3
INTRODUZIONE
L’obiettivo che si pone questo lavoro è quello di descrivere l’evoluzione delle
politiche sindacali in tema di integrazione e valorizzazione dei lavoratori
extracomunitari.
La questione si inserisce in quella più ampia relativa alla graduale realizzazione di
una politica immigratoria più conforme alle proporzioni di un fenomeno dai contorni
sempre più ampi.
Data la necessità di circoscrivere il campo delle ricerche, l’analisi è stata
concentrata sul fenomeno immigratorio in senso strettamente connesso alle tematiche
giuslavoristiche, non trattando una serie di argomenti tradizionalmente a esso
collegati, come ad esempio la questione dei rifugiati politici.
Alla luce di questa considerazione, l’integrazione dei lavoratori immigrati deve
essere vista come un processo che si fonda sulla presenza di reciproci diritti e,
conseguentemente, obblighi per i cittadini di paesi terzi derivanti dallo status di
lavoratori e oneri per la società ospitante che deve consentire la piena adesione dello
straniero allo sviluppo economico e sociale dello Stato.
L’ordinamento ha il compito di garantire la fruizione di diritti formali e sostanziali
da parte dei lavoratori migranti, onde permettere loro di partecipare attivamente a
tutte le fasi che riguardano l’esercizio del diritto di autotutela al pari dei lavoratori
nazionali.
Dall’altra parte, però, è necessaria una volontà dei soggetti in parola ad accogliere
favorevolmente gli strumenti di tutela offerti alla generalità dei lavoratori senza
rinunciare peraltro alle peculiari aspirazioni implicanti la richiesta di un trattamento
più conforme alle proprie esigenze.
Se si osservano le principali misure adottate a livello nazionale negli ultimi anni
emerge un dato interessante.
Le politiche governative sembrano aver seguito nel corso degli anni passati una
linea che concepisce il fenomeno immigratorio come una questione legata al
mantenimento dell’ordine pubblico eludendo la questione nella sua natura di
carattere strutturale.
4
L’attività del legislatore sembra dunque essersi maggiormente concentrata sulla
disciplina dei vari aspetti legati al contenimento e al controllo dei flussi migratori,
piuttosto che sull’aspetto giuslavoristico del fenomeno. In altri termini si è affrontato
il problema dell’immigrazione più come un fattore di disturbo dello status quo che
come una questione legata alla evoluzione complessiva della società.
L’esigenza di rafforzare la sicurezza interna è sempre stata considerata una
questione di esclusiva competenza statale, poiché strettamente legata al tema della
cittadinanza, cioè all’attribuzione di determinati diritti e doveri a favore dei soli
soggetti che godono dello status di cittadino.
Una visione strettamente radicata al concetto di cittadinanza rischia però di non
convergere in una rappresentazione estensiva del cittadino-lavoratore prospettata
dalla migliore dottrina e giurisprudenza.
La trattazione è suddivisa in tre parti.
Alla prima parte è stata affidata la funzione di descrivere gli aspetti socio-politici
del fenomeno e le soluzioni organizzative offerte dalle Parti sociali.
La seconda parte ha trattato più nel dettaglio la disciplina generale che regola il
lavoro degli stranieri in Italia. L’analisi ha riguardato una serie di questioni affrontate
dalla dottrina giuslavoristica con un atteggiamento così innovativo e riformatore che
spesso si è scontrato con l’opposta volontà politica dei governi, restii a gestire un
fenomeno così complesso in chiave sistematica .
Il lavoro si conclude con l’analisi delle possibili azioni e dei possibili sviluppi
della politica di integrazione dei lavoratori immigrati attraverso l’opera delle Parti
sociali titolari di una serie di strumenti, quali quelli relativi alla contrattazione, che si
prestano ad essere l’anello di congiunzione più idoneo a una effettiva integrazione
sociale e alla realizzazione di compiute politiche di cittadinanza.
