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Introduzione
La tesi Heldenplatz 1938 nasce con lo scopo di raccogliere in modo esaustivo tutte quelle opere
letterarie che, dal 1938 ad oggi, hanno posto l‟accento sulla rilevanza della celebre piazza viennese
in quanto simbolo di una coscienza nazionale profondamente instabile. Il presupposto da cui si
sviluppa questo lavoro, dunque, è chiaramente di natura bibliografica, ma non si esaurisce
certamente nella semplice operazione di raccolta e analisi di testi presi in esame secondo un criterio
meramente cronologico. Le opere presentate in questa sede sono accomunate dall‟esplicito
riferimento al luogo Heldenplatz, dal generale valore storico ad esso attribuito, dal diffuso senso di
smarrimento culturale e sociale espresso nei testi, di cui questo luogo è il simbolo. Tuttavia, ogni
singola opera, analizzata sotto il profilo contenutistico e contestuale, veicola un messaggio a sé
stante, riconducendo in maniera approfondita ad uno o più aspetti chiave della storia e della società
austriaca del dopoguerra e del retaggio storico e culturale dell‟epoca imperiale. In linea ancor più
generale, è rintracciabile il motivo del luogo della memoria, del monumento e del rito in quanto
importanti mezzi per la propaganda e la comunione delle masse nel consenso al potere, della
letteratura quale mezzo fondamentale per la formazione e il consolidamento dell‟identità popolare.
La scelta di una ricerca nel campo della letteratura austriaca potrebbe incontrare alcune
obiezioni circa la specificità della stessa rispetto al più ampio panorama della produzione letteraria
di lingua tedesca. Alla base di tale contestazione si pone il concetto per cui esiste una relativa
autonomia degli statuti letterari rispetto al contesto storico-culturale in cui questi prendono vita, e
che quindi subordina il rapporto tra opera d‟arte e struttura socio-politica a determinate costanti
tematiche. Questo giudizio, inoltre, è spesso fortificato dall‟osservazione che evidenzia l‟effettiva
distanza di molti dei cosiddetti autori austriaci del dopoguerra dalla loro Patria, avendo vissuto per
anni lontano dal loro Paese o non avendovi mai più fatto ritorno. Infine, si sottolinea l‟assenza, in
Austria, di un mercato letterario autonomo, che avrebbe costretto tutti gli autori “austriaci” più
significativi a pubblicare per case editrici tedesche. Tali valutazioni non considerano il fatto che
proprio la condizione di esilio di molti scrittori dopo il 1945 costituisce un elemento analizzabile
solo in rapporto alla realtà storico-politica della Seconda Repubblica Austriaca. Per quanto riguarda
il rapporto con l‟editoria tedesca, inoltre, non si dovrebbe trascurare la presenza, in Austria, di
riviste letterarie di altissimo livello, e dunque la presenza di un dibattito letterario autoctono.
Lo stesso Claudio Magris, colui che nel 1963 inaugurò con la sua ricerca sul Mito Asburgico
un filone di studi che poneva in straordinario risalto la tipicità della produzione letteraria austriaca,
mette in “dubbio che abbia senso parlare di una letteratura austriaca” (Geometrie del dissenso: tendenze
della letteratura austriaca contemporanea, p. 9), sostenendo il carattere limitato nel tempo della stessa,
circoscritto tra la fine del secolo scorso e gli anni trenta circa. L‟affermazione di Magris si fonda
sull‟idea di un‟identità tematica della letteratura austriaca, che solo autori quali Hofmannsthal,
Schnitzler, Musil, Roth e Broch hanno saputo esprimere, e che trova i suoi tratti tipici nel “disagio
della storia, la frantumazione di ogni totalità sistematica e dello stesso io individuale, l‟assenza o la
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latitanza del valore, la marginalità periferica di ogni esistenza autentica, i limiti del linguaggio e la
necessità e insieme l‟impossibilità di varcarli, il silenzio, l‟arte quale avventura della conoscenza
che si addentra fra i dettagli disgreganti di una totalità affranta” (Ibidem). E per Magris l‟assenza,
oggi, di una specificità della letteratura austriaca, risulta proprio dall‟ossessivo confronto con questa
presupposta tradizione, che la rende caricatura di sé stessa, espressione di un disagio che nasce da
una politica culturale auto conservativa, rivolta a mitizzare il passato e che pone di volta in volta il
dilemma di negare o riprodurre questa tradizione: “il legame edipico con la tradizione, con
l‟austriacità, sarà realmente superato quando si smetterà di reciderlo furiosamente di continuo,
quando finalmente ci si dimenticherà, o ci si ricorderà meno ossessivamente, di essere o di non
voler essere austriaci. La propria identità più autentica la si raggiunge quando si smette di pensare
ad essa, di vezzeggiarla o di vilipendiarla”
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(Ibidem).
