INTRODUZIONE
"La musicoterapia è una disciplina scientifica che ha come obiettivo quello di instaurare una
relazione terapeutica stabile tra musicoterapista e paziente attraverso il canale non-verbale e
l'uso del canale corporeo-sonoro-musicale, con l'obiettivo di far acquisire al paziente nuove
modalità di comunicazione con se stesso, il proprio nucleo famigliare, il mondo esterno, al
fine di migliorare la qualità della vita del paziente." Rolando Benenzon In questa definizione di musicoterapia fornita da uno dei più importanti studiosi del settore
viene espressa la scintilla da cui è nato il presente lavoro. Fa parte del lavoro dello
psicologo riuscire a comprendere il proprio paziente e aiutarlo a comprendersi; non sempre
questo i processi di comunicazione secondo i canali abituali del verbale vanno a buon fine.
Per poter raggiungere l'altro nella relazione terapeutica può essere utile, sopratutto quando si
lavora con bambini, persone affette da handicap, malattie o colpite da forte disagio psichico,
uno strumento espressivo che faccia da intermediario, che aiuti terapeuta e paziente a
raggiungersi. Può risultare quindi utile per uno psicologo l'utilizzo di tecniche
musicoterapiche, lo specializzarsi in musicoterapia o collaborare con un musicoterapista.
La scelta di concentrarsi sulla musicoterapia è stata effettuata sulla base della struttura
indipendente che questa disciplina sta assumendo e per la sua dichiarazione esplicita di
creare nuovi canali comunicativi che offrano nuove opportunità di espressione a livello più
o meno profondi a seconda del contesto e del metodo di riferimento. Un ulteriore punto a
favore per questa disciplina in questa prospettiva di ricerca è il fatto che nei programmi
formativi sia spesso associata ad altre forme espressive o di stimolazione dei sensi e di
conseguenza dei ricordi, vissuti, emozioni degli utenti. Mi riferisco in particolare alla
musicoterapia umanistica che mantenendo come punto centrale un'alta formazione musicale
del musicoterapista lo prepara a lavorare e a tener presente di tutti i sensi dello stesso e di
più forme espressive come descritto nel paragrafo 2.1.5. del presente elaborato.
Un'evoluzione di tale concetto potrebbe essere rappresentata dalla Scuola di Stefania Guerra
Lisi : “La Globalità dei Linguaggi” dove vengono formati operatori in MusicArTerapia,
descritta nella presente tesi come percorso formativo in alternativa ad un percorso di
formazione in musicoterapia ma che ancora non prevede la definizione di una figura
professionale specifica riconosciuta al contrario di quanto riguarda la musicoterapia.
E' iniziato difatti, negli ultimi cinquant’anni un movimento teso a delineare la musicoterapia
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come disciplina specifica con figure professionali adeguate per la sua pratica. La definizione
di tali figure di operatori che fanno terapia con la musica è stata e lo è ancora tutt’altro che
semplice. Si può dire che in ogni paese la musicoterapia ha compiuto un percorso diverso e
ad oggi non è ancora ben definita con le figure professionali ad essa collegate in molti paesi.
Negli ultimi anni però stanno fiorendo associazioni professionali nazionali in diversi paesi e
si contano molti tentativi di definire la professione anche a livello Europeo e Mondiale.
In questo movimento internazionale attorno ad una modalità terapeutica così utile
affascinante e ricca trova senso una ricerca sulla formazione di coloro che la esercitano e ne
promuovono il riconoscimento nel contesto storico attuale, con la proposta di uno strumento
per valutare le abilità e le competenze percepite dai musicoterapisti utilizzabile in seguito
per aiutare e stimolare la ricerca in questo campo.
Il primo capitolo della presente tesi si sofferma sulla definizione della disciplina della
musicoterapia, con brevi accenni ai principali modelli. Presenta inoltre una ricerca
bibliografica sull’applicazione della musicoterapia in campo medico, scelta fatta in luce
delle numerose applicazioni della disciplina in tale settore.
Il secondo capitolo si sviluppa sulle figure professionali della musicoterapia e i percorsi
formativi che le riguardano. Viene trattata in modo approfondito la situazione italiana e con
una presentazione più schematica quella europea. Vengono in fine descritte brevemente: l'
EMTC European Music Therapy Confederation, l' A.M.T.A American Music Therapy e
la WFMT Association World Federation of Music Therapy .
