- 3 -
INTRODUZIONE
Il lavoro di tesi presenta un’attività di indagine sulla salute organizzativa volta a
fornire all’organizzazione sanitaria, in particolare a quella di Arco, un modo per
rilevare le criticità interne e condurre possibili processi di cambiamento.
Tale iniziativa è possibile anche in virtù dell’attuazione del Decreto Legge del 2008
noto come Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro, in cui si richiede alle
organizzazioni di valutare la presenza di rischi psicosociali e di salvaguardare il
benessere dei lavoratori. Lo strumento scelto e deputato al rilevamento di possibili
problematiche è il questionario MOHQ di Avallone poiché contiene tutti gli item
volti ad esplorare i diversi aspetti della salute organizzativa e del benessere psico-
sociale. I soggetti considerati nella ricerca sono 53, eterogenei per unità operativa di
appartenenza. Le ipotesi sviluppate nel presente lavoro interessano specifiche
dimensioni della salute organizzativa quali: la gestione del conflitto, lo stress, la
percezione dei dirigenti e l’efficienza. L’indagine tiene conto della possibilità di
correlare questi fattori per comprendere se c’è una relazione di influenza reciproca
tra le variabili. I risultati dimostrano che la correlazione tra conflitto e stress non è
significativa mentre la correlazione tra percezione dirigenti ed efficienza si dimostra
significativa. Inizialmente il fattore stress presentava scarsa attendibilità a causa di
una variabile che Avallone raggruppa tra gli items di questo fattore. Tuttavia,
eliminando tale item, la validità delle altre variabili associate al fattore stress risulta
positiva. La correlazione tra la percezione dirigenti e l’efficienza evidenzia buoni
- 4 -
risultati così come la loro correlazione, che conferma la validità del modello delle
relazioni (Avallone & Paplomatas, 2005) applicato al questionario.
Un altro aspetto della ricerca consiste nell’obiettivo di confrontare le dimensioni
organizzative del conflitto, dello stress, dei dirigenti e dell’ efficienza tra due gruppi
di dipendenti di due contesti sanitari locali diversi, l’ospedale di Arco e quello di
Tione. I risultati evidenziano che l’unica differenza statisticamente significativa
riguarda il fattore dell’ efficienza organizzativa. Questa variabile è percepita in
modo migliore nel gruppo dell’ospedale di Arco rispetto a quello di Tione.
Gli altri fattori organizzativi (conflitto, stress e percezione dirigenti) non evidenziano
differenze significative tra i due gruppi, pertanto queste variabili sono in equilibrio
tra loro in entrambi i contesti sanitari.
L’auspicio è che questo lavoro possa essere esteso ad altre realtà organizzative.
In questo modo si può diffondere maggior consapevolezza sui benefici che un
monitoraggio sulla salute organizzativa può fornire ai singoli individui e all’intera
comunità lavorativa, prestando attenzione a specifici fattori organizzativi che, più di
altri, possono mantenere solidi equilibri tra individui, gruppi ed organizzazione.
- 5 -
PARTE 1 RASSEGNA DEGLI STUDI
CAP. 1 SALUTE ORGANIZZATIVA
1.1 LE CONCEZIONI DELLA SALUTE ORGANIZZATIVA
L’analisi della letteratura sulla salute organizzativa, pur nella diversità delle aree
di indagine, consente di individuare alcuni temi di base che caratterizzano la maggior
parte degli approcci concettuali (Avallone & Paplomatas, 2005).
Questi temi possono essere indicati in sette punti:
CONCEZIONE MULTIDIMENSIONALE DELLA SALUTE ORGANIZZATIVA.
L’esperienza di ricerca e di intervento nelle organizzazioni conferma che i singoli
individui sono portatori di una concezione multidimensionale della salute facendo
prevalente riferimento alla salute fisica, al benessere emotivo e psicologico,
all’armonia cognitiva, alla serenità lavorativa. Anche le organizzazioni sono spesso
portatrici di concezioni multidimensionali della salute enfatizzando, in primo piano:
la sicurezza lavorativa, i livelli di stress accettabili, l’ impegno e la tensione proattiva
verso gli obiettivi, il clima relazionale produttivo (Avallone & Paplomatas, 2005).
PLURALITA’ DEI LIVELLI DI ANALISI DELLA SALUTE ORGANIZZATIVA.
Secondo Avallone i livelli di descrizione della salute organizzativa sono plurimi e, ad
esempio, la salute organizzativa è stata studiata a livello individuale come supporto
sociale; a livello di gruppo come coesione e a livello organizzativo come “capitale
sociale”. Può essere utile assumere che i livelli di analisi della salute organizzativa
- 6 -
sono quattro: individuo, gruppo, unità organizzativa complessiva (ufficio,
dipartimento, filiale ecc.), intera organizzazione.
