INTRODUZIONE
Il presente lavoro trae spunto da un’osservazione di G.
Giordan, secondo il quale ‹‹ la persistenza della religione nel
mondo contemporaneo si inserisce all’interno di un nuovo
panorama sociale e culturale più complesso del precedente, che
costringe a ricomprendere il rapporto con il sacro in termini
difficilmente paragonabili al contesto del mondo tradizionale››
1
.
In tale senso la domanda di fondo è se, nel caso di
Mondragone, attualmente, si sia di fronte a forme di religiosità e
devozione popolare ‘tradizionali’ o non piuttosto, almeno
nell’oggi, ad una loro ‘reinterpretazione’ e rivisitazione in chiave
di attualità. Lo studio della devozione popolare a Mondragone
(culti, feste, etc.) - considerato nelle sue relazioni con la vita
contadina - non potrà poi che prendere le mosse dall’analisi della
religiosità della comunità. Tale religiosità ha finito per permeare,
come si avrà modo di vedere, ogni aspetto della vita sociale ed ha
lasciato tracce e vestigia ‘fisiche’ nell’intero territorio. La
religiosità mondragonese sarà analizzata, quindi, in rapporto alla
‹‹maniera di una collettività di credere solidamente nei principi
della fede cattolica, il modo in cui la gente vi si è rapportata nei
diversi frangenti della sua storia››. Del resto gli aspetti sociali del
fenomeno religioso, in ambito mondragonese appaiono evidenti.
Secondo Valente ‹‹il culto di Dio era divenuto l’unico bene
inalienabile di cui la persona poteva pienamente godere e, nel
frattempo, era il modo migliore per comprendere la propria
esistenza, magari nell’attesa di una vita migliore in una realtà
4
1
Giordan G., Introduzione. Dall’osservanza religiosa alla ricerca spirituale, in, Giordan G.
(a cura di), Tra religione e spiritualita: il rapporto con il sacro nell’epoca del pluralismo, F.Angeli,
Milano, 2006, p.18. Valente C., Mondragone Sacra. Viaggio nella memoria dello spirito, Caramanica
Editore, Marina di Minturno, 2005, p. 14.
spirituale››
2
. La chiesa poi, nella sua stessa struttura fisica,
svolgeva duplice ruolo. Da un lato in quanto ‘casa di Dio’ era il
luogo della religiosità e dello spirito, del contatto con la superiore
potenza divina. Dall’altro, ‹‹il luogo di culto era forse l’unico
ambiente in cui il signore e il povero si ritrovavano alla pari,
anche se con le dovute distanze imposte dalle regole sociali››
3
.
La fusione di sociale e religioso si aveva poi con la morte,
quando ‹‹ alla fine dell’esistenza materiale, ci si tratteneva in
attesa dell’ambita rinascita dello Spirito; era il sepolcro di tutti,
dunque, ma nei modi determinati dall’appartenenza sociale››
4
Nell’analisi si cercherà di tenere conto di alcune
fondamentali impostazioni di carattere metodologico. Ad
esempio, per quanto riguarda il concetto di ‘sopravvivenza’, il
rischio da evitare, come sottolineato da De Vita è quello di
rifarsi a ‹‹una sorta di presente-antico o antico-presente che,
grazie alle dirette ed esclusive ascendenze naturali, lasciate
spesso indeterminate e nel vago, contiene in sé – per una parte o
per l’intero – la cultura dell’uomo contadino (più di rado il
richiamo raggiunge il cosiddetto primitivo)››
5
. In particolare,
‹‹tali soluzioni, dissimulando il collegamento con il mondo rurale
concreto propongono quale esito finale la immagine di una
contemporaneità svuotata dei suoi riferimenti reali››
6
. Si cercherà
dunque, per quanto possibile, di evitare di cadere nei rischi della
5
2
Ibidem
3
Ibidem. Quanto rilevato da Valente rimanda, presumibilmente, ad una fondamentale
‘ambiguità’ della chiesa cristiana che, se da un lato efficace instrumentum regni, dall’altro, per lo
stesso messaggio che recava, fonte di possibile eguaglianza a livello sociale.
4
Valente C., Mondragone Sacra. Viaggio nella memoria dello spirito, cit., p. 15.
