6
informazioni prodotte dal sistema politico. Le campagne elettorali, considerate
fondamentali per il successo, sono diventate dei veri media event e sempre più
occasione di espressione di professionalità e competenze chiamate a contribuire
all’esito dell’operazione. Dal contesto statunitense gli strumenti di marketing
politico, definito come “la scoperta da parte del mondo politico di una nuova santa
trinità: la televisione, i sondaggi, la pubblicità”
2
, si diffondono nell’Europa
occidentale.
In Italia il processo è molto lento: negli anni ’80 la comunicazione politica in
Italia svolge sostanzialmente funzioni di dialogo e di raccordo tra gli attori del
sistema politico, all’interno di un rapporto tra apparati della politica e apparati della
comunicazione che vede questi ultimi in un ruolo di parallelismo se non di
subordinazione ai primi. In un contesto caratterizzato da un forte sistema partitico e
da un livello di volatilità del voto molto basso la comunicazione elettorale tende
ancora a rafforzare le appartenenze ideologiche. È nel corso dell’ultimo decennio
che la comunicazione politica, e quella mediale in particolare, giocano un ruolo
fondamentale nel processo di trasformazione che investe il sistema politico italiano.
Aspetti quali la crescente personalizzazione e leaderizzazione della scena e del
dibattito politico, il complessivo declino dei meccanismi di comunicazione
istituzionale centrati sulle reti interne ai partiti, sono in varia misura collegati a
questa nuova centralità dei mezzi di comunicazione di massa. Le ricerche mettono
in rilievo come, a fronte del declino strutturale dei tradizionali apparati di gestione
del consenso, il sistema dei media si sia andato configurando come principale arena
per la rappresentazione e la strutturazione dei processi politico-elettorali.
La campagna elettorale diventa sempre più il momento in cui i politici
possono contattare, attraverso i media, gli elettori “in libera uscita” dalle precedenti
affiliazioni partitiche, e questi possono ottenere le informazioni sufficienti a una
scelta di voto anche in assenza di un’informazione costante e continua nel tempo.
2
Cayrol, R., La nouvelle communication politique, Larousse, Paris, 1986, p. 59; citato in Mazzoleni, G., La
comunicazione politica, Il Mulino, Bologna, 1998.
7
Negli anni ’90 si afferma anche in Italia il new style campaigning
3
che, sfruttando le
tecniche del marketing e le opportunità offerte dal sistema dei media, segna le
moderne campagne elettorali, sempre più pianificate strategicamente dai political
consultant e scandite da spot e apparizioni televisive.
Diventa quindi sempre più importante comprendere il ruolo della
comunicazione politica, quella veicolata dai media ma anche quella legata allo
scambio quotidiano all’interno delle reti di relazione interpersonale, nella decisione
elettorale. È questo lo scopo della ricerca che ho condotto, in collaborazione con
un’altra persona, in occasione della campagna elettorale per le elezioni regionali del
16 aprile 2000. All’analisi delle informazioni raccolte nel corso della ricerca sono
dedicati il capitolo quinto e sesto. Prima ho ritenuto necessario un chiarimento delle
prospettive teoriche e dei principali risultati della ricerca sul comportamento
elettorale e sulla comunicazione politica.
Il primo capitolo presenta i principali paradigmi elaborati nello studio del
comportamento elettorale nel panorama internazionale, con riferimento alle
prospettive adottate negli Stati Uniti, dove la ricerca è stata particolarmente
feconda, e la loro spesso difficile applicazione al contesto europeo. Ampio spazio è
dedicato al modello sociologico e a quello psicosociologico, dominanti per alcuni
decenni, ai loro limiti e alle modificazioni successive, fino all’attenzione per il
modello della Rational Choice all’interno della cui cornice sono interpretati fattori
“contingenti” quali la valutazione del candidato e delle issues. Trovano quindi
sempre più spazio, nella spiegazione del comportamento elettorale, i mass media e i
loro effetti soprattutto nel corso della campagna elettorale, i personaggi politici con
ruolo di attrazione e indirizzo del voto, e le issues, nell’ipotesi di un elettore sempre
più sensibile alle questioni di merito e orientato ad un voto d’opinione.