Il terzo capitolo fa riferimento alle ricerche della letteratura recente che sono state effettuate
nell’ambito della formazione del musicoterapeuta. Vengono presi in esame studi che
indagano: le abilità, le competenze, le preoccupazioni, le aspettative, le influenze
multiculturali e la supervisione nella formazione dei musicoterapisti.
L’ultimo capitolo presenta lo studio per la validazione del questionario per indagare le
competenze e le abilità del musicoterapista, la modalità di raccolta dei dati, il campione, la
descrizione dell’analisi dei dati e la discussione dei risultati seguita da proposte ed
applicazioni degli strumenti definiti dal presente elaborato.
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CAPITOLO 1: LA MUSICOTERAPIA
1.1. DEFINIZIONE DI MUSICOTERAPIA
Secondo una definizione della World Federation of Music Therapy per musicoterapia si
intende “l’uso della musica e dei suoi elementi effettuata da un musicoterapista qualificato,
in un processo diretto a facilitare e promuovere la comunicazione, la relazione, l’espressione
e altri obiettivi terapeuticamente rilevanti in base ai bisogni fisici, emotivi, psicologici,
cognitivi e sociali della persona”( In: www.wfmt.info/WFMT/FAQ_Music_Therapy.html ).
Musicoterapia concepita, quindi, come punto d’incontro e di integrazione tra musica/suono
e relazione con l’altro, all’interno di un processo terapeutico.
Presupposti fondamentali all’intervento musicoterapeutico sono:
• la competenza del musicoterapista nel riconoscere e cogliere lo stile espressivo e
comunicativo di ogni persona;
• l’attenzione ad osservare e valorizzare la percezione dell’esperienza musicale da
parte del paziente quale unica e soggettiva, percezione di volta in volta determinata
dal mutare delle condizioni cliniche e psicologiche. In una dimensione di ascolto
empatico, di accoglienza e non giudizio, con flessibilità e rispetto dei tempi e modi di
ciascuno, sono proposti un tempo e spazio di incontro basato sul suono e la musica
(Bunt London: Routledge,1994 ).
Seguono delle brevi definizioni dei diversi metodi musicoterapici e un paragrafo che si
concentra sulle applicazioni della musicoterapia in campo medico. E’ stata fatta questa
scelta per orientarci nell’ampio panorama degli interventi e perché permette di mettere in
luce alcune caratteristiche terapeutiche specifiche della musicoterapia, dalla letteratura
esaminata emerge che attraverso una comunicazione, di tipo musicale, il malato può:
• manifestare ed esprimere ciò che sente, prova o teme circa la propria condizione;
• scoprire e/o recuperare, attraverso la musica, momenti di risorsa personale da
condividere con i familiari;
• ricordare e far riemergere aspetti ed esperienze piacevoli della propria vita (spesso
dimenticati), connessi ad una visione positiva di se.
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1.2. I PRINCIPALI MODELLI DI MUSICOTERAPIA
1.2.1. Modello Rolando O. Benenzon
Si basa sul concetto di identità sonora. Secondo questo modello, di stampo psicoanalitico
con successivi risvolti psicodinamici, la musicoterapia che l’Autore definisce anche “Mu-
Psicoterapia” può essere delineata in due parti complementari: la prima considera l’aspetto
“scientifico”, occupandosi dello studio e della ricerca del complesso suono-essere umano
con obiettivi diagnostici e terapeutici. L’altra considera l’aspetto “terapeutico”, secondo il
quale “la musicoterapia è una disciplina paramedica che utilizza il suono, la musica e il
movimento per provocare effetti regressivi e aprire canali di comunicazione, con l’obiettivo
di attivare, per loro tramite, il processo di socializzazione e di inserimento sociale” (inteso
nel piccolo e nel medio gruppo di pari). (Definizione del IX Congresso Mondiale di
Musicoterapia, Washington 1999).
