Introduzione In questa ricerca presenteremo il tema della didattica del giapponese a studenti universitari
italiani attraverso la canzone, riportando l'esperienza di un ciclo di tre lezioni basate sull'uso
della canzone con una classe di studenti del primo anno di lingua giapponese all'Università
Ca' Foscari di Venezia.
Nel Capitolo 1 offriremo una panoramica generale sull'insegnamento della lingua
giapponese in Italia, presentando nello specifico il caso dell'Università Ca' Foscari. Prima di
tutto tracceremo a grandi linee l'evoluzione storica degli studi giapponesi nel nostro Paese,
arrivando a delineare la situazione attuale, che vede l'Università in quanto istituzione
maggiormente votata all'insegnamento della lingua giapponese, coinvolgendo ca. l'80% degli
studenti italiani. Vedremo inoltre che oltre il 25% di questi sono concentrati a Ca' Foscari, la
quale si configura quindi come uno dei maggiori poli sugli studi nipponistici in Italia.
Limitando la nostra analisi a l caso dell'Università Ca' Foscari, forniremo innanzitutto
alcuni cenni storici sulle origini degli studi giapponesi a Venezia. Descriveremo poi l'attuale
offerta formativa relativa ai corsi di laurea in lingua giapponese ed esamineremo
l'organizzazione generale dei corsi di lingua nel triennio; in particolare, ci soffermeremo
sull'analisi dei manuali di lingua usati per i corsi del primo anno, i quali presentano, a nostro
avviso, delle criticità cui vorremmo idealmente porre rimedio attraverso la nostra proposta di
materiali didattici motivanti basati sull'uso della canzone e rivolti specificatamente a studenti
universitari di madrelingua italiana.
Basandoci sui risultati di un nostro sondaggio, riportati in Appendice 1, concluderemo
il primo capitolo cercando di tracciare un profilo generale del “soggetto” di questa ricerca, lo
studente che si immatricola a Ca' Foscari a un corso di laurea in giapponese, evidenziando
soprattutto le motivazioni, le aspirazioni e gli interessi connessi a tale scelta.
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Nel capitolo 2 presenteremo il quadro teorico di riferimento in cui si colloca
idealmente la nostra proposta, la glottodidattica di stampo umanistico-affettivo della Scuola
Veneziana, attualmente guidata dal prof. P. E. Balboni. Prima di tutto offriremo le coordinate
epistemologiche che definiscono la glottodidattica come scienza pratica e interdisciplinare, la
quale trae da altre scienze le implicazioni utili a risolvere il problema di far acquisire una
lingua che sia strumento di comunicazione. A partire da tali implicazioni, vedremo come
funzionano il cervello e la mente dello studente coinvolto nel processo di acquisizione
linguistica, soffermandoci in particolare sul fattore che mette in moto e mantiene attivo tale
processo, la motivazione. Infine, essendo lo studio della lingua un fenomeno sociale,
analizzeremo le relazioni che lo studente intrattiene coi compagni, con l'insegnante e, per
esteso, coi materiali didattici.
Nel capitolo 3 analizzeremo la canzone in quanto strumento didattico coerente coi
principi su cui si fonda la Scuola Veneziana. Innanzitutto presenteremo la dimensione
umanistico-affettiva della canzone, che attraverso la musica è in grado di dar voce ai
sentimenti della persona, legandosi indissolubilmente alla sua esperienza di vita. Vedremo poi
la canzone come “genere comunicativo”, in virtù del peculiare rapporto di mutuo scambio che
si instaura tra cantante e ascoltatore nel momento dell'esecuzione. Tratteremo inoltre gli
aspetti motivazionali legati all'uso didattico della canzone, mettendoli in relazione coi modelli
descritti nel Capitolo 2. Concluderemo evidenziando i punti di forza e i possibili punti critici
connessi all'uso della canzone in classe e offrendo una serie di suggerimenti utili a rendere
efficace e proficua un esperienza didattica di questo tipo.
Tuttavia, se tali indicazioni rimangono avulse dalla realtà didattica quotidiana, esse
non possono considerarsi espressione della glottodidattica in quanto scienza pratica e
interdisciplinare. Per questa ragione, nel Capitolo 4, la parte finale di questo lavoro,
cercheremo di tradurre i principi teorici visti nei precedenti capitoli in modelli operativi,
12
presentando un esempio concreto di materiale didattico basato sull'uso della canzone e
descrivendo l'esperienza di un ciclo di tre lezioni svolte all'Università Ca' Foscari di Venezia
con una classe di studenti del primo anno di lingua giapponese.