Il secondo capitolo è dedicato agli studi italiani, a partire in particolare dalla
ricerca dell’Istituto Cattaneo negli anni ’60 che ha dato un forte impulso, ma anche
grandemente condizionato, tutte quelle successive. L’utilizzo dell’analisi ecologica,
3
Bentivegna, S., Al voto con i media: le campagne elettorali nell’età della tv, La Nuova Italia Scientifica,
Roma, 1997, p. 28.
8
all’interno di uno schema teorico che poneva in rilievo il risultato elettorale e il suo
collegamento con fattori di contesto, porta ancora alla fine degli anni ‘80 a
denunciare la mancanza di attenzione, negli studi italiani, all’elettore come attore
sociale e alle motivazioni che muovono il suo comportamento
4
. Si vedrà come il
campo della comunicazione politica sia stato per molto tempo negletto, per poi
tornare improvvisamente alla ribalta negli anni ’90 in maniera incisiva, passando la
comunicazione politica ad essere considerata, da fattore praticamente ininfluente, a
principale determinate degli esiti elettorali. In realtà l’impatto dei media sul
processo elettorale, dall’organizzazione delle campagne alla selezione dei candidati,
dalle strategie comunicative agli orientamenti di voto, non può essere certo
sottovalutato, ma sarebbe un errore anche ritenere che la vittoria elettorale dell’uno
o dell’altro soggetto politico venga decisa da essi. Le variabili in gioco sono
molteplici e l’esito di una competizione politico-elettorale è difficilmente
imputabile al prevalere di una o dell’altra.
Il terzo capitolo si concentra sulla comunicazione politica, delimitando il
vasto campo da essa coperto in base ai nostri interessi, in particolare il complesso
rapporto con i media e la problematica, ancora irrisolta, degli effetti. Definita la
comunicazione politica si descrivono le sue trasformazioni nel corso del XX secolo,
l’evoluzione della ricerca, le caratteristiche e le possibili influenze delle principali
fonti di comunicazione politica. L’ultimo paragrafo, ricollegandosi al secondo
capitolo, approfondisce gli studi italiani dell’ultimo decennio volti a individuare
l’effetto della comunicazione politica veicolata dai media sulla decisione elettorale.
Il capitolo quarto è dedicato alle elezioni regionali del 16 aprile 2000, per
chiarire il quadro politico in cui si è svolta la ricerca e fornire una base per
comprendere le posizioni e le affermazioni degli intervistati. Queste consultazioni si
sono rivelate molto importanti, sia perché hanno assunto una forte valenza politica,
attraverso la progressiva nazionalizzazione della competizione, sia perché la
campagna elettorale è stata segnata da molti elementi di novità dal punto di vista
4
Cfr. Biorcio, R. e Diamanti, I., La scelta di voto: dal risultato all’attore sociale. Appunti per una rilettura
del comportamento elettorale in Italia, in “Quaderni dell’osservatorio elettorale”, n. 19, 1987, pp. 43-86.
9
delle regole della competizione, essendo in vigore una nuova legge elettorale e
dovendo i media rispettare le regole della par condicio. Spiegato brevemente il
quadro legislativo, l’attenzione maggiore è dedicata alla campagna elettorale, agli
episodi più importanti che ne hanno caratterizzato lo svolgimento e ai candidati, con
particolare riferimento alla Lombardia dove la ricerca si è svolta. L’ultimo
paragrafo analizza il risultato della consultazione attraverso la lettura che politici e
studiosi ne hanno fatto.
Nel capitolo quinto è presentato il disegno della ricerca: sono descritti gli
obiettivi, il metodo adottato, le caratteristiche del campione scelto. È inoltre creata
una tipologia che è utilizzata come base per l’analisi successiva.
Il capitolo sesto è dedicato all’analisi del materiale raccolto attraverso le
interviste e i questionari quotidiani somministrati al panel di elettori, suddivisa in
tre momenti: la percezione di queste elezioni (importanza attribuita, conoscenza dei
candidati, decisione di voto); la fruizione dei media durante la campagna elettorale
(con riferimento al consumo di offerta mediale e ai suoi effetti in termini di
orientamento di voto); il ruolo della comunicazione interpersonale.
10
CAPITOLO PRIMO
GLI STUDI SUL COMPORTAMENTO ELETTORALE
1.1 Il comportamento elettorale: introduzione
Se in senso lato l’espressione “comportamento elettorale” fa riferimento a
tutte le attività che vengono svolte in occasione di un’elezione, comprendendo i
comportamenti di diversi tipi di attori sociali, l’ambito di indagine che mi accingo
ad approfondire è quello riguardante gli atteggiamenti e le scelte dell’elettore, ossia
“il processo di formazione e di espressione delle preferenze individuali in ordine
alle alternative politiche sottoposte al vaglio del voto”
1
.