5
De Vita G., Cultura popolare. Stereotipi e contemporaneità, in , De Vita G. (a cura di), 2003
Itinerari entnografici in provincia di Frosinone, Quaderno DEA N. 1, Dipartimento di Scienze umane
e sociali, Facoltà di Lettere e filosofia, Università degli studi di Cassino, Editrice Frusinate
Frosinone 2009, p. 15.
6
Ibidem.
‘tradizione evocata’, per mostrare quanto nel presente – ed in che
forme – permanga della tradizione religiosa di Mondragone. Per
poter al meglio rappresentare quanto detto dapprima sono stati
definiti i concetti essenziali per l’interpretazione del percorso
stesso: vediamo l’espletazione delle credenze popolari e religiose
a Mondragone. Sono stati trattati soprattutto gli aspetti
geografici, storici e sociali di Mondragone nel corso del tempo.
Successivamente si verterà sulla religiosità e sulla presenza del
cristianesimo a Mondragone, per cercare di mostrare quanto il
fattore religioso abbia influenzato l’identità della città. Si
specificheranno le agiografie dei santi degli edifici religiosi di
Mondragone, precedute a sua volta da un prospetto antropologico
sul concetto si santità nel Meridione. Dopodichè sono stati
rappresentati e ben definiti i motivi centrali che hanno
determinato la scelta del presente lavoro. A questa parte fa poi
seguito una breve introduzione, di carattere teorico sul concetto
di cultura. Inoltre per poter introdurre le metodologie che si
cercheranno di utilizzare ed i criteri di ricerca, è stato descritto lo
statuto attuale dei concetti di cultura popolare, religione popolare
e festa popolare. Infine, l’attenzione sarà rivolta alla devozione
popolare a Mondragone, a come essa si esplichi nei diversi culti e
nelle differenti festività religiose, che saranno analiticamente
analizzate. Saranno inoltre richiamate le caratteristiche salienti
della vita contadina di Mondragone. Di particolare importanza
risulta l’accenno alle varie leggende, miti e credenze
superstiziose che animano la città di Mondragone; credenze che
sono state estratte da testi e interviste dirette alla gente del paese.
Nell’ultimo paragrafo, infine, Mondragone sarà analizzata come
città religiosa e nel suo peculiare rapporto col cristianesimo, che
ne è stato a lungo la principale componente.
6
Per continuare la ricostruzione storica prima e contemporanea
poi, si è ricorsi, a delle interviste dirette ai parroci locali, e a
persone del paese credenti e devote. Dopo un richiamo al ‘sacro’
e alle caratteristiche del rapporto sacro-profano’, e in relazione
alle caratteristiche della spiritualità nelle attuali società
secolarizzate, si cercherà di vedere se a Mondragone persistano
forme di religione e di devozione ‘tradizionali’ e come e se la
religione informi ancora il carattere del luogo e come ciò si
ponga in relazione con l’attuale ‘rispiritualizzazione’ del
religioso.
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7
CAPITOLO I
CREDENZE POPOLARI E RELIGIOSE A
MONDRAGONE
8
I.1 Cenni storici su Mondragone
Le origini e le ipotesi circa il nome Mondragone sono varie. Secondo una
prima ipotesi il nome deriva dal nome dato alla Rocca dai Normanni, Rocca Dragone,
quasi a titolo onorifico verso la moglie del conte Riccardo II, figlia di Dragone, conte
di Puglia, di nome Rocca. Una seconda ipotesi vuole il nome derivare dalla
somiglianza del monte Petrino, che sovrasta la città, con un drago. Più suggestiva e
leggendaria è la terza ipotesi che vuole l’origine del nome legata all’esistenza di un
drago che appestava e uccideva chiunque trovasse sul suo passaggio. Altra ipotesi è
che al tempo dell’invasione barbarica, la famiglia dei Dragoni fu costretta ad
abbandonare il paese e a rifugiarsi sul castello sito sul Monte Petrino che sovrasta la
città e da lì il nome Monte dei Dragone che con il tempo è diventato appunto
Mondragone. Per risalire alle origini storiche di Mondragone si deve tornare indietro
di molti secoli ad una città chiamata Sinope. Purtroppo non si è potuto fare un
adeguato studio sulle sue origini, perché solo una piccola parte di Sinope è stata
sottoposta ad ordinati scavi. Sinope, città di originie greca, sorgeva sulla spiaggia in
una piccola pianura, da cui fu tratto il suo nome. Si ritiene sia stata fondata prima
della distruzione di Troia nel 3193 a.C., da Ausone, figlio di Ulisse e Calipso e dai
popoli della Tessaglia. Inoltre la città fu chiamata Sinope anche in ricordo di un’altra
città del Ponto
7
. La città era costruita sull’asse del Monte Massico e collegata
direttamente all’entroterra agricolo dell’Agro Campano. Situata presso la foce del
fiume Liri-Garigliano, era in grado di accogliere più navi in un vasto porto lagunare e
per questo Sinope era considerata il migliore ancoraggio di Gaeta, Misero e Cuma
8
.
