Premessa
Le ville venete si annoverano nell’immenso patrimonio storico-artistico
italiano come una delle più importanti testimonianze del “fare umano”, del
suo ingegno e della sua creatività.
Villa Malipiero- Barbarich ne è esempio di grande opera rinascimentale.
Il progetto di restauro proposto per Villa Malipiero- Barbarich, realizzato
grazie a Villa Barbarich s.r.l. e alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e
Paesaggistici di Venezia e Laguna, si pone come primo passo per la tutela, la
conservazione e la valorizzazione di un edificio che si annovera non solo tra
le più importanti testimonianze edilizie rinascimentali, ma che rappresenta
un’ulteriore porzione dell’immenso patrimonio culturale appartenente
all’Italia.
La scelta di curare in questo studio di tesi la sezione storico- artistica e
diagnostica dei soli apparati decorativi presenti nella villa, è utile e necessaria
per consentire sia un adeguato intervento di restauro sia una maggior tutela
del bene culturale che, come tale, è unico.
La documentazione fotografica costituisce un patrimonio informativo
insostituibile ed indispensabile a qualunque tipo di analisi conoscitiva.
A tal proposito un’opportuna campagna fotografica e l’ausilio delle
planimetrie si rileveranno, mediante la fotogrammetria, utili strumenti di
restituzione digitale per gli apparati decorativi del piano nobile. Il
procedimento utilizzato permetterà di ottenere un’adeguata lettura degli
affreschi che consentirà non solo l’utile ed indispensabile studio delle zone
d’intervento conservativo da realizzarsi, ma anche una più chiara lettura
storico- filologica delle scene rappresentate.
La progettazione di una carta tematica relativa ai fenomeni di degrado, già
rilevati nel sopralluogo, si porrà come valido e opportuno strumento
diagnostico per la rilevazione dei fenomeni di degrado di cui sono oggetto gli
affreschi.
Le analisi in Microscopia Ottica, SEM-EDS ed FT-IR realizzate sui primi
campioni permettono di identificare le prime cause di degrado degli apparati
decorativi.
Le schede di catalogazione proposte, corredate dalle indagini diagnostiche che
si riterrà opportuno realizzare, saranno utili per la consultazione relativa alla
conoscenza dei materiali utilizzati e al degrado di cui essi sono oggetto.
Il progetto di ricostruzione virtuale per villa Malipiero- Barbarich si porrà
come strumento di valorizzazione per la sua conoscenza.
1. Introduzione
1.1 Le ville Venete
Le Ville in provincia di Venezia sono l’espressione più forte, per quantità e
qualità, dell’universo di strutture architettoniche riconducibili alla tipologia
della Villa Veneta. Tutto ciò non è casuale in quanto l’entroterra veneziano,
ancor oggi definito “campagna” dai residenti del centro storico della
Serenissima, era il posto ideale dove far svolgere alla villa, oltre alle consuete
finalità di presidio del territorio e di punto di coordinamento delle attività
fondiarie dell’aristocrazia e della borghesia, anche quel compito di svago e di
rappresentanza che gli angusti spazi dei palazzi veneziani non potevano
assicurare.
Con l'avvento dell'Umanesimo e del Rinascimento, la politica, l'economia e il
modus vivendi cambiano così come ai feudi si sostituiscono prima i comuni e
poi le signorie. Le mura perdono progressivamente la loro funzione difensiva,
la pratica del commercio si espande e le campagne diventano più sicure. Per i
veneziani, da sempre abili commercianti, si apre la possibilità di intensificare
lo sfruttamento dei possedimenti in terraferma, ma con essa nasce il problema
di come controllare da vicino la produzione.
È così che con la “Villa” si fonde l’esigenza abitativa e commerciale.
Gli interventi di bonifica di parte degli estesi territori paludosi e il progressivo
incremento del sistema irriguo vengono realizzati, attraverso interventi
pubblici e privati, agli inizi del XVI secolo. Dopo essersi conclusa la guerra
nel Veneto contro gli eserciti coalizzati nella Lega di Cambrai (1509) e con la
susseguente pace di Bologna (1530), le ricche famiglie veneziane decidono di
diversificare i propri investimenti aggiungendo agli interessi mercantili
prevalenti quelli legati alla lavorazione della terra.
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L’introduzione di nuove colture come il mais, il riso, il gelso e l’adozione del
sistema di coltivazione a rotazione permettono uno sfruttamento più razionale
dei terreni.
All’interno di queste proprietà sorgono le ville padronali dapprima concepite
come residenze per chi ha il compito di vigilare sulla lavorazione dei campi e
sulla raccolta delle messi e, poi, assunte come dimore di villeggiatura.