La letteratura in proposito è molto vasta: comprende approcci differenti che
nel corso del tempo sono stati superati o riformulati, alla luce di nuove prospettive
teoriche e di nuovi strumenti di raccolta e analisi dei dati. La diversità degli studi
condotti in differenti Paesi, con riferimento sia alle premesse teoriche che alle scelte
metodologiche legate alla ricerca empirica, riflette inoltre la difficoltà di elaborare
modelli che siano adatti a contesti istituzionali e culturali tra loro non omogenei.
Gli studi sul comportamento elettorale si sono moltiplicati in tutti i contesti
democratici nel corso del XX secolo, in particolare a partire dal secondo
dopoguerra, nel tentativo di approfondire il momento del voto, elemento
fondamentale della vita democratica
2
. Le ricerche empiriche hanno però fin dal
principio posto in dubbio una delle premesse fondamentali della teoria democratica:
1
Pasquino, G., alla voce Comportamento elettorale, in “Dizionario di politica”, UTET, Torino, 1983.
2
Nell’accezione liberale e rappresentativa del concetto di “governo del popolo”, che è alla base del modello
di democrazia oggi prevalente, regolari elezioni, voto uguale, segreto, libero e significativo, oltre alla
competizione tra fazioni e potenziali leaders o partiti, rappresentano fondamenti essenziali del sistema
democratico (cfr. Held, D., Modelli di democrazia, Il Mulino, Bologna, 1996).
11
la razionalità del cittadino.
3
Se consideriamo razionale l’individuo che,
raccogliendo e possedendo tutte le informazioni necessarie, le elabora per arrivare
alla formazione della sua decisione, il cittadino elettore appare per lo più
irrazionale.
4
L’elettore risulta nella maggior parte dei casi “una persona che vota
relativamente di frequente, ma sulla base di poche informazioni, con un interesse
minimo e con un coinvolgimento emotivo nell’intero processo molto limitato”
5
.
L’interesse degli studiosi si è quindi concentrato sulle “decisional shortcuts”
attraverso cui l’elettore raggiunge la sua decisione, ovvero quelle scorciatoie che il
cittadino medio utilizza per ridurre la complessità delle informazioni politiche,
spesso eccessive e difficilmente decodificabili per chi si sente lontano dal mondo
politico e poco motivato a parteciparvi attivamente.
1.1.1 Fattori di influenza della scelta elettorale
La prima decisione che l’elettore deve prendere è quella di votare. La
partecipazione elettorale può essere determinata da fattori normativi, strumentali ed
espressivi
6
. L’astensionismo individuale può essere, a seconda dei casi, espressione
di un disinteresse politico, oppure di un’alienazione del cittadino non solo dalla
politica ma dalla società come un tutto; una decisione legata alle caratteristiche
della specifica consultazione, oppure la conseguenza dell’agire sull’individuo di
“cross pressures”, stimoli molto intensi che indirizzano l’elettore verso scelte
opposte, portandolo talvolta a rifugiarsi nell’astensione
3
In realtà da più parti erano state mosse, nel corso del XIX e XX secolo, critiche all’ideale di “uomo
politico” mutuato dalla democrazia classica. Già J.S.Mill aveva auspicato un sistema di votazioni plurime in
cui i più saggi avessero a disposizione più voti, in modo che le masse lavoratrici non avessero la possibilità di
assoggettare l’ordinamento politico a quello che egli definiva “ignoranza”. Nel XX secolo Weber e
Shumpeter sottolineano la passività ed emotività delle masse, esprimendo una bassa stima nei confronti
dell’elettorato considerato perlopiù incapace di formulare giudizi sulle questioni politiche.
4
Il contrasto tra l’immagine classica del cittadino democratico e l’effettiva natura dell’elettorato, emerge fin
dai primi studi compiuti nel contesto americano, pubblicati in Voting e The American Voter .
5
Burdick, E., Political Theory and the Voting Atudies, in Burdick, E., e Brodbeck, A.J., American Voting
Behavior, Free Press, Glencoe, 1959, pp. 136-149; la citazione è a p.140.
