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Introduzione
Lo scopo di questo elaborato è quello di analizzare il mercato immobiliare italiano in un
momento di crisi e di importanti cambiamenti a livello politico-fiscale. Dopo una
crescita incessante dal 1998 al 2004, il mercato immobiliare ha visto lo scoppio della
bolla speculativa e la conseguente crisi del settore che ha portato ad un continuo
abbassamento dei prezzi e alla difficoltà di investimento. Tutto ciò ha impedito una
rapida ripresa del mercato, causata anche dalla scarsa propensione delle banche a
concedere mutui e dall’impossibilità per gli italiani di indebitarsi e acquistare casa.
In questo contesto, di centrale importanza sono le novità riguardanti le nuove politiche
sul fisco municipale che secondo alcuni dovrebbero ridare vivacità al mercato, mentre
secondo molti critici, come analizzeremo nella trattazione, possono essere considerate
solamente un primo passo di riforma, ma che da sole non cambiano nulla e non sono
sufficienti a raggiungere gli effetti di ripresa sperati.
Il mercato immobiliare è un settore caratterizzato da numerosi fallimenti e da problemi
di carattere equitativo e redistributivo. Diventa quindi di alto interesse scientifico
analizzare questo settore che vede nell’intervento pubblico un elemento di forte
influenza. Come vedremo, infatti, lo Stato ha un ruolo fondamentale per correggere
esternalità, asimmetrie e la distribuzione delle risorse, attraverso l’utilizzo di numerosi
strumenti.
Come abbiamo già accennato questo mercato ha anche elementi di estrema attualità.
Scosso dallo scoppio della bolla speculativa e da una crisi tutt’ora in atto, questo
mercato sta cercando in questi anni di rialzarsi. Frenetica è nei primi mesi del 2011
l’attività Parlamentare per l’attuazione del decreto sul federalismo municipale, il quale,
soprattutto agli albori, vedeva nella casa il suo elemento primario e centrale per la
formazione del gettito utile ai comuni per la loro autonomia. A tal proposito, diventa un
elemento di indagine interessante, l’acceso dibattito conseguente all’abolizione dell’Ici,
il quale ha portato a perdere un’importante fetta di gettito che agli occhi di molti critici
sarebbe stata fondamentale soprattutto in vista delle nuove modifiche sul federalismo e
che ora, invece, porta ad una difficile ricerca della migliore tassazione per recuperare
questo gettito e permettere una buona stabilità e autonomia comunale.
La trattazione di queste tematiche parte dall’esposizione, nel primo capitolo, del quadro
generale di riferimento del mercato immobiliare.
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Vengono descritte le caratteristiche di maggior rilievo di questo mercato e del suo
andamento, insieme alle differenze con l’altro grande catalizzatore di investimenti, cioè
il mercato finanziario.
In questo primo capitolo viene analizzato anche l’andamento del mercato italiano negli
ultimi dieci anni, così da mettere in evidenza un periodo caratterizzato da un inevitabile
scoppio della bolla speculativa, dopo anni di continua crescita che andava ben oltre le
reali possibilità del Paese e del mercato.
Il secondo capitolo si concentra quindi sui campi e le modalità d’intervento dello Stato
in questo settore. Rilevanti, infatti, sono i fallimenti e i problemi soprattutto
redistributivi ed equitativi, che caratterizzano il mercato immobiliare e che quindi
vedono nell’intervento pubblico un elemento chiave di riordino e controllo. Molti sono
gli strumenti a disposizione dello Stato per sistemare gli assetti di questo mercato.
Controllo prezzi e quantità, trasferimenti, interventi diretti ma tutti non sempre
producono effetti esclusivamente positivi richiedendo quindi un’azione attenta e
ponderata.
Dopo un veloce excursus dell’evoluzione delle politiche abitative in Italia degli ultimi
30 anni, la trattazione si sposta al rapporto dell’abitazione con la fiscalità e a descrivere
le varie forme di prelievo sulla casa, imposte sul reddito prodotto dall’abitazione,
imposte sul valore patrimoniale, imposte che si applicano al momento della conclusione
di contratti di affitto, trasferimento o eredità.
In questo capitolo vengono esposti i risultati più interessanti dei principali studi sul
tema. Lo studio di Pellegrino et al. [2010], su una valutazione dell’assenza nella
tassazione Irpef dei redditi figurativi, analizza come questa favorisca i gruppi di reddito
più alti. I risultati di questo elaborato dimostrano che un’inclusione dei fitti imputati
nella base imponibile, permetterebbe di ridurre la disuguaglianza globale e una
consistente riduzione delle aliquote IRPEF, provocando quindi benefici soprattutto per
le classi più povere e con un effetto potenzialmente positivo sull’offerta di capitale e
lavoro. Passiamo successivamente all’indagine di Baldini e Ciani [2010], sugli effetti
distributivi delle riforme Prodi e Berlusconi a discapito dell’Ici, osservando come
queste riforme non abbiano avuto una particolare connotazione pro-poor e inoltre come
l’abolizione dell’Ici possa apparire particolarmente inspiegabile in un momento in cui si
reclamava da molte parti una riforma in senso federale dell’architettura delle istituzioni
pubbliche.
