Introduzione § 1
14
(attinente alla disciplina dei rapporti patrimoniali tra coniugi)
2
.
«Il superamento di concezioni egoistiche, il maggior rilievo
giustamente riconosciuto al lavoro casalingo della donna
l'affermazione di un concorso completo nella gestione della vita
familiare non potevano non comportare, quale logica conseguenza,
l'affermazione del principio della comunione degli acquisti»
3
.
La portata del mutamento normativo intervenuto è
immediatamente evidente nel confronto tra la formulazione
originaria delle disposizioni del codice civile del 1942 e la
formulazione introdotta dalla novella del 1975.
Il vecchio regime sanciva categoricamente la preminenza della
figura del marito, sia nel governo della famiglia che nel
sostentamento di essa (art. 143 c.c. nella formulazione originaria);
all'ampiezza dell'autorità corrispondeva l'integrale sopportazione
delle necessità economiche (obbligo di mantenimento).
La legge consentiva che la moglie fornisse il proprio contributo
finanziario (al di là della costituzione di dote) soltanto nelle ipotesi
estreme di impossibilità per il marito di provvedere alle esigenze del
nucleo familiare; in simili circostanze, come extrema ratio, le si
conferivano i poteri amministrativi
4
.
La moglie riceveva tutela se e in quanto proprietaria: così
avveniva per l'amministrazione dei beni parafernali e dei suoi beni
facenti parte del patrimonio familiare.
2
ALAGNA, Famiglia e rapporti tra coniugi nel nuovo diritto, Milano,
1983, pp. 333 ss.
3
Relazione del ministro Reale al Senato della Repubblica, in BESSONE -
ROPPO, op. cit., pp. 415 - 416.
4
L'espressione va intesa in senso lato, con riferimento anche al potere
dispositivo (alienazioni, costituzione di ipoteche a titolo oneroso) e alla
legittimazione attiva e passiva nei giudizi.
Introduzione § 1
15
Il quadro era completato dalla conservazione del secolare
divieto di donazione tra coniugi, relitto di pregiudizi radicati in un
passato così remoto da soccombere prima ancora della
promulgazione della novella del 1975
5
.
La previsione della possibilità di deroga convenzionale al regime
della separazione dei patrimoni
6
rimase un'ipotesi di marginale
applicazione pratica, non solo per ragioni di ordine economico -
sociale
7
, ma anche per l'esiguità delle preferenze che un simile
strumento poteva riscuotere in un sistema di rapporti quale quello
delineato
8
.
Ad appena sei anni dalla promulgazione del codice civile, la
Costituzione repubblicana riconobbe espressamente l'uguaglianza
morale e giuridica dei coniugi quale fondamento della famiglia (art.
29). Vennero poste così le basi per un'evoluzione normativa che
però, sul piano della legge ordinaria, si compì solo a distanza di
quasi un trentennio.
Il legislatore del 1975, nel considerare ed applicare tale
principio, ha innanzitutto innovato il regime primario, integrando
5
L'abolizione del divieto è dovuta alla sentenza della Corte
Costituzionale n. 91 del 1973, alla luce del principio generale di
uguaglianza ex art. 3, comma 1, Cost., prima ancora che del principio di
uguaglianza tra coniugi ex art. 29 Cost.: così RESCIGNO, Introduzione al
codice civile, Bari, 1991, p. 73. Criticamente nei confronti di
quest'impostazione SACCO: v. infra, in nota.
6
Secondo le previsioni degli artt. 215 e 217 del c.c., nella loro
precedente formulazione.
7
RESCIGNO (op. cit., p. 77) sottolinea la persistente preferenza della
borghesia medio - alta per il regime della separazione dei beni.
8
È plausibile che non si trovasse un rilevante spazio di applicazione
per la comunione coniugale in un quadro di rapporti dominato da poteri
e obblighi del marito, istituto della dote e patrimonio familiare (quando
veniva costituito).
Introduzione § 1
16
l'uguaglianza formale con la parità sostanziale dei coniugi (art.