6
I primi fanno riferimento al valore, generalmente positivo, attribuito al voto. I secondi vedono la scelta di
votare come motivata dalle volontà di influenzare le azioni del governo. I fattori espressivi si riferiscono al
voto come modo di esprimere un’appartenenza.
12
Per quanto riguarda i fattori che influenzano la scelta a favore di un partito,
quindi in ultima analisi le motivazioni, o cause, del voto individuale,
nell’evoluzione degli studi ne sono stati presi in considerazione vari, riconducibili a
tre gruppi fondamentali: il contesto della scelta, i fattori remoti e i fattori prossimi.
7
Il primo gruppo fa riferimento alle caratteristiche normative di ciascun Paese,
che creano un contesto di vincoli e opportunità all’interno del quale l’elettore si
muove, con particolare riferimento al sistema elettorale vigente.
I fattori remoti, o di lungo periodo, che determinano le scelte elettorali in
modo stabile, essendo scarsamente variabili da un’elezione a un'altra, sono
fondamentalmente di due tipi. Da un lato le “fratture sociali” (cleavages)
storicamente consolidate che creano un allineamento tra determinati gruppi sociali e
certe forze politiche, le principali delle quali sono le divisioni riguardanti la classe,
la religione, la differenziazione etnica, la regione di residenza. Dall’altro lato il
sentimento di vicinanza psicologica che può svilupparsi tra l’elettore e una dato
partito, noto col nome di party identification, che agisce come fattore di scelta
elettorale costante nel tempo.
Infine i fattori prossimi, o di breve periodo, agiscono in prossimità di una
precisa elezione e possono non avere effetti sulle scelte future dell’elettore. Tra
questi vi sono: i temi (issues) che emergono durante la campagna elettorale e sui
quali l’elettore giudica in base alle proprie idee, e interessi, in merito la posizione
assunta dai diversi partiti; le caratteristiche personali dei leader politici e dei
candidati all’elezione; l’atteggiamento dei mezzi di comunicazione di massa che,
pur non indirizzando direttamente la scelta di voto, enfatizzano alcuni temi dibattuti,
presentano informazioni sui programmi dei partiti, tracciano i profili dei candidati, e
fungono da cassa di risonanza per i sondaggi elettorali.
7
Cfr. Sani, G., alla voce Comportamenti elettorali, in “Enciclopedia delle scienze sociali”, Istituto della
Enciclopedia italiana, Roma, 1993.
13
1.1.2 Due tradizioni metodologiche
Passando a considerare le scelte metodologiche compiute nella ricerca
empirica, si possono individuare due tradizioni fondamentali, una di derivazione
“franco-belga”, l’altra di derivazione anglosassone, utilizzate poi entrambe a livello
internazionale
8
.
La prima si basa sull’analisi ecologica che utilizza dati aggregati per zone
(sezione, comune, regione, ecc.) e consiste nello studio di un preciso contesto
territoriale di cui si conoscono, oltre ai risultati elettorali, le caratteristiche
demografiche, storiche, economiche e sociali. Cercando eventuali regolarità e
correlazioni tra il voto e queste variabili, è possibile individuare i fattori causali del
comportamento elettorale che fanno riferimento all’influenza del contesto. I
vantaggi dell’utilizzo di dati aggregati consistono nella loro comparabilità,
oggettività e accessibilità. Il limite principale dell’analisi ecologica consiste
nell’impossibilità di valutare le variabili individuali, utili a comprendere le
motivazioni dei singoli. Un altro limite importante è la difficoltà di trarre inferenze
dalla conoscenza di relazioni tra variabili ecologiche, in particolare l’impossibilità
di inferire da un livello ecologico ad uno individuale (il pericolo in questo caso è di
incorrere nella “fallacia ecologica”).
La seconda tradizione metodologica si basa al contrario sull’analisi di dati a
livello individuale, raccolti attraverso interviste su campioni rappresentativi della
popolazione di riferimento, in occasione di un’elezione o di più tornate elettorali.
L’affermazione di questo tipo di ricerca nell’ambito del comportamento elettorale
avviene attraverso quattro studi fondamentali tenuti in occasione delle elezioni
presidenziali americane del 1940, 1948, 1952 e 1956
9
. Sviluppato nel contesto
americano e solo gradualmente adottato in Europa, questo approccio permette di
cogliere gli aspetti soggettivi del comportamento elettorale, di individuare i fattori
causali connessi ai caratteri socio-economici o agli atteggiamenti dell’individuo. I
8
Cfr. Mannheimer, R., Capire il voto, Franco Angeli, Milano, 1989.
