pagina 1
Introduzione: il progetto “neu#ART” _
Introduzione: il progenull o “neu_ART”
! "
#"$"#"%!& ' (
#) * * +,
- !
.. / .
0* ,) .
- .
!,
1
1
. .
2, .3
,
. 3
**($/4/4 %
35, * . 1
'
. 6/6 ,
. *
* +
2
,
, .
3 ,
3 6
247+ **($/4/4 %,
2
( . ( ,8"**+
pagina 2
Introduzione: il progetto “neu#ART” _
/9
.. .
! , :
,
6, ;<!
, + . 3
))(
$ 6
=%,
>, ) . ' ! . .
!
', . -
3.
.
. 1
.
, ) 1 .
13,
1 !
. .0* ,
" -
. !
- ..,
1 -
.
,
pagina 3
Premessa
Premessa
Preme ssa
Il lavoro svolto per la produzione di questo elaborato si è articolato in più
fasi, con il fine ultimo di vedere l’applicazione pratica delle tecniche
radiografiche su opere di valore storico – artistico.
La prima fase ha preso avvio grazie al lavoro preliminare della Dott.ssa
Iudica, che prima di me si era occupata della messa in opera dell’apparato
radiografico. Da qui si è proceduto con la caratterizzazione del sistema di
movimentazione del detector, con l’ausilio di un interferometro.
Stabilite le caratteristiche del movimento del rivelatore lungo gli assi XY,
si è proseguito con l’analisi del comportamento del sistema sorgente – detector.
Si sono quindi ricercati i due parametri utili alla definizione dell’apparato: il
numero di livelli di grigio effettivamente utilizzati per la rappresentazione
dell’immagine radiografica e la risoluzione spaziale, ovverossia la dimensione
del minimo dettaglio identificabile nella radiografia.
Dal momento che entrambi i parametri dimostravano un ottimo
comportamento del sistema, si sono testate le potenzialità della strumentazione
attraverso dei provini. Questi ultimi sono stati fatti fare in modo da poter avere
una panoramica sulla maggior parte dei materiali utilizzati dagli artisti per le
proprie rappresentazioni artistiche. Si sono quindi analizzati dei provini di
differenti specie lignee, delle tavole lignee dipinte alla maniera antica, una tela,
dipinta sia a modo tradizionale sia moderno, delle leghe metalliche e un vaso
moderno al cui interno erano stati nascosti degli oggetti. Tutte le analisi hanno
dimostrato un ottimo comportamento dell’apparato su tutti i provini, pur
considerando la tensione massima sostenibile dal detector più usato per le
analisi.
L’ultima fase ha permesso di vedere applicate entrambe le tecniche su
diverse opere di valore culturale. Sono pertanto stati analizzati dei reperti
pagina 4
Premessa
archeologici e dei manufatti del Museo di Antropologia ed Etnografia
dell’Università di Torino. Sui primi, di natura metallica, è stata effettuata
un’indagine radiografica al fine di studiarne lo stato di conservazione e la
presenza di decorazioni nascoste dalle incrostazioni e dalla terra che li ricopre.
Per due dei reperti del Museo di Antropologia è stato possibile effettuare
l’analisi radiografica, al fine di conoscerne le tecniche costruttive. Sul terzo
reperto, invece, ci si è avvalsi della tecnica di tomografia computerizzata, che ha
permesso l’individuazione di punti critici per lo stato di conservazione del
reperto stesso e la conoscenza del materiale costitutivo dei sonagli nel suo
interno.
In considerazione delle fasi sperimentali sopra descritte, la presente Tesi
si articola in cinque Capitoli. Il primo, di natura prettamente teorica, espone una
breve panoramica circa le tecniche radiografiche, gli usi, i limiti e le potenzialità.
Il secondo presenta la strumentazione utilizzata per la Tesi, mentre il terzo
espone tutte le analisi di caratterizzazione dell’apparato stesso. Il quarto
capitolo riporta l’elaborazione dei dati ottenuti dalle analisi sui provini. Il quinto
capitolo espone infine i risultati ottenuti tramite l’applicazione delle tecniche
radiografiche su Beni Culturali.
capitolo 1
1.1_I raggi X
1.2_La radiografia
1.2.1_La strumentazione
1.2.2_Le proprietà
1.3_La tomografia computerizzata
pagina 5
Le tecniche radiografiche applicate ai Beni Culturali
Le tecniche radiografiche applicate ai Beni Culturali
Le tecniche radiografiche applicate ai Beni Culturali
La sistematica applicazione dei metodi scientifici al mondo dell’arte,
dell’archeologia e dei beni culturali in senso lato, in Europa inizia a svilupparsi
solamente a partire dalla fine del XVIII sec.
