CAPITOLO I
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Il potere di grazia:
dalla nascita agli ultimi passi
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1. Introduzione al tema. La filosofia sul potere di grazia:
critiche e lodi all’istituto.
<<[…] Il diritto di far grazia al colpevole sia addolcendone la
pena, sia rimettendola del tutto, è veramente il più delicato di tutti i
diritti del sovrano, perché, se esso procura maggior splendore alla
sua grandezza, gli fornisce anche il modo di commettere delle gravi
ingiustizie>>
1
. Lo affermava Immanuel Kant a proposito della
delicata e difficile individuazione, con un accettabile grado di
certezza, dei tratti del potere di grazia.
Le pressanti critiche, concernenti la concessione della grazia ad
Ovidio Bompressi e ad Adriano Sofri, hanno riportato un paio di
anni fa alla luce dei riflettori dei media proprio la questione della
disputa istituzionale sul potere di grazia con conseguente
interessamento, da parte della dottrina, ai ruoli ricoperti in merito
dal Presidente della Repubblica e dal Ministro della giustizia.
Il provvedimento della grazia in senso stretto, ossia rivolto ad un
singolo soggetto, nel tempo si è rivelato oggetto di dispute dottrinali
e filosofiche divenendo tanto bersaglio di critiche quanto motivo di
lodi.
1
Cfr. I. KANT, Del diritto di punizione e di grazia, in AA.VV., Scritti politici e di
filosofia della storia e del diritto, a cura di N. Bobbio, L. Firpo e V. Mathieu, Torino,
1956, 527 s., in M. PISANI, Dossier sul potere di grazia, Padova 2006, 1.
3
Al riguardo si evince una certa fragilità del discorso, una sua
delicatezza. Infatti, come già riportato in apertura di questo lavoro,
non a caso, un pensatore come Immanuel Kant fu intento ad
esprimere una certa difficoltà nel poter definire con chiarezza
questo potere, definendolo proprio come <<il più delicato di tutti i
diritti del sovrano>>
2
.
Per il filosofo tedesco, il potere di grazia sarebbe così delicato da
poter essere tanto fonte di splendore per il sovrano, quanto fonte di
immense ingiustizie. <<Non appartiene – scrive I. Kant –
assolutamente al sovrano di esercitare questo diritto riguardo ai
delitti dei suoi sudditi fra di loro, perché qui l’impunitas criminis
sarebbe una grandissima ingiustizia fatta ad essi. È dunque
soltanto nel caso in cui la lesione ricade su lui stesso – crimen
laesae maiestatis –, che egli può farne uso. Ma anche allora egli
non lo può, se l’impunità potesse compromettere la sicurezza
pubblica. Questo diritto è l’unico che merita il nome di diritto di
maestà>>
3
.
Secondo Georg Wilhelm Friedrich Hegel <<il diritto di grazia è
uno dei più alti riconoscimenti della maestà dello spirito>>
4
. Lo
2
Cfr. I. KANT, op. cit., 527 s., in M. PISANI, Dossier, cit., 1.
3
Cfr. I. KANT, op. cit., 527 s. in M. PISANI, Dossier, cit., 1.
4
Cfr. G. W. F. HEGEL, Lineamenti di filosofia del diritto, a cura di F. Messineo,
Bari 1974, 285, in M. PISANI, Dossier, cit., 3.
4
Spirito hegeliano, inteso come l‟individuo nei suoi rapporti con la
comunità sociale in cui vive, ritrova rappresentata nella sovranità
del monarca la sua unione. Da ciò consegue che il diritto di grazia,
che viene concesso al reo, sarebbe insito a questa sovranità, quale
espressione dello Spirito, la sola competente a rendere non
avvenuto l‟accaduto e di annullare il delitto nella remissione e
nell‟oblio
5
.
Nel fare ordine in questa disputa, è da notare che già Platone
vedeva tale atto di clemenza con sfavore, così come Cicerone
affermava con convinzione, in richiamo del poeta latino Quinto
Ennio, <<Benefacta male locata, malefacta arbitror (Ritengo che le
buone azioni mal collocate siano cattive azioni)>> (De officiis, II,
18, 62).
Un‟opposizione questa, che nel tempo si è basata principalmente
sul presupposto che in un sistema di leggi giuste, la clemenza ed il
perdono non siano necessari, anzi al contrario scuoterebbero la
certezza del diritto
6
.
Questa corrente di pensiero, a sostegno della certezza del diritto,
vide tra i suoi diversi esponenti anche J. J. Rousseau, il quale
testualmente rilevò che <<in uno Stato ben governato ci sono poche
punizioni, non perché si concedano molte grazie, ma perché ci sono
5
G. W. F. HEGEL, Lineamenti, cit.,285, in M. PISANI, Dossier, cit., 3.
6
T. L. RIZZO, Il potere di grazia (profili storico-giuridici), cit., 17.
5
pochi criminali: il grande numero dei delitti ne assicura l’impunità
quando lo Stato decade.>>
7
.
