Premessa
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PREMESSA
Il ripristino delle strutture danneggiate ha ormai assunto una parte
rilevante nelle tecniche dell’ingegneria civile, specialmente in questi
tempi in cui si mira a riparare e quindi ad economizzare nelle spese di
esecuzione di lavori che prima sarebbero stati eseguiti o con rifacimento
intergale dell’opera, con dispendio di capitali, o con tecniche che non
danno le garanzie che si possono ottenere oggi con i moderni materiali di
ripristino.
L’esigenza di approfondire in modo razionale lo studio delle riparazioni
si e venuta affermando negli ultimi anni sulla base di due stimoli: la
revisione critica dei concetti basilari della concezione della sicurezza e la
disponibilità di materiali non tradizionali (resine epossidiche,
calcestruzzi a ritiro controllato calcestruzzi impregnati con polimeri,
calcestruzzi fibrorinforzati ) che consentono nuove tecniche di
riparazione sia dal punto di vista della resistenza che da quello della
deformabilità.
Si è voluto, quindi trattare nella presente tesi le principali miscele leganti
usate nel risanamento delle strutture in calcestruzzo armato, ed in
particolare si è voluto indagare sulla possibilità di munire le strutture di
un impianto fisso di rigenerazione da attivare nel caso in cui
sopraggiungono delle cause che alterano quei requisiti di sicurezza e
funzionalità sulla base dei quali la struttura era stata concepita.
Tuttavia, già in passato, presso la Facoltà d’Ingegneria di Palermo,
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erano state proposte, da parte del Prof. Ing. S .Lo Presti, delle soluzioni
di risanamento di travi fessurate in calcestruzzo armato dotate di un
impianto veicolante per la circolazione della resina epossidica.
Però i risultati ottenuti dalle prove di laboratorio non sono stati tanto
soddisfacenti, non tanto per quanto riguarda l’accettabile recupero di
resistenza ottenuto in seguito alla rigenerazione, ma sopratutto a causa
della fuoriuscita incontrollata di resina epossidica dalle fessure presenti
sopratutto nella mezzeria della trave. Nonostante ciò si è comunque
osservato un incremento di resistenza meccanica da parte delle travi
stressate sufficiente a considerare tali elementi strutturali idonei alla loro
funzione. Tutto ciò ci ha spinto a promuovere nuove ricerche e
sperimentazioni su elementi a scala ridotta (travetti), in cui vengono
utilizzati sia tre diverse granulometrie di filler, sia dei casseri in metallo
rivestiti in materiale sintetico (guaina impermeabilizzante) che hanno il
funzione di evitare la fuoriuscita di resina dalle fessure. Tutto ciò nel
tentativo di rendere più gestibile le prove di laboratorio e
conseguentemente affinare il metodo di consolidamento strutturale in
modo da proporlo per applicazioni in strutture intelaiate di reali
dimensioni.
Il degrado del calcestruzzo armato
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IL DEGRADO DEL CALCESTRUZZO ARMATO
1.1 Considerazioni generali
Il calcestruzzo è il materiale da costruzione di gran lunga più impiegato
nell’ultimo secolo. L’enorme quantità di opere prodotte in calcestruzzo, e
la differente qualità dello stesso, hanno però evidenziato la sua
inadeguatezza sotto il profilo della durabilità. Un materiale che sembrava
mantenere inalterate nel tempo le sue prestazioni, ha invece svelato una
vulnerabilità inaspettata. L’aggressione chimica, dovuta all’inquinamento
ambientale e alle condizioni di esercizio, è sicuramente una delle cause di
degrado ma, probabilmente, non la principale. La grande esperienza
accumulata nella produzione del calcestruzzo non si è purtroppo tradotta
in cultura tecnica. La qualità del calcestruzzo in opera è, infatti,
progressivamente peggiorata, rendendo necessario il ripristino del
materiale degradato su strutture sempre più recenti, quando non
addirittura già riparate. A ciò ha contribuito la nefasta sinergia tra una
progettazione carente nelle specifiche tecniche, un confezionamento
approssimativo e una posa in opera frettolosa.
