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Capitolo I
La previgente figura di oltraggio a pubblico ufficiale.
1) Premessa storica.
La necessità della tutela della pubblica amministrazione trova già un suo
antecedente storico nell’epoca rivoluzionaria (1791), in quanto l’oltraggio fu
alternativamente attratto ora nella pletora dei crimina maiestatis, ora tra i reati
contro l’onore.
Il codice francese del 1810 annoverò definitivamente l’oltraggio tra i reati contro la
pubblica amministrazione e piø precisamente tra i reati di manquents envers
l’AutoritØ publique (art. 222 ss.), distinguendolo dalle semplici ingiurie;
similmente, in tutti i successivi codici italiani preunitari, ad eccezione di quello del
Regno Lombardo Veneto del 1815 e di quello del Granducato di Toscana del 1830,
le offese al prestigio dei soggetti investiti d’autorità furono sanzionate quale reato
autonomo a titolo di oltraggio.
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Tra questi il codice sardo del 1859 che all’art.258 prevedeva appunto l’oltraggio a
pubblico ufficiale con la precisazione sull’essenzialità dell’elemento della presenza
del pubblico ufficiale.
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Il 30 giugno del 1889 fu emanato il primo codice penale dell’Italia unita che
prendeva il nome di codice Zanardelli, dal nome del ministro della giustizia
proponente Giuseppe Zanardelli. Nonostante una certa modernità e nonostante
l’equilibrio complessivo dato dall’insieme delle sue disposizioni era un codice che
1
F. C. PALAZZO, Oltraggio, in Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano 1979, vol. XXIX, p.849.
2
S. RICCIO, I Delitti contro la pubblica amministrazione, Utet. Torino 1955, p.553.
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nasceva già vecchio, non in grado di soddisfare le istanze di riforma che
provenivano dalla scuola positiva.
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Nello stesso codice Zanardelli era esistente la figura criminosa dell’oltraggio a
pubblico ufficiale negli articoli 194 – 199, con la previsione della parificazione
dell’oltraggio commesso con parole a quello commesso “con atti”; l’esplicita
previsione dell’estremo della “presenza” dell’offeso, e la previsione dell’ipotesi di
oltraggio “non a causa delle funzioni, ma nell’atto dell’esercizio pubblico di esse”
come fattispecie notevolmente attenuata; la creazione della nuova fattispecie di
oltraggio a corpo politico, amministrativo e giudiziario, perseguibile solo dietro
autorizzazione del corpo stesso; l’introduzione dell’esimente speciale della
reazione legittima agli atti arbitrari del pubblico ufficiale.
Tuttavia nel dopoguerra si avvertì l’esigenza di riformare il sistema penale, infatti
nel 1925 il Ministro della Giustizia Arturo Rocco presentò un disegno di legge per
la delegazione al governo "...della facoltà di modificare" la legislazione in materia
penale. Il testo definitivo, accompagnato dalla relazione al Re, fu pubblicato con
r.d. n. 1398 il 19 ottobre 1930 ed entrò in vigore il I° luglio 1931.
Le ragioni della riforma furono illustrate nella relazione che accompagnava lo
stesso disegno di legge di fronte all'aumento della criminalità negli anni del
dopoguerra, da ricondursi ai "..profondi rivolgimenti prodottisi nella psicologia e
nella morale degli individui e della collettività, e nelle condizioni della vita
economica e sociale", la legislazione penale si era rivelata negli ultimi anni densa
di difetti e di lacune.
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G. VASSALLI, La riforma del codice penale italiano del 1930,la giustizia penale , 1972, p.516.
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Nelle parole del guardasigilli non mancavano riferimenti alla nuova concezione
dello Stato che ispirava molti degli istituti del codice. ¨ in questa concezione che
risultavano piø evidenti i rapporti tra la nuova legislazione penale e la filosofia
sociale, politica e giuridica del fascismo. Lo Stato veniva concepito come un
organismo economico, sociale, giuridico, etico e religioso. Come organismo
economico - politico, ad esempio, lo Stato non costituisce piø la somma aritmetica
degli individui che ne fanno parte ma piuttosto, la sintesi dei soggetti, delle
categorie e delle classi che lo costituiscono. Un ente che ha una propria vita, propri
fini, bisogni e interessi cui vengono subordinati quelli individuali o collettivi.
Il codice Rocco, al fine di rendere “piø completa e vigorosa la tutela giuridica
penale degli organi e delle attività dei pubblici poteri
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” non si limitò ad elevare le
pene per il delitto di oltraggio, ma ne modificò in piø punti la precedente disciplina
per ampliarne l’ambito di applicazione. Fu abrogata l’esimente speciale della
reazione legittima e furono inoltre create tre nuove fattispecie come l’oltraggio a
magistrato in udienza (art. 343 c.p.) che prima era invece previsto unitamente
all’oltraggio a corpo politico, amministrativo e giudiziario, oltraggio a incaricato di
pubblico servizio che sia anche pubblico impiegato (art. 344 c.p.), il
danneggiamento di affissioni dell’autorità “per disprezzo” verso quest’ultima (art.
345 c.p.), che, ex art. 446 del codice Zanardelli, costituiva semplicemente
contravvenzione aggravata. La diffamazione di pubblico ufficiale, prevista nel
progetto preliminare subito dopo i delitti di oltraggio (art. 348 del progetto) fu
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Relazione del guardasigilli sul progetto definitivo del codice penale, in Lavori preparatori del codice penale e del
codice di procedura penale, V, pt. II, Roma, 1929, p. 141.
