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leve di retail mix (prezzo, allocazione dello spazio, promozione,
assortimento, presenza della marca privata) per formato e per
area/mercato.
Ciò richiede che il distributore ponga al centro dell’intero
processo di creazione del valore, l’attività di marketing,
rivoluzionando la consolidata struttura organizzativa di gran parte
delle imprese del trade italiano, fondata sull’articolazione per
funzioni e sulla predominanza della contrattualistica rispetto alle
altre attività di marketing.
Adottare il Category Management significa realizzare una
gestione di business per segmenti di consumo, categorie
merceologiche, intese come Strategic business unit (Sbu).
Questo lavoro si propone di analizzare i diversi aspetti del
processo di Category Management, cercando di evidenziare i
vantaggi che ne determinano l'applicazione e allo stesso tempo i
limiti del modello nel contesto organizzativo delle imprese italiane.
Ad una trattazione inizialmente teorica e generale, seguirà
l’analisi di un caso empirico: l’implementazione del Category
Management in Conad.
7
1. MODELLI ORGANIZZATIVI ESTERNI/INTERNI
DELLA DISTRIBUZIONE ITALIANA
1.1. Organizzazione esterna
Nella distribuzione italiana si assiste ad un processo di
internazionalizzazione delle imprese, associato ad un progressivo
abbattimento delle barriere di ordine doganale, legislativo e
tariffario tra i diversi Paesi. Ciò ha riproposto il tema della crescita
della dimensione ottimale in seguito al profondo mutamento nelle
posizioni competitive delle Insegne operanti in un mercato
divenuto in poco tempo spazialmente più ampio.
Se la crescita dimensionale diventa un fattore strategico
rilevante per tutti i distributori, questa può essere effettuata
secondo quattro tipologie
1
:
a. Acquisizione e/o controllo di imprese presenti nel mercato. Si
tratta della modalità più rapida per ottenere in tempi ristretti il
controllo di quote di mercato più ampie, anche se risulta
1. Cfr. Cristini G., Il Category Management, Milano, Egea, 1999, pagg. 37-38.
8
particolarmente onerosa in relazione al costo dell’operazione e
alla necessaria attivazione dei processi di omogeneizzazione
strategico-organizzativi che devono intervenire.
b. Costituzione di accordi contrattuali (affiliazioni commerciali)
con altri distributori, nei quali è previsto che l’affiliante
conferisca prodotti e servizi in cambio di una fedeltà negli
acquisti e nell'impiego delle politiche competitive di marketing,
come indicato dal contratto .
c. Adesione a Centrali di secondo livello (nazionali e
internazionali), al fine di ottenere vantaggi competitivi dal
raggiungimento di economie di scala interne ed esterne nonché
dalla conoscenza più ampia di mercati e risorse.
d. Realizzazione di accordi di collaborazione commerciale con le
imprese industriali attraverso i quali si possono allineare gli
obiettivi nel canale e ridurre i costi in alcune aree.
Nel quadro delle opzioni descritte, i distributori italiani
privilegiano strategie di crescita basate più sullo sviluppo
dimensionale interno, che sul controllo del mercato attraverso
accordi di partnership
2
.
2. Cfr. Cristini G., op. cit., pag. 38.
9
Il fattore che principalmente incide nell'ottimale crescita
dimensionale, è sicuramente rappresentato dall'unificazione dei
mercati distributivi in atto a livello europeo
3
.
Nella distribuzione il successo nel processo di espansione
(nazionale ed internazionale) si fonda su due principi che paiono
contraddittori. Da una parte si richiede ai distributori di divenire
sempre più globali, dall’altra, al contrario, ogni singolo mercato
richiede un presidio di natura microterritoriale tendente a rafforzare
la considerazione locale.
Secondo Vaccà tre sono le strutture di relazione che le
imprese della distribuzione possono assumere in un determinato
mercato
4
:
a. Transazione. Si determina quando la relazione tra imprese
prende la forma di un contratto con il quale vengono esplicitati
obblighi e diritti di ciascuna delle parti.
b. Sistema e logiche contrattuali. Si ha quando tra le imprese si
determinano una pluralità di rapporti che si consolidano nel
tempo.
3. Cfr. Cristini G., op. cit., pag. 41.
4. Cfr. Vaccà S., Scienza e tecnologia nell'economia delle imprese, Milano, Angeli, 1989,
pagg. 128-134.
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c. Rete. Si basa sulla costituzione di una rete nascente
dall’esigenza di definire un linguaggio comune tra le imprese
coinvolte che si differenziano da quelle che operano all’esterno.
Nelle Insegne configurate secondo un modello reticolare di
natura associativa, sono presenti tre livelli - Centrale, Centro
Distribuzione (Cedi) e Punti di Vendita - che svolgono attività
finalizzate a raggiungere obiettivi diversi
5
. Alla rete di vendita è
demandato il compito di presidiare il processo di vendita con il
cliente. A livello Cedi prevalgono le attività del marketing
d’acquisto (condizioni di vendita, politica di referenziamento,
definizione del pricing) e del supporto logistico; presso la Centrale
vengono coordinate le attività commerciali di interfaccia dei
produttori cui si aggiungono quelle di supporto agli associati in
tema di marketing istituzionale (advertising, progettazione dei
formati, studi ed analisi sul mercato, ed altro).