5
Capitolo 1
IMMIGRAZIONE: CARATTERI SOCIO-POLITICI
Sommario: 1. Immigrazione: la risposta dei sindacati 2. Immigrati e il mercato del lavoro:
considerazioni generali 3. Il lavoro nero 4. La domanda di lavoro immigrato 5. Gli effetti
dell’immigrazione sul salario
1. Immigrazione: la risposta dei sindacati
Un’accorta analisi sui permessi di soggiorno rilasciati ai cittadini stranieri nei vari
anni consente di evidenziare come il fenomeno socio-politico dell’immigrazione sia
ormai radicato in Italia
1
.
I permessi di soggiorno, pur fornendo informazioni importanti sui motivi e sulla
durata della presenza straniera, si riferiscono alla sola componente regolare che è sia
la parte di gran lunga più cospicua del fenomeno, sia quella che avrà nei prossimi
anni l’impatto maggiore sulla società italiana
2
.
Il lavoro ha sempre rappresentato la ragione per la quale sono stati concessi il
maggior numero di permessi di soggiorno: il tema del giuslavorismo, quindi,
costituisce una delle cerniere per collegare questo fenomeno alle sue origini.
In senso lato, non ci si può esimere dal considerare la presenza di lavoratori
immigrati nel Paese dal punto di vista statistico, che è il tassello in assenza del quale
si rischierebbe di non dare all’aspetto la giusta dimensione.
E’ soltanto nell’ultimo ventennio che si è giunti, attraverso i censimenti posti in
essere dal Ministero degli Interni su parametri Istat e attraverso i dossier della
Caritas
3
, a circoscrivere il fenomeno in una dimensione dai contorni meno incerti.
1
M. I. Macioti – E. Pugliese, Gli immigrati in Italia, Laterza, Bari, 1994
2
E. Pugliese, Rapporto immigrazione Lavoro,sindacato e società, Ediesse, 2000
3
CARITAS ITALIANA, Dossier 1991 – 2010: per una cultura dell’altro Immigrazione Dossier
Statistico 2010 XX Rapporto sull’immigrazione, Idos Editore, Roma, 2010
6
A questo proposito, pare doveroso sottolineare che i dossier da ultimi citati sono
stati, nel corso degli anni, una spinta propulsiva per lo studio delle cause relative alle
non poche situazioni di conflitto. Inoltre, essi hanno anche cercato di offrire una
visione oggettiva del problema.
La ricerca è stata veicolata annualmente da un ciclo di conferenze divenute fonti
preziosissime non solo per le parti sociali, quali le Confederazioni sindacali, ma
anche per il legislatore.
Dal 1990, anno del primo dossier, a oggi la presenza straniera sul territorio
nazionale ha raggiunto il mezzo milione di persone. In quasi venti anni la
popolazione immigrata è cresciuta di circa venti volte, arrivando alla soglia di cinque
milioni di persone.
Tra le cause che hanno favorito la domanda di lavoratori stranieri possiamo citare
il processo di globalizzazione che ha svolto un ruolo di primo piano rendendosi una
spinta vigorosa alla competizione sui mercati mondiali, rappresentando così
l’immigrazione la scelta più rapida nel breve periodo per colmare eventuali carenze
di lavoro
4
.
Il lavoro straniero occupa in Italia nicchie di mercato dove vi è difetto di offerta di
lavoro: l’inserimento lavorativo degli immigrati in Italia si è concentrato nelle aree
del centro nord, ma la loro prestazione viene posta in essere in attività poco gradite ai
lavoratori italiani.
Come ha sottolineato la Banca D’Italia
5
, questi dati non devono rappresentare una
realtà ostile, ma un’opportunità di crescita economica, data l’incidenza dei lavoratori
stranieri sul Pil pari all’11,1 per cento
6
.
A livello occupazionale gli immigrati non solo incidono per circa il 10% sul totale
dei lavoratori dipendenti, ma hanno contribuito a risanare il bilancio dell’Inps per
undici miliardi di euro.
La presenza dei lavoratori immigrati sul territorio nazionale è disomogenea ed è
influenzata dalle dinamiche economico-produttive, oltre che dallo spostamento a cui
sono soggetti gli stranieri per via dei lavori stagionali.