143, 1 e 3 comma, artt. 147 e 148 c.c), quindi ha riformato il
regime secondario, individuandolo nella comunione «in mancanza
di diversa convenzione stipulata a norma dell'art. 162» (art. 159 c.c.
nella formulazione introdotta dall'art. 41 della l. 151/1975).
Numerose e non trascurabili argomentazioni, tuttavia, sono
state addotte da quella parte della dottrina che ha assunto una
posizione critica verso la ricostruzione dell'istituto nei termini
delineati nelle relazioni ufficiali.
In primo luogo, si è negata in radice la possibilità di ravvisare
nella comunione dei beni uno strumento di attuazione del principio
della parità coniugale sancito dall'art. 29 Cost.
9
. Non sarebbe
accettabile, infatti, la scelta del legislatore ordinario di rimettere
l'attuazione di un precetto costituzionale all'arbitrio degli
interessati.
In secondo luogo, è stata contestata la pretesa strumentalità
del regime patrimoniale secondario alla valorizzazione del ruolo
della donna nella vita familiare, attraverso il riconoscimento
dell'importanza del suo lavoro (professionale o domestico).
Si è argomentato, al riguardo, dall'assenza di una puntuale,
9
Icastico è sulla questione il commento di SACCO (nel Commentario al
diritto italiano della famiglia diretto da CIAN - OPPO - TRABUCCHI, sub
art. 159 c.c., p. 9, in nota). «Per taluni civilisti - osserva l'Autore - la
Costituzione è un novello S. Gennaro, che si può pregare per ottenerne
qualsiasi grazia. In questo clima, si è chiesto alla Costituzione di
sponsorizzare, oltre all'invalidità delle donazioni tra coniugi, anche il
regime legale di comunione degli acquisti tra i coniugi».
Parimenti assumono una posizione negativa nei confronti della lettura
del regime legale in chiave di attuazione di valori costituzionali, fra gli
altri, FURGIUELE, Libertà e famiglia, Milano, 1979, pp. 196 s., e
CARAVAGLIOS (sul quale v. infra).
Introduzione § 1
17
rigorosa corrispondenza tra l'effettiva entità della contribuzione al
ménage familiare e agli incrementi patrimoniali e la misura della
partecipazione ai medesimi
10
, corrispondenza che, al contrario, è
dato di rinvenire - almeno in una certa proporzione - in
ordinamenti giuridici stranieri
11
.
Il codice civile italiano contempla - fra le altre - la possibilità di
pronunciare la separazione giudiziale dei beni, ai sensi dell'art.
193, comma 2, «quando uno dei coniugi non contribuisce ai bisogni
di questa [la famiglia] in misura proporzionale alle proprie sostanze
e capacità di lavoro», ma questo non influisce sull'operatività dei
meccanismi di rimborso e restituzione ex art. 192. La legge,
insomma, pone sullo stesso piano chi ha lavorato e chi non lo ha
10
Si è addirittura parlato di «carattere aleatorio» della comunione legale:
v. CARAVAGLIOS, La comunione legale, I, Milano, 1995, p. 59.
11
Valga come esemplificazione il riferimento al diritto tedesco. I
paragrafi 1363 ss. del BGB configurano una «Zugewinngemeinschaft»,
vale a dire una «comunione dei guadagni e degli arricchimenti», ovvero, se
vogliamo, una «comunione del plusvalore» (peraltro derogabile), da
commisurare alla differenza tra la proprietà finale e quella iniziale del
marito e della moglie (§ 1373), tenendo conto dell'ammontare dei relativi
debiti (ai sensi del § 1374, comma 2).
Nell'ipotesi di sperequazione tra gli utili e gli incrementi dei coniugi, si
impone una compensazione, il cui ammontare è pari alla metà della
differenza fra i rispettivi incrementi patrimoniali.
Rilevante, a garanzia della valorizzazione del concorso di ambo i coniugi
all'accrescimento patrimoniale, è la previsione del § 1381, dove è stabilito
che la compensazione incontra un limite in un'esigenza che potremmo
definire «di giustizia sostanziale»: ad essa non si fa luogo ove appaia
«profondamente iniqua», il che avviene, per esempio, «nel caso in cui il
coniuge che la pretende abbia colpevolmente omesso, per un lungo periodo,
di adempiere ai suoi obblighi economici»: v. BADIALI, Regime patrimoniale
della famiglia - dir. comp. e stran. (voce dell'Enciclopedia giuridica
Treccani); SIMÒ SANTONJA V.L., I regimi matrimoniali nel mondo
(Quaderni del notariato, n. 2), Milano, 1992, pp. 166 - 168.
