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PARTE PRIMA
Sintesi storica sull’organizzazione dello spazio in Canada, dagli iniziali
insediamenti inglesi e francesi, alla costituzione in Dominion, all’entrata nel
Commonwealth, alla costituzione del 1982.
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Il Canada dalla sua scoperta al 1867
Il Canada è il secondo stato dopo la Russia per estensione territoriale.
Viene abitualmente suddiviso in sei grandi regioni geografiche ben distinte per
caratteri morfologici, climatici e vegetazionali: il fronte atlantico, le terre dei
Grandi Laghi e del St. Lawrence, la barriera canadese, gli altopiani interni, la
cordigliera occidentale e il Nord (tav.1).
La prima di queste regioni è la porzione settentrionale della catena degli
Appalachi, costituita da rotonde colline di antica formazione e da altopiani con
poche ma ampie aree fertili. Immediatamente ad est, si trova la costa, ricca di
petrolio e gas naturale e bagnata da acque pescose. Il fronte atlantico è
caratterizzato da numerose precipitazioni e da temperature meno rigide di
quelle riscontrabili all’interno. Procedendo verso ovest, la regione dei Grandi
Laghi e del St. Lawrence è dominata da morbidi rilievi collinari risalenti
all’ultima età glaciale; i molti laghi e fiumi della zona rappresentano
un’essenziale via di trasporto e comunicazioni per gli abitanti fin dai primi
insediamenti. La successiva barriera canadese è una grande placca di roccia
precambriana, una delle formazioni terrestri più antiche del mondo; le estati
secche e il rigido clima invernale impediscono un’ampia pratica agricola
sebbene la presenza di minerali e foreste e la scoperta, nel corso del
ventesimo secolo, del potenziale idroelettrico dei fiumi abbiano contribuito allo
sviluppo industriale. Gli altopiani interni si formarono nel corso delle varie età
glaciali come piatti strati di rocce sedimentarie sul terreno roccioso dello
Shield; pur consistendo di suolo eccellente per la coltivazione, questa è
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ostacolata dalle difficili condizioni climatiche. La Cordigliera occidentale, una
serie di sei catene montuose, gode al contrario di un clima temperato che, nel
corso dei secoli, ha stimolato il popolamento. Il Nord, infine, distinguibile in
un’area subartica ed una artica, è stato generalmente considerato come terra
inospitale e sfruttato solo per le sue pellicce e, più recentemente, per i metalli
e le risorse energetiche.
Sebbene un primo tentativo di insediamento (peraltro di breve durata) da
parte di popolazioni del nord Europa, i Vichinghi, sia da far risalire al decimo
secolo, la presenza europea in Nord America rimase limitata a contatti di
carattere economico per la pesca nelle zone costiere e per il commercio di
pellicce all’interno fino alla fine del sedicesimo secolo. Solo nella seconda
metà del 1500, infatti, gli inglesi fecero alcuni tentativi per stabilire insediamenti
nell’Isola di Terranova, che però si risolsero anch’essi in fallimenti.
Il principale ostacolo incontrato dagli inglesi è indubbiamente da far risalire
alle caratteristiche geografiche dell’isola, in particolar modo un terreno non
adatto all’agricoltura e un clima difficile. Ma perché rischiare un insediamento
se la pesca non accompagnata da pratica sedentaria aveva fino ad allora
prosperato? Per capire a fondo i motivi di tale scelta va tenuto presente che i
primi supporti alla colonizzazione non vennero tanto da gruppi di pescatori
quanto da nazionalisti anti-spagnoli (a questo proposito, va ricordato che
l’Inghilterra era in competizione con la Spagna per quanto riguarda
l’espansione dei rispettivi domini coloniali d’oltreoceano) per i quali
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l’insediamento era considerato come il modo più efficace per assicurare il
dominio inglese sui mari.
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Un primo tentativo senza successo fu portato avanti nel 1577 da
Humphrey Gilbert, seguito nel 1610 dalla London and Bristol Company for the
Settlement of Newfoundland: anche in questo caso l’esito non fu positivo e già
nel 1621 solo uno sparuto gruppo di coloni rimaneva in quella che avrebbe
dovuto essere una prospera colonia. Quest’ultima si era rivelata nulla più di
una spesa continua per i suoi finanziatori; segno evidente che la pratica del
commercio non era sufficiente alla costruzione di una nuova comunità.
