Introduzione "Scrivere è uno dei sistemi più semplici e più profondi per fare chiarezza dentro di sé ” (Susanna Tamaro, scrittrice italiana)
Il desiderio di scrivere la tesi sul diario di bordo è nato dopo l'esperienza del tirocinio
formativo universitario presso un asilo nido. È solo grazie all'attività pratica che mi sono
sentita per la prima volta nei panni dell'educatore-ricercatore: era faticoso e monotono
annotare ogni giorno le attività svolte, ma nello stesso tempo era interessante e curioso
vedere quante teorie apprese venivano involontariamente fuori nel tentativo di spiegare un
evento osservato.
Non è stato un compito facile: trasmettere i propri pensieri, le proprie riflessioni in maniera
oggettiva richiede un'accurata elaborazione da parte di chi scrive. Ho capito che per fare un
buon lavoro bisogna immedesimarsi in una terza persona per raccontare le vicende vissute
dall'esterno.
Da questa breve esperienza di stesura del diario di bordo ho ricavato molte “ricchezze”:
bisogna essere più oggettivi possibile senza, quindi, dare i giudizi frettolosi, essere più
ordinati nell'esprimere le proprie idee e, inoltre, bisogna sempre riflettere prima sulle cose
da mettere per iscritto per non provare i rimorsi di coscienza per le conseguenze di ciò che
hai (o non hai) esposto.
Con questo lavoro, dunque, voglio approfondire i concetti e le teorie che rendono efficace lo
strumento qualitativo diario di bordo: le sue origini, le basi che compongono questo
strumento, la sua applicazione nel campo educativo.
Purtroppo, nell'ambito universitario viene sottovalutato dagli studenti, ma anche da alcuni
professori. Ritengo, invece, che la sua utilità per un futuro educatore è incontestabile: quale
altro strumento, qualitativo o quantitativo che sia, è così facile da usare senza dover
ricorrere ad altri mediatori?
Il primo capitolo si pone l'obiettivo quello di spiegare e descrivere la situazione della ricerca
sociale dalle sue origini fino ai giorni nostri. Infatti, l'analisi parte dalle origini della scienza,
perché considerata l'unica detentrice del metodo rigoroso per effettuare le ricerche. Quindi,
si parte dall'Illuminismo, l'Età dei Lumi per eccellenza perché è proprio con il metodo
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scientifico che viene apprezzata l'esperienza diretta delle cose. Il primo capitolo, infatti,
introduce quest'epoca di grandi cambiamenti che si sono propagati in tutti i campi, dall'arte
alla letteratura, dalla politica alla religione.
La prima parte del capitolo fa un breve excursus storico, partendo con R. Cartesio, che
fonda la sua teoria sull'unica certezza che tutti gli uomini possiedono, ovvero cogito ergo
sum, “penso dunque sono” e mette alla base di tutto il sapere la scienza per eccellenza che è
la matematica.
Voltaire viene ricordato come uno dei fondatori dell' Enciclopedia o Dizionario ragionato
delle scienze, delle arti e dei mestieri. Questa opera letteraria rappresenta un traguardo
fondamentale per la storia: da un sapere esclusivo delle classi più agiate si comincia così a
diffondersi anche negli strati di popolazione più svantaggiati.
J. - J. Rousseau gli ideali illuministici entrano a far parte anche dell'educazione. In
particolare, una delle sue opere più importanti, Emilio, serve ad illustrare quali sono i
principi fondamentali per formare un cittadino moderno “perfetto”.
Dopo questa visione generale del metodo scientifico, viene affrontato il problema
epistemologico delle scienze dell'educazione, quindi, si arriva a parlare di E. Durkheim, J.
Dewey, G. Mialaret e A. Visalberghi. In particolare, Durkheim pone l'attenzione sulla
distinzione tra pedagogia e scienza dell'educazione, dove quest'ultima viene ancora
utilizzata al singolare. Afferma, quindi, che la pedagogia serve a riflettere sui fatti educativi,
mentre la scienza dell'educazione affronta su base scientifica le tematiche dell'educazione.
Con John Dewey viene introdotto il metodo rigoroso con cui la scienza dell'educazione deve
agire. Si inizia a parlare così del cosiddetto entusiasmo quantitativo, per cui tutto può essere
misurabile e quantificabile.