Infine vedremo i principali prelievi che colpiscono i momenti in cui viene trasferito il
diritto di proprietà su un alloggio, osservando come l’attuale sistema tributario abbia
bisogno di essere modificato. Vedremo quindi le principali proposte di riforma in questi
anni vagliate per risolvere le problematiche che affliggono questo mercato e come
queste abbiano tutte il problema del loro finanziamento e di trovare un giusto
compromesso tra il principio del beneficio e la capacità contributiva .
Il capitolo sulla fiscalità si conclude con un paragrafo che espone uno degli aspetti più
critici che riguardano il Paese, l’evasione.
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Questo argomento ci interessa in particolar modo in quanto le nuove riforme, che
andremo ad analizzare nel finale della trattazione, vedono come uno dei cardini per la
loro buona riuscita, proprio l’emersione del nero grazie a una minore pressione fiscale,
regolamentazioni più chiare e un sistema sanzionatorio più rigido e severo.
Con il quarto e ultimo capitolo arriviamo a trattare quelli che sono gli argomenti chiave
e di maggior interesse scientifico e d’attualità.
La tesi pone il proprio interesse sul federalismo e il fisco municipale. In primo piano il
dibattito sul come realizzare il gettito per dare autonomia ai comuni e sulla cedolare
secca, la nuova tassazione sulle locazioni da tempo invocata per dare vivacità e interesse
al mercato immobiliare.
Seguiremo il percorso normativo, dalla prima bozza di decreto fatta nel 2010 fino ad
arrivare ai primi mesi del 2011 dove un’incessante attività politica ha portato ad
importanti modifiche e ad un voto in bicamerale molto discusso e che ancora farà
discutere, fino all’approvazione definitiva del decreto, quando poi sarà possibile dare il
via alle future riforme.
Come già accennato, di grande importanza sono le valutazioni sulle possibilità di
tassazione per creare il gettito necessario ai comuni per la loro stabilità e autonomia e
analizzeremo questo aspetto grazie ad interventi, articoli ed elaborazioni di importanti
studiosi della materia come Vincenzo Visco, Massimo Bordignon e Saverio Fossati che,
oltre a presentare le nuove modalità di tassazione proposte con le bozze di decreto
(addizionali Irpef, compartecipazione Iva), ci porteranno a dare una valutazione
soprattutto per quel che riguarda la passata abolizione dell’Ici, forma di tassazione
patrimoniale, che ora più che mai, con il federalismo, poteva essere un’ottima
tassazione anche se impopolare ed eliminata per ragioni di capacità contributiva.
Successivamente analizzeremo meglio la cedolare secca sulle locazioni. Questa nuova
modalità di tassazione, che va a sostituire la precedente tassazione Irpef, viene vista dai
suoi promotori come capace di rilanciare il mercato, aumentare le possibilità delle
famiglie di prendere in affitto un’abitazione (grazie all’abbassamento dei canoni) e
limitare il nero agevolando l’emersione. Valuteremo grazie ad importanti contributi gli
aspetti critici di queste novità e cosa ci dobbiamo attendere.
Le conclusioni della nostra trattazione mostreranno come queste riforme non siano
esenti da numerosi difetti e inoltre non risolvono, da sole, i problemi del Paese e del
mercato immobiliare. E’ fondamentale che vengano considerate solamente come un
primo passo verso una migliore razionalizzazione e perequazione della fiscalità
immobiliare.
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Capitolo primo
Il mercato immobiliare
1.1 Aspetti generali e differenze con il mercato mobiliare e di capitali
Il mercato nel quale si scambiano la terra e le costruzioni incorporate alla terra si
chiama mercato immobiliare. Sono esempi di beni scambiati in questo mercato i fondi
agricoli, i lotti di terreno edificabile, le abitazioni e gli edifici in genere, le infrastrutture
(strade, ponti, aeroporti e così via).
Il mercato immobiliare assume forme e dimensioni differenti secondo il profilo degli
acquirenti e le caratteristiche dei beni scambiati. In altre parole sia la forma sia la
dimensione del mercato dipendono dalla specifica interazione tra un segmento di
domanda e un segmento di offerta.