4
C. Bonifazi, L’immigrazione straniera in Italia,Il Mulino,2007
5
UNIVERSITA’ DEL SACRO CUORE, Popolazione e dinamica economica, Intervento di A. Fazio
Governatore della Banca d’Italia, Milano 16 gennaio 1999
6
UNIONCAMERE – MINISTERO DEL LAVORO, Sistema Informativo Excelsior (SIE)
7
Una quota non indifferente di presenze irregolari di difficile rilevazione ed
eliminazione esiste in tutti i paesi compreso il nostro.
I criteri applicabili per determinare la presenza irregolare sono diversi e di diversa
natura
7
. In genere si procede a un’analisi comparativa dei risultati ottenuti con i vari
metodi per determinare una forbice, ossia un intervallo più limitato possibile entro il
quale, con buon indice di attendibilità, collocare il dato cercato.
L’analisi non si faciliterebbe per effetto dell’approvazione del DDL n.733-B
(Disposizioni in materia di sicurezza pubblica)
8
che ha introdotto il reato di ingresso
e soggiorno illegale sul territorio dello Stato, questione che potrà riverberarsi anche
sui rapporti di lavoro
9
.
È chiaro che attraverso questo provvedimento si rischierebbe di acutizzare
l’incidenza sul lavoro irregolare.
L’immissione di lavoratori stranieri in Italia non ha potuto lasciare indifferenti i
principali protagonisti delle dinamiche giuslavoristiche, vista e considerata la portata
del fenomeno immigatorio.
Riservando al seguito la trattazione giuridica del tema, in questo capitolo è
opportuno porre in essere un’osservazione sistematica del fenomeno che si evince dal
numero crescente di lavoratori stranieri iscritti alle confederazioni più importanti
(quasi un milione): è questo, infatti, uno degli aspetti più interessanti. La cospicua
presenza è indice di un consenso rilevante ed è espressione dell’inserimento degli
immigrati come lavoratori più stabili e più consapevoli dei propri diritti.
Tutto ciò ha obbligato i sindacati a confrontarsi con questo complesso stato delle
cose.
Già all’inizio degli anni novanta si sono registrati, in ambito sindacale, indizi tali
da poter supporre che ci sarebbe stato un incremento del numero degli iscritti alle
Confederazioni sindacali tra i lavoratori stranieri.
A partire da quegli anni si è osservata una prima diversificazione organizzativa
nell’approccio al fenomeno da parte dei due sindacati italiani più importanti
10
.
7
M. Natale, Economia e popolazione, Milano, FrancoAngeli, 1992
8
Disegno di legge presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, dal Ministro dell’interno, dal
Ministro della giustizia, approvato dal Senato della Repubblica il 5 febbraio 2009 e modificato dalla
Camera dei Deputati il 14 maggio 2009.
9
F. M. Gallo, Il diritto del lavoro e l’immigrazione in Italia,Il lavoro nella giurisprudenza , 2010
10
E. Pugliese, Rapporto immigrazione lavoro sindacato società, Ediesse, 2000
8
In primo luogo, nella CGIL è prevalso l’orientamento a favore del consolidamento
di strutture interne al sindacato articolate rispetto a due ordini distinti di funzioni: da
un lato, quelle di orientamento, supporto e tutela connesse alla condizione di stranieri
immigrati, svolte da organismi territoriali specifici nell’ambito delle Camere del
Lavoro; dall’altro, quelle di contrattazione a tutela più propriamente sindacale dei
lavoratori stranieri, di pertinenza delle Federazioni di categoria.
In secondo luogo, nella CISL è stato considerato propriamente di pertinenza
sindacale soltanto il secondo ordine di funzioni, ovvero quello delle Federazioni di
categoria. Per quanto riguarda il primo ordine di funzioni, invece, esso è stato
delegato a una struttura a carattere volontario: si tratta dell’Anolf «Associazione
nazionale oltre le frontiere» costituita nel 1991 e articolata sul territorio attraverso
coordinamenti provinciali e regionali.