Altrettanto P. J. A. Feuerbach, nel suo noto Anti Hobbes,
sottolineò l‟importanza di un sistema penale più sicuro, improntato
sulla certezza dell‟esecuzione delle pene prefigurate. Secondo il
Feuerbach, infatti, <<una minaccia può essere efficace come tale,
soltanto se il male in essa contenuto viene rappresentato come un
male che si verificherà effettivamente>>
8
.
Il Bentham sostenne che se le leggi erano troppo severe, il potere
di grazia diventava un rimedio necessario, ma che era comunque un
male, in quanto ciò che occorreva erano buone leggi e non un
rimedio per annullarle nella sostanza
9
.
Il nostro Cesare Beccaria fu un convinto assertore di un sistema
di pene moderate ma certe, che avrebbe reso superfluo quel ricorso
alla clemenza, quale conseguenza di leggi disordinate e condanne
disumane. <<A misura – affermava – che le pene divengono più
dolci, la clemenza ed il perdono diventano meno necessari […]
Questa verità sembrerà dura a chi vive nel disordine del sistema
7
Cfr. J. J. ROUSSEAU, Scritti politici, a cura di P. Alatri, Torino 1970, 749, in T.
L. RIZZO, Il potere di grazia (profili storico-giuridici), cit., 18.
8
Cfr. P. J. A. FEUERBACH, Anti Hobbes, a cura di M. A. Cattaneo, Milano
1972, 113, in T. L. RIZZO, Il potere di grazia (profili storico-giuridici), cit., 18.
9
V. T. L. RIZZO, Il potere di grazia (profili storico-giuridici), cit., 18 s.
6
criminale dove il perdono e le grazie sono necessarie in
proporzione dell’assurdità delle leggi e dell’atrocità delle
condanne>>
10
. Ancora più precisamente, il Beccaria era convinto
che non fosse compito degli esecutori della legge a dover ricorrere
ad atti di indulgenza particolare, bensì doveva essere il legislatore
ad agire con misericordia ed umanità nella generalità dei casi.
<<Siano dunque inesorabili le leggi – diceva invero –, inesorabili
gli esecutori di esse nei casi particolari, ma sia dolce, indulgente,
umano il legislatore>>
11
.
Infine, il Filangieri polemizzò con Montesquieu, che aveva
sostenuto che la legge deve condannare ed il principe perdonare,
perché altrimenti <<il perdrait le plus bel attribut de sa
souveraineté, qui est celui de faire grâce, il serait insensé qu’il fît et
défît ses jugements>>
12
. Il Filangieri obiettò che nella monarchia,
così come in qualunque altra forma di governo, le leggi dovevano
essere moderate mentre il sovrano si doveva mantenere inflessibile.
Questo perché, a suo avviso, la grazia era un‟ingiustizia nei
10
Cfr. C. BECCARIA, Dei delitti e delle pene, in M. PISANI, Dossier, cit., 3.
11
Cfr. C. BECCARIA, Dei delitti e delle pene, in M. PISANI, Dossier, cit., 4.
12
Cfr. C. L. MONTESQUIEU, De l’esprit des lois, in M. PISANI, Dossier, cit., 1
s.
7
confronti della società, essendo in contrasto con il dovere primario
del Re di difendere la sicurezza pubblica e la tranquillità privata
13
.
Ulteriore pensiero del Filangieri fu che se la grazia è equa, la
legge è cattiva; al contrario se la legge è buona, la grazia è un
attentato contro la legge: ne deriva che nella prima ipotesi si
dovrebbe abolire la legge, mentre nella seconda dovrebbe essere
rifiutata la grazia. Tuttavia, secondo il giurista filosofo partenopeo,
erano consentite delle eccezioni a tale regola: queste eccezioni
erano il caso di un condannato che avesse avuto grandi meriti
personali o che avesse agito più d‟impeto che per malvagità; oppure
quell‟ipotesi in cui i magistrati che l‟avevano giudicato e la
popolazione testimone delle sue virtù e dei suoi servizi, avessero
reclamato l‟atto di clemenza
14
. In tali circostanze l‟impunità non
avrebbe offerto un incoraggiamento al delitto, ma l‟esaltazione
della virtù.
Più di recente, nel diciannovesimo secolo, sono stati formulati
rilievi critici all‟istituto in questione ad opera di Garofalo, Florian,
Lombroso e Ferri.