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espunta dai reati contro la pubblica amministrazione poichØ al Guardasigilli parve
che, essendo l’offesa recata in assenza del pubblico ufficiale, il contenuto lesivo
del fatto non avesse rilievo pubblicistico sufficiente a giustificarne l’inserimento
del titolo II
5
.
Le innovazioni introdotte e l’esame dei lavori preparatori rivelano che il legislatore
del 1930 fu animato non solo dal proposito di tutelare piø energicamente il
prestigio dell’autorità, ma anche dall’intento di proteggere tale valore nei suoi
profili piø esteriori e quasi sacrali, come dimostrano specialmente proprio certe
“benevolenze” del ministro Rocco, quali ad esempio l’ostinato rifiuto di estendere
l’oltraggio a magistrato oltre i casi di offesa recata in “udienza”.
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2) L’interesse tutelato dall’art.341 c.p.
Con l’entrata in vigore del testo definitivo del codice penale c.d. codice Rocco,
avvenuta il 1 luglio del 1931, veniva riproposto il delitto di oltraggio a pubblico
ufficiale all’art. 341, posto tra i delitti dei privati contro la pubblica
amministrazione compresi nel titolo II del libro II del codice penale, dove “sono
previsti e puniti i fatti che ledono l’interesse dello stato al regolare e proficuo
svolgimento della pubblica amministrazione”
7
.
Come già accennato in premessa l’oltraggio a un pubblico ufficiale era figura
criminosa già esistente nel precedente codice Zanardelli, con la previsione di tale
reato si tendeva garantire il formale rispetto verso la Pubblica Amministrazione,
5
Rel. cit. p. 143.
6
F. C. PALAZZO, Oltraggio, in Enciclopedia del diritto, cit, p.849.
7
E. F. CARABBA, Codice Penale, ed. XIII, Laurus, Firenze, 1981, p.362.
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punendo i comportamenti lesivi dell’onore o del prestigio di chi ricopra ed eserciti
funzioni pubbliche. In tale interesse che il legislatore voleva proteggere risiedeva,
evidentemente, la giustificazione di una sanzione molto piø grave e afflittiva di
quella prevista per il reato di ingiuria, figura criminosa affine, giacchØ con
quest’ultima si tutela l’onore, la dignità della persona e che perciò, appariva
necessariamente vicina, sia pure in senso lato, al delitto di oltraggio a pubblico
ufficiale.
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L’interesse protetto era quello della pubblica amministrazione a che non fosse
menomato il proprio onore e il proprio prestigio, che costituiscono condizione
essenziale per il buon funzionamento della pubblica organizzazione. GiacchØ la
pubblica amministrazione agisce ed esprime la propria volontà attraverso i suoi
organi, i quali necessariamente funzionano mediante la loro attività di persone
fisiche, ne deriva che la tutela del prestigio e dell’onore della pubblica
amministrazione, impone anche che la tutela dei suoi rappresentanti, e cioè dei
pubblici ufficiali. Le offese recate a costoro, nell’esercizio o a causa della
funzione, sono offese alla pubblica amministrazione.
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L’art. 341 c.p. stabiliva che “Chiunque offende l’onore o il prestigio di un
pubblico ufficiale, in presenza di lui e a causa o nell’esercizio delle sue funzioni, e’
punito con la reclusione da sei mesi a due anni. La stessa pena si applica a chi
commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritto o
disegno, diretti al pubblico ufficiale e a causa delle sue funzioni. La pena e’ della
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G. CALBORE, Oltraggio ed altre offese all’autorità, in Digesto delle discipline Penalistiche, UTET, Torino, 1994,
p.462.
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S. RICCIO, I delitti contro la pubblica amministrazione, UTET, Torino, 1955, p.554.
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reclusione da uno a tre anni, se l’offesa consiste nella attribuzione di un fatto
determinato. Le pene sono aumentate quando il fatto e’ commesso con violenza o
minaccia, ovvero quando l’offesa e’ recata in presenza di una o piø persone”.
Si trattava di reato plurioffensivo, giacchØ con esso si intendeva proteggere, da una
parte, il regolare esercizio dei compiti assegnati al pubblico ufficiale e, dall’altra
parte, l’onore e il prestigio della persona che tali funzioni esercitava. Significativa
a questo riguardo appare la scelta delle espressioni usate dal legislatore che aveva
distinto i concetti di “onore” e di “prestigio”. Con il primo termine, comune al
delitto di ingiuria, ci si riferiva al complesso di qualità e di attributi insiti in ogni
persona umana e alla considerazione che ciascuno ha di se stesso; con il secondo,
invece, si individuava l’insieme dei requisiti e delle prerogative che derivavano
proprio dalla pubblica funzione svolta che, per ciò solo, meritava rispetto e
riguardo maggiori.
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La tutela penale, quindi aveva duplice direzione, in quanto da una parte tendeva a
proteggere il rispetto dovuto alla pubblica amministrazione nelle persone dei suoi
organi o rappresentanti, e dall’altra a garantire il rispetto dovuto all’autorità
inerente ai pubblici uffici, impersonalmente considerati.
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10
G. CALBORE, Oltraggio ed altre offese all’autorità, in Digesto delle discipline Penalistiche, UTET, Torino, 1994,
p.463.
11
S. RICCIO, I delitti contro la pubblica amministrazione, UTET, Torino, 1955, p.551.