L‟osservazione di Magris focalizza un punto certamente presente nella tendenza della
letteratura austriaca contemporanea, ma ad ogni modo non considera l‟evoluzione e le rotture
decisive della sua storia culturale che hanno dato vita a movimenti e produzioni di grande valore, i
quali, peraltro, si discostano decisamente dalle categorie ereditate da quella consolidata analisi della
cultura di fine secolo inaugurata proprio con lo studio di Magris sul Mito Asburgico. Questo tipo di
atteggiamento - quello per cui viene privilegiata, appunto, la costante tematica quale fattore
determinante nella definizione dei prodotti letterari nati in un determinato contesto - condusse nel
secolo scorso ad una paralisi nella ricezione della letteratura austriaca all‟estero, la quale ha mediato
e condizionato quella del presente. Il grande interesse per la letteratura asburgica di fine secolo,
infatti, ha prodotto una grande attenzione del pubblico straniero per la letteratura austriaca,
risultante in una miriade di pubblicazioni, iniziative e convegni di studio dedicati all‟argomento.
Tale fioritura di ricerche si accordava al nuovo gusto culturale rivolto alla scoperta di un altro
orizzonte spirituale, espressione di quella crisi della “coscienza europea” di cui la storia austriaca fu
l‟emblema. Tuttavia, questo orientamento, confluito pian piano nella più astratta accezione della
cultura mitteleuropea, ha reso la concreta produzione letteraria sviluppatasi in una particolare
compagine statale una vaga astrazione densa di sfumature evocatrici, svincolata dal suo referente
geografico e dal corso della storia.
È dunque fortemente limitante sottovalutare l‟influenza delle strutture politiche e sociali e
degli eventi storici nella produzione e ricezione dei testi letterari. Il momento estetico non si riduce
certamente a una pura valenza storica, in ogni caso è determinante il rapporto che si istituisce tra il
sistema linguistico della letteratura e gli altri sistemi pragmatici di comunicazione nati nel
medesimo contesto. Il metodo di studi adottato in questa sede si propone, quindi, di dar conto
1 La citazione, qui riportata, è tratta da un intervento di Claudio Magris al convegno di studi organizzato l‟8 e il 9
maggio 1992 dall‟Università degli studi di Udine, in collaborazione con l‟Istituto Austriaco di Cultura a Milano e
l‟Istituto di Germanistica dell‟Università di Klagenfurt. I contributi del convegno sono stati successivamente raccolti
nel volume, curato da Luigi Reitani, Geometrie del dissenso: tendenze della letteratura austriaca contemporanea.
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dell‟importanza che ha assunto un particolare momento storico nella letteratura dello Stato
austriaco, quello inaugurato il 15 marzo 1938 sull‟Heldenplatz a Vienna.
L‟Heldenplatz (in italiano: “Piazza degli eroi”) è la piazza principale di Vienna.
Originariamente concepita come luogo dedito alla commemorazione delle glorie militari imperiali,
vive oggi nella coscienza collettiva degli austriaci come il simbolo dell'Anschluss, l'annessione
dell'Austria alla Germania: dalla balconata che sulla piazza si affaccia, Adolf Hitler proclamò, il 15
marzo 1938, l'ingresso della sua Patria natale nel Terzo Reich, tra le grida di giubilo dei 200 mila
viennesi presenti. L‟operazione militare fu avviata durante la notte tra l'undici e il dodici marzo
1938, quando le truppe tedesche varcarono i confini austro-tedeschi. La popolazione austriaca non
oppose alcuna resistenza, al contrario accolse i soldati tedeschi con entusiasmo; rappresentanti del
clero e personalità politiche austriache espressero pubblicamente il proprio sostegno all'azione
militare; l‟estero assistette passivamente. Nel marzo del 1938, l'annessione fu percepita da molti
austriaci come il riconoscimento del diritto di auto-determinazione nazionale, negato loro
all'indomani della prima guerra mondiale, con i trattati di Versailles e Saint Germain. Il radicalismo
della dittatura nazista, la sua politica xenofoba e di espansionismo militare, la sua ideologia
neopagana e nazionalista, costituivano un'alternativa all‟austro-fascismo, e dunque un‟opzione
migliore per molti austriaci. Essa trovò supporto non solo nei numerosi membri del partito, ma
anche in tutti i non nazisti, che vedevano nella persecuzione degli ebrei e nella guerra
espansionistica la possibilità di soddisfare le proprie aspettative economiche e sociali.