AUTOREGOLAZIONE NEI PROCESSI DI ADATTAMENTO E DI DEFINIZIONE
DELLA SALUTE ORGANIZZATIVA.
Un terzo tema si riferisce alla capacità dell’organizzazione di autoregolarsi nei
processi di integrazione interna e di adattamento verso l’esterno e nella disponibilità a
ridefinire la concezione di salute in modo coerente.
Queste capacità e disponibilità sono misurate da diversi strumenti di indagine che
analizzano il clima e la cultura della salute come il Worksite Climate Scale
(Avallone & Paplomatas, 2005). Questa scala misura la percezione dei valori
organizzativi sulla salute delle norme che promuovono comportamenti lavorativi
salutari. L’Organizational Wellness Scale è finalizzata a rilevare percezioni sul clima
di salute lavorativa, sul rispetto dei colleghi e sul supporto organizzativo per il
benessere.
IMPEGNO NELLA PROMOZIONE DELLA SALUTE.
Si riferisce come disponibilità, frequenza ed intensità ad attivare specifici programmi
di promozione della salute e ad adottare politiche di tutela dell’ambiente
organizzativo e di gestione delle risorse umane.
- 7 -
GRADO DI CONGRUENZA.
In letteratura è consolidato il concetto di congruenza a livello individuale,
intraorganizzativo ed extraorganizzativo. A livello individuale i modelli di
congruenza persona-ambiente descrivono come i valori, i bisogni e le competenze
individuali sono congruenti con la cultura, le richieste e le risorse dell’organizzazione
(Peterson, 1999). A livello intraorganizzativo la congruenza tra individuo, gruppo e
organizzazione valorizza i processi di apprendimento. Un’organizzazione è più
propensa a promuovere l’apprendimento se la sua struttura è congruente nella
direzione in cui mantiene i dipendenti informati, facilita il loro aggiornamento,
favorisce il transfer di competenze tra i diversi livelli dell’organizzazione. La
congruenza extraorganizzativa si riferisce al successo dell’organizzazione in cui
opera. Per molte organizzazioni si sostanzia nella salute economica resa possibile da
un complesso lavoro di bilanciamento tra obiettivi e processi interni, richieste e
vincoli del contesto esterno.
CAPACITA’ DI RISPONDERE PROATTIVAMENTE ALLE TENSIONI
ORGANIZZATIVE.
Le organizzazioni si trovano molto spesso in una situazione di precario equilibrio in
quanto subiscono diverse tensioni a livello organizzativo che possono essere per
esempio il rapporto quantità-qualità, la relazione tra efficienza e consenso, le spinte
così contrastanti tra mantenere, conservare ed innovare. Alcune manifestazioni di
stress sono connesse alla capacità/incapacità di fronteggiare proattivamente le
tensioni organizzative.
- 8 -
RIFLESSIVITA’ E PROATTIVITA’ DI FRONTE ALLO SVILUPPO E AL DECLINO
ORGANIZZATIVO.
Le organizzazioni tendono a crescere, a svilupparsi anche se in questo processo
evolutivo, considerando un ambiente competitivo molto complesso presente
all’esterno, corrono il rischio del declino, della regressione e talvolta anche
dell’estinzione. Questi problemi possono rappresentare una grave minaccia e causare
serie conseguenze sugli individui (stress, problemi di salute), sui gruppi di lavoro
(tensioni, conflitti), sull’organizzazione (ridimensionamento) e anche sull’intera
comunità (aumento della povertà).
Tali aree ruotano attorno alla concezione di salute organizzativa e sottolineano le forti
connessioni tra i vari livelli (individuo, gruppo, organizzazione) che possono
influenzare il benessere delle persone.