Introduzione § 1
18
fatto
12
.
A sostegno di tali argomentazioni, è stata richiamata una
pronuncia della Corte costituzionale (la n. 187 del 26/6/1974) che
aveva ritenuto infondata la questione di costituzionalità dell'art.
215 c.c. (testo originario), sollevata in quanto tale articolo non
prevedeva una presunzione di comunione degli acquisti
13
.
Si è giunti a parlare, con espressione plastica, efficace, di «pari
lontananza costituzionale» dei regimi di comunione e separazione
dei beni
14
.
Gli autori che negano la riconducibilità dell'istituto in questione
a principi costituzionali affermano che la ratio della nuova
disciplina va piuttosto ravvisata nella volontà di legittimare ed
estendere una prassi abbastanza diffusa nella società italiana,
quella della "confusione di cassa"
15
, e in effetti non è da escludersi
che il legislatore della novella abbia tenuto conto di
quest'abitudine
16
.
È d'uopo sottoporre a vaglio critico le argomentazioni sviluppate
dalla dottrina. Una puntuale ricostruzione della ratio legis, infatti,
12
Lo sottolinea SACCO, op. cit., sub art. 159 c.c.
13
SACCO, op. loc. cit.
14
L'immagine è di CARAVAGLIOS R., Rapporti patrimoniali tra coniugi e
presunzione muciana, Napoli, 1991, p. 158.
15
In questo senso, per tutti, SACCO, op. loc. cit., e CATAUDELLA, Ratio
dell'istituto e ratio della norma nella comunione legale tra coniugi, in
Diritto di famiglia. Scritti in onore di Nicolò, Milano, 1982, pp. 309 - 310.
16
Incidentalmente, è opportuno precisare che i coniugi più sensibili alle
istanze di uguaglianza sostanziale non si limitavano a fare «cassa
comune» dei redditi per lo più prodotti da uno solo di essi, ma
provvedevano talora, per i beni immobili, a un'intestazione congiunta, se
non addirittura a una registrazione ad esclusivo favore del coniuge
economicamente più debole: AULETTA T., Il diritto di famiglia, Torino,
1997, p. 144 e SCHLESINGER, Commentario CIAN - OPPO - TRABUCCHI,
sub art. 177 ss., cit., p. 69.
Introduzione § 1
19
deve considerarsi funzionale all'esegesi della disciplina normativa e
questa considerazione, ovviamente, vale anche per l'oggetto del
presente lavoro
17
.
Considerate in sé e per sé, simili argomentazioni non appaiono
manifestamente infondate. Una più attenta disamina del quadro
normativo di riferimento, costituito dall'intera novella del '75,
contesto nel quale vanno calate e verificate le affermazioni esposte,
sollecita peraltro un giudizio differente.
Si soffermi l'attenzione, innanzitutto, sulla pretesa mancanza di
collegamento fra comunione coniugale ed uguaglianza coniugale ex
art. 29 Cost. È evidente che in astratto non può configurarsi una
corrispondenza necessaria fra l'una e l'altra. In linea di principio, il
legislatore potrebbe individuare il regime patrimoniale "secondario"
nella comunione dei beni e contemporaneamente mortificare, in un
certo senso, la parità fra i coniugi, attribuendo ad uno solo di essi
il potere di gestione del patrimonio comune
18
.
17
È evidente che dalla scelta dell'una o dell'altra soluzione al problema
dipende l'applicabilità dei criteri interpretativi proposti dalla dottrina
(come ad esempio la scala di valori costituzionali cui fa riferimento
NUZZO: v. infra) per la soluzione delle varie questioni controverse che si
pongono nella ricostruzione dell'oggetto della comunione legale, a partire
dall'impostazione del rapporto tra la categoria dei beni comuni e quella
dei beni personali (v. infra, parte I, sez. I, cap. 1).