Sollecitata da necessità finanziarie, la Compagnia fu costretta a rivendere tratti
di terreno a privati: un ennesimo fallimento che spinse lo stesso governo di
Londra ad intervenire tra il 1630 ed il 1660, a testimonianza di quanto la pesca
fosse diventata importante nell’economia dell’intera nazione, troppo importante
perché il governo potesse evitare di assumersene direttamente il controllo.
Nel frattempo, mentre gli inglesi dedicavano le loro energie all’insediamento
nell’Isola di Terranova, i francesi procedevano alla colonizzazione delle
contigue regioni a sud-ovest, stimolati da visioni di più consistenti ricchezze,
quali oro e altri metalli preziosi. Tra il 1534 e il 1541 Jacques Cartier, un
capitano di St. Malo, intraprese una serie di viaggi per ordine del re di Francia,
ma il disappunto di trovare semplice ferro al posto dell’oro e i contrasti con le
popolazioni indigene, portarono alla rinuncia ad altri seri tentativi fino alle
soglie del diciassettesimo secolo, quando la monarchia francese tornò a
rivolgere la propria attenzione al Nord America.
1
Cell, G.T. English Enterprises in Newfoundland, 1577-1660. Toronto: University of Toronto, 1969.
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Nel 1604 Pierre du Gua de Monts, valente soldato e amministratore di
origine protestante, avviò il primo vero insediamento in quella zona conosciuta
come Acadia e che corrisponde all’attuale costa della baia di Fundy. Gli
Acadiensi assunsero ben presto proprie inconfondibili caratteristiche e, con la
loro vicenda di lotte contro un nemico alternativamente inglese e francese,
vicenda su cui converrà soffermarsi in un secondo tempo, rappresentano
ancora oggi un simbolo di indipendenza culturale non solo in Canada ma nel
mondo.
2
Essi, infatti, sono stati in grado di resistere alle spinte di assimilazione
provenienti sia da parte della cultura francese sia da parte di quella inglese,
entrambe sbarcate in Acadia a seguito del dominio esercitato in tempi
successivi dalle rispettive potenze.
Avendo, tuttavia, incontrato una serie di difficoltà in Acadia, du Mont preferì
rivolgere la sua attenzione alla zona del St. Lawrence, la cui sponda
settentrionale divenne il punto focale di un impero volto a monopolizzare il
commercio di pellicce lungo il fiume. Su sua disposizione Samuel de
Champlain, che aveva già esplorato la regione, scelse il luogo dove sorge
attualmente la città di Quebec come base delle operazioni. Sebbene nel 1608
l’obiettivo fosse semplicemente l’incremento nella domanda di pellicce, esso
avviò un rapido mutamento di indirizzo. La Francia era ora determinata ad
emulare Spagna e Portogallo nella fondazione di colonie permanenti nel
Nuovo Mondo (tav.2).
Champlain si adoperò per rendere Quebec una stabile comunità poggiante
su un’economia agricola oltre che commerciale. La colonia venne poi
2
Berger, T.R. Fragile Freedoms. Toronto/Vancouver: Clarke, Irwin & Company Limited, 1982.
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occupata dagli inglesi nel 1629 e solo a distanza di quattro anni la Francia ne
riguadagnò il controllo. Dopo la morte di Champlain nel 1635, il governo
francese affidò l’amministrazione civile della colonia ad un governatore,
mentre nel 1647 un consiglio venne nominato allo scopo di regolare il
commercio e controllare la giustizia, in compartecipazione con il governatore.
La confusione nella divisione dei poteri si accrebbe quando nel 1659 la
Compagnie de la Nouvelle France (composta da un centinaio di nobili
associati) ottenne l’amministrazione della giustizia nella colonia.
A partire dal 1663 venne stabilito in Nuova Francia un sistema signorile di
distribuzione della terra, che differiva da quello esistente in Francia per
l’assenza di obbligazioni militari e la maggiore estensione delle terre concesse
a singoli agricoltori. Nonostante questi elementi, l’immigrazione nella colonia si
rivelò alquanto modesta: gli inverni rigidi e la paura dei vicini abitanti indigeni
rendevano la zona priva di attrazioni per l’agricoltore francese. La sconfitta
delle tribù Huron, nativi tradizionalmente alleati dei francesi contro gli inglesi,
rese però necessario un rafforzamento militare e di popolazione nella colonia,
affinché la Francia potesse sperare di mantenervi il proprio controllo.