13
V. G. FILANGERI, La scienza della legislazione, III, Filadelfia 1819, 436 s., in
T. L. RIZZO, Il potere di grazia (profili storico-giuridici), cit., 19 s.
14
V. M. PISANI, Dossier, cit., 2 s.
8
I primi due risultano essere concordi nel circoscrivere l‟uso della
grazia a reati politici, fiscali, amministrativi e sociali, senza
estenderla a quelli comuni
15
.
Per il Lombroso era possibile conservare il potere di grazia,
purché questo fosse circondato da limiti ben determinati e fosse
scevro da quegli arbitri ed abusi che, a suo avviso, avevano
incentivato la criminalità; ancora, il provvedimento andava
sostanzialmente circoscritto ai delitti di stampa, politici, militari, a
quelli di caso fortuito o forza maggiore, ai reati commessi da
persone di sicura moralità o da persone divenute anziane ed
invalide. Mentre in caso di un presunto errore giudiziario, non
doveva essere attivata la procedura per la concessione della grazia,
bensì si doveva procedere con la revisione del processo
16
.
Altrettanto, su un‟analoga linea di idee, il Ferri stigmatizzò
l‟abuso del potere di grazia, che si era ripercosso sulle statistiche
criminali. Questi sostenne la soluzione di esercitare l‟atto di
clemenza solo per rimediare a condanne politiche, sostituendolo per
il resto mediante una periodica revisione delle sentenze di condanna
a tempo indeterminato
17
.
15
V. T. L. RIZZO, Il potere di grazia (profili storico-giuridici), cit., 20.
16
V. C. LOMBROSO, Sull’incremento del delitto in Italia, Firenze 1879, 127 s.,
in T. L. RIZZO, Il potere di grazia (profili storico-giuridici), cit., 21.
17
V. T. L. RIZZO, Il potere di grazia (profili storico-giuridici), cit., 21 s.
9
Ma la grazia, come detto, non fu solo fonte di critiche; nutrita e
qualificata fu anche la schiera dei suoi sostenitori.
Tra i propugnatori italiani dell‟istituto in questione ritroviamo
Arcoleo, Carrara, Palma, Pessina e Racioppi, i quali sostennero il
valido impiego di uno strumento come la grazia in modo universale
in tutti i Paesi e sistemi politici.
L‟Arcoleo si espresse a favore della grazia, quale temperamento
del principio <<dura lex, sed lex>>, per cui la legge, pur essendo
estremamente rigida, deve essere applicata e fatta rispettare in
quanto tale. <<È provvido rimedio – precisò – a un giusto sospetto
di errore giudiziario, ad un eccessivo rigore di pena, alle ingiustizie
che possono prevalere nei giudizi dei reati politici; esprime
condono e premio ai condannati, che abbiano manifestato volontà
di emendarsi>>
18
.
Il Carrara si oppose con decisione alla predeterminazione
legislativa della grazia, perché si trattava di una causa politica di
diminuzione della pena, nonché un diritto sovrano, la convenienza
del cui esercizio, doveva essere valutata di volta in volta dal potere
esecutivo; affermava trattarsi di <<[…] un diritto sovrano, in
ordine al quale la scienza può dare dei suggerimenti generali, ma
che non può limitarsi a priori dalla legge. È il potere esecutivo
18
Cfr. G. ARCOLEO, Diritto costituzionale, Napoli 1907, 382, in T. L. RIZZO, Il
potere di grazia (profili storico-giuridici), cit., 22 s.
10
quello che deve in ogni singolo caso verificare e valutare la
convenienza del suo esercizio>>
19
.
Palma, dal canto suo, definì la grazia come <<il più splendido
gioiello della Corona dei Re>>
20
e constatò che la legge, essendo
generale ed astratta, non poteva prevedere i singoli casi, il cui
apprezzamento esulava altresì dai poteri della magistratura. La
grazia risultava quindi un rimedio alla fallibilità della giustizia
umana ed appariva, infine, il miglior corollario a quel fine di
emenda dal reo, cui la pena stessa tendeva. Invero, senza l‟atto di
clemenza, ai condannati non sarebbe rimasto altro da dire che
<<lasciate ogni speranza, o voi che entrate>>
21
.
Il Pessina, nel sottolineare che con l‟esercizio del potere di
grazia il sovrano non agiva per sentimento, bensì per razionalità,
precisamente in quei casi eccezionali concernenti o la vita dello
Stato, o le condizioni particolari di un individuo, sostenne la ratio
19
Cfr. F. CARRARA, Programma del corso di diritto criminale. Parte generale,
II, Firenze 1897, 113 s., in T. L. RIZZO, Il potere di grazia (profili storico-giuridici),
cit., 23.
20
Cfr. L. PALMA, Corso di diritto costituzionale, II, Firenze 1884, 399, in T. L.
RIZZO, Il potere di grazia (profili storico-giuridici), cit., 23.
21
V. T. L. RIZZO, Il potere di grazia (profili storico-giuridici), cit., 23 s.