La stragrande maggioranza dei lavoratori stranieri tesserati al sindacato risulta
raggruppata nelle seguenti categorie: metalmeccanici, alimentaristi, edili, marittimi,
lavoratori del commercio e dei servizi tessili e chimici.
L’azione sindacale, tuttavia, non copre ancora sufficientemente aree lavorative
come quelle agricole, dove un incisivo intervento sarebbe auspicabile per il rispetto
delle tutele contrattuali.
Il nodo organizzativo rimanda alla necessità di elaborare e sperimentare modelli
che, nella pratica, garantiscono un giusto equilibrio tra esigenze di coordinamento
territoriale e piena assunzione, da parte dei sindacati di categoria, delle
problematiche connesse alla crescente presenza dei lavoratori immigrati; o meglio,
tra la perdurante esigenza di prestare servizi adeguati a questa nuova componente del
mondo del lavoro e quella di sviluppare capacità specifiche di tutela e di
contrattazione propriamente sindacali, fondate sulla conoscenza dei fatti che ne
connotano in modo parzialmente differente la condizione lavorativa.
Il modello CISL sembra garantire una maggiore elasticità soprattutto nei rapporti
con le molteplici articolazioni associative e con le problematiche del mondo
dell’immigrazione.
In questo modo l’Anolf sembra funzionare da filtro che, da un lato, indirizza gli
utenti verso l’adesione ai sindacati di categoria; dall’altro, però, è in grado di
9
sviluppare in senso proprio un ventaglio di iniziative assistenziali, di servizi e di
informazioni indirizzate a un’utenza assai più ampia ed eterogenea.
In ambito CGIL si è percorsa una strada tendente a curare, anche formalmente,
all’interno del sindacato le varie esigenze dei lavoratori immigrati.
Di fatto sono le Camere del lavoro a fungere da filtro e a indirizzare i lavoratori
all’adesione ai sindacati di categoria, lasciando la gestione delle politiche
d’integrazione a una organizzazione dipartimentale.
I lavoratori stranieri sono i soggetti più deboli nei rapporti con i loro datori di
lavoro poiché subiscono discriminazioni riguardanti le stesse tutele sindacali, la
differenzazione della busta paga, il pericolo di licenziamenti senza giusta causa e la
sottoposizione a orari di lavoro disuguali.
A ben vedere, l’ingresso dei lavoratori stranieri nel sindacato favorisce
l’integrazione con i lavoratori italiani e per questi ultimi può significare una diversa
percezione degli effetti negativi della presenza dei primi, dal momento che la
capacità contrattuale dei sindacati può avere maggiore forza e può offrire maggiore
tutela per entrambi.
2. Immigrati e mercato del lavoro:considerazioni generali
L’evolversi del processo di globalizzazione è stato il fattore principale che ha
spinto i mercati nazionali ad aprirsi alla domanda di manodopera dei lavoratori
stranieri.
Tale teorema, pur avendo creato circostanze conflittuali per via della progressiva
diminuzione della domanda di manodopera in danno dei lavoratori nazionali, ha
rappresentato tuttavia un sostegno indiscutibile per l’economia.
All’immissione nel mercato di questa risorsa, le barriere tecnico giuridiche degli
stati comunitari relative al riconoscimento dei titoli conseguiti dai cittadini
extracomunitari nei loro paesi d’origine non ne hanno permesso una valorizzazione
compiuta se non nelle realtà multinazionali d’impresa.
Tra i lavoratori immigrati è più elevata la percentuale dei non qualificati (36%),
molto spesso perché sotto inquadrati.
10
I lavoratori immigrati, rispetto ai lavoratori italiani, vengono assunti con più
frequenza e vengono tenuti in attività con maggiore facilità.
In Italia i lavoratori stranieri occupati sono arrivati a quota 1.898.000
11
.
Inoltre, 4 stranieri su 10 lavorano in orari disagiati (di sera, di notte, di
domenica)
12
.