9
Cfr. Rossi, P.A., Four Landmarks in Voting Research, in Burdick, E., e Brodbeck, A., American Voting
Behavior, cit, pp. 5-54.
14
suoi limiti, al di là delle difficoltà pratiche dovute alla complessità e al costo della
raccolta e analisi dei dati necessari, soprattutto prima della diffusione dei moderni
calcolatori elettronici, sono principalmente legati allo strumento dell’intervista, in
particolare al fatto che la bontà dei risultati risulta legata alla disponibilità delle
persone a farsi intervistare, alla loro sincerità e alla capacità di ricordare
comportamenti del passato. La scelta dell’individuo come unità di analisi, d’altro
canto, riflette un’importante premessa teorica: la percezione soggettiva considerata
come elemento costitutivo del comportamento politico, interpretato in buona parte
come il risultato delle risposte soggettive alla realtà esterna, così come viene
percepita.
1.2 I paradigmi della ricerca
1.2.1 Gli approcci classici
Nella ricerca sul comportamento elettorale si sono delineati tre approcci
fondamentali, nati nel contesto americano negli anni ’40 e ‘50 e presi come
riferimento a livello internazionale.
1. Il modello sociologico, basato sulla teoria delle “fratture sociali”, secondo la
quale la scelta di voto può essere vista come funzione della posizione sociale
dell’individuo: conosciuto il suo profilo socio-demografico è possibile
determinarne le scelte politiche. Un ruolo fondamentale è quindi rivestito dalla
classe, dalla regione e dalla religione di appartenenza dell’individuo. Sviluppato
negli anni ’40 dai ricercatori della Columbia University, il modello è noto come
“Columbia approach” e ha trovato una definizione in due opere principali: The
People’s Choice
10
e Voting: a study of opinion formation in a presidential
campaign
11
.
2. Il modello socio-psicologico, elaborato dagli studiosi del Survey Research
Center dell’università del Michigan, pone l’accento sul concetto di party
10
Lazarsfeld, P.F., et al., The People’s Choice, Columbia University Press, New York, 1944.
11
Berelson, B., et al., Voting: a study of Opinion Formation in a Presidential Campaign, University of
Chicago Press, Chicago, 1954.
15
identification come componente esplicativa del comportamento elettorale.
Conosciuto come “Michigan approach” è stato perfezionato attraverso tre opere
fondamentali: The Voter Decides
12
, The American Voter
13
e Elections and the
Political Order
14
.
3. La teoria della Rational Choice, secondo la quale l’elettore è guidato nelle sue
scelte politiche dalla volontà di massimizzare il proprio interesse, è stata
introdotta da Downs in An Economic Theory of Democracy, 1957.
I primi due modelli, basati sul ruolo centrale delle predisposizioni sociali o
psicologiche di lungo periodo, hanno dominato gli studi elettorali fino alla metà
degli anni ’70. In seguito si sono dimostrati sempre più inadatti a interpretare una
società non più statica ma caratterizzata da processi di modernizzazione, mobilità
sociale e geografica, aumento dell’istruzione, in cui le identificazioni e le
collocazioni sociali tendono a indebolirsi.
Al contrario, la teoria della Rational Choice, che aveva avuto poca eco
inizialmente, è stata rivalutata nel momento in cui le predisposizioni di lungo
periodo si sono dimostrate indebolite, e spesso utilizzata come cornice all’interno
della quale valutare l’impatto di fattori di breve periodo.
1.2.2 Nuove direzioni di ricerca
Gli studi recenti si concentrano infatti sempre più spesso sulle nuove
“scorciatoie” che l’elettore utilizza per fare le sue scelte, rivalutando l’importanza
causale dei fattori prossimi: la valutazione dei candidati, il ruolo dei leader politici
(capi partito o capi coalizione, comunque personaggi con funzione di attrazione e di
indirizzo del voto), l’influenza dei mass-media (quindi l’importanza della
comunicazione politica), i temi e i programmi dei partiti che caratterizzano la
campagna elettorale. L’idea che sta alla base di queste nuove direzioni di ricerca è
quella di un elettore non più socialmente determinato, meno identificato, più
esposto ai mezzi di comunicazione, non necessariamente interessato alla politica,
12
Campbell, A., et al., The Voter Decides, Row, Peterson & co., Evaston, Illinois, 1954.