Giudicando la Compagnie de Nouvelle France incapace di portare avanti
un’effettiva opera di colonizzazione, il governo di Luigi XIV, sotto la spinta
innovatrice di Colbert e della sua politica mercantilistica, decise di assumere il
diretto controllo dell’area. Al contrario, poche attenzioni furono rivolte verso
l’Acadia, passata sotto dominio inglese dal 1654 e riconquistata alla Francia
solo nel 1670. Quest’ultima preferì, infatti, rivolgere i propri interessi all’interno
del continente nordamericano, di cui sin dagli anni 1680 poteva essere
rivendicato quasi l’intero possesso (tav.3). Un impero di grande estensione
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con un’altrettanto grande debolezza: ad eccezione di alcuni pochi posti di
difesa, la terra era abitata dalle popolazioni native e non da francesi.
La grande rilevanza di tali popolazioni e, in specifico, l’alleanza stabilitasi
tra gli Irochesi e gli inglesi, portarono a gravi perdite territoriali per la Francia
nel corso degli anni seguenti, fino alla decisione, nel 1696, di abbandonare la
parte occidentale interna del paese. Una tempestiva pace tra francesi e
Irochesi nel 1700 non risolse però i problemi: scatenati dalla guerra di
successione spagnola, una serie di attacchi inglesi si risolse nel 1710 con la
cattura di Port Royal e con la tentata invasione di Quebec l’anno seguente.
Nel trattato di Utrecht del 1713 la Francia si vide costretta a cedere la baia di
Hudson, l’isola di Terranova e l’Acadia all’Inghilterra mentre mantenne i suoi
diritti di pesca sulla costa settentrionale dell’isola di Terranova e le due isole
poste a protezione dell’entrata del Golfo di St. Lawrence: Ile du Cap-Breton e
Ile St. Jean (tav.4).
Durante i trent’anni seguenti la stipulazione del trattato, la Francia mosse al
consolidamento del proprio impero in Nord America, ma contemporaneamente
maturarono le condizioni per un nuovo conflitto tra inglesi e francesi. Un’altra
guerra europea, stavolta provocata da lotte di successione al trono austriaco,
fornì il pretesto alla ripresa delle ostilità. Con il trattato di Aix-la-Chapelle, nel
1748, Francia ed Inghilterra si accordarono per il ritorno dello status quo nella
situazione territoriale, il che comportava la rinuncia francese alle conquiste
realizzate nei Paesi Bassi e in India in cambio della restituzione della fortezza
di Louisbourg, situata a protezione dell’entrata del St. Lawrence e presa dagli
inglesi tre anni prima; la stipulazione del trattato non fu peraltro sufficiente a
riportare la pace e frequenti scontri si registrarono nel periodo seguente.
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La Guerra dei Sette Anni scoppiò infine nel 1756; combattuta sia in Europa
sia nel Nuovo Mondo, essa era destinata ad alterare profondamente i rapporti
di forza in Nord America. Dopo anni di scontri accompagnati da pesanti perdite
su entrambi i fronti, i francesi furono costretti ad arrendersi nel settembre del
1760. Il Trattato di Parigi, firmato nella capitale francese il 10 febbraio del
1763, confermò il dominio inglese su tutta la Nuova Francia, facendo
emergere l’Inghilterra come forza dominante in Nord America (tav.5).
A distanza di un mese, la Royal Proclamation, decreto emanato
direttamente dalla corona inglese, stabilì la politica di governo nei territori di
recente acquisizione. La colonia di Nuova Francia, ridotta in dimensioni (la
parte orientale essendo posta sotto la giurisdizione dell’Isola di Terranova e
l’interno dichiarato territorio indiano) e ribattezzata Quebec rimase sotto
regime militare fino al 1764. La nomina in quell’anno di James Murray a
governatore della colonia, gettò le basi per la fondazione di un governo civile:
Quebec doveva divenire una delle tante colonie in Nord America, retta da un
governatore affiancato da un consiglio di membri di nomina reale e da
un’assemblea eletta. Leggi inglesi vennero introdotte e i cattolici si videro
negare i diritti politici. Le nuove disposizioni furono viste come minaccia
insostenibile dalla popolazione conquistata e gli stessi Murray e il suo
successore, Sir Guy Carleton, non mancarono di realizzare l’inadeguatezza di
istituzioni inglesi alla vita della colonia.