Il dato è confermato anche dalla casistica come dimostra la sentenza del Tribunale
unico di Bari
13
che ha riconosciuto la discriminazione razziale, posta in atto dal
datore di lavoro, attraverso una retribuzione differenziata e un orario lavorativo
diverso per i prestatori di lavoro stranieri.
La retribuzione netta mensile degli immigrati nel 2009 è di 971 euro e 1.258 euro
per gli italiani
14
.
I lavoratori stranieri trovano maggiori possibilità di occupazione nelle piccole e
medie imprese, piuttosto che in quelle con oltre 50 dipendenti.
Inoltre, essi sono più giovani degli italiani: nelle classi di età 18-35 anni e 36-50
sopravanzano gli italiani rispettivamente di 6 e 2 punti percentuali.
In generale, si riscontra che i settori che richiedono in maggior misura e più
stabilmente la manodopera immigrata sono il mercato dei servizi e delle merci
“immateriali”, piuttosto che quello della produzione industriale.
L’ambito alberghiero e della ristorazione è il primo per numero di assunzioni.
La stessa incidenza, in termini approssimativi, si ha anche nel settore agricolo,
seppur non sia possibile stimare con precisione il numero degli addetti in questo
ambito a causa della sua più facile esposizione al lavoro sommerso.
Per quanto riguarda le attività agricole, esse sono tradizionalmente legate al
contratto di lavoro stagionale.
I lavoratori stagionali immigrati in Italia sono gli stranieri in possesso, o meno,
del permesso di soggiorno stagionale, o altro tipo di permesso, che svolgono un
lavoro per un determinato periodo dell’anno, legato alle tendenze dell’attività
produttiva.
11
CARITAS ITALIANA, Dossier 1991 – 2010: per una cultura dell’altro Immigrazione Dossier
Statistico 2010 XX Rapporto sull’immigrazione, Idos Editore, Roma, 2010
12
CARITAS ITALIANA, Dossier 1991 – 2010: per una cultura dell’altro Immigrazione Dossier
Statistico 2010 XX Rapporto sull’immigrazione, Idos Editore, Roma, 2010
13
Tribunale di Bari, ordinanza depositata il 24 settembre 2003
14
CARITAS ITALIANA, Dossier 1991 – 2010: per una cultura dell’altro Immigrazione Dossier
Statistico 2010 XX Rapporto sull’immigrazione, Idos Editore, Roma, 2010
11
La manodopera fornita dal lavoro stagionale è ancora molto richiesta in Italia.
Fino a metà degli anni Settanta essa era offerta quasi esclusivamente da cittadini
italiani.
Negli ultimi anni, invece, per questo tipo di lavoro il sistema economico del
nostro paese si è affidato sempre più agli stranieri data la loro maggiore flessibilità,
mobilità e disponibilità a lavorare anche in condizioni più dure e con una
retribuzione ridotta
15
.
3. Il lavoro nero
Per quanto riguarda il lavoro non regolare e l’immigrazione clandestina il quadro
di riferimento si fa più complesso.
Cercando di dare una definizione più chiara alla locuzione lavoro nero, possiamo
dire che “il lavoro nero o irregolare si riferisce a un’attività lavorativa a scopo di
lucro svolta in violazione delle prescrizioni legali”, così eludendo il diritto fiscale e
previdenziale in quanto entrambe le parti del rapporto di lavoro intendono
nascondere il rapporto che non è consentito dall’ordinamento
16
.
Esso rappresenta attualmente un argomento di notevole importanza ed è la parte
più ampia della categoria dell’economia sommersa: questa, almeno in prima battuta,
riguarda tutte le attività economiche che sfuggono all’applicazione delle regole
istituzionali a esse formalmente destinate nonché all’osservazione statistica
17
.
Il campo del lavoro sommerso costituisce il livello più intenso di elusione
dell’applicazione della disciplina lavoristica. Sorge l’interesse di una ricerca che
parta direttamente dall’affrontare il problema del lavoro sommerso nonché
dell’emersione delle tipologie più rilevanti di esso, considerando gli strumenti
predisposti e quelli che potrebbero essere introdotti. L’effetto principale del lavoro
sommerso è quello di sottrarre risorse al prelievo fiscale e contributivo.