Prima di tutto spiegheremo le ragioni specifiche che ci hanno spinto a scegliere la
canzone come strumento didattico, rifacendoci soprattutto ai risultati del nostro sondaggio
riportato in Appendice 1, che evidenziano quanto gli studenti utilizzino la canzone in auto-
apprendimento e la considerino uno strumento utile e motivante per imparare la lingua.
Dopodiché descriveremo i criteri usati nella scelta della canzone e nella creazione dei
materiali didattici riportati in Appendice 2. Passeremo poi ad analizzare nel dettaglio lo
svolgimento delle tre lezioni, offrendo dei continui richiami ai temi trattati nei precedenti
capitoli.
Concluderemo presentando i risultati del sondaggio di feedback sulle lezioni, riportato
in Appendice 3, e traendo le nostre personali conclusioni su questo lavoro; e cioè che la
canzone può costituire uno strumento didattico altamente motivante e coinvolgente, capace
non solo di promuovere l'acquisizione linguistica attraverso esempi di lingua autentica, ma
anche di veicolare contenuti sociali e culturali di grande interesse per gli studenti. Uno
strumento che, a nostro avviso, andrebbe maggiormente valorizzato nei corsi di lingua
giapponese a Ca' Foscari, ovviamente nel rispetto dei tempi e dei contenuti imposti dai
programmi curricolari. Tutto ciò in un ottica capace di coniugare i tradizionali contenuti
didattici con le potenzialità offerte dalle risorse multimediali, le quali, non dobbiamo
dimenticarlo, costituiscono la principale fonte di esposizione linguistica per gli studenti al di
fuori delle aule universitarie.
13
14
1. L'insegnamento del giapponese in Italia e all'Università Ca'
Foscari di Venezia In questo capitolo offriremo una panoramica sull'insegnamento della lingua giapponese in
Italia, presentando nello specifico il caso dell'Università Ca' Foscari di Venezia. Innanzitutto
tracceremo a grandi linee l'evoluzione storica dell'insegnamento del giapponese nel nostro
Paese, arrivando a delineare la situazione attuale (1.1). Ci concentreremo poi sul caso
dell'Università Ca' Foscari: forniremo alcuni cenni storici sulle origini degli studi giapponesi a
Venezia; descriveremo l'attuale offerta formativa relativa ai corsi di laurea in lingua
giapponese; esamineremo l'organizzazione generale dei corsi di lingua nel triennio,
soffermandoci in particolare sull'analisi dei materiali didattici; cercheremo di tracciare un
profilo generale dello studente che si immatricola a Ca' Foscari a un corso di laurea in
giapponese, evidenziando soprattutto le motivazioni, le aspirazioni e gli interessi connessi a
tale scelta (1.2).
15
1.1 L'insegnamento della lingua giapponese in Italia In questo paragrafo offriremo una panoramica generale sullo stato dell'insegnamento della
lingua giapponese in Italia, tracciandone prima una breve evoluzione storica (1.1.1) e
soffermandoci poi sull'analisi della situazione attuale (1.1.2).
1.1.1. Evoluzione storica
Sin dalle sue origini, l'insegnamento della lingua giapponese in Italia si è sviluppato
soprattutto in ambito universitario, con la fondazione dei primi corsi in età post-unitaria
presso istituzioni di livello superiore a Firenze, Venezia, Roma e Napoli, che sarebbero poi
divenute le principali sedi universitarie di studi connessi al Giappone, ampliando la gamma
degli insegnamenti offerti ben oltre i tradizionali corsi di lingua e letteratura (Calvetti, 2004).
E furono proprio l'alto grado di specializzazione e il ristretto ambito di applicazione degli
studi nipponistici nel nostro paese a determinare un particolare orientamento nelle
metodologie didattiche, che si protrasse almeno fino alla metà degli anni Ottanta.