���
. Negli anni successivi si radica la
profonda consapevolezza che la scienza può dare un apporto sostanziale agli
studi umanistici: si adattano all’ambito diagnostico tecnologie nate in altri
settori e se ne sviluppano di nuove. Nasce quindi la cosiddetta conservation
science, che vede tutti gli ambiti scientifici al servizio della conoscenza, della
diagnostica, del restauro dei beni culturali.
I metodi fisici trovano, in quest’ottica, numerose applicazioni di rilievo,
perché permettono di ottenere informazioni non solo sui materiali componenti
l’oggetto in sé, ma anche sulle tecniche costruttive, sul periodo di produzione,
sulle alterazioni in atto, sugli interventi di restauro già effettuati e sulle migliori
condizioni di conservazione. Nel novero di tecniche disponibili, si privilegiano
quelle che riescono a fornire notizie circa l’oggetto artistico senza che questo
subisca modifiche di carattere estetico o strutturale.
Il desiderio di conoscere in modo più approfondito le opere d’arte, anche
nelle parti non visibili, la ricerca di strategie sempre più adeguate in termini di
conservazione e restauro degli oggetti artistici, la necessità intellettuale di
trovare risposte a domande mai poste prima, hanno trovato nelle tecniche di
diagnostica non invasiva la soluzione scientificamente più sicura, attendibile e
rispettosa.
Attualmente, per svolgere questo compito, la tecnologia mette a
disposizione tre principali tipologie di sorgenti: le onde sonore, i fasci di
particelle (cariche o neutre) e le radiazioni elettromagnetiche. In questa ultima
tipologia rientrano le sorgenti maggiormente utilizzate: i raggi X e i raggi γ.
pagina 6
Le tecniche radiografiche applicate ai Beni Culturali
1.1. I raggi X
La scoperta dei raggi X è avvenuta l’8 novembre 1895, quando il fisico
tedesco Wilhelm C. Roentgen,
lavorando con un tubo a raggi
catodici, si rese conto che i raggi
provenienti dal tubo riuscivano a
penetrare nei materiali opachi e a
impressionare le pellicole
fotografiche. Roentgen ebbe modo
di osservare che la capacità di
penetrazione diminuiva
all’aumentare della densità degli
oggetti attraversati. Questa
caratteristica, unita all’impossibilità
di deviare il fascio con un campo
magnetico (capacità propria delle particelle cariche) e di osservare figure di
interferenza e di diffrazione (tipiche delle onde), acuì la curiosità dello scienziato
che diede ai raggi il nome di raggi X, mutuando dal linguaggio convenzionale
matematico il senso di mistero di un’incognita
���
.
Gli studi successivi, da Haga e Wind (1899), a Laue (1912) e a Bragg
(1912), per citare solo i più famosi, permisero di provare la compresenza del
comportamento corpuscolare e ondulatorio dei raggi X. Gli studi che
succedettero a queste prime fasi consentono oggi di affermare che i raggi X
sono onde facenti parte dello spettro elettromagnetico, costituite da fotoni di
energia compresa tra qualche decina di KeV e qualche MeV, con lunghezze
d’onda comprese tra 10
��
e 10
���
m
���
.
Figura 1: Fotografia di Wilhelm Roentgen.
pagina 7
Le tecniche radiografiche applicate ai Beni Culturali
Figura 2: Lo spettro elettromagnetico, da: www.fmboschetto.it.
Così come sostenuto da Lang e Middleton, i raggi γ e i raggi X presentano
alcune caratteristiche fondamentali:
1. non sono suscettibili dell’azione di campi elettrici o magnetici;
2. viaggiano in linea retta alla velocità della luce;
3. penetrano nei materiali venendo attenuati in funzione della densità
dell’oggetto attraversato e del suo spessore;
4. impressionano pellicole fotografiche causando, in alcuni materiali,
fluorescenza;
5. non sono visibili all’occhio umano;
6. sono pericolosi per i tessuti umani perché danneggiano irreparabilmente
le cellule
���
.