All’indomani della fine della Serenissima (1797) la decadenza delle ville
assume dimensioni drammatiche fino alla metà del Novecento, periodo nel
quale molti di questi complessi sono destinati a divenire sedi di conflitti
militari, ospedali, depositi ed, ancor peggio, oggetto di atti vandalici e
spoliazione.
Le ville venete oggi censite sono più di 4000 per la maggioranza appartenenti
ai secoli XVII e XVIII; poche, nel complesso, sono quelle costruite nei secoli
precedenti. Quasi tutte queste ville, di notevoli dimensioni, sono costituite dal
complesso centrale o casa dominicale con funzione di residenza vera e
propria, dalla corte, dal giardino (brolo), dalla casa del contadino, dal deposito
di attrezzi (barchessa), da una o più tettoie (teze), da una o due torri
colombaie e da alcuni rustici arricchiti di apparati decorativi di grande rilievo
artistico, quali affreschi, stucchi e materiali lapidei.
Da questa organizzazione di edifici risulta chiaro che il padrone non andava in
campagna solo per divertimento, ma egli voleva “…con industria et arte
dell’agricoltura accrescere la facoltà” così come scrive il Palladio.
1
La diffusione della cultura della villa nei territori della Serenissima segna
ancora oggi il territorio e il paesaggio del triveneto.
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A. Palladio, I Quattro Libri dell’ Architettura, Venezia, 1570, Libro I, p. 45.
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Anche Zelarino, piccola frazione appena fuori Mestre, da sempre dipendente
dal punto di vista ecclesiastico, civile ed amministrativo da Venezia, risente
dell’intensa antropizzazione rinascimentale e della cultura della “Villa”.
Con Villa Malipiero- Barbarich si assiste ad un esempio di costruzione
rinascimentale di apparente modestia e semplicità fedele al tipico modello
della casa- fondaco.
2
La sua estraneità ai procedimenti stilistici propugnati dal Palladio sono forse
il segno, da parte dei suoi proprietari (i Malipiero), di una scelta diversa
rispetto alla tradizione vigente. I suoi committenti rifiutano infatti ogni
linguaggio trionfalistico e si oppongono all’idea di usare l’architettura come
status symbol.
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Edifici tipici veneziani sviluppatasi fin dal IX secolo che abbinano il magazzino
commerciale alla residenza del mercante.
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1.2 Villa Malipiero – Barbarich: le vicende storiche
Villa Malipiero- Barbarich è ubicata nella frazione, poco distante da Venezia,
di Zelarino. Percorrendo la strada statale Castellana in direzione sud-ovest, si
accede all’ingresso sud-est dell’edificio che affaccia su via Molino Ronchin.
Pur avendo assunto nel corso dei secoli i nomi dei diversi proprietari (Fowel,
Pezzana, Tessier...) succedutisi nell’acquisizione, la villa è oggi comunemente
connotata con il nome sia di coloro che desiderarono la sua costruzione, i
Malipiero (secolo XVI) sia con la denominazione dei Barbarich che la
possedettero fino al XX secolo.
La villa seppur modificata ed abbellita nel XVIII secolo, venne costruita nella
prima metà del Cinquecento in sostituzione di una casa colonica distrutta
dalle truppaglie spagnole ed imperiali, ultimo residuo della Lega di Cambrai
(1509).
Ma le origini di questa splendida costruzione trovano riferimento nelle
documentazioni che ci aiutano a ricostruire sin dal XIV secolo le vicende
storico- costruttive.
È il 1359 quando nel luogo dove oggi possiamo ammirare la villa esisteva una
casa di pietra coperta di coppi, con giardino, brolo e un piccolo prato al di là
del Marzenego unico fiume presente nel territorio.
In un’epoca posteriore, ancora imprecisata, i signori Marcheselli da Rimini
cedono i tre campi di terra in loro possesso ai banchieri Garzoni in cambio di
un pagamento annuo.
Ai Garzoni succedono i Malipiero.
La casata dei Malipiero non rientra certamente tra le più importanti e famose
famiglie veneziane; essa diede comunque a Venezia un doge e tre procuratori
di San Marco. Verso il 1590 Caterino Malipiero, a seguito del matrimonio
con Elisabetta Cappello, diviene proprietario del palazzo ubicato nel Sestriere
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di San Marco a Venezia, affacciato sul Canal Grande, in prossimità di Palazzo
Grassi.