15
CARITAS ITALIANA, Dossier 1991 – 2010: per una cultura dell’altro Immigrazione Dossier
Statistico 2010 XX Rapporto sull’immigrazione, Idos Editore, Roma, 2010
16
F. Buffa, Il lavoro nero, Giappichelli Editore, Torino, 2008
17
Definizione suggerita da F. Chiarello, Economia informale, famiglia e reticoli sociali, in Rassegna
italiana sociale, 1983, come citato in A. Bellavista, Il lavoro sommerso, Giappichelli Editore, Torino,
2002.
12
La regolarizzazione dei rapporti di lavoro sommerso, pertanto, costituisce un
obiettivo imprescindibile per ricostruire una “sinergia virtuosa” tra disponibilità
economiche e capacità di sostegno delle esigenze di vita dei cittadini
18
.
Il lavoro sommerso, benché per definizione comprenda le attività non dichiarate
alle autorità pubbliche, costituisce oggetto d’indagine delle rilevazioni statistiche le
quali cercano di misurare le attività economiche sommerse, il numero di soggetti
impiegati e l’apporto dell’economia sommersa al PIL. A tal proposito, si è affermato
che il fenomeno è sottostimato e che l’occupazione sommersa sia più di quella
ufficialmente stimata
19
.
I settori di maggiore estensione del lavoro sommerso sono, in ordine di rilevanza
percentuale, l’agricoltura, le costruzioni, il commercio, il turismo e tutta l’area dei
servizi, le attività di riparazione, l’industria del tessile e dell’abbigliamento.
Il lavoro nero, come accade in generale per i fenomeni che sfuggono alla
normazione, si presenta sotto svariate forme e le cause di esso sono difficilmente
individuabili in modo esauriente, data la molteplicità delle manifestazioni del
fenomeno del lavoro sommerso.
La prima motivazione alla sommersione dell’attività è di tipo economico
20
. La
stessa Commissione Europea afferma che tanto per i lavoratori autonomi o
dipendenti, quanto per gli imprenditori intesi come datori di lavoro l’economia
sommersa offre l’opportunità di accrescere i propri guadagni, di evadere l’imposta
sul reddito e i contributi fiscali, di ridurre i costi dell’attività produttiva
21
.
Il fenomeno del lavoro non regolare si differenzia molto a livello territoriale:
infatti, è molto diffuso al Sud d’Italia il lavoro nero degli immigrati, ove è andato
crescendo; mentre al Nord è più diffuso il lavoro nero dei clandestini – ossia, dello
straniero presente sul nostro territorio senza permesso di soggiorno
22
- anche per
l’incapacità dei flussi migratori di soddisfare la domanda di manodopera delle
imprese, le quali finiscono per ricorrere a immigrati senza permesso.
18
A. Bellavista, Il lavoro sommerso, Giappichelli Editore, Torino, 2002
19
L. Meldolesi, Dalla parte del Sud, Roma-Bari, Laterza, 1998
20
AA. VV., voce Economia sommersa, come citato in A. Bellavista, Il lavoro sommerso, Giappichelli
Editore, Torino, 2002
21
A. Bellavista, Il lavoro sommerso, Giappichelli Editore, Torino, 2002
22
F. Buffa, Il lavoro nero, fonte citata
13
Anche a livello ISTAT risulta come il lavoro sommerso sia particolarmente
concentrato nel Mezzogiorno e raggiunga qui livelli assai elevati. A livello
territoriale, dunque, la differenza dipende sia dalla diversa specializzazione
produttiva di ciascuna area, sia da una maggiore o minore propensione nelle singole
regioni a impiegare lavoratori non regolari
23
.