I raggi X possono essere generati attraverso due differenti procedimenti:
1. Nel momento in cui un fascio di elettroni subisce una variazione di
velocità si provoca l’emissione di fotoni noti come radiazione di
frenamento o bremsstrahlung. Questa radiazione è caratterizzata da uno
spettro continuo per tutte le lunghezze d’onda e quindi per tutte le
energie.
pagina 8
Le tecniche radiografiche applicate ai Beni Culturali
2. Quando un elettrone dei livelli più interni di un atomo viene rimosso
dall’orbitale, un altro elettrone dagli strati più esterni va a colmare la
lacuna creatasi. In questo salto quantico, si ha un’emissione di
radiazione elettromagnetica con un’energia pari alla differenza tra le
energie dei due livelli interessati; tale differenza ricade nell’intervallo
energetico dei raggi X ed è caratteristica dell’elemento che ha emesso i
fotoni. In questo secondo caso, quindi, non si ottiene uno spettro
continuo di energie, ma uno spettro denominato a righe, perché si
hanno picchi solo in corrispondenza delle energie caratteristiche di ogni
atomo.
Figura 3: Rappresentazione schematica del processo di produzione dei raggi X, da:
www.scienzagiovane.unibo.it/favole/tac/raggiX.
È possibile ottenere raggi X dall’unione dei due procedimenti sopra descritti: in
questo caso, si otterrà uno spettro dovuto alla sovrapposizione dei due
fenomeni, con una banda continua, dovuta alla radiazione di frenamento, e i
picchi relativi alle energie caratteristiche dell’elemento.
pagina 9
Le tecniche radiografiche applicate ai Beni Culturali
Figura 4: Esempio di uno spettro continuo e spettro caratteristico, da:
www.scienzagiovane.unibo.it/favole/tac/raggiX.
Quando un fascio di raggi X colpisce la materia, in parte viene assorbito
all’interno del materiale attraversato e in parte viene diffuso. L’intensità del
raggio trasmesso sarà data dalla legge di Lambert‐Beer:
���
�
��
���
dove:
�
�
= intensità del raggio incidente
� = coefficiente di attenuazione lineare o di assorbimento
� = spessore del materiale attraversato
Il coefficiente di attenuazione lineare �, espresso in ��
��
, indica lo spessore di
materiale necessario per attenuare il fascio di una quantità pari a 1/e, e dipende
da un lato dall’energia dei raggi usati, dall’altro dalla densità dell’oggetto.
L’assorbimento è infatti dovuto all’insieme delle differenti interazioni che i
fotoni possono avere con la materia: effetto fotoelettrico, effetto Rayleigh,
effetto Compton, produzione di coppie
���
.
L’effetto fotoelettrico, scoperto da Hertz nel 1887 e studiato anche da Einstein
nel 1905
2
, è un fenomeno tale per cui, in seguito all’esposizione a radiazioni
elettromagnetiche, si ha la liberazione di cariche elettriche da parte del
materiale esposto. Quando un fotone colpisce un atomo cedendo
2
Per questo studio, nel 1905 vinse il Nobel.
pagina 10
Le tecniche radiografiche applicate ai Beni Culturali
completamente la sua energia a
un elettrone delle shell più
interne, questo viene espulso
dall’orbitale. Il fotoelettrone
generato acquisisce un’energia
cinetica pari alla differenza tra
l’energia del fotone incidente e il
lavoro di estrazione; tale energia
cinetica permette alla particella
carica di muoversi nel materiale
e di scalzare altri elettroni dai propri orbitali. La vacanza creatasi in seguito
all’espulsione dell’elettrone viene colmata tramite un elettrone degli strati più
esterni che ricade in quelli più interni emettendo raggi X, oppure tramite un
elettrone Auger
3
. La sezione d’urto relativa all’effetto fotoelettrico, cioè la
probabilità che tale fenomeno avvenga, è direttamente proporzionale a �
�
�
�
⁄
(con 4<m<5 e 1<n<3,5).
L’effetto Rayleigh è lo scattering o diffusione elastica della radiazione incidente:
vi è solamente una debole interazione tra i raggi X incidenti e gli elettroni degli
strati più esterni, tanto che
l’energia del fascio dopo
l’urto è invariata rispetto a
quella prima dell’urto.
L’effetto Compton, o
scattering anelastico, è un
fenomeno fisico che prevede
l’interazione anelastica tra il
fotone incidente e un
3
Al crescere della massa atomica, la vacanza tende a essere colmata maggiormente con l’emissione di
elettroni Auger piuttosto che tramite emissione di raggi X.
Figura 6: L'effetto Compton, da: Fosbinder et al, 2002.
Figura 5: L'effetto fotoelettrico, da: Fosbinder et al, 2002