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1.GENESI DEL TRATTATO DI LISBONA
1.1 Dal Trattato di Nizza al Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa
Negli anni Settanta la Comunità ha vissuto un periodo di stallo, noto come “paralisi
comunitaria”, determinato sia dalle difficoltà economiche imposte da eventi che presentavano il
loro baricentro al di fuori dell’Europa, ma che di riflesso determinarono conseguenze negative
sul sistema economico-finanziario del nostro continente, sia dall’europessimismo della prima
metà degli anni Ottanta. A partire dalla seconda metà degli anni Ottanta si è registrata una ripresa
delle attività dell’Unione. Tuttavia la storia delle Comunità e dell’Unione è stata una storia di
instabilità e di evoluzione giuridica, caratterizzata dalla tendenza ad intraprendere continuamente
processi di revisione dei trattati vigenti. Entrato in vigore il Trattato di Amsterdam (1° maggio
1999) e non ancora del tutto assimilato, si apriva a Nizza una nuova conferenza intergovernativa
che ha avuto come risultato la firma di un nuovo Trattato, entrato in vigore il 1° Febbraio 2003.
Al Trattato veniva allegata una Dichiarazione che fissava il percorso futuro in vista del previsto
allargamento ad est, che rendeva necessaria una riforma costituzionale che evitasse un’impasse
del sistema legislativo e organizzativo dell’Unione. Veniva quindi prevista per il 2004 una nuova
Conferenza Intergovernativa che avrebbe dovuto affrontare un dibattito su quattro punti precisi:
• Modalità per una precisa delimitazione delle competenze tra UE e stati membri che si
basasse sul principio di sussidiarietà
• Status della “Carta dei diritti fondamentali”
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• Semplificazione dei trattati
• Ruolo dei parlamenti nazionali
Il “Trattato che adotta una costituzione per l’Europa” firmato nel 2004 avrebbe dovuto
rappresentare un salto di qualità rispetto al passato e avrebbe dovuto sostituire tutti i trattati
precedenti, ma in realtà esso ha fornito l’occasione di una battuta d’arresto del processo di
integrazione europea.
La redazione del trattato venne affidata dal Consiglio europeo di Laeken (14-15 dicembre 2001)
ad un organismo, cui si era già ricorsi per la formulazione della Carta dei diritti fondamentali, la
Convenzione, che, in modo atipico rispetto al metodo intergovernativo, ha svolto i suoi lavori fra
il 28 febbraio 2002 e il 10 luglio 2003. La “Convenzione sul futuro dell’Europa” presieduta
dall’ex presidente francese Valéry Giscard d’Estaing era composta da Capi di stato o di governo
(15, uno per ogni Stato), rappresentanti dei parlamenti nazionali (30 membri), 16 membri del
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La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione è stata solennemente proclamata l'11 dicembre 2000 a Nizza da
Parlamento, Consiglio e Commissione. Essa risponde alla necessità emersa durante il Consiglio europeo di Colonia
(3 e 4 giugno 1999) di definire un gruppo di diritti e di libertà di eccezionale rilevanza che fossero garantiti a tutti i
cittadini dell’Unione
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Parlamento europeo, 2 rappresentanti della Commissione, 3 rappresentanti per ogni paese allora
candidato all’adesione (senza che questi avessero la facoltà di impedire la formazione del
consenso) e , con lo status di “osservatori”, i rappresentanti del Comitato economico sociale,
delle parti sociali europee, del Comitato delle Regioni e del Mediatore. Lo scopo, sotteso alla
scelta di affidare a tale organismo la preparazione di una bozza di Trattato costituzionale, era
garantire un meccanismo che potesse, almeno apparentemente, colmare il deficit democratico di
cui l’Unione è sempre stata accusata. Come dichiarò Romano Prodi, presidente della
Commissione europea dal 1999 al 2004 e fervente sostenitore di un’Europa politica più forte e in
grado di affrontare le sfide globali, “la Convenzione è il primo esempio di un nuovo modo
democratico di preparare una riforma istituzionale dell’Unione”
2
. Una dichiarazione analoga fu
rilasciata da Giuliano Amato, vice-presidente della Convenzione, secondo il quale “la
Convenzione avrebbe dovuto dimostrare con il suo stesso modo di operare, che si voleva dire
basta all’Europa dei mercanteggiamenti in sede di negoziato intergovernativo e allargare la
costruzione della nuova Europa alla più ampia partecipazione dei cittadini”
3
. Era chiaro il
riferimento alla volontà di superare l’impasse, che si era creata durante il vertice di Nizza su
argomenti significativi, quale la questione del voto ponderato e che era derivata dal classico
metodo intergovernativo, per sua natura volto alla difficile compensazione degli interessi
nazionali.