L’interesse per la stima delle sue dimensioni è cresciuto in Italia dagli anni
Ottanta in relazione al diffondersi della disarticolazione dei processi produttivi, al
cambiamento nella composizione settoriale dell’occupazione e alle innovazioni nel
sistema di regolazione del lavoro dipendente. Analizzando il sommerso, si perviene
alla conclusione che non è sufficiente agire solo sui paradigmi strutturali (quindi,
pressione fiscale, mancanza di controlli, rigidità del mercato del lavoro), ma
occorrono anche azioni di contrasto per tipologie, settori e territori.
Pur stimolato da un dibattito che ha avuto origine in ambito sociologico con
riferimento all’economia informale e irregolare, l’interesse si è concentrato sulla
stima della quota di produzione da attribuire a questo settore rispetto agli aggregati
della contabilità nazionale.
Innanzitutto, il primo ambito a destare interesse è stato quello collegato alla stima
dell’evasione fiscale e contributiva corrispondente al lavoro sommerso e, quindi, al
potenziale gettito fiscale recuperabile attraverso politiche volte all’emersione. Solo
più di recente è tornata l’attenzione sul tema dell’economia non regolare con
riferimento al lavoro che in essa è impiegato, al lavoro nero, alle sue condizioni di
erogazione e di retribuzione, in definitiva alle questioni di ordine sociale che esso
implica
24
.
Le difficoltà di rilevazione e di misurazione del lavoro nero, la necessità di
ricorrere a stime e il persistente prevalere dell’interesse di carattere macroeconomico
fanno sì che l’Istat, principale fonte di informazione in argomento, si ponga
l’obiettivo di valutare non tanto la quantità di persone coinvolte nel fenomeno,
quanto piuttosto la quantità di unità di lavoro pieno a esse equivalenti. L'Istat
23
F. BUFFA, Il lavoro nero, fonte citata
24
A. BELLAVISTA, Il lavoro sommerso, Giappichelli Editore, Torino, 2002
14
distingue quattro diverse tipologie di lavoro non regolare: quelle continuative, quelle
occasionali, quelle degli stranieri non residenti e quelle da attività plurime
25
.
Questa articolazione è sicuramente adeguata a cogliere le dimensioni generali del
fenomeno, ma rimangono svariate questioni che nel dettaglio dell’analisi del lavoro
nero sarebbe interessante cogliere e che le prime due tipologie, non mutuamente
esclusive, non esauriscono, in particolare in aree come è il caso del Mezzogiorno in
cui le condizioni del mercato del lavoro e in generale il quadro degli indicatori
sociali è particolarmente depresso
26
.
4. La domanda di lavoro immigrato
Il fenomeno immigratorio si pone in termini paradigmatici per approfondire le
dinamiche industriali essendo i lavoratori stranieri la risorsa umana principale,
soprattutto per le imprese italiane di piccole e medie dimensioni.
A questo proposito va ricordato che le suddette costituiscono la stragrande
maggioranza delle imprese e che alimentano il tessuto finanziario del Paese
rappresentando una delle linfe principali per lo sviluppo economico.
Pare pertanto opportuno comprendere quali siano le cause che hanno favorito una
costante crescita della domanda di manodopera straniera.
Una prima spiegazione, seppur semplicistica e scarsamente analitica, può essere
trovata nel salario che gli immigrati sono disposti ad accettare, a parità di condizioni
per quanto riguarda la qualità di lavoro offerto.
Una seconda spiegazione può essere rinvenuta nella bassa qualificazione dei
lavoratori immigrati, condizionata dalla non facile integrazione, dovuta alle difficoltà
relative al riconoscimento dei titoli conseguiti nei propri paesi di origine che
rappresenta il punto d’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro
27
.
25
M. Ambrosini, Lavorare nell’ombra. L’inserimento degli immigrati nell’economia informale,
Quaderni ISMU, 1997
26
A. Baldassarini, Il lavoro degli stranieri e l’occupazione non regolare nelle nuove stime di
contabilità nazionale, in Studi Emigrazione, n. 141, 2001
27
L. Frey, I fattori determinanti dei movimenti migratori ed i mercati del lavoro europei, in “Mercati
del lavoro dell’Europa Centrale ed Orientale e potenziale migratorio”, Quaderni del lavoro, n. 41.
Angeli, 1992.