denaro (simbolo del mondo
capitalistico) perché con esso possono soddisfare i loro desideri più bassi. I
protagonisti rubano, si prostituiscono, con i soldi così guadagnati vivono alla
giornata. La maggior parte delle storie si svolgono di notte. I protagonisti partono
alla ricerca di denaro, lo guadagnano, a loro modo, ma il più delle volte finiscono
per perderlo. La loro vita è un cerchio, ogni capitolo è un cerchio, che si chiude
per aprirsi uguale la notte dopo
8
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Pasolini, Ragazzi di vita: copertina
Opera dura, violenta e amara, è la descrizione commossa e lirica della miseria
italiana, delle periferie squallide, dei giovani senza speranza, dei ricercati, delle
baracche in mezzo all‟immondizia e ai panni sporchi. La loro violenza è solo
necessità di sopravvivere, fisicamente e emotivamente, a quel trauma umano mai
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Una discussione del ’64, in AA.VV., Pasolini nel dibattito culturale contemporaneo,
Amministrazione provinciale di Pavia, Comune di Alessandria, 1977, p. 15-18