Nonostante le proteste della minoranza inglese in Quebec, Carleton era
convinto della assoluta necessità di garantirsi l’appoggio della popolazione
francofona, specialmente di fronte a una maggioranza anglofona sempre più
pericolosamente orientata in senso repubblicano. Il Quebec Act, passato dal
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parlamento inglese nel 1774, riflette pienamente questo punto di vista. Con
esso il sistema signorile fu ufficialmente riconosciuto e la legge civile francese
reintrodotta; lo stato dell’élite coloniale fu inoltre innalzato dalla decisone di
permettere ai cattolici la partecipazione al governo coloniale. L’atto estese
anche i confini della colonia verso sud-ovest fino al territorio dell’Ohio, verso
est ad includere il Labrador e a nord al confine con Rupert’s Land (tav.6). La
decisione fu guidata da interessi di carattere strategico: la difesa delle fertili
terre dell’Ohio dai coloni di origine inglese stanziati nelle aree che a distanza di
due anni sarebbero andate a costituire gli Stati Uniti, veniva così garantita
legando l’area a Montreal; lo stesso dicasi per il Labrador e per la frontiera
commerciale a Nord: non a caso la popolazione anglofona vide in queste
decisioni un tentativo da parte dell’Inghilterra di restringerle l’accesso alle
ricche risorse del continente nordamericano.
Indubbiamente il Quebec Act raggiunse il suo scopo di placare l’élite
coloniale della società quebechese attraverso la restaurazione di privilegi
tradizionali. Allo stesso tempo scatenò però le proteste di altri segmenti di
quella società: i mercanti di origine protestante risentirono fortemente della
perdita dei loro diritti democratici di elezione di un’assemblea, dove avrebbero
dominato in favore di un consiglio nominato dalla corona e sottoposto ad uno
stretto controllo da parte del governatore. Profondamente contrariati da tali
misure così come da altre introdotte da una madrepatria ansiosa di vedere i
costi per la difesa e l’amministrazione coperti dalle stesse colonie, il 4 luglio
1776 tredici colonie dichiararono l’indipendenza da Londra avviando una
guerra che avrebbe definitivamente alterato la fisionomia del potere nel Nuovo
Mondo. Il trattato di Versailles del 1783, riconoscendo ufficialmente
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l’indipendenza degli Stati Uniti d’America, confinò il Nord America britannico
alla metà settentrionale del continente, ad includere solo quelle zone già
cedute dalla Francia all’Inghilterra nel 1713 e nel 1763 (tav.7).
Probabilmente la principale conseguenza della guerra d’indipendenza
americana fu l’arrivo massiccio nel Quebec (ma il fenomeno interessò anche
le Indie occidentali, la Nuova Scozia e la stessa Gran Bretagna) di Tories
sfuggiti ad un governo repubblicano ritenuto inaccettabile. Essi
rappresentavano quei coloni inglesi politicamente orientati in senso
conservatore e profondamente legati all’Inghilterra e alle sue istituzioni; non
sorprende, quindi, si dessero con orgoglio il nome di lealisti e cercassero un
nuovo posto dove vivere nei territori rimasti fedeli alla madrepatria. Per quanto
riguarda il Quebec, scelsero in gran parte l’area che sarebbe diventata il
Canada superiore.
Contrariamente a quelle che erano state le previsioni governative, i nuovi
arrivati non cercavano però solo una casa e non erano disposti ad accettare lo
status quo così come si presentava loro: da subito forti proteste si levarono
contro il regime signorile e la legge civile francese garantiti alla provincia con
l’atto del 1774, e altrettanto forti richieste chiesero un ritorno alle leggi inglesi.
Si trattava, in fondo, di una controversia che datava sin dal 1763, ma molte
circostanze erano mutate da allora: il Quebec Act era stato la realizzazione di
un’intuizione del governatore della provincia, Sir Guy Carleton, sull’importanza
di garantire a Londra la fedeltà dei franco-canadesi; col tempo tale fedeltà
aveva perso d’importanza. L’obiettivo principale era ora quello di garantirsi
l’attiva cooperazione dei lealisti, persuadendoli che lo schierarsi con la
madrepatria fosse nel loro interesse e che le ricompense per la fedeltà
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sarebbero state superiori a quelle della ribellione. Un cambiamento si rendeva
necessario, l’atto del 1774 doveva essere modificato.
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Nel 1791, la più volte rinviata riforma del sistema politico canadese,
raggiunse la sua forma finale nel Costitutional Act che divise la provincia nelle
due nuove realtà di un Canada Superiore ed uno Inferiore. Secondo le
disposizioni del documento, le nuove province vennero ritagliate seguendo la
distribuzione sul territorio dei due gruppi etnici, la quale vedeva i francesi
stabiliti nelle aree di più antico popolamento, mentre i lealisti andavano ad
insediarsi sulla sponda settentrionale del lago Ontario e del fiume St.