13
Campbell, A., et al., The American Voter, Wiley, New York, 1960.
14
Campbell A., et al., Elections and the Political Order, Willey, New York, 1966.
16
che compie la propria scelta utilizzando le informazioni che gli sono più facilmente
accessibili.
Finché gli allineamenti partitici risultavano le principali determinanti del
voto, le personalità dei leaders avevano presumibilmente poca importanza ai fini
della scelta, e la loro valutazione da parte dell’elettore era probabilmente
condizionata dalle lealtà di partito. Essendo venute meno molte di queste lealtà,
elementi quali la leadership divengono oggi più importanti. Ragionevolmente, si
può supporre che laddove esiste un forte squilibrio nella considerazione dei leaders
di partito da parte degli elettori, questo avrà un effetto sul risultato. Nei casi in cui
questo non accade, il ruolo del partito nel determinare la scelta di voto sarà cruciale.
Poiché gli elettori sono potenzialmente più aperti alle influenze durante la
campagna elettorale, anche i singoli candidati assumono un’importanza maggiore: il
voto non è più rivolto necessariamente al partito e può essere influenzato dalle
caratteristiche del candidato e dalla eventuale valutazione del suo operato, nel caso
in cui abbia già ricoperto la carica per cui vuole essere rieletto.
Infine l’effetto dei media è sempre più oggetto di analisi, anche se la sua
valutazione risulta molto problematica. Vi è disaccordo ad esempio sull’effettivo
ruolo della televisione, sebbene alcuni esperti le attribuiscano una parte
fondamentale nel processo di deallineamento elettorale, attraverso l’offerta di
un’informazione politica più ampia e facilmente accessibile. Gli elettori possono
essere più aperti anche alla persuasione da parte della stampa, mentre in passato le
si attribuiva solo un effetto nel rafforzare lealtà di parte già esistenti.
17
1.3 Il “Columbia approach”
In occasione delle elezioni presidenziali americane del 1940 e del 1948
Lazarsfeld e i suoi collaboratori del Bureau of Applied Social Research della
Columbia University condussero due studi, con l’intento di analizzare “quei
processi che mettono in relazione precedenti attitudini, aspettative, contatti
personali e affiliazioni di gruppo con la scelta finale, e di tracciare i cambiamenti di
opinione nel corso della campagna”
15
. Ogni ricerca fu concentrata in una comunità
particolare (Erie County, Ohio, nel 1940 e Elmira, New York, nel 1948)
intervistando lo stesso gruppo di persone ripetutamente (sette volte nel primo caso,
quattro nel secondo).
Il presupposto iniziale del primo studio era l’esistenza di un’analogia tra il
comportamento dell’elettore e quello del consumatore: entrambi si trovano a
scegliere tra una varietà di candidati (prodotti), ciascuno con particolari qualità,
spesso decidendo solo in ultimo in base a particolari condizionamenti. Votare era
considerato un atto individuale influenzato dalla personalità dell’elettore e dalla sua
esposizione ai mass media. Questo modello si dimostrò errato per molti aspetti.
Innanzitutto si scoprì che nel “mercato elettorale” esisteva un gran numero
elettori con forti brand loyalties, ovvero la tendenza a votare sempre allo stesso
modo, molti dei quali mostravano un attaccamento di lungo periodo nei confronti di
uno o dell’altro partito politico. Inoltre la maggior parte degli elettori aveva preso la
propria decisione all’inizio dalla campagna elettorale, mantenendola invariata
durante la stessa.
La più importante scoperta fu che tre variabili sociali, status socioeconomico,
religione, e residenza (urbana o rurale), avevano un ruolo fondamentale nel
determinare la preferenza del candidato: Lazarsfeld e Berelson formalizzarono
queste associazioni in un “Indice di predisposizione politica”, una combinazione
delle tre variabili, che permetteva di classificare gli elettori in una scala ai cui
15
Berelson, B. et al., Voting: a Study of Opinion Formation in a Presidential Campaign, University of
Chicago Press, Chicago, 1954, p. 8.
18
estremi erano collocati coloro che avevano una forte predisposizione per il partito
Repubblicano da un lato e per il partito Democratico dall’altro. Dall’associazione
tra la base sociale e la scelta elettorale, questi fattori emergevano come
predisponenti gli elettori a votare un certo partito
16
. Da queste osservazioni gli
studiosi trassero la famosa conclusione che “A person thinks, politically, as he is,
socially. Social characteristics determine political preferences”
17
.