18
In questo senso BESSONE - ALPA - D'ANGELO - FERRANDO, La
famiglia nel nuovo diritto, Bologna, 1995, p. 158: «Né separazione né
comunione sono «per loro natura» strumenti di promozione dei diritti della
donna».
Osserva SCANNICCHIO, Beni, soggetti e famiglia nel regime patrimoniale
e primario: un'analisi comparata, Bari, 1992, p. 26: «La distinzione
decisiva fra i differenti ordinamenti non può essere condotta sulla struttura
formale dei regimi patrimoniali... conta... l'equilibrio definitivo che esso
realizza tra le esigenze della solidarietà patrimoniale e quelle
dell'individualismo e dell'indipendenza economica tra i coniugi».
Introduzione § 1
20
Come potrebbe aversi una "comunione senza piena parità
coniugale", così potrebbe darsi parità coniugale senza comunione.
Per esemplificare, non v'è bisogno di attingere a diritti stranieri:
basti ricordare le previsioni degli artt. 143, 144 e 147 del nostro
codice civile (disposizioni sicuramente inderogabili, ex art. 160
c.c.)
19
.
Non è dato riscontrare, pertanto, una corrispondenza di
necessità tra comunione e parità, ma non bisogna per questo
ritenere che esista una corrispondenza biunivoca, esclusiva, tra il
precetto costituzionale e il regime primario della famiglia, senza
spazio per una funzione del regime secondario, per un ruolo di
valorizzazione della collaborazione libera, spontanea fra i coniugi
20
.
Per quanto concerne, poi, l'argomento della richiamata
pronuncia della Corte costituzionale, non ci si può esimere dal
sottolineare che, pur ritenendo infondata la censura di illegittimità
costituzionale mossa all'art. 159 c.c. nella sua pregressa
formulazione, i giudici della Consulta non mancarono di
sottolineare la necessità di una revisione della disciplina dei
rapporti patrimoniali coniugali nell'ambito di una «più ampia,
L'ipotesi formulata nel testo (gestione in capo al marito) trova puntuale
riscontro nel diritto comparato, precisamente in Spagna (artt. 1392 ss.
del código civil) e in Brasile (art. 274 c.c.), con alcuni limiti (es.: atti di
disposizione su immobili): v. AULETTA T., Diritto di famiglia, cit, p. 146;
BADIALI, op. cit., pp. 1 s.
19
È proprio dall'inderogabilità del regime primario che argomenta chi lo
ritiene l'unico regime patrimoniale in grado di condurre ad un'effettiva
uguaglianza tra marito e moglie: v. FALZEA, Il dovere di contribuzione nel
regime patrimoniale della famiglia, in Riv. dir. civ., 1977, I, 609 ss.
20
Come sottolinea MAJELLO, op. cit., p. 2. Ritiene che la comunione
legale tenda ad attuare la parità coniugale anche MAIORCA, Regime
patrimoniale della famiglia (disposizioni generali), in Novissimo Digesto it.,
App. VII, 1986, p. 500.
Introduzione § 1
21
organica riforma dell'intero ordinamento del matrimonio e del diritto
di famiglia»
21
.
Se, infine, il legislatore avesse voluto attribuire particolare
rilievo alla prassi della "confusione di cassa", non si giustifica la
scelta di far cadere i redditi in comunione de residuo
22
.
In definitiva, possiamo affermare che, rispetto all'uguaglianza
dei coniugi, la comunione legale svolge una funzione di
promozione, valorizzando gli apporti del "coniuge operoso"
23
, ma
anche di garanzia.
In linea di principio, tuttavia, il legislatore della riforma poteva
scegliere di modellare il regime patrimoniale secondario in maniera
differente, attribuendogli caratteri diversi da quelli attuali, che lo
configurano come «regime patrimoniale a contenuto non universale,
con autonomia di deroga ma a struttura obbligata»
24
.
21
C. Cost. 26/6/1974 n. 187, tratto da BESSONE - ALPA - D'ANGELO
- FERRANDO, op. cit., p. 159.
22
Così SCHLESINGER, op. cit., p. 92. Sarebbe impensabile poi - osserva
ancora l'Autore - valutare caso per caso gli apporti dei singoli coniugi al
patrimonio comune, apporti talora metagiuridici (sostegno psicologico,
rinunce).