Tuttavia qualche critico negò che Sinope potesse essere considerata fra le città
italiane più antiche, a causa di mancanza di prove tangibili. Esistono tuttavia le
rovine di fortificazioni preromane, che fanno supporre l’esistenza di una città già in
7
Greco B., Storia di Mondragone , Patrocinio del Comune di Mondragone, Tipografia Mincione, 1927, p. 1.
8
Riccio L. (a cura di), Sinuessa, Patrocinio del Comune di Mondragone, Tipografia Bianco, 1987, p. 1.
9
periodo anteriore a quello di una colonia da parte dei Romani
9
. Nel 415 a.C. Tito
Torquato combattè contro i Latini, occupò Sinope, la riedificò e la rese città Romana.
Da allora la città di Sinope venne nominata Sinuessa, nome della divinità pagana
Ninfa Sinuessa
10
. Quest’ultima secondo documenti epigrafici doveva essere una città
vastissima e una località molto rinomata all’epoca dell’Impero Romano per la sua
posizione geografica, per la produzione del vino Falerno e per le Terme Sinuessane,
le cui acque possedevano qualità altamente curative. La città rivestiva una grande
importanza in quanto aveva templi che si ergevano su colonne di granito e di marmi
preziosi; aveva portici, mosaici ed altri edifici pubblici. Testimonianza di questa
importanza archeologica sono i ruderi di statue; lapidi e cippi. Inoltre la sua
importanza derivava anche dal fatto che fosse situata su due strade trafficate: l’Appia
e la Domitiana. Ma proprio a causa di questa sua posizione fu oggetto di continue
lotte tra i Romani e diverse popolazioni che tentavano di conquistarla, tra cui i
Sanniti, i Greci e i Goti, la incendiarono. Nel 578 a C. fu arricchita di un foro con
portici e tre famose porte, di un anfiteatro e di pubblici edifici; divenne un luogo di
villeggiatura romana. Ma la ricchezza di questa città fu travolta dall’ira degli
imperatori pagani che avviarono uccisioni e persecuzioni nei confronti dei cristiani.
L’incredibile e violenta strage indusse buona parte della popolazione sinuessana a
fuggire sulla Rocca del Monte. A mezza costa dello stesso monte chiamato Petrinum,
sorse un nuovo villaggio chiamato Petrinum Sinuessanum
11
. La formazione di questo
centro abitato comportava la nascita della città di Mondragone. Intanto i vandali di
Genserico nel 455 d.C. incendiarono Sinuessa e la Rocca. Ma finalmente con
Teodorico si ebbe un periodo di pace, durante il quale la vita sulla Rocca e nel
villaggio riprese il suo ritmo, mentre in Sinuessa andava sempre più affievolendosi.
Nel 544 Totila, re dei Goti,diede nuovamente alla fiamme la Rocca del Monte
Pertino. In seguito vi fu l’invasione Alemanna e della Rocca rimasero la vestigia e
pochi ruderi. Sinuessa ormai disabitata conservava ancora il nome; il vescovo e la
9
Sementini A., Mondragone nel tempo, Patrocinio del Comune di Mondragone, Tipografia Bianco, 1989, pp.
17-18.
10
Schiappa A. (a cura di), Mondragone, Patrocinio del Comune di Mondragone, Tipografia Bianco, 1980, p. 9.
11
Greco B., Storia di Mondragone, cit., p. 41.