Al termine del conflitto, un governo provvisorio dichiarò l‟annessione null und nichtig e
proclamò la riconquistata indipendenza del Paese, il 27 aprile 1945. Fino al 1955 le forze alleate
occuparono il territorio, suddiviso, come la Germania, in quattro zone di occupazione. Le potenze
occupanti riconobbero ufficialmente la sovranità del Paese con il Trattato di Stato Austriaco, firmato
a Vienna il 15 maggio 1955, e con la Dichiarazione di neutralità dell'Austria, ratificata il 26 ottobre
dello stesso anno. Tuttavia, il processo di denazificazione concretizzatosi con successo in Germania
negli anni del dopoguerra, non ebbe gli stessi esiti positivi in Austria: fino almeno agli anni '80,
l'Austria si presentò come il primo Paese caduto "vittima" della Germania di Hitler, ignorando il
supporto che essa diede al nazionalsocialismo e all'annessione del 1938. Il “mito della vittima”
costituì, innanzitutto, un fattore determinante nei negoziati coi sovietici per il Trattato di Stato
Austriaco, che scongiurò un‟eventuale protrazione dell‟occupazione alleata e rappresenta, insieme
alla successiva Dichiarazione di neutralità, il fondamento del sentimento d‟identità nazionale e del
suo consolidamento nel corso degli anni successivi. Inoltre, nello sforzo da parte dei vari gruppi
politici di destra e di sinistra di conciliare le proprie differenze e dunque scongiurare i violenti
conflitti che dominarono durante la Prima Repubblica, fu evitato qualsiasi dibattito circa il ruolo
dell‟Austria durante il periodo nazista. Il processo di denazificazione risultò problematico anche
tenendo conto del fatto che nel 1943, all'apice del successo del potere nazista, circa 693.000 persone
(il 14% della popolazione adulta) in Austria erano iscritte al partito nazionalsocialista. Non fu
possibile nel 1945 un ricambio drastico nell'organico di molti settori in cui queste persone
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operavano, la cui capacità ed esperienza erano indispensabili per la ripresa economica e sociale del
Paese. Infine, nel 1949 gli ex membri del partito riacquistarono il diritto di voto.
Il revisionismo storico in merito a quegli eventi limitò il dibattito circa la partecipazione
austriaca agli orrori del nazismo, e permise la sopravvivenza di tratti nazisti o para-nazisti nella
società. Questa terribile eredità sociale fu lampante nel caso dello scandalo che vide coinvolto,
durante la seconda metà degli anni ‟80, l‟allora presidente Kurt Waldheim, e negli a nni ‟90, quando
il partito di estrema destra e xenofobo guidato da Jörg Haider, il FPÖ, entrò a far parte della
coalizione di governo in seguito al largo consenso ottenuto alle elezioni politiche del ‟99. Tali
avvenimenti riaccesero le polemiche circa un passato ignorato, e talvolta nascosto, e una memoria
collettiva distorta e falsata.
Se la denazificazione nei ranghi della politica fu esitante, fu inevitabile che anche i tentativi di
epurare il mondo letterario austriaco furono altrettanto deboli. I vari gruppi politici e sociali
operanti nella neonata Repubblica austriaca erano certamente consapevoli dell'importanza rivestita
dalla cultura in ambito sociale, e concordi nel considerare la letteratura un importante strumento di
promozione per il consolidamento dell'identità nazionale tra i loro concittadini. Per questo, la
letteratura dell'immediato dopoguerra fu spesso strumentalizzata e per molti versi istituzionalizzata.
Nonostante l'enfasi posta su un nuovo corso dello Stato austriaco, furono pochissime le voci nuove,
giovani e rivoluzionarie consentite in ambito culturale. L'artificiosa continuità culturale e letteraria
che le istituzioni cercarono di ristabilire mirava soprattutto a sminuire la parentesi fascista e nazista
attraversata dal Paese, ponendola come una breve frattura nel corso della tradizione politica e
culturale austriaca, base del sentimento di appartenenza del popolo alla nazione, relativamente
stabile da secoli.
In questa direzione si pongono le primissime attestazioni dell‟Heldenplatz nella produzione
letteraria austriaca: è il caso della celebre opera di Nadler Literaturgeschichte des Deutschen Volkes,
o della poesia di Franz Xaver Hollnsteiner, intitolata appunto Heldenplatz, contenuta in un volume
del 1963 dal titolo Verträumtes Wien. Sinfonietta einer Stadt. È il caso, ancora, delle descrizioni
dell‟Heldenplatz contenute all‟interno delle prime guide su Vienna del dopoguerra, nelle quali,
peraltro, è assente una voce specificatamente destinata alla piazza, di cui si parla solo
indirettamente, muovendo dai suoi monumenti.
Lo scarso entusiasmo dimostrato dalle istituzioni nell'incoraggiare il rimpatrio di scrittori di
altissimo livello, costretti all‟esilio durante il regime nazista, dimostra i limiti politici e sociali della
Repubblica nei primi anni del dopoguerra. Tra questi scrittori è da segnalare l‟autore della prima
opera letteraria del dopoguerra che contiene nel titolo il nome della celebre piazza viennese: Ernst
Lothar. Nel 1945 esce, infatti, col titolo Heldenplatz, il primo romanzo la cui trama narrativa si
incentra proprio sull‟evento che il 15 marzo 1938 sconvolse la storia del popolo austriaco.