In questo contesto si spiegano facilmente i motivi che hanno
indotto le imprese al dettaglio e all’ingrosso a costituire i Gruppi di
Acquisto, le Unioni Volontarie, le Cooperative di consumo, le
5. Cfr. Cristini G., op. cit., pag. 44.
11
Affiliazioni Commerciali, le Catene di negozi
6
. Il Gruppo
d’acquisto è un’associazione tra soli dettaglianti o grossisti,
promossa principalmente per effettuare acquisti mediante un’unica
centrale e per svolgere azioni promozionali comuni. L’Unione
Volontaria è una forma d’integrazione promossa da uno o più
grossisti e alla quale partecipa un certo numero di dettaglianti
indipendenti, al fine di organizzare in comune gli acquisti e le
politiche di sviluppo delle vendite. La Cooperazione di consumo è
un’impresa al dettaglio la cui proprietà spetta a un certo numero di
consumatori che hanno promosso la costituzione per acquisire dei
vantaggi nei confronti delle varie forme del dettaglio.
L’Affiliazione Commerciale (franchising), è una forma di
associazione contrattuale fra un’impresa affiliante (franchisor) e
una o più imprese indipendenti affiliate (franchisees), in base alla
quale l’affiliante concede il diritto di usare il proprio know-how e i
propri segni distintivi all’affiliato, in cambio di una serie di
corrispettivi finanziari e altro. La Catena di negozi è costituita da
due o più punti vendita che hanno in comune la proprietà e il
6. Cfr. Kotler P., Scott W. G., Marketing Management, Torino, Isedi Utet, 1993,
pagg. 784-786.
12
controllo, vendono linee di prodotti similari, fanno capo ai
medesimi servizi centrali d’acquisto e di direzione commerciale, e
possono adottare lo stesso stile architettonico.
13
1.2. Organizzazione interna
Nel caso della distribuzione italiana convivono, sotto il
profilo macrostrutturale, tre tipi di organizzazione interna,
caratterizzati da dimensioni, grado di raccordo esterno e livello di
complessità alquanto differenti. Esiste il modello elementare,
funzionale, e divisionale
7
.
1.2.1. Modello elementare
Nella maggior parte dei casi la struttura elementare è
adeguata per imprese di dimensioni modeste. Tale modello si
connota di due aspetti principali: primo la presenza di due soli
livelli gerarchici; quello superiore in cui sono concentrate le
responsabilità, in realtà presidiate dall’imprenditore o da
coadiuvanti familiari, e quello inferiore dove vengono svolte le
attività di natura operativa; secondo l’aggregazione del lavoro
avviene per tipologia di tecnica presidiata, cosicché le diverse unità
organizzative vengono costituite in relazione all’associazione di
compiti omogenei.
7. Cfr. Cristini G., op. cit., pagg. 54, -57, 61-63.
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1.2.2. Modello funzionale.
Il modello funzionale si basa sul criterio di specializzazione
e sulla possibilità di rispondere alla crescente complessità del
sistema ambientale, sviluppando competenze distintive.
La struttura per funzioni prevede ovviamente un
decentramento delle decisioni ed una maggiore autonomia del
management rispetto all’imprenditore. Infatti, le motivazioni alla
base di tale configurazione sono in gran parte riconducibili allo
sviluppo del processo di delega dell’imprenditore nei confronti di
organi direttivi specializzati secondo tecnica, ovvero secondo
gruppi di processi della stessa specie. Vengono così a configurarsi
le funzioni acquisti, marketing, vendite, amministrazione, controllo
e logistica. Fondamentale è il ruolo svolto dalle funzioni acquisti e
vendite nel contesto della linea aziendale (fig. 1.1).
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FIGURA 1.1. Configurazione del modello organizzativo Funzionale.
Alta
Direzione
Amm. e
Controllo
P.d.V. P.d.V.P.d.V.P.d.V.
Acquisti Logistica Vendite
Sviluppo
immobiliare
Marketing
operativo
Personale
Fonte: Cristini G., 1999.
1.2.3. Modello divisionale
Il modello divisionale si basa sul presidio organizzativo dei
diversi prodotti o mercati nei quali opera l’azienda. In questo
senso, a ogni singola divisione viene delegato il compito di
raggiungere il risultato economico prefissato per quanto attiene al
proprio prodotto/mercato.
Di conseguenza in ogni unità divisionale responsabile
dell’intero processo, sono presenti unità di staff che supportano il
referente della divisione nella presa di decisione, fornendo i
contributi informativi e metodologici necessari. Nella maggior
parte dei casi, in relazione ai costi che altrimenti lieviterebbero, le
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unità di staff sono comuni a tutte le divisioni e sono poste al centro
dell’impresa dovendo interagire direttamente con l'Alta Direzione.
Tale configurazione si caratterizza presso la distribuzione italiana
per tre specificità: la presenza di un’area acquisti centralizzata;
un’articolazione geografica e/o merceologica prevista dal supporto
logistico; le unità di staff quali amministrazione e controllo,
finanza, immobiliare, organizzazione, EDP (Elettronic Data
Processing), che risultano centralizzate e di supporto ad ogni
divisione (fig. 1.2).