23
Esemplare, in questa prospettiva, è la considerazione delle
disposizioni relative alle aziende appartenenti ad uno o entrambi i
coniugi, secondo le disposizioni degli artt. 177, 1 comma lett. d e 2
comma, e 178 c.c.: l'oggetto della comunione varia in considerazione non
solo della proprietà, ma anche del contributo gestionale.
24
BOCCHINI, Rapporto coniugale e circolazione dei beni, Napoli 1995, p.
59. Una rapida panoramica delle opzioni dei legislatori stranieri (con
riguardo agli Stati dove la comunione dei beni è regime legale della
famiglia) conferma questa possibilità.
A puro titolo di esempio, soffermiamo l'attenzione sull'Olanda, la cui
legislazione (art. 93 c.c. del 1970) prevede un regime di comunione
universale, comprensiva dei beni come dei debiti, salvo eccezioni
tassative e fermo restando il potere dei coniugi (che siano tali da almeno
un anno) di addivenire a modificazioni pattizie, valide in quanto
Introduzione § 1
22
La portata non universale della comunione e le ampie
possibilità di deroga potrebbero ingenerare, anche in chi ammette
la riconducibilità del regime di comunione ai precetti costituzionali,
il sospetto che la scelta del legislatore rappresenti una soluzione di
compromesso politico, «con il risultato di scoraggiarne, per un verso,
l'accettazione e di limitarne, per altro verso, l'importanza»
25
.
L'osservazione, per quanto autorevole, non può essere
condivisa. Sarebbe proprio una comunione assoluta e inderogabile
a rivelarsi potenzialmente dannosa per i coniugi, nella sua
attitudine a realizzare un'uguaglianza rigorosamente formale, che
di per sé non può integrare un valore assoluto
26
.
L'uguaglianza tra marito e moglie, pur assurgendo a valore
costituzionalmente tutelato, deve contemperarsi con altri valori, di
rango certamente non inferiore.
Il riferimento è alla libertà personale e a quelle libertà
strumentali alla realizzazione e all'esplicazione della personalità
individuale, quali il diritto al lavoro (artt. 4 e 36 Cost.) e la libertà
di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.).
Se proprio di compromesso si vuol parlare, si deve intendere il
termine non nell'accezione negativa di una soluzione intesa ad
accontentare le varie forze politiche parlamentari, ma piuttosto nel
senso di una soluzione di equilibrio fra i valori poc'anzi individuati,
una soluzione tale da consentire alla famiglia di esplicare il suo
omologate dall'autorità giudiziaria (art. 118 c.c. del '70), o di conseguire
lo scioglimento della comunione in presenza di determinati presupposti
(art. 119 c.c.): BADIALI, Regime patrimoniale della famiglia - dir. comp. e
stranieri (voce dell'Enciclopedia giuridica Treccani), p. 1; SIMÒ
SANTONJA, op. cit., pp. 253 s.
25
Così SCHLESINGER, in Commentario alla riforma del diritto di
famiglia (a cura di CARRARO - OPPO - TRABUCCHI), II, p. 272.
26
BESSONE - ALPA - D'ANGELO - FERRANDO, op. cit., p. 160.
Introduzione § 1
23
ruolo costituzionale di «comunità intermedia», funzionale allo
sviluppo umano di ciascuno dei suoi componenti
27
.
Riconosciuta la rilevanza dei principi costituzionali per
l'individuazione della ratio (anzi, delle rationes) della novella del '75,
occorre ricostruirne i reciproci rapporti, in modo tale da vagliarne
l'importanza ai fini dell'esegesi del dettato normativo.
Significativa, in questa prospettiva, è la ricostruzione che si
basa sulla diversa rilevanza dei precetti costituzionali, che
rispecchierebbero una precisa scala di valori
28
, della quale avrebbe
tenuto conto il legislatore del '75.