La Musicoterapia Benenzoniana è di tipo attiva e si svolge su un piano corporo-sonoro-
musicale basato sull’esplorazione, l’ascolto e l’interazione. Benenzon è uno dei più
importanti esperti nel campo della musicoterapia ed ha elaborato un modello teorico basato
sul concetto di ISO, acronimo che indica l’Identità Sonora, ossia l'insieme degli archetipi
sonori propri dell'individuo e le esperienze sonore a lui familiari, unica in ciascun essere
umano. La messa in pratica del metodo consiste nel rispecchiamento del paziente da parte
dell’operatore e nell’apertura di un canale di comunicazione di natura squisitamente non
verbale e prevalentemente sonoro. Il musicoterapista sfrutta i canali di comunicazione
aperti, per elaborare un’ipotesi sull’ISO del paziente e tentare un’integrazione con la
produzione sonora proposta dallo stesso per permettergli di riconoscersi nell'interazione. Lo
scopo è facilitare i processi di consapevolezza di sé, di regolazione delle emozioni e delle
capacità comunicative del paziente 1.2.2. La Musicoterapia creativa
Paul Nordoff e Clive Robbins, definiscono la Musicoterapia creativa come un approccio alla
terapia individuale e di gruppo basato sull’improvvisazione. I due autori, rispettivamente
musicista ed insegnante di sostegno, hanno lavorato insieme, nella seconda metà del secolo
scorso, in equipe clinica per diciassette anni trattando bambini handicappati affetti da varie
menomazioni e problemi. Nordoff e Robbins definirono il loro approccio “creativo” perché
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il terapista “crea” musica, situazioni e sequenze terapeutiche. La musica viene usata perciò
come terapia piuttosto che in terapia. (Definizione del IX Congresso Mondiale di
Musicoterapia, Washington 1999).
Il modello Nordoff-Robbins , prevede in genere sedute di gruppo in cui si lavora sui diversi
ritmi per stimolare i movimenti del corpo e la coordinazione. La convinzione che sta alla
base del metodo è che in ogni essere umano c’è una responsività innata alla musica e che in
ogni persona è possibile raggiungere un “bambino musicale” o una “persona musicale”. Gli
operatori formati secondo questo modello utilizzano il potere della naturale responsività alla
musica per favorire l’auto espressione e la comunicazione del cliente. In un secondo
momenti gli autori collegarono gli obiettivi terapeutici ai concetti umanistici , includendo
nella loro cornice di riferimento teorica la tensione verso l'auto-realizzazione, l'esperienza di
picco e lo sviluppo speciale dei talenti creativi. La relazione con il paziente è costruita su un
approccio caldo e amichevole, che accetta il bambino com’è, lasciandolo libero di scegliere.
La musica suonata è collocata al centro dell’esperienza e le risposte musicali costituiscono il
materiale principale per l’analisi e l’interpretazione. Secondo questo modello il
musicoterapista deve essere un musicista esperto dal momento che l’uso di uno strumento
armonico è centrale per questo stile di lavoro, prevalentemente i musicoterapisti che
operano seguendo tale modello utilizzano in modo sofisticato il pianoforte per gli incontri
individuali mentre nel lavoro di gruppo invece gli strumenti usati sono vari: percussioni
intonate, corni ad ancia, strumenti a fiato, e strumenti a corda. Spesso i terapisti lavorano in
coppia, un terapista stabilisce una relazione musicale al pianoforte mentre l’altro terapista
facilita la risposta e la partecipazione del bambino. Nella Musicoterapia Creativa è
importante che l’improvvisazione musicale accompagni il bambino per tutta la seduta, per
questo si propone ai terapisti di lavorare in coppia. L'improvvisazione musicale occupa un
posto centrale perché viene usata per stabilire una relazione con il paziente, offrendo un
mezzo di comunicazione e auto – espressione, attua dei cambiamenti e permette la
realizzazione del potenziale creativo e migliorativo del paziente. L’applicazione clinica della
Musicoterapia Creativa è vasta. Molti diplomati ai corsi nel Metodo Nordoff e Robbins,
hanno modificato l’approccio originario per poterlo applicare a pazienti adulti con problemi
neurologici, psichiatrici oltre che con malati terminali.
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1.2.3. Modello AOM Musicoterapia orientata analiticamente
La musicoterapia orientata analiticamente, di stampo junghiano, è un modello basato
sull’improvvisazione. Viene definito come l’uso delle parole e delle improvvisazioni di
musica simbolica da parte del terapista e del paziente allo scopo di esplorare la vita interiore
del paziente e fornirgli la predisposizione alla crescita. Un elemento caratteristico di tale
modello è che l’improvvisazione del paziente è spesso stimolata e guidata da titoli
programmati. Il metodo è stato originariamente creato per pazienti adulti ed è stato
utilizzato per una vasta gamma di disturbi psicologici; in seguito una parte del lavoro è stata
anche svolta con bambini. (Definizione del IX Congresso Mondiale di Musicoterapia,
Washington 1999). Il metodo non è basato solamente sulle teorie analitiche o psicoanalitiche
ma anche sulle Teorie della Comunicazione, le Teorie dello Sviluppo Psicologico, e le teorie
che considerano le componenti psicosociali nello sviluppo della personalità di una persona.