Nella Dichiarazione di Laeken si leggeva:
“[…]L'Unione deve diventare più democratica, più trasparente e più efficiente. Essa deve inoltre
dare una risposta a tre sfide fondamentali: come avvicinare i cittadini - in primo luogo i
giovani – al progetto europeo e alle istituzioni europee? Come strutturare la vita politica e lo
spazio politico europeo in un'Unione allargata? Come trasformare l'Unione in un fattore di
stabilità e in un punto di riferimento in un mondo nuovo, multipolare?"
Per garantire, quindi, una maggiore apertura dei lavori della Convenzione, su proposta di Giscard
d’Estaing, venne convocata una “Convenzione dei Giovani”, il cui presidente eletto fu l’italiano
Giacomo Filibeck. La Convenzione dei Giovani si riunì il 10-11 luglio 2002 e fu costituita da
membri scelti da ciascun convenzionale. La Convenzione dei Giovani produsse un documento
avanzato in cui veniva sottolineata l’importanza dell’Europa come entità sociale di grande
diversità culturale e in cui si auspicava il rafforzamento dell’Europa dei cittadini e in particolare
2
Romano Prodi, Cinque anni nel cuore dell’Europa in “Affari esteri”, ANNO XXXVII - NUMERO 145, pag. 24 .
3
Giuliano Amato, Noi in bilico, inquietudini e speranze di un cittadino europeo, Intervista a cura di Fabrizio
Forquet, 2005, pag.59.
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dei giovani. In tale contesto è da collocare il suggerimento per la realizzazione di una chiara
ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri, in modo tale che i cittadini
possano facilmente attribuire le responsabilità e possano prendere parte al processo politico.
Inoltre, per trasformare l'Unione europea in un vero spazio di solidarietà, la Convenzione dei
giovani suggeriva la necessità di avere un bilancio europeo solido e potenziato, finanziato in
modo più equo ed alimentato da imposte comuni.
Nel Testo definitivo adottato dalla Convenzione europea dei giovani il 12 luglio si leggeva,
inoltre:
“[…]Perché ci sia un'Europa forte in futuro è indispensabile che l'UE ponga un maggiore
accento sull'ascolto dei giovani, agevolando la comunicazione interculturale e transfrontaliera.
È essenziale avviare un maggior numero di programmi che mettano insieme gruppi di pari con
interessi comuni. Giovani artisti, filosofi, psicologi, sociologi e politici dovrebbero essere riuniti
e le loro opinioni manifestate e ascoltate. Dovremmo operare insieme quotidianamente perché la
costruzione europea abbia successo”.
La richiesta di un maggiore coinvolgimento delle parti sociali e soprattutto dei giovani si
concretizzava in un invito rivolto alla Convenzione, cui la Convenzione dei Giovani chiedeva di
garantire la creazione di un Comitato dei giovani, l’impegno in una strategia di informazione che
contribuisse a coinvolgere un numero maggiore di cittadini nel dibattito sul futuro dell'Europa, la
creazione per tutti i cittadini UE di un passaporto UE, uguale per tutti gli Stati membri.