Fra le diverse istanze da contemperare nella riforma del sistema
dei rapporti patrimoniali coniugali, l'eguaglianza dovrebbe
considerarsi prevalente rispetto alla proprietà (intesa questa
staticamente, cioè a prescindere dalla sua funzionalità all'attività
d'impresa); la parità coniugale, a sua volta, incontrerebbe un limite
nell'esigenza di tutela del lavoro. Fra la libertà d'iniziativa
economica e l'uguaglianza, infine, il legislatore si sarebbe sforzato
di ricercare un punto d'equilibrio
29
.
Questa ricostruzione si fonda su un assunto senz'altro
condivisibile, quale è quello dell'esistenza di un complesso rapporto
tra le libertà garantite dalla Costituzione
30
. Apprezzabile è la
27
Inequivocabile è il riferimento, contenuto nell'art. 2 Cost., ai «diritti
inviolabili dell'uomo... nelle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalità»: v. STANZIONE, Diritto privato. Casi e problemi, Salerno,
1992, p. 292; v. anche PERLINGIERI, Profili istituzionali del diritto civile,
Napoli 1979, p. 39.
28
NUZZO, in BIANCA, La comunione legale, I, Milano, 1989, p. 25, in
nota.
29
Si considerino, al riguardo, le norme sui beni d'impresa e sui relativi
incrementi.
30
In questo senso anche RESCIGNO, Introduzione al codice civile, cit.
Introduzione § 1
24
ricerca, a fini ermeneutici, di un modello di composizione tra i vari
interessi
31
, atteso che «la promozione degli interessi dei singoli
componenti [della famiglia] non si traduce in un disordinato e
anarchico prevalere... di una o di altra esigenza»
32
.
L'impostazione, tuttavia, è stata sottoposta a critica, sulla base
di un'asserita differenza tra la ratio dell'istituto (confusione di
cassa) e le finalità delle singole norme
33
.
Pur non condividendo la posizione della dottrina che esclude
ogni rapporto fra comunione coniugale e principi costituzionali,
non possiamo non ammettere la possibilità che il legislatore, nella
formazione della disciplina dell'istituto, sia caduto in
contraddizione.
L'esistenza di contraddizioni non esime l'interprete dalla ricerca
di una soluzione, alla luce del fondamento della norma e «nei limiti
del suo contenuto precettivo»
34
.
31
NUZZO, op. cit., p. 21.
32
STANZIONE, op. loc. cit.
33
CATAUDELLA, op. loc. cit. L'Autore, peraltro, si iscrive nel novero di
quelli che negano, sulla scorta delle argomentazioni già esposte, che
l'istituto attui la Costituzione; le pretese rationes dell'istituto
costituirebbero solo le finalità delle singole norme.
34
NUZZO, op. cit., p. 25.
Parte I - Sezione I 1.1
25
2. IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO E LO SVILUPPO
DELL'INDAGINE
* * *
Una volta individuate le rationes della novella del '75 in
generale e dell'istituto della comunione legale in particolare, la
prosecuzione dell'indagine impone in primo luogo la ricognizione
del referente normativo, anzi dei numerosi referenti normativi,
quindi la puntualizzazione delle direttrici di sviluppo dell'indagine.
Individuare le norme di riferimento potrebbe sembrare
estremamente facile, ad una prima e quanto mai affrettata lettura
del codice civile. L'attenzione, infatti, si soffermerebbe innanzitutto
sulla previsione dell'art. 177 c.c., rubricato esattamente «oggetto
della comunione legale», estendendosi poi alle contigue disposizioni
degli artt. 178 e 179, che evidentemente concorrono a definire il
campo d'indagine, l'una in positivo e l'altra in negativo.
Una simile ricostruzione, tuttavia, pur presentando il pregio
della rapidità (un pregio destinato a vanificarsi, peraltro, ad una
più attenta considerazione di tali previsioni e della loro
"complessità operativa"), sarebbe gravemente viziata sotto il profilo
della completezza.
Resterebbero escluse dall'indagine, in questo modo, le
previsioni contenute nell'art. 210, attinenti alle «modifiche
convenzionali alla comunione dei beni».
Una simile esclusione non appare accettabile, né per
superficialità (è appena il caso di precisarlo), né in forza di
considerazioni attinenti alla tipologia del regime patrimoniale
secondario.