Il progetto di ripristino di un’opera in calcestruzzo deve essere finalizzato
a ristabilire la funzionalità della struttura e ad aumentarne l’affidabilità
nel tempo. Le modalità di intervento possono essere definite solo dopo
aver individuato le cause di degrado, attraverso l’esecuzione di
appropriate indagini in sito e in laboratorio. La conoscenza del fenomeno
in atto consente di scegliere i materiali più idonei e le tecniche di
Capitolo 1
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intervento più appropriate ad ogni specifico contesto. Infine, ma non
ultima per importanza, una corretta e accurata esecuzione di tutte le fasi
operative è la condizione necessaria per ottenere un ripristino efficace e
durevole nel tempo. Il degrado del calcestruzzo è un fenomeno che
avviene a causa dell’interazione che si stabilisce fra la struttura e
l’ambiente. La patologia comincia a manifestarsi dopo una fase d’innesco
in cui il materiale si mantiene apparentemente inalterato, periodo che può
essere più o meno lungo, a seconda della presenza di agenti aggressivi
chimici, il verificarsi di particolari fenomeni fisico-meccanici (terremoti,
etc.) e la negligenza umana. Inoltre, la durabilità del calcestruzzo è
pesantemente influenzata dalla sua qualità intrinseca, che potrebbe essere
definita con opportune prescrizioni progettuali ed esecutive.
Le alterazioni che si osservano con maggior frequenza possono essere
suddivise in base al tipo
di aggressione, secondo lo schema classico delle cause di degrado.
Quest’ultime si distinguono in:
Agenti chimici
• Corrosione delle armature promossa da “Carbonatazione” e
“Attacco dei cloruri”
• Attacco solfatico della matrice cementizia
• Reazione alcali-silice che coinvolge gli inerti
• Dilavamento della superficie
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Fenomeni fisici
• Ciclo gelo-disgelo
• Ritiro
• Creep
• Esposizione diretta ad alte temperature (per es. incendi)
Azioni meccaniche
• Abrasione, Erosione e Cavitazione
• Urti
• Aumento dei carichi di esercizio e azioni sismiche
1.2 Corrosione delle armature metalliche
La corrosione delle armature metalliche è uno dei fenomeni che portano
ad un lento deterioramento delle strutture in calcestruzzo armato.
Infatti se, da una parte, la presenza delle armature metalliche migliora
significativamente le prestazioni meccaniche della struttura soprattutto
nei confronti delle caratteristiche per le quali il calcestruzzo armato è
carente (tensioni di trazione e flessione), dall’altra è essa stessa fonte
della maggiori preoccupazioni per quanto riguarda la durabilità delle
opere. Infatti, se il calcestruzzo ed in particolar modo il copriferro - al
quale è deputata la protezione delle armature - non è adeguato per carente
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spessore e/o mediocre qualità la durabilità della struttura può essere
seriamente compromessa.
Infatti un copriferro siffatto e per di più poroso risulta permeabile all’aria
con conseguente ossidazione dei ferri . Quest’ultima provoca un aumento
di volume dell’armatura (rigonfiamento) che determina una prima
fessurazione e dopo l’espulsione del copriferro con conseguente
esposizione diretta delle armature metalliche all’azione ossidante e
corrosiva dell’aria umida. Tuttavia affinché il processo corrosivo possa
decorrere deve essere attivato da uno dei seguenti meccanismi:
- Carbonatazione del calcestruzzo
- Attacco dei cloruri
1.2.1 Corrosione promossa dalla carbonatazione
La carbonatazione è un fenomeno grave e frequente, caratteristico delle
strutture in calcestruzzo armato esposte all’aria. L’aria, ed in particolare
l’anidride carbonica, l’ossigeno e l’umidità in essa contenuti, può
provocare la corrosione delle armature metalliche. In realtà, il ruolo
dell’anidride carbonica (CO
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) è quello di un complice, mentre i veri
responsabili sono l’ossigeno e l’umidità contenuti nell’aria (Fig. 1.1).
Il degrado del calcestruzzo armato
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Fig. 1.1 – Ferri nel calcestruzzo:Situazione di passività
In seguito alla messa in opera del calcestruzzo si stabiliscono condizioni
di forte basicità particolarmente favorevoli alla preservazione delle
armature metalliche dai fenomeni di corrosione in quanto sono immerse
in un ambiente alcalino avente pH, intorno a 13-14, in grado di assicurare
alla superficie del ferro lo stato di passività. Infatti in soluzioni alcaline il
ferro si ricopre di un sottile strato di ossido che impedisce all’ossigeno e
all’umidità di raggiungerlo impedendo la formazione di ruggine.
Quando però la zona di calcestruzzo che protegge i ferri (copriferro) è
completamente penetrata dall’anidride carbonica, i valori del pH si
riducono fino ad avvicinarsi alla neutralità.