Lawrence (tav.8). Tuttavia, va ricordato che, in realtà, la vera e propria
creazione di due province fu affidata ad una proclamazione che seguì a breve
distanza di tempo, il tutto allo scopo di evitare una discussione pubblica sugli
esatti confini che avrebbe potuto rivelarsi particolarmente imbarazzante
almeno finché restavano da risolvere questioni confinarie internazionali con gli
Stati Uniti (alcuni problemi erano, infatti, ancora oggetto di aspro dibattito fin
dal trattato di Parigi del 1783).
Costruita su una stretta somiglianza a quella inglese per quanto concerne
la creazione di un consiglio legislativo strutturato secondo il modello della
camera alta inglese (in modo da garantire il controllo dell’elemento
democratico da parte di quello aristocratico, onde prevenire situazioni di
debolezza come quella che aveva condotto alla ribellione delle tredici colonie),
la nuova costituzione assegnò una legislatura bicamerale a ciascuna
provincia. Un consiglio nominato dal governatore (e i cui membri mantenevano
il seggio a vita) veniva affiancato da una assemblea da rinnovare tramite
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Craig, G.M. Upper Canada. The Formative Years, 1784-1841. Toronto: McClelland and Stewart Limited, 1963.
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elezioni tenute a suffragio ristretto ogni quattro anni. Il governatore manteneva
un ruolo di massima importanza nel processo legislativo attraverso il potere
concessogli di chiamare, prorogare e dissolvere la legislatura, e quello di porre
un veto sui procedimenti in casi particolari.
Con la creazione di un Canada superiore, fu data ai lealisti la possibilità di
vivere in un contesto di stampo completamente britannico basato su leggi ed
istituzioni inglesi. Ma la soddisfazione dei nuovi venuti nel vedere accolte le
loro richieste, non può farci dimenticare l’opposto stato d’animo prevalente in
altri settori della società. La classe mercantile giudicò, infatti, l’atto del 1791
come un inqualificabile disastro il cui evidente risultato era la distruzione
dell’unità economica nel Nord e l’isolamento della mercantile Montreal nel
mezzo di un’ostile maggioranza franco-canadese ancora profondamente
legata ad una realtà prettamente agricola. Nel loro giudizio, la divisione
dell’antica provincia del Quebec era la dimostrazione pratica di come
condizioni di carattere economico fossero state superate dalla volontà non di
rettificare ma di prevenire una situazione di conflitto etnico.
4
La rivoluzione
americana può essere quindi intesa anche come “rivoluzione” canadese in
quanto non solo essa segnò la nascita di un Canada autonomo rispetto ai
nascenti Stati Uniti, ma provocò un profondo cambiamento all’interno stesso
della nazione attraverso l’emergere di quel contrasto tra elemento francese ed
elemento inglese su cui converrà soffermarsi più a fondo in un’apposita
sezione.
Nei decenni seguenti le due distinte società canadesi createsi nel 1791
sembrarono comportarsi in modo simile laddove, al di sotto della superficie, le
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differenze si fecero sempre più rilevanti. Esemplificativa di tale situazione fu la
guerra del 1812 tra Gran Bretagna e Stati Uniti, che risparmiò il Canada
Inferiore da ogni seria invasione da parte delle armate statunitensi, a fronte di
un Canada superiore che vide York (rinominata Toronto nel 1834), la propria
capitale, occupata da forze nemiche in ben due occasioni. In aggiunta, l’arrivo
dei lealisti comportò una vera e propria rivoluzione a livello economico con il
collasso del commercio in pellicce e il definitivo trionfo di quello in frumento e
legna; mentre la classe mercantile si affrettava a tenere il passo adattandosi
alla nuova situazione, la società francese rifiutò o non fu in grado di fare
altrettanto. Fu così che la rivoluzione economica che attraversò il paese tra il
1783 e il 1821 si risolse nel divorzio tra mercanti e comunità franco-canadese,
un contrasto che ha consentito a numerosi storici di leggere in una prospettiva
economica invece che politica, le ribellioni che negli anni 1837-38 esplosero in
entrambe le province.