- 9 -
1.2 QUADRO STORICO SULLA SALUTE ORGANIZZATIVA
Storicamente da moltissimo tempo l’organizzazione lavorativa era concepita in
funzione del conseguimento del miglior risultato per l’impresa, senza tenere conto né
dell’ambiente di lavoro né dello stato di salute del lavoratore. In seguito, col passare
del tempo, l’interesse alla salute del lavoro si è costantemente sviluppato; a partire
dagli anni 30’ si è ristretto al concetto di sicurezza e, poi, gradualmente ampliato
all’aspetto psicologico fino ad abbracciare una molteplicità di altri aspetti non solo
legati ad una generica dimensione dello stress individuale. All’inizio l’interesse si
centra sul tema della sicurezza, la quale è limitata ai fattori connessi con gli infortuni
e le malattie, applicando una concezione meccanicistica e una causalità di tipo lineare
ad un individuo decontestualizzato: l’intervento è centrato sull’individuo ed è
orientato esclusivamente alla cura del danno fisico verificatosi. Nel 1933 il
movimento delle Relazioni Umane incominciò a percorrere i primi studi sulla fatica, i
quali permisero di osservare che essa è associata al fenomeno della monotonia e che
entrambe provocano un rallentamento dei ritmi lavorativi e un abbassamento della
soglia dell’attenzione. A seguito di ciò si diffusero le prime osservazioni per risolvere
il problema provocato dai due fenomeni congiunti. Per la prima volta si attribuiva la
giusta importanza all’aspetto relazionale di ogni singolo lavoratore. Si creavano così i
presupposti per svolgere più attività durante uno stesso turno, dotate di senso
compiuto e di cui il lavoratore doveva prendere coscienza; gli operai avrebbero
dovuto lavorare in postazioni che non favorissero l’isolamento bensì la formazione di
gruppi spontanei; dovevano infine essere introdotti periodi di riposo e ripristinata la
- 10 -
retribuzione a cottimo. Nonostante queste prime significative evoluzioni e sebbene
questo importante Movimento denunciò i rischi da routinizzazione e da
dequalificazione, solo negli anni 50’ e 60’ si valuta l’individuo in un’ottica
interazionista dove vi è una visione più attiva del soggetto lavoratore.
Egli è visto interagire con il proprio ambiente di lavoro pur permanendo un concetto
di causalità di tipo lineare. L’intervento resta soprattutto caratterizzato sulla cura
dell’individuo ma si presta attenzione anche alle conseguenze psichiche
(affaticamento, disturbi psicosomatici, ecc). L’interesse verso gli aspetti non solo
fisici ma anche mentali della salute è molto forte negli Stati Uniti fino a sfociare negli
anni 70’ nello studio degli aspetti psicosociali del lavoro. Come mostrano le indagini
divenute “classiche” di Ely Chinoy (1955), è comprensibile che presso la classe
operaia di quegli anni il sentimento della sicurezza economica prevalesse su quello
della realizzazione personale nell’attività lavorativa (quest’ultima essendo proiettata
sul futuro dei figli). Se la grande azienda fordista ha favorito la stabilità economica e
lo sviluppo dei consumi ha fatto poco, in verità, per accrescere la libertà del
lavoratore di progettare e avere una vita propria nella sfera lavorativa. Nello studio di
Chinoy, egli affermava che la sicurezza andava sostituendo il successo lavorativo
come valore principale dei lavoratori dell’industria. Molti di loro cercano di
razionalizzare il loro status di operai di fabbrica e le loro scarse ambizioni di carriera
proiettando sui figli le loro speranze e aspirazioni. L’interesse intrinseco per il lavoro
contava assai meno del livello salariale e della sicurezza del posto. A poco a poco
l’importanza della sicurezza sui luoghi di lavoro è ormai un principio riconosciuto e
- 11 -
sentito ed è sempre più evidente l’influenza sulla salute oltre che dei fattori biologici
anche di quelli psicologici e sociali. Gli anni 80 ruotano intorno all’introduzione del
concetto di Wellness: la novità principale è lo spostamento dell’interesse dalla
prevenzione degli infortuni e malattie alla conservazione attiva della salute. Prima di
allora la salute era definita come l’assenza di invalidità e malattia, mentre da allora in
poi viene concepita in modo positivo: si apre così il campo d’intervento per
migliorare e conservare uno stato di autentico benessere fisico e psicologico sul posto
di lavoro. Sempre in questo periodo si diffondono concetti come la Occupational
Health Protection che inducono i lavoratori a scelte cognitive per migliorare la loro
salute fisica e mentale attraverso il job design e tecniche di natura motivazionale.
Tale fase si distingue come la maggiormente importante in quanto pone l’individuo
all’interno di un’analisi sistemica che coglie e si sforza di creare connessioni e
relazioni tra i concetti di salute, stili di vita e sicurezza. In questa maniera si tende ad
attivare presso l’individuo e l’organizzazione sia una cultura della salute, che processi
di empowerment individuale ed organizzativo. Negli anni 90’ prosegue questo
approccio: si parla sempre più spesso di una cultura della salute all’interno
dell’organizzazione e non più semplicemente di cultura della sicurezza, in cui
assumono importanza anche aspetti quali il clima e la cultura organizzativa.
Gli studi dell’Organizational Health propongono una valutazione quantitativa sullo
stato di salute dell’organizzazione, presentando indici e soglie di salute al di sotto
delle quali intervenire ed estendendo il concetto dell’efficacia lavorativa allo sviluppo
professionale.