Quando si lavora con soggetti in grado di verbalizzare, la seduta tipica inizia con il
musicoterapista e il paziente che esplorano verbalmente cosa è significativo per il soggetto
nel qui ed ora. Da qui si creano argomentazioni che traggono ispirazione da un argomento o
tema proposto dal terapeuta. L’obiettivo è far si che il paziente entri in contatto ed esprima
certe emozioni, fantasie, sogni esperienze corporee, ricordi e situazioni attraverso la musica.
Durante la performance musicale, quest’argomento su cui lavorare è esplorato in modo non
verbale. Solo in un secondo momento e questo caratterizza la musicoterapia analiticamente
orientata, si crea lo spazio per una riflessione verbale dopo l’attività musicale, per dare
l’opportunità al paziente di rendersi consapevole dei movimenti interni che sono stati
provocati nell’improvvisazione musicale.
1.2.4. Modello BMT musicoterapia comportamentale
Questo modello si riferisce direttamente all’epistemologia comportamentista nordamericana
che tiene conto dell’uso del suono come stimolo che possa intervenire sul sintomo specifico.
Si riferisce al concetto di stimolo-risposta. E’ stato definito “l’uso della musica come
rinforzo contingente o stimolo di suggerimento indirizzato ad aumentare o modificare i
comportamenti di adattamento e ad eliminare i comportamenti non adattivi” (Bruscia,
1993). (Definizione del IX Congresso Mondiale di Musicoterapia, Washington 1999).
Il modello Cliff Madsen si è sviluppato particolarmente negli USA ed ancora oggi
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costituisce negli Stati Uniti il modello principale di intervento musicoterapico. E’ un metodo
che si può definire come l’utilizzo della musica come rinforzo contingente o come stimolo
segnale per aumentare o modificare comportamenti adattivi od eliminare comportamenti
disadattivi. La musica viene usata nel trattamento nei seguenti modi:
-come un segnale
-come una struttura temporale e una struttura di movimento corporeo
-come un centro assentivo, approvazione, consenso
-come una ricompensa
Come nella teoria comportamentista, la direzione del trattamento è verso la modificazione
del comportamento, condizionandolo, lo scopo è ottenere un cambiamento che può essere
misurato applicando un’analisi del comportamento. Nel lavoro ad esempio con un bambino
autistico o con un adulto con depressione, il processo rispetta sempre il concetto di stimolo-
risposta e la musica è usata per cambiare il comportamento e ridurre i sintomi della
patologia piuttosto che per esplorare le cause del comportamento. La musica usata nella
Musicoterapia Comportamentale è molto varia e sono state fatte alcune ricerche per definire
quale tipo di musica riesce a favorire il raggiungimento degli obiettivi terapeutici. Per
esempio, la musica con una pulsazione molto marcata, con una presenza ritmica in evidenza
è usata con pazienti con il Morbo di Parkinson per favorire una buona deambulazione .
Vecchie canzoni, melodie famigliari, e canti di chiesa sono usati con pazienti geriatrici per
favorire l’attenzione, la partecipazione e la memoria. Ancora, la musica con tempi lenti
come per esempio largo, adagio, andante, viene usata per favorire la motricità o la danza
nei pazienti anziani. Con pazienti affetti da demenza senile è consigliato l'uso di brevi
canzoni o pezzi musicali per far fronte al ridotta attenzione.
1.2.5. Metodo GIM immaginario guidato e musica
Il metodo GIM è un approccio psicoanalitico alla musicoterapia in cui un apposito
programma di musica classica viene utilizzato per suscitare l'evolversi di esperienze
interiori. La musica facilita un dialogo continuo con l'inconscio e il terapeuta offre il
necessario sostegno dialogando attivamente con l'ascoltatore durante l'intera seduta. Il
compito del terapeuta è di incoraggiare la concentrazione man mano che emergono
emozioni, immagini sensoriali, sensazioni fisiche, ricordi e pensieri. La musica ed il
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terapeuta sono in questo caso coterapeuti sostenendo, rispecchiando e facilitando
l'esperienza creativa (Definizione del IX Congresso Mondiale di Musicoterapia, Washington
1999).