Mialaret e Visalberghi, invece, sono tra i primi a introdurre il plurale: non si parla più della
scienza, ma delle scienze dell'educazione. Mialaret per primo tenta una classificazione di
queste scienze, dividendole in tre gruppi, ma il suo modello si limita a sole discipline
pedagogiche. Pochi anni dopo, con Visalberghi, infatti, si ha una classificazione più
completa di quella di Mialaret, in quanto sono state introdotte anche le scienze affini, come
psicologia, sociologia, ecc. La sua prende il nome del modello circolare detto “Enciclopedia
pedagogica”. Come conclusione al dibattito scienza/scienze dell'educazione si arriva ad
affermare l'inutilità della distinzione di varie scienze in quanto solo interagendo tra di loro
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sono in grado di rispondere alle esigenze educative.
La seconda parte del primo capitolo parte con la rassegna della querelle tra il metodo
quantitativo e quello qualitativo. Come si può dedurre dal nome, quantitativo si riferisce
alla quantità di un fenomeno. Infatti, l'approccio quantitativo serve a descrivere una data
realtà senza andare ad indagare le sue cause e gli effetti.
La ricerca qualitativa risulta essere più profonda ed esaustiva in quanto cerca di spiegare le
cause di un determinato fenomeno. In questo caso è centrale l'importanza del singolo
individuo.
È una questione le cui origini risalgono agli anni '50 con D. T. Campbell e di L. Cronbach.
Il primo è il sostenitore del metodo quantitativo, ma nonostante questo viene ricordato
anche per aver dato l'importanza al metodo clinico. Quindi, si può dire che è uno dei primi a
favore del metodo qualitativo nella ricerca educativa. Ciononostante, afferma che i metodi
qualitativi non sono in grado comunque di sostituirsi in tutto a quelli quantitativi.
Con Cronbach si vede la necessità di integrare i due approcci al fine di evitare
generalizzazioni di scarsa validità. Proprio a partire da questo rischio che Cronbach propone
un radicale cambiamento della concezione della ricerca pedagogica.
Successivamente viene affrontata la ricerca vera e propria: si analizza la definizione, le sue
fasi con i rispettivi strumenti di rilevazione.
Nei sottoparagrafi successivi si descrive più in dettaglio l'approccio quantitativo ( 1.2.1 ) e
quello qualitativo ( 1.2.2 ). In particolare, vengono elencate tutti gli strumenti e le tecniche
quantitative prima (come questionario a domande chiuse, test di profitto, scale di
valutazione), e quelli qualitativi dopo (intervista, colloquio, osservazione). A fianco agli
strumenti, per ogni approccio si illustrano le tecniche del campionamento e dell'analisi dei
dati: nel primo caso si ricorre alla statistica, in quanto i dati sono quantificabili e quindi
possono essere misurati. I dati qualitativi sono impossibili da calcolare, quindi bisogna
interpretarli.
Alla fine del capitolo si giunge ad affermare l'importanza dell'integrazione dei due approcci
perché nella società odierna non è più proponibile una ricerca basata solo sui metodi
quantitativi oppure quelli qualitativi. Per ottenere i buoni risultati, quindi, la fusione dei due
punti di vista è indispensabile.
Il secondo capitolo indaga in profondità le caratteristiche essenziali del diario di bordo.
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Innanzitutto, viene spiegata la dicotomia esistente tra la pratica e la teoria, due mondi
apparentemente diversi, ma che sono complementari l'uno dell'altro: è proprio qui che deve
essere applicato il principio fondamentale del diario di bordo, ossia quello di riflettere sulle
proprie azioni, ricavando in questo modo il sapere esperienziale detto anche la prassi.
Successivamente si passa ad analizzare il concetto di narrazione che sta alla base di ogni
riflessione: senza la narrazione non può esistere la conoscenza, in quanto non essendo
esplicitata rimane solo un ricordo astratto.
Nella terza parte del secondo capitolo si entra nel vivo del discorso esaminando le
caratteristiche del diario partendo dalle sue origini, ovvero le note etnografiche usate in
antropologia per la prima volta da B. Malinowski.
La descrizione continua con un ampliamento verso il campo educativo e le sue
corrispondenti applicazioni.
L'ultimo capitolo espone i motivi per cui il diario di bordo è strettamente legato al tirocinio,
descrivendo e spiegando quest'ultimo sia in riferimento al mondo del lavoro sia al Corso di
Laurea di Scienze dell'Educazione.
Il capitolo si conclude con l'esposizione della mia esperienza da tirocinante in un asilo nido
privato riportando delle parti del diario di bordo scritto durante il tirocinio che possono
essere visionati nell'appendice.
Non ho incontrato eccessive difficoltà nel reperire i testi adeguati, l'argomento è abbastanza
diffuso e si trova facilmente nei libri.