Fig. 1
Luca Carlevarijs
La Veduta di Palazzo Malipiero a San Samuele
sopra Canal Grande
Incisione
Fig. 2
Palazzo Malipiero
Canal Grande, Venezia
Il palazzo (Fig. 2), dapprima dei Soranzo e poi dei Cappello, fu costruito in
stile bizantino probabilmente fra il X e l’XI secolo. Ai Malipiero si devono
alcuni ampliamenti testimoniati dalla data 1622 e dalla sigla K.M. -Caterino
Malipiero- incisi in un rilievo sopra il portone d’accesso al nuovo androne che
è rivolto verso il Campo e la Chiesa di San Samuele. Sul portale compare
l’orgogliosa arma con artiglio di gallo del casato (Fig. 4).
Fig. 3
Blasone casato Malipiero
Fig. 4
Bassorilievo
Palazzo Malipiero
Canal Grande, Venezia
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Ma, ritornando alla villa, è l’inizio del XVI secolo quando la famiglia patrizia
Malipiero entra in possesso di quella ristretta fascia di terra a cavallo del
Marzenego.
In questo luogo, a pochi metri dal mulino medievale, esisteva un’antichissima
casa dominicale.
A seguito del saccheggio da parte degli eserciti imperiali, tra il 1514 e il 1545,
i Malipiero decisero di abbattere la vecchia e decadente casa e di innalzarne al
suo posto una nuova dimora più ampia.
Dal libro d’estimo del 19 marzo 1546, rilevato presso l’ Archivio di Stato di
Treviso, si legge che “…messer Ludovico Marcheselli possiede una casa
granda da statio…”
3
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Verso la fine del ‘500 si rileva, accanto alla villa, l’esistenza dell’unico
oratorio presente nel territorio di Zelarino e dedicato alla Beata Vergine
Assunta.
La proprietà si succede dalla fine del XVI secolo e fino alla metà del XVIII
secolo dapprima all’avvocato Ballarin, poi alla famiglia Filippi e infine ai
Gottardi.
A partire dal 1737 e per circa un cinquantennio il mulino medievale,
confinante con la costruzione rinascimentale e la villa fecero parte della vasta
proprietà della famiglia Pezzana raggiungendo in questi anni il massimo
splendore architettonico.
I Pezzana erano una famiglia di librai e tipografi di origine piemontese
trasferitasi a Venezia fin dagli inizi del Seicento che, rilevando nel 1657 la
gloriosa casa editrice Giunti, divennero di lì a poco i proprietari della seconda
casa editrice veneziana dopo quella dei Baglioni.
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“Casa da statio” è la definizione solitamente usata per indicare le dimore utilizzate dai
proprietari residenti in città, soprattutto veneziani, per i soggiorni estivi e per brevi
permanenze durante le fasi più importanti dell’annata agricola.
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È con Lorenzo Pezzana che la famiglia raggiunge il culmine della ricchezza e
della potenza economica tra la stamperia, alcuni appartamenti e botteghe nelle
zone commerciali di Venezia ed oltre 300 campi nella terraferma suddivisi in
appezzamenti tra Zelarino, Carpendo, Marocco e Sambughè nel trevigiano.
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Nella seconda metà del ‘700, la famiglia Pezzana si avvia verso
un’inarrestabile decadenza.
Dopo la caduta della Repubblica di Venezia (1797) le ville venete prestigiose
e non hanno perso il loro significato originario di rappresentanza
dell’oligarchia veneziana mantenendo soltanto quello di centro di produzione
agricola. Vicende fiscali come la tassazione austriaca dell’edilizia di pregio,
assieme alla crisi agricola che caratterizzò a lungo il Regno d’ Italia, hanno
portato a numerose demolizioni dei corpi dominicali e al decadimento dei
complessi gentilizi. Non meno è villa Malipiero che subisce, nel primo
Ottocento, la distruzione della barchessa occidentale che dava alla villa la
caratteristica forma a “ferro di cavallo”, della loggia prospiciente il giardino e
del piccolo oratorio.
Gli eredi del Pezzana si succedono fino al 1868 e nel 1886 la villa passa ai
Fowel e fino al 1891 è proprietà della contessa veneziana Annamaria Rubbi
appartenente ai noti mercanti di seta che si trasferirono a Venezia fin dal XVI
secolo.
Nel 1891 muore la contessa e la villa passa di proprietà alla famiglia
Barbarich la quale viene investita del titolo nobiliare nel 1895.
Eugenio Barbarich figlio di Giovanni, generale e scrittore militare, durante la
prima guerra mondiale fu capo di stato maggiore del corpo di spedizione
italiana in Albania e Macedonia. Fu forse questo generale ad acquistare la
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Fonti documentarie attestano che a Zelarino Lorenzo Pezzana possedeva un mulino a due
ruote sul fiume Marzenego (l’attuale Molino Ronchin), probabilmente attivo fin dal XII
secolo, ed un palazzo di origine cinquecentesca con annesse barchesse.
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