Dal punto di vista di questi storici, tra cui il più importante è senza alcun
dubbio Donald Creighton, quelle ribellioni non furono infatti frutto di contrasti
etnici o politici (la precedente storiografia li aveva interpretati come confronti
tra un consiglio di nomina governativa e un’assemblea eletta), ma una lotta
all’ultimo sangue tra interessi commerciali ed interessi agricoli. In accordo a
tale interpretazione dei fatti, il conflitto, originatosi nel Canada inferiore dove i
due mondi mercantile e contadino erano a più diretto contatto, si sarebbe poi
esteso nel Canada superiore. In entrambe le province si sarebbe quindi
trattato di una ribellione della parte più debole e legata all’agricoltura nei
confronti di un elemento mercantile le cui istituzioni e spese erano percepite
4
Ouellet, F. Lower Canada, 1791-1840. Social Change and Nationalism. Toronto, 1980.
16
come estranee ed eccessive. Si tenga conto dell’aggravarsi, nello stesso
periodo, della situazione finanziaria nell’area anglo-americana e si capirà
come lo scontro aperto fosse ormai divenuto inevitabile.
5
La mancanza di organizzazione dei ribelli, la forza delle armi inglesi e
l’opposizione ecclesiastica portarono ad un fallimento delle ribellioni in
entrambe le province. Nel 1838 Lord Durham venne nominato governatore
generale dei due Canada e Londra richiese un rapporto che analizzasse le
cause scatenanti del conflitto ed i possibili modi di evitare future ricorrenze. A
distanza di un anno Durham produsse un documento in cui le principali
raccomandazioni erano l’unione delle due province e la concessione di un
governo rappresentativo. Egli riteneva, infatti, l’unione come l’unica misura
capace di risolvere i problemi economici e sociali del Canada, mentre il
governo rappresentativo avrebbe costituito una sorta di compromesso tra il
desiderio di autonomia della colonia e le posizioni della madrepatria. Durham
può a ragione essere considerato il primo inglese in grado di pensare in
termini di “Nord America”, anche se una lettura approfondita del rapporto
inviato a Londra rivela una contraddizione di fondo implicando, da un lato, la
necessità di un’anglicizzazione dell’elemento franco-canadese ma
suggerendo, dall’altro, a quello stesso gruppo uno strumento per sfuggire a
tale assimilazione attraverso una formula di governo rappresentativo.
6
Nell’immediato, Londra giudicò quest’ultimo suggerimento inaccettabile in
quanto esso fu visto come un primo passo verso l’indipendenza politica della
colonia, mentre si dimostrò più disponibile alla riunione del Canada superiore e
5
Creighton, D. “Commercial Class in Canadian Politics”. In Papers and Proceedings of the Canadian Political Science
Association. Vol V. 1933
17
di quello inferiore in un’unica entità. L’Atto di Unione del 1840 creò la Provincia
Unita del Canada comprendente un Canada occidentale (il vecchio Canada
superiore) ed uno orientale (quello inferiore) (tav.9); una decisione che
incontrò numerose resistenze in entrambe le province precedentemente in
esistenza. Il Canada superiore temeva infatti l’accorpamento ad un territorio a
maggioranza francese e cattolica, laddove il Canada inferiore leggeva l’unione
come tentativo mascherato di raggiungere una assimilazione dei francesi agli
anglofoni. Tuttavia, una volta compreso che Londra non avrebbe mai
permesso l’esistenza di un’autonoma provincia francese, i riformatori delle due
parti acconsentirono ad unire le proprie forze in supporto di un’unica realtà
politica.
7
L’alleanza riformista dimostrò considerevole forza durante il corso degli
anni 1840, nonostante essa non riuscisse ad ottenere il sempre più richiesto
governo rappresentativo. Quest’ultimo fu finalmente concesso solo nel 1848,
quando la madrepatria, a seguito di mutamenti nella sua politica commerciale
e coloniale (abbandono del protezionismo in favore del libero commercio), non
ritenne più essenziale ai propri scopi il controllo dei processi politici interni alla
colonia. Le elezioni del 1848 portarono ad un’ampia maggioranza riformista
nelle due sezioni del Canada unito, spingendo il governatore Elgin a chiamare
Robert Baldwin, leader dei riformisti nel Canada occidentale, e Louis-Hippolyte
La Fontaine, a capo della corrente riformista nel Canada orientale, a formare
un nuovo ministero, il primo che poteva rivendicare un mandato diretto dagli
elettori.
6
Marken, J. The Durham Report and British Policy. Cambridge: Cambridge University Press, 1972.
7
Ibid.