Col tempo, l'ampio sostegno dato dai cittadini austriaci all'austro-fascismo e al
nazionalsocialismo e la partecipazione degli stessi nel corpo militare nazista, nonché l'effettivo
contributo corrisposto nell'olocausto, vennero lentamente alla luce e furono argomento di dibattito
sempre più frequentemente. Fu chiaro a molti che la gestione autoritaria, l'intolleranza, il razzismo e
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lo sciovinismo sopravvissero al regime nazista. Già a partire dagli anni '50 si levarono le prime voci
provenienti dal mondo intellettuale contro queste tendenze. Tra queste, le opere che riconducono
all‟evento che vide la proclamazione dell‟ Anschluss quale cerimonia di apertura di un momento
storico vergognoso. L‟Heldenplatz, infatti, si aggira come un fantasma ammonitore anche nelle
celebri opere Der Herr Karl (1961) di Helmut Qualtinger e Carl Merz, Wohnungen (1969) di
Wolfgang Georg Fischer, e Der Tod meines Bruders Abel (1976) di Gregor von Rezzori. Ma su
tutte, questa piazza diede il nome a due opere che rappresentarono una minaccia a molto più che ad
una semplice compiacenza della memoria austriaca durante gli anni del dopoguerra: la poesia di
Ernst Jandl wien:heldenplatz (1966) e l‟ultimo dramma di Thomas Bernhard Heldenplatz (1988), le
quali scossero gli animi dei cittadini austriaci suscitando un‟enorme attenzione rispetto all‟ampiezza
e alla gravità di significati che la “piazza degli eroi” di Vienna incarna.
Il primo capitolo della tesi espone l‟avvento dell‟annessione, consid erandone i presupposti e
le conseguenze politiche e sociali a lungo termine. Traccia, inoltre, il percorso storico che ha visto
la piazza protagonista della storia austriaca, illustrandone la rilevanza politica che ha assunto nel
corso dei secoli, nonché i meccanismi della propaganda nazista la quale è stata capace di sfruttarne
il valore simbolico per coinvolgere la popolazione nel suo progetto. In questo senso risulta, altresì,
chiara la natura simbolica del luogo della memoria e del monumento quale efficace strumento di
identificazione collettiva nel sistema nazionale.
Il secondo capitolo offre un resoconto degli sviluppi della letteratura austriaca dal dopoguerra
ad oggi, sottolineando la rilevanza della letteratura quale elemento importantissimo per la memoria
collettiva di una comunità, e dunque fattore determinante per il consolidamento del sentimento di
identità sociale della stessa.
Il terzo capitolo raccoglie le prime attestazioni dell‟Heldenplatz nella letteratura austriaca,
presenti sia nei testi orientati all‟occultamento delle contraddizioni del passato nazista, sia in quei
testi che, al contrario, ne hanno voluto evidenziare le drammatiche conseguenze. In quest‟ultima
corrente le tematiche affrontate spaziano dalla condizione dell‟esiliato ebreo al consenso enorme
delle masse alla folle ideologia nazista, dal processo di arianizzazione a cui la popolazione austriaca
partecipò con entusiasmo al retaggio culturale dell‟ideologia nazista nella società odierna, fino al
profondo senso di perdita accusato da tutti gli ebrei austriaci che dovettero abbandonare il Paese
nel 1938.
Il quarto capitolo è interamente dedicato a Ernst Jandl e alla sua opera, nella quale è
rintracciabile il profondo legame che esiste tra Heimat e lingua, con particolare riguardo alla lirica
composta nel 1966 wien:heldenplatz. Con le sue sperimentazioni linguistiche, Jandl ha voluto
innanzitutto discostarsi da una politica tesa a mitizzare un passato prebellico, e a sopprimere tutte le
voci libere e nuove che contro questa tendenza conservatrice si sono battute e si battono affinché
non ci si “dimentichi” dell‟abbaglio collettivo che nel 1938 cambiò per sempre il corso della storia
austriaca.
Infine, il quinto capitolo si propone dar conto dell‟esperienza che ha informato la produzione
letteraria di uno dei più controversi autori della cultura austriaca moderna: Thomas Bernhard. In
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particolare, l‟analisi della sua ultima opera teatrale Heldenplatz, composta nel 1988, e delle non
meno considerevoli reazioni che essa suscitò, aiutano a comprendere quanto sia ancora fragile e
oscillante la coscienza nazionale austriaca, e quanto ancora sia lontana dall‟accettazione e dal
superamento del passato.