In seno alla Convenzione il dibattito partì in modo lento, riporta Valdo Spini
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, in quanto il
presidente della Convenzione affermò che il lavoro si sarebbe articolato in tre fasi: l’ascolto, la
discussione del mandato ricevuto con la Dichiarazione di Laeken del 14 e 15 dicembre 2001 e,
infine, la definizione di una proposta concreta. Vennero, inoltre costituiti dei gruppi di lavoro su
temi specifici (ad esempio difesa, governance economica, Europa sociale, personalità giuridica
dell’Unione, semplificazione legislativa) che si riunirono in giorni diversi da quelli della sessione
plenaria. Oltre alle sessioni plenarie della Convenzione si riunirono le varie categorie di
rappresentanza: parlamenti nazionali, parlamento europeo, governi, famiglie europee (partiti
politici a livello europeo).
Nel giugno del 2003 la Convenzione presentava al Consiglio europeo di Salonicco la prima parte
del progetto di Trattato costituzionale, insieme alla seconda parte (Carta dei diritti fondamentali)
e a due protocolli sul ruolo dei parlamenti nazionali e sull’applicazione dei principi di
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Valdo Spini, Alla Convenzione europea, pag. 12
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sussidiarietà e di proporzionalità. Il 18 luglio 2003 il progetto complessivo di Trattato (composto
da quattro parti e cinque protocolli) veniva trasmesso al presidente del Consiglio Europeo.
1.1.1 Contenuti della Bozza della Convenzione e del Trattato che istituisce una Costituzione
per l’Europa
L’art. I-1 della Costituzione per l’Europa recita:
“[…] 1. Ispirata dalla volontà dei cittadini e degli Stati d'Europa di costruire un futuro comune,
la presente Costituzione istituisce l'Unione europea, alla quale gli Stati membri attribuiscono
competenze per conseguire i loro obiettivi comuni. L'Unione coordina le politiche degli Stati
membri dirette al conseguimento di tali obiettivi ed esercita sulla base del modello comunitario
le competenze che essi le attribuiscono.
2. L'Unione è aperta a tutti gli Stati europei che rispettano i suoi valori e si impegnano a
promuoverli congiuntamente.”
Si specificava che la nuova Unione avrebbe continuato ad applicare il metodo comunitario, che è
chiaramente definito sin dai tempi della sua invenzione da parte di Jean Monnet al momento
della elaborazione del “Piano Schuman” nel 1951. Nel rispetto del principio di sussidiarietà esso
si fonda su alcuni elementi essenziali: i poteri della Commissione
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, le cui competenze sono
mantenute intatte dalla Costituzione, l’approccio funzionalista
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, che prevede una integrazione
progressiva per settori e per funzioni, per poi giungere, attraverso un effetto a cascata, al
trasferimento di poteri politici ad una autorità sovranazionale, il ricorso generalizzato al voto a
maggioranza qualificata in sede di Consiglio, il ruolo attivo del Parlamento europeo (pareri,
proposte di emendamento, ecc.), l’uniformità di interpretazione del diritto comunitario a cura
della Corte di giustizia.
È fallito quindi il tentativo della Convenzione di introdurre il termine federale. La formula del
2002, secondo la quale le competenze erano esercitate “sul modello federale”, rappresentava un
compromesso rispetto alla “vocazione federale”, ma ciò non impedì al premier britannico Tony
Blair di fare pressione sul presidente della Convenzione e di riuscire ad ottenere la cancellazione
del termine federale dal testo, dove è stato sostituito con l’espressione “modello comunitario”.
La Costituzione semplificava la costruzione europea e rendeva evidente il superamento parziale
delle sovranità nazionali, come risultava dalla volontà dei “costituenti europei” di codificare e
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La Commissione partecipa all’attività legislativa in quanto detiene il monopolio dell’iniziativa, all’attività
esecutiva, in quanto è incaricata dell’applicazione diretta di un certo numero di politiche comuni e all’attività
giudiziaria, in quanto dispone del potere di presentare ricorsi di fronte alla Corte di giustizia contro gli Stati membri
che violino gli obblighi comunitari.
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L’approccio funzionalista si fonda su una celebre frase della dichiarazione Schuman (1950): “L’Europa non potrà
farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una
solidarietà di fatto”.