Parte I - Sezione I 1.1
26
Come ha ampiamente osservato la dottrina, la "comunione
convenzionale" non rappresenta un "tertium genus" rispetto ai
regimi della comunione e della separazione
35
.
Diverso problema (ma pur sempre attinente alla ricostruzione
dell'oggetto della comunione legale) è stabilire i limiti, in positivo e
in negativo, che i coniugi incontrano nella stipulazione di
convenzioni ex art. 210.
Vagliare la portata delle suddette disposizioni significherà
verificarne la compatibilità con numerosi altri istituti del diritto
privato
36
: rimanendo nell'ambito di una rapida esemplificazione,
basti pensare all'accessione (artt. 934 ss. c.c.) e ad altre forme di
acquisto a titolo originario, alle norme relative ai contratti, a quella
dei diritti di credito, alla disciplina delle società (lucrative e
mutualistiche).
Questa ricchezza di collegamenti sarebbe sufficiente a
35
Non deve trarre in inganno la collocazione dell'art. 210 in un'apposita
sezione del codice (la IV del capo VI del titolo VI del libro I), intitolata
«Della comunione convenzionale» e situata fra la normativa che disciplina
la comunione legale (sez. III) e quella relativa alla separazione dei beni
(sez. V, artt. 215 ss.).
Invero, l'economia del codice parrebbe suggerire il riconoscimento di un
carattere autonomo alla comunione convenzionale, ma un'interpretazione
in questo senso è preclusa dal comma 3 dell'art. 210. «Non sono
derogabili - statuisce la disposizione in parola - le norme della comunione
legale relative all'amministrazione dei beni della comunione e
all'uguaglianza delle quote limitatamente ai beni che formerebbero oggetto
della comunione legale».
In definitiva, rispetto alla comunione legale, quella convenzionale si
pone come «una modifica rispettosa dei suoi caratteri essenziali»: così
MAJELLO, op. cit., p. 11. Per l'approfondimento delle problematiche
relative all'istituto v. infra, parte III.
36
«Essendo sempre preferibile l'interpretazione che si coordina con il
sistema»: così DI MARTINO P., Gli acquisti in regime di comunione legale
tra coniugi, Milano, 1987, p. 4.
Parte I - Sezione I 1.1
27
giustificare, da sola, il considerevole interesse della dottrina per
l'istituto della comunione legale.
Tanto premesso, possiamo constatare che l'indagine costituente
oggetto del presente lavoro può essere impostata in modi differenti.
A titolo di esempio, si potrebbero analizzare in primo luogo gli
acquisti compiuti dai coniugi in generale e, comunque, al di fuori
di un'attività imprenditoriale, distinguendo volta per volta se si
tratti di acquisti destinati alla comunione immediata o a quella
differita o alla categoria dei beni personali.
Una simile impostazione consentirebbe di trattare ogni volta in
maniera esauriente (almeno tendenzialmente) le ipotesi
controverse, senza necessità di operare una distribuzione dei vari
problemi tra le diverse parti e sezioni di cui consta questa ricerca
37
.
In un secondo momento si potrebbe svolgere una trattazione
unitaria dei rapporti fra azienda, impresa e comunione legale. Di
volta in volta si potrebbe verificare l'operatività delle ipotesi
contemplate nell'art. 179 c.c.
38
.
L'analisi sarebbe costantemente scandita dalle considerazioni
relative alla possibilità di escludere dalla comunione, in via
generale o una tantum, determinati acquisti nonché, per converso,
di includervene altri normalmente estranei ad essa.
Questa ricerca, invece, verrà impostata in base a criteri
ricognitivi ed espositivi almeno in parte differenti.
37
Riguardo all'ipotesi di acquisto di partecipazioni sociali, ad esempio,
si potrebbe affrontare una trattazione unitaria nel contesto dell'analisi
relativa agli investimenti in prodotti finanziari (almeno riguardo alle
partecipazioni a società di capitali).
38
Procedendo, ad esempio, alla ricognizione di presupposti e termini
della dichiarazione di cui all'art. 179, comma 2, c.c. per le diverse
ipotesi concretamente riconducibili alla previsione della lett. f del comma
1 dello stesso articolo.