Il voto, più che espressione di una scelta individuale, presentava quindi una
forte caratterizzazione sociale: le attitudini individuali si formavano e si
rafforzavano attraverso l’appartenenza a gruppi sociali quali la famiglia, la classe, il
gruppo etnico, religioso, o altre associazioni di cui una persona faceva parte.
L’influenza personale risultava molto più forte di quella dei mass media. L’elettore
poteva cambiare opinione o essere indeciso soprattutto nei casi in cui agivano su di
lui delle “cross-pressures” (pressioni incrociate), ovvero quando i differenti gruppi
di cui faceva parte lo spingevano politicamente in direzioni opposte.
Infine, per quanto riguarda l’effetto della campagna elettorale, furono
completamente riviste le ipotesi iniziali formulate dai ricercatori: ben lontana dal
servire a convincere gli indipendenti e gli indecisi e a “convertire” gli antagonisti, la
campagna di ciascun partito riusciva a raggiungere soprattutto i più “partigiani” di
ciascuno schieramento, e la sua funzione principale risultava quella di rafforzare
preferenze già formate.
Lazarsfeld e i suoi colleghi svilupparono il concetto di “two-step flow of
information” (dai mass media agli opinion leaders, da questi alla massa) secondo il
quale molte persone non erano direttamente influenzate dai mass media, ma
tendevano a seguire le opinioni dei leaders informali dei gruppi sociali di cui
facevano parte, i quali prestavano molta attenzione ai messaggi dei media e li
riproponevano, diffondendoli.
16
Più specificamente fu notato che gli elettori di basso status sociale, quelli che vivevano in città e i cattolici
tendevano ad essere Democratici, mentre le persone di classe superiore, coloro che vivevano in zone rurali e i
protestanti erano con maggiore probabilità Repubblicani.
17
Lazarsfeld, P.F. et al., The People’s Choice, Columbia University Press, New York, 1944, p. 27.
19
La ricerca condotta ad Elmira nel 1948 aveva lo scopo di verificare ed
eventualmente modificare queste conclusioni, concentrando l’analisi sul contesto
sociale del comportamento elettorale, sul ruolo delle issues e su quello della
comunità con le sue istituzioni
18
. Analogamente al primo, lo studio dimostrò che la
comunità era formata da un vasto numero di famiglie, cricche e gruppi lavorativi
politicamente omogenei, e che questa omogeneità all’interno dei gruppi primari
tendeva a crescere nel corso della campagna. I ricercatori evidenziarono però questa
volta l’esistenza di un’influenza reciproca tra l’individuo e l’ambiente.
Riguardo alle issues, non risultò una relazione diretta tra l’opinione sui
diversi temi e il voto, al contrario emerse che gli elettori erano piuttosto confusi e
incoerenti nelle loro opinioni, e ricreavano una certa coerenza soprattutto piegando
le posizioni dei candidati sulle issues in modo da farle combaciare coi loro
preconcetti.
Lo studio condotto ad Elmira fallì nel dimostrare sistematicamente i legami
tra gli sforzi delle varie istituzioni della comunità e la decisione degli elettori.
Poiché risultava che il livello di attività delle organizzazioni durante la campagna
era stato minore di quanto previsto dagli studiosi, il ruolo del contesto fu
individuato ad un livello diverso: poiché gli abitanti di Elmira erano per la maggior
parte Repubblicani, i media presentavano la stessa inclinazione, il tono
predominante nelle discussioni era repubblicano, gli autori parlarono di una sorta di
“atmosfera politica” esistente nella comunità, che aveva una forte influenza sulla
scelte individuali. L’assunto implicito era l’esistenza di “una sorta di gerarchia di
influenze: quando la scelta di voto è chiaramente indicata dalle caratteristiche
sociali di una persona, dall’inclinazione dei suoi rapporti personali più stretti o dalla
sua ideologia, l’influenza della comunità è minima; quando queste direttive non
sono presenti, o quando spingono l’elettore in direzioni tra loro contraddittorie,
l’influenza della comunità si fa sentire”
19
.
18
Rossi, P., Four Landmarks in Voting Research, cit., p. 27.
19
Ivi, p.32.