La dimensione del mercato immobiliare di riferimento non è scontata, ma varia secondo
gli scopi che guidano l’acquirente nella sua ricerca; infatti, secondo che si tratti di una
famiglia che cerca un alloggio, una piccola azienda o un’impresa multinazionale il
mercato assumerà dimensioni di quartiere, urbane, nazionali o internazionali. Se
lasciamo da parte l’acquirente e assumiamo la prospettiva del bene che è oggetto di
scambio, notiamo un’analoga variazione del mercato di riferimento; la tipologia e la
locazione di un bene immobile incidono dunque sulla dimensione del relativo mercato e
sul profilo della domanda potenziale.
I beni di questo mercato sono accomunati dall’immobilità; caratteristica già di per se
sufficiente a distinguere questo mercato dai mercati mobiliari, cioè dai mercati nei quali
si scambiano i beni mobili (prodotti agricoli, automobili, elettrodomestici; ma anche
titoli azionari, buoni del tesoro e la moneta che sono beni scambiati nel mercato
finanziario).
Una prima differenza di rilievo consiste nel fatto che i beni mobili possono essere
trasportati nel luogo dove avviene lo scambio; a differenza quindi dei beni mobili, gli
immobili non possono essere recati al mercato ma il venditore avrà a disposizione
solamente del materiale (foto, documenti, … ) utile alla descrizione di esso, con quindi
una maggiore difficoltà di confronto per gli osservatori.
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Gli immobili hanno la caratteristica importante dell’essere beni di lunga durata, inoltre
sono beni molto costosi rispetto ad un bene mobile e nella maggior parte dei casi
presuppone l’assunzione di un debito da parte dell’acquirente, il cui rimborso può
durare decine di anni. Le grosse somme di denaro impiegate si tramutano così in un
patrimonio fatto di calce e mattoni, spesso difficile da riconvertire in denaro, in poco
tempo, per la difficoltà di trovare un compratore e di tutte le pratiche per le trattative di
acquisto e la vendita. Questo non accade in altre forme di investimento come per il
mercato dei titoli. Detto ciò anche se poco liquidi, i beni immobili sono considerati un
“bene rifugio” dagli investitori grandi e piccoli. Storicamente, infatti, il valore venale
degli immobili è cresciuto con un tasso più elevato del tasso di inflazione. Questa
caratteristica premia in modo particolare coloro che detengono la proprietà di un
immobile per lunghi periodi di tempo.
Questi beni non sono però esenti da variazioni di valore; anche se lentamente rispetto,
ad esempio, al mercato azionario, il mercato immobiliare è caratterizzato da un
andamento ciclico. Prezzi, rendimenti e compravendite variano nel tempo al rialzo o al
ribasso in risposta a numerosi fattori di tipo economico, politico e sociale. Almeno in
parte la ciclicità del mercato è causata dallo sfasamento tra domanda e offerta. Anche
quando gli immobili esistenti sono in grado di soddisfare una crescente domanda di
spazio da parte di famiglie e imprese, l’adeguamento dell’offerta alla domanda non
avviene in modo rapido. La mediazione del sistema dei prezzi è necessaria affinché i
proprietari siano incentivati a sfruttare in modo più razionale lo spazio esistente.
Tuttavia il sistema dei prezzi nel mercato immobiliare è poco trasparente. In un breve
lasso di tempo le compravendite tra loro paragonabili sono scarse. Inoltre sono
paragonabili soltanto le compravendite di immobili con caratteristiche simili situati in
un intorno spaziale limitato (non ha senso paragonare il prezzo al metro quadro di
alloggi distanti, diversi per dimensione e pregio).
Infine prezzi e rendimenti degli immobili non sono solitamente resi pubblici, il loro
rialzo o ribasso può sfuggire per un certo lasso di tempo all’attenzione degli attori di
mercato, ritardando il riequilibrio del rapporto tra domanda e offerta.
Diventa quindi comune chiedersi quale sia la forma di investimento migliore;
ovviamente non c’è una risposta univoca in quanto entrambe le forme di investimento
presentano vantaggi e svantaggi che in parte abbiamo già menzionato.
Soprattutto per quel che riguarda i vantaggi nell’investire in beni immobili, da tenere in
considerazione è sicuramente l’effetto leva. Questo effetto lo abbiamo in quanto questi
tipi di investimenti non vengono fatti utilizzando integralmente i nostri soldi ma
prendendo la maggior parte del denaro tramite mutuo; ad esempio quando acquistiamo
un immobile di una certa cifra anticipando un terzo del suo valore e prendendo i restanti
soldi a mutuo non facciamo altro che investire con una leva 3 a 1.
In sostanza con un euro di investimento ne controlliamo 3. Qualora ci fosse un aumento
del valore dell'immobile del 3%, in effetti, per noi tale aumento, rispetto al nostro
capitale iniziale investito, è del 9% (fatto salvi gli interessi del mutuo).