Tale orientamento avvicinava l'insegnamento del giapponese a quello delle lingue
classiche (greco e latino), privilegiando lo studio della grammatica normativa, la lettura e la
traduzione di testi (in gran parte letterari). L'obiettivo principale era quello di fornire agli
allievi competenze soprattutto “passive”, per consentirgli di accedere alle fonti scritte
necessarie a eventuali studi accademici. L'apprendimento della lingua parlata era
generalmente trascurato e affidato all'iniziativa personale di studenti e docenti durante i loro
soggiorni in Giappone.
Da questi viaggi, che si intensificarono notevolmente tra la fine degli anni Sessanta e
l'inizio degli anni Settanta grazie soprattutto alle nuove borse di studio erogate dal Ministero
dell'Istruzione Giapponese, scaturì una rinnovata coscienza dell'importanza della
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comunicazione orale, non solo come strumento essenziale ai fini della ricerca accademica, ma
anche come veicolo privilegiato per un contatto più diretto e attuale con la realtà giapponese.
Si affermò quindi la necessità di una didattica capace di fornire agli studenti abilità utili ad
una interazione attiva, sia orale che scritta, con la realtà linguistico-culturale del Giappone.
A ciò si aggiunsero, a partire dalla metà degli anni Ottanta, un notevole aumento di
iscrizioni ai corsi di giapponese e un mutamento “qualitativo” dell'utenza (Calvetti, 2004),
non più limitata ai soli studenti provenienti dai licei (orientati soprattutto verso gli studi
umanistici e con la principale ambizione di far ricerca in ambito universitario dopo la laurea).
I nuovi corsi “di massa” (Bellieni, 1988) accoglievano infatti in numero predominante
studenti interessati a ottenere conoscenze approfondite sul Giappone e la sua cultura,
affiancate a competenze pratiche direttamente spendibili nel mondo del lavoro.
Tutto questo portò a una revisione e a una razionalizzazione delle metodologie di
insegnamento della lingua in senso più comunicativo e funzionale, grazie soprattutto al
sostegno della Japan Foundation (Kokusai Kōryū Kikin 国際交流基金 )
1
, che iniziò a inviare
in Italia materiale didattico gratuito e docenti specializzati nell'insegnamento del giapponese
come lingua straniera, patrocinando inoltre incontri annuali di aggiornamento nel campo della
didattica, che continuano ancora oggi presso l'Istituto Giapponese di Cultura a Roma e
coinvolgono docenti e lettori di varie università e centri di studio italiani.
La necessità sempre più sentita di riconsiderare i metodi d'insegnamento delle lingue
orientali in Italia ispirò il convegno nazionale di Napoli-Sorrento del 1985, Didattica delle
lingue del medio ed estremo oriente: metodologia ed esperienze , dal quale nacque, su
proposta di Stefano Bellieni, il progetto di costituire il Coordinamento Italiano Didattica del
Giapponese (CIDG), che nel 1988 si sviluppò nell'Associazione Italiana Didattica Lingua
1 Istituzione dipendente dal Ministero degli Esteri Giapponese, con varie sedi in diversi paesi del mondo. Si
occupa della promozione e della diffusione della lingua e della cultura giapponese all'estero, principalmente
attraverso corsi di lingua e scambi culturali, artistici e intellettuali. La sede italiana (Istituto Giapponese di
Cultura) si trova a Roma.
17
Giapponese (AIDLG). Quest'ultima conta oggi più di 100 soci tra docenti universitari e
collaboratori linguistici di madrelingua, e si configura come l'interlocutore privilegiato della
Japan Foundation per il sostegno all'insegnamento della lingua giapponese in Italia. Dalla sua
fondazione, ha organizzato con cadenza annuale seminari di aggiornamento didattico con la
presenza di specialisti giapponesi, nonché convegni internazionali di linguistica e
glottodidattica
2
, svolgendo una funzione di raccordo tra operatori nel campo
dell'insegnamento del giapponese in Italia e all'estero.
Grazie alla collaborazione tra l'AIDLG e la Japan Foundation , unita ad un rinnovato
interesse nelle tecniche di valutazione delle competenze linguistiche del giapponese, nel 1986
è stato introdotto anche in Italia il Japanese Language Proficiency Test ( Nihongo N ōryoku
Shiken 日本語能力試験 ), un test di certificazione articolato in 5 livelli 3
, che costituisce lo
standard di accertamento del grado di apprendimento del giapponese come lingua straniera.