È molto importante, quindi, la pratica integrata con la giusta quantità delle nozioni acquisite
in quanto l'unica in grado di trasformare le teorie astratte in solide conoscenze in grado di
accompagnarci per tutta la vita.
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CAPITOLO 1:
La ricerca in educazione: tra la dimensione quantitativa e qualitativa “ La scienza ci dà la possibilità di conoscere i mezzi per giungere a uno scopo prescelto, ma non ci
aiuta a decidere quali scopi perseguire” (Bertrand Russel, filosofo e matematico gallese)
“L'osservazione è una scienza passiva, la sperimentazione attiva.”
(Claude Bernard, fisiologo francese)
1.1: Brevi cenni storici Che cosa si intende oggi con il termine di ricerca scientifica? Per rispondere a queste
domande bisogna tornare indietro di tre secoli, esattamente nel '700 quando nasceva
l'Illuminismo, quella “tendenza filosofico – culturale (...), affermante in ogni campo i diritti
preminenti della ragione rispetto a tradizione, sentimento e fede” 1
Infatti, è l'epoca della
critica di tutto il sapere tradizionale. Come afferma Bacone:
“ (…) le dottrine che possediamo ci vengono presentate con una particolare ambizione, e
affettazione, che le rende deformate e quasi mascherate, quella di far apparire le singole discipline
in ogni loro parte già perfette e condotte a compimento .”
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Dunque, è il secolo del massimo dominio della ragione. Non a caso viene chiamato l'Età dei
Lumi, i Lumi della ragione che detengono il sapere. Proprio in questo periodo si innescano i
progressi delle scienze naturali e sono di non poca importanza le scoperte geografiche, le
conseguenze delle controversie tra confessioni e delle guerre di religione, che provocano di
conseguenza una profonda rivoluzione nel modo di pensare e d’apprendere.
1 LAENG M, Enciclopedia pedagogica, vol.3, La Scuola, Brescia 1994, p.5920
2 BACONE F., Della dignità e del progresso delle scienze in Opere filosofiche, Laterza, Bari 1965,
p. 89
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L' Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri 3
, in questo
senso, è la più importante sintesi del pensiero illuminista, la quale riassume al suo interno
tutto il sapere del tempo (formata da 35 volumi), combinando articoli più marcatamente
filosofici, con altri dedicati alle scienze, alle arti e alla tecnica.
È il periodo in cui si sviluppano nuove correnti di pensiero che daranno l'origine a tutti i
sistemi politici. Per esempio, in Inghilterra si afferma l'empirismo, un orientamento di
pensiero filosofico che riconduce la conoscenza all'esperienza dei sensi, negando l'esistenza
di idee innate o di un pensiero a priori ("ciò che viene prima" ossia una conoscenza che si
acquisisce prescindendo dall'esperienza, cioè mediante il solo ragionamento deduttivo).
Così dalla "filosofia sperimentale" dello scienziato inglese Newton gli illuministi assumono
una concezione del pensiero scientifico secondo la quale la ragione umana, attenendosi
all'esame dei fenomeni, formula i principi e procede deduttivamente fino a pervenire a un
quadro unitario del mondo fisico.
Si può vedere l'empirismo, infatti, come uno dei primi tentativi di spiegare la nostra
esperienza, facendo di lei la portatrice del sapere in assoluto. È la prima considerazione
della scienza, per cui può essere considerato scientifico ciò che è stato già sperimentato
precedentemente e che quindi grazie al metodo deduttivo, uno strumento puramente
scientifico, ci si arriva alla verità delle cose. Questa affermazione, però, è limitata solo al
campo della physis, della natura. Gli stessi scienziati si rendono conto che è impossibile
capire le azioni umane basandosi solo sulla deduzione. Come afferma Voltaire nei suoi
Scritti filosofici :
“ Se potessimo conoscere la causa delle nostre sensazioni, pensieri, movimenti, così come abbiamo
scoperto negli astri la ragione delle eclissi e delle differenti fasi della Luna e di Venere, è evidente
che potremmo predire le nostre sensazioni, i nostri pensieri e i desideri derivanti da quelle
sensazioni.
(…) Ma mi rendo abbastanza conto che una tal condizione è incompatibile con la mia natura: è
impossibile, pertanto, che possa conoscere alcunché intorno al mio principio che mi fa pensare e
agire.”
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Una visione radicale del sapere va attribuita a René Descartes (1596 - 1650), meglio
conosciuto come Renato Cartesio.
3 Titolo originale in francese: Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers,
Parigi 1751
4 VOLTAIRE, Scritti filosofici, Laterza, Bari 1972, p. 512
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