La reazione che avviene negli strati superficiali del calcestruzzo a
contatto con l’anidride carbonica è la seguente:
(calce ) (anidride carbonica) (carbonato)
() O H CaCO CO OH Ca
2 3 2 2
+ ⇒ +
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Da quest’ultima si evince che l’idrossido di calcio consumato attraverso
una reazione con l’anidride carbonica porta alla formazione di carbonato
di calcio nel calcestruzzo, ed il pH scende a valori inferiori a 9.
Abbassandosi i valori iniziali del pH l’ambiente alcalino, detto
“passivante”, che rappresenta una protezione per la corrosione delle
armature, viene a mancare e si innesca il fenomeno corrosivo. In queste
condizioni a seguito della trasformazione del ferro in ruggine (circa 6-7
volte più voluminosa del metallo) il copriferro viene prima fessurato e
poi espulso.
(ferro) (ruggine)
La reazione di carbonatazione inizia alla superficie esterna del
calcestruzzo e avanza nel copriferro seguendo una legge del tipo:
dove
x
è lo spessore di calcestruzzo penetrato dalla CO2 al tempo t, e
K è una costante che dipende dalla qualità del calcestruzzo, in particolare
dal rapporto a/c oltre che dal tipo e classe di cemento, ma anche
dall’umidità relativa dell’aria (UR). In calcestruzzi non particolarmente
impervi e in quelli porosi l’andamento della curva profondità di
carbonatazione-tempo è spesso parabolico, in calcestruzzi compatti la
t K x =
2
) (
2
2
OH Fe Fe
O
O H
⇒
Il degrado del calcestruzzo armato
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velocità di penetrazione tende a ridursi più velocemente, mentre in quelli
molto impervi tende praticamente ad annullarsi. (Fig. 1.2)
Fig. 1.2 – Avanzamento del fronte di carbonatazione
Il degrado del calcestruzzo per effetto della carbonatazione si manifesta
con un fenomeno fessurativo sempre più marcato. Quando le fessure
raggiungono i ferri d’armatura, automaticamente l’umidità e l’ossigeno
presenti nell’atmosfera vengono a contatto con l’acciaio, iniziando così
l’ossidazione e la corrosione di quest’ultima che rigonfia, creando
tensioni superiori alla resistenza a trazione del calcestruzzo, lesionandolo
ulteriormente e provocando distacchi e smagliature fino all’armatura già
corrosa e facendo perciò assumere al fenomeno un carattere dirompente.
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Nel caso di calcestruzzi privi d’armatura la carbonatazione non provoca
particolari danni di resistenza meccanica e chimica ma aumenta
notevolmente il ritiro provocando sulle superfici dei manufatti evidenti
reticoli fessurativi.
Per ridurre i rischi di carbonatazione si possono seguire due
accorgimenti:
a) riducendo il rapporto a/c, perché questa riduzione rende la
matrice cementizia meno porosa, più compatta e quindi meno
penetrabile sia da parte dell’anidride carbonica (CO
2
) che
dall’ossigeno (O
2
) e dall’umidità (H
2
O);
b) aumentando lo spessore del copriferro.
1.2.2 Corrosione promossa dal cloruro
Il mantenimento della passività richiede una continua presenza di alti
livelli di alcalinità nella
soluzione a contatto con l'acciaio e l'assenza di ioni aggressivi. Una
riduzione dell'alcalinità o la presenza di ioni aggressivi come i cloruri
possono portare alla distruzione del film di passività, che ricopre il
metallo nelle condizioni originarie, e alla propagazione della corrosione
(Fig. 1.3). Per effetto delle reazioni chimiche tra lo strato di ossido e i
cloruri si forma, nello strato di idrossido di calcio della fascia più esterna,
CaCl2 (Cloruro di calcio) a vari gradi di idratazione. Lo strato inferiore
Il degrado del calcestruzzo armato
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degli ossidi di ferro, più protettivo, subisce un fenomeno di distacco
all'interfaccia con il metallo e viene trasformato in un composto di
composizione prossima a Fe2Cl(OH)4 o Fe(OH)2Cl. L'attacco dei cloruri
si manifesta con estrema frequenza soprattutto nelle zone costiere marine
o sui viadotti montani a causa del massiccio uso di sali da disgelo.
La penetrazione del cloruro dall’ambiente attraverso il copriferro può
avvenire attraverso due meccanismi distinti:
• Assorbimento per suzione capillare dell’acqua che funge da
veicolo per i sali (incluso il cloruro) in essa eventualmente
disciolti.
• Diffusione del cloruro attraverso il calcestruzzo nei pori capillari
saturi di acqua.
Fig. 1.3 – A sinistra:Formazione del film passivo; A destra:
Distruzione del film passivante da parte dei cloruri