Nonostante l'accresciuto interesse per la glottodidattica del giapponese, Calvetti (2004)
osserva che in Italia l'insegnamento della lingua, e più in generale gli studi di linguistica
giapponese, rivestono ancora oggi un ambito marginale nel panorama accademico italiano. Lo
testimonia anche il numero esiguo di insegnanti italiani esperti di linguistica o glottodidattica
del giapponese. Per questa ragione, anche docenti con specializzazioni in altri ambiti di
ricerca (letteratura, cinema, teatro, ecc.) si sono fatti carico della didattica del giapponese a
vari livelli, venendo comunque a maturare una seria professionalità e competenza nel campo
della glottodidattica (Mariotti, 2006).
2 Si vedano ad esempio: Primo Convegno Italiano di Linguistica Giapponese, Università degli Studi di Pavia,
12-13 aprile 1996; The Second Conference on Japanese Linguistics and Language Teaching , Napoli, 20-22
marzo 2002; The Third Conference on Japanese Language and Japanese Language Teaching, Roma, 17-19
marzo 2005; Plurilinguismo, Multiculturalismo e Apprendimento delle Lingue – Confronto tra Giappone e
Italia , Università della Tuscia, Viterbo, 6-8 ottobre 2008; NihonJP – Insegnamento della lingua giapponese e
studi giapponesi: didattica e nuove tecnologie , Cliro (Centro Linguistico dei Poli Scientifico-Didattici della
Romagna), sede di Cesena, 4 giugno 2010.
3 N1, N2, N3, N4, N5, dove N1 è il livello di competenza più alto. Fino al 2009 i livelli erano 4, ne è stato poi
aggiunto uno intermedio tra N2 e N3. Vale la pena notare che il test certifica unicamente la competenza
passiva della lingua, con prove di ascolto, comprensione del testo, conoscenza della grammatica e del lessico,
trascurando invece le abilità di produzione attiva, sia orale che scritta, in lingua giapponese.
18
In un suo saggio del 2009, Calvetti denuncia inoltre la generale mancanza di materiali
didattici pensati appositamente per studenti di lingua italiana. Infatti, al di là di dispense e altri
sussidi ad uso interno dei singoli atenei, in Italia la produzione di materiale utile alla didattica
del giapponese si è concentrata prevalentemente sulla pubblicazione di descrizioni
grammaticali 4
.
Invece, per quanto riguarda corsi e manuali di lingua, in molti casi si è preferito
tradurre e riadattare opere edite in Giappone
5
. Tuttavia, trattandosi di testi concepiti per allievi
residenti in Giappone (e dei quali non viene considerata la madrelingua), essi presentano
spesso contesti e scenari tipicamente giapponesi, talvolta ignoti agli studenti italiani, aspetto
assolutamente non trascurabile quando si tratta di materiali con approccio situazionale.
Calvetti conclude la sua panoramica sugli strumenti per lo studio del giapponese in
Italia ricordando la quasi totale mancanza di dizionari bilingui concepiti per fruitori di
madrelingua italiana, i quali devono necessariamente rivolgersi a dizionari pubblicati in
Giappone per studenti giapponesi di italiano, spesso datati, ma sicuramente di grande validità
(per approfondimenti cfr. Calvetti, 2009).
1.1.2. Situazione attuale La Japan Foundation conduce periodicamente delle indagini sullo stato attuale
dell'insegnamento della lingua giapponese all'estero, pubblicandone i risultati sul proprio sito
web
6
. Da tali indagini abbiamo estrapolato i dati riguardanti l'Italia, per quanto concerne in
4 Le più note sono: Y. Kubota, 1989, Grammatica di giapponese moderno , Venezia, Cafoscarina; M.
Mastrangelo, N. Ozawa, M. Saito, 2006, Grammatica giapponese , Milano, Hoepli.
5 Si vedano ad esempio: T ōky ō University of Foreign Studies – Japanese Language Center for International
Students (ed.), 2005, Shin Shoky ū Nihongo Lingua giapponese, Corso introduttivo I e II , ed. italiana a cura di
S. Dalla Chiesa, Venezia, Cafoscarina; Bunka Institute of Language (ed.), 2004, Shin bunka shoky ū nihongo I
e II, ed. italiana a cura di S. Dalla Chiesa, Venezia, Cafoscarina; S. De Maio, C. Negri, J.Oue (a cura di),
Corso di lingua giapponese 1, 2, 3 , Milano, Hoepli, 2007-2008 (riadattamento di International Christian
University, 1996, Japanese for College Students, T ōky ō, Kodansha International).