Il modello di Helen Bonny definito anche musicoterapia recettiva è un approccio alla
psicoterapia del profondo che usa il canale musicale dove un determinato repertorio di
musica è usato per generare una comprensione dinamica delle esperienze interne. E' olistica,
umanistica e transpersonale ed ha come scopo il far riemergere tutti gli aspetti
dell’esperienza umana: psicologico, emozionale, fisico, sociale, spirituale e dell’inconscio.
La pratica della tecnica GIM prevede 4 fasi:
1. Il preludio, che ha come punto di partenza la vita del paziente e la consapevolezza
dei suoi problemi. Il passaggio dall’esperienza conscia del mondo esterno ad una
maggior consapevolezza del mondo interno è segnata dai cambiamenti di posizione
assunti dal paziente che durante l’incontro sta sdraiato su una stuoia con gli occhi
chiusi. Il terapista a sua volta è in una posizione che gli garantisce una visione di
tutto il corpo del paziente e di trascrivere le reazioni più evidenti che emergono
durante il viaggio musicale.
2. Induzione, Rilassamento, e messa a fuoco. In questa fase il terapista può scegliere
quella che definiamo la Posizione A e selezionare così elementi della narrazione
conscia del paziente, oppure la Posizione B ascoltando attentamente per identificare
un livello più emozionale.
3. Viaggio musicale. Il terapista è la guida per il paziente e nelle prime due fasi può
essere una guida piuttosto direttiva. Anche la scelta della musica è responsabilità del
terapista. Ogni paziente ha il suo personale “stile di viaggio” che il terapeuta deve
cogliere per permettere al paziente rispondere ottimamente all’immaginazione e alla
musica, questa comprensione avviene normalmente dopo qualche incontro.
4. Prologo. Quando la musica sta concludendo il paziente è guidato a riprendere
consapevolezza. In questo passaggio, il paziente è invitato a concentrarsi per
conservare la sua esperienza, e rappresentarla subito dopo per esempio con un
disegno, una scultura, un lavoro con l’argilla o una poesia. L’ultima parte del Prologo
è un breve dialogo nel quale il terapista aiuta il paziente a collegare l’esperienza
vissuta alla sua vita quotidiana.
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1.2.6. Musicoterapia passiva: l'effetto Mozart (Don Campbell)
Don Campbell ha raccolto in un saggio sull'effetto Mozart le esperienze di medici e
sciamani, musicisti e ricercatori, per mostrare come la musica ascoltata, nelle sue varie
forme tra cui: canti gregoriani, un certo tipo di jazz e di pop, i ritmi sudamericani, le
armonie new age e persino il rock'n'roll possa influenzare l'ansia, la pressione alta, il dolore,
la dislessia e alcune malattie mentali. In questo saggio definisce l'effetto Mozart come la
capacità della musica di influenzare l’organismo modificando lo stato emotivo, fisico e
mentale ( Campbell 1997) .
La metodologia utilizzata nelle esperienze riportate nel testo è semplice, viene proposto il
semplice ascolto della musica in diversi contesti. La musica viene accuratamente scelta e
fatta ascoltare ripetutamente, i brani più utilizzati sono di musica classica o preparati
appositamente. Può venire trasmessa durante la giornata nei reparti di un ospedale per
renderlo più ospitale, ascoltata nelle cuffiette in sala operatoria per creare un ambiente più
accogliente coprendo i rumori delle macchine, può essere la musica d'attesa di un
consultorio, il sottofondo di alcune terapie, brani scelti per riportare alla memoria del
paziente eventi dimenticati. Cito Campbell: “Un tema importante di questo libro è che la
musica guarisce ma non su ricetta”. L'effetto Mozart riesce ad agire essenzialmente come
tecnica psicologica nella modificazione di problemi emotivi e può modificare le varie
patologie di cui è affetto l’essere umano: è un’eccellente tecnica di comunicazione ma anche
un aiuto ad altre tecniche terapeutiche. Può essere definito come materiale palliativo,
riguarda la cura dell'ansia, del dolore, della solitudine che circondano la malattia più che
della malattia stessa.
Gli utilizzi pratici dell'influenza che la musica esercita, possono essere: l'aiutare a
diagnosticare malattie incoraggiando la verbalizzazione di un disturbo, aumentare la
funzione motoria, motivare il paziente, potenziare la comunicazione con il terapista o i
membri della famiglia e facilitare le cure convenzionali.
Alfred Tomatis, dichiara che "Mozart è un’ottima madre, provoca il maggior effetto curativo
sul corpo umano".
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