6 The Japan Foundation, Survey Report on Japanese-Language Education Abroad – Present Condition of
Overseas Japanese-Language Education – Summary (anni 1990, 1993, 1998, 2003, 2006, 2009). Il
compendio di ciascuna indagine, che riporta i dati numerici suddivisi per paese e una panoramica generale
19
particolare il numero di studenti di giapponese e le istituzioni coinvolte a vario titolo
nell'insegnamento della lingua. Li presentiamo di seguito, in forma di grafici da noi elaborati.
Come si può osservare dal Grafico 1 , il numero di studenti di lingua giapponese in
Italia è aumentato in maniera esponenziale tra il 1993 e il 2003, passando da poco meno di
2000 a quasi 5000 studenti in soli 10 anni, per poi mantenersi costante su questo livello fino al
2009.
Il Grafico 2 ci mostra invece la ripartizione degli studenti fra le varie tipologie di
istruzione, assegnando una preponderanza assoluta all'Istruzione Universitaria, con circa
l'80% degli iscritti. Del resto, come abbiamo visto in 1.1.1, è soprattutto in ambito
universitario che si è sviluppato storicamente l'insegnamento della lingua giapponese in Italia.
Nell'Istruzione Secondaria, l'insegnamento del giapponese occupa una posizione
piuttosto marginale, interessando solo il 3% degli studenti italiani. Un forte aumento in questa
fascia si era registrato fra il 2003 e il 2006, grazie soprattutto a un progetto dell'Ufficio
Scolastico Regionale Lombardo denominato “Parlare cinese, giapponese, arabo in Europa per
dei risultati, è consultabile gratuitamente sul sito della Japan Foundation ( http://www.jpf.go.jp ). La versione
integrale è acquistabile invece in forma cartacea.
20
Grafico 1
1990 1993 1998 2003 2006 2009 0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 2357
1978
3396
4990
5074
4923
Studenti di giapponese in Italia Periodo 1990-2010
N. di
Studenti Grafico 2
141
3%
3874
79%
908
18%
Studenti di giapponese in Italia nel 2009
Suddivisione per tipologia di istruzione Istruzione
Secondaria
Istruzione
Universitaria
Altre forme
di Istruzione
incontrare altre culture”, il quale prevedeva l'introduzione sperimentale del giapponese nei
curricula di 15 scuole medie superiori della Regione Lombardia. Quando fu varato nel 2003,
il progetto venne accolto con grande entusiasmo, arrivando a coinvolgere oltre 360 studenti.
Tuttavia, già nel 2009 si registra una drastica diminuzione, con poco più di 140 studenti
ripartiti in soli 4 istituti.
Alle scuole superiori e alle università, si affiancano i corsi tenuti presso l'Istituto
Giapponese di Cultura ( Japan Foundation ), l'Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente (IsIAO) e
il CESMEO-Istituto Internazionale di Studi Asiatici Avanzati di Torino, oltre a quelli offerti
da altre istituzioni pubbliche e private, come centri linguistici, centri culturali e scuole di
lingua, che nel complesso interessano circa il 20% degli studenti italiani.
Come dimostrano i dati riportati, in Italia è quindi l'Università l'istituzione
maggiormente votata all'insegnamento del giapponese, contando 17 atenei e oltre 3800
studenti nel 2009.
Il Grafico 3 illustra la ripartizione degli studenti nei principali atenei italiani nel 2006
7
:
ai primi posti troviamo Venezia, Perugia, Roma, Napoli, Milano, Torino e Firenze; seguono
7 Dell'indagine condotta nel 2009 non erano ancora disponibili i dati numerici sui singoli istituti; ci siamo
quindi riferiti a quelli del 2006.
21
Grafico 3
Università degli Studi di Firenze; 110; 3%
Università “Ca' Foscari” di Venezia; 1000; 26%
Università degli Studi di Milano; 240; 6%
Università degli Studi di Napoli “L'Orientale”; 460; 12%
Università degli Studi di Roma “La Sapienza”; 700; 18%
Università degli Studi di Torino; 150; 4%
Università per Stranieri di Perugia; 794; 20%
Altre; 456; 12%
Studenti universitari di giapponese in Italia nel 2006
Suddivisione per Ateneo di appartenenza