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Prefazione
Oggi viviamo in un mondo in cui l'economia agisce a livello planetario: è
questa la globalizzazione. Essa non è un fenomeno nuovo ed ha seguito un
suo percorso storico; soprattutto in questi ultimi anni sta manifestando le sue
precise caratteristiche e i suoi effetti nei mercati, nella finanza, nelle
migrazioni, nei flussi commerciali, ma anche l‟esigenza di istituire strumenti
atti alla sua regolamentazione, per evitare, i suoi effetti collaterali.
Di fatto, le economie mondiali sono interconnesse, i mercati borsistici
strettamente collegati, le aziende, non solo quelle multinazionali, ma anche le
medie e le piccole, sono in grado di dislocare la produzione fuori dai confini
nazionali, laddove è più conveniente.
In particolare, oggi le imprese tendono ad espandersi globalmente attraverso
strutture divisionali internazionali, globali per prodotto, per area geografica o
a matrice e tutto ciò per sfruttare al meglio economie di gamma e di scala ed
avere fattori di produzione a costi minori.
Tutto il mondo, in particolare i paesi occidentali, consuma gli stessi prodotti,
vede gli stessi film, legge i medesimi romanzi, beve Coca-Cola e mangia da
McDonald‟s, sfoglia giornali assemblati tecnicamente e ideologicamente allo
stesso modo, si connette a Internet.
Tutto è strettamente collegato, per cui, secondo una celebre immagine, un
“battito d'ali di farfalla” a New York produce conseguenze concrete e spesso
imprevedibili in tutto il mondo: gli Stati Uniti, infatti, sono la realtà guida,
egemone, della globalizzazione, il modello da imitare universalmente.
Gli Stati nazionali sembrano ormai segnare il passo perché basati su realtà
obsolete, inidonee a garantire la libera e veloce circolazione di beni, servizi,
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idee, fautrici di potenziali pericolosi sciovinismi, capaci di minare la pace,
quella pace così necessaria all'intera economia.
Persino gli Stati europei, ricchi di una forte identità storica, hanno
recentemente portato a termine un'unione che non è soltanto economica, ma
anche politica e amministrativa.
Tuttavia, il tema della globalizzazione si presta ad interpretazioni controverse
e spesso contraddittorie: ad esempio essa rappresenta la promessa di maggiore
libertà e benessere per i cittadini di tutto il mondo, ma al contempo costituisce
un pericolo, perché favorisce l'omogeneizzazione culturale, l'omologazione
consumista, la fine delle particolarità culturali, dell'identità dei popoli e della
ricchezza delle tradizioni locali.
A tal proposito esistono due movimenti di opinione: i critici ritengono la
globalizzazione un concetto inventato dal potere economico, propagandato e
venduto “come un dentifricio”, per contrabbandare un nuovo colonialismo, il
dominio incontrastato delle multinazionali, l'oppressione "scientifica" dei
poveri del mondo e persino delle classi medie della società affluente; i
sostenitori, invece, ritengono ingiustificate le proteste e le lamentele dei critici
e, ad esempio, vedono nelle multinazionali uno strumento fondamentale per lo
sviluppo della parte più arretrata del pianeta. Grazie, infatti, all'abbattimento
delle barriere doganali, c'è la possibilità di diminuire i costi e le spese fisse e,
contestualmente, far crescere economicamente i paesi in via di sviluppo,
fornendo nuove e molteplici opportunità occupazionali ed appoggio politico.
La globalizzazione “la stiamo vivendo”, sostenendo costi ed effetti propri
della crisi mondiale che ci minaccia, per non dire che ormai ci ha raggiunto.
Si tratta proprio di una crisi globale quella che in questi primi anni del
ventunesimo secolo affligge il nostro mondo.
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Molte sono le proposte per uscire da questa crisi, ma la più valida
sembrerebbe quella di riorganizzare la politica più che l‟economia stessa,
puntando, ad esempio, ad un più efficiente apparato istituzionale in Europa.
Il divario fra ricchi e poveri si sta ampliando sia in Europa sia negli Usa che
in questo periodo hanno visto fallire la Lehman Brothers, la quarta banca più
importante del mondo: questo tracollo, a causa di un mondo ormai
globalizzato, avrà ripercussioni non solo su Wall Street, ma sulle borse di
tutto il mondo.
Ampi strati della popolazione, persino nel ricco Occidente, conducono una
vita sempre più precaria, alla mercé della variabilità del mercato.
Questo stato di cose “impedisce” alle persone di sperare, di progettare il
futuro per sé e per i propri figli.
L'insicurezza e l'incertezza totale, elevate a sistema di vita, possono purtroppo
portare alla disgregazione individuale, familiare, sociale. Non si può
pretendere, infatti, che un individuo cambi lavoro una decina di volte nell'arco
della vita, senza subire conseguenze personali e familiari: la flessibilità delle
persone non è illimitata.
E' altresì vero che la pletora di beni e servizi, che ci vengono quotidianamente
offerti a prezzi più convenienti, è un beneficio e che la globalizzazione
rappresenta probabilmente un processo irreversibile di modernizzazione, il
compimento di un cammino culturale che ha visto sempre più filosofi e
intellettuali pensare in modo “globale”, “totale”, “universale”.
Alla luce di queste considerazioni preliminari, con il presente lavoro ho
cercato di analizzare la globalizzazione in un‟ottica più economica che
scientifica, ponendo l‟attenzione su tre elementi: origini del fenomeno ed
effetti sulle imprese e in Europa.
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Nella prima parte del lavoro sono state delineate le origini della
globalizzazione, analizzate le sue fasi caratteristiche, le sue singole
sfaccettature; nello specifico, è stata esaminata la globalizzazione della
finanza, dei mercati e gli sviluppi che tale fenomeno ha assunto grazie alla
conoscenza e all‟innovazione. Si è ritenuto opportuno effettuare un breve
excursus atto a fornire un‟immagine della globalizzazione attuale, ovvero
quella neoliberista, ponendo anche l‟attenzione sui relativi strumenti per
regolarla e controllarla e formulando ipotesi sulle possibili ripercussioni di
questo fenomeno tanto complesso.
La seconda parte del lavoro, invece, si è basata sugli effetti della
globalizzazione sulle scelte d‟impresa, ricercando le motivazioni che
spingono l‟impresa ad entrare nel mercato globale, le strategie, gli approcci, i
meccanismi e le strutture utilizzate, gli strumenti atti a conseguire i vantaggi.
L‟analisi della tematica in oggetto è continuata attraverso una
rappresentazione degli approcci con cui oggi le imprese mondiali si
affacciano al mercato globalizzato per arrivare alla conclusione che il modello
migliore è quello transazionale in quanto, pur offrendo livelli elevati di
coordinamento, approfondimento e trasferimento della conoscenza e delle
innovazioni organizzative, è caratterizzato da un notevole grado di
differenziazione per affrontare la complessità ambientale.
L‟impostazione conclusiva ha voluto mettere in risalto gli effetti della
globalizzazione in Europa caratterizzata da una crisi continentale che se pochi
decenni fa sembrava lontana, oggi ci ha colpito così velocemente e
improvvisamente, a causa della globalizzazione, cogliendoci piuttosto
impreparati soprattutto sul fronte finanziario.
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La finanza, infatti, è stato il settore che più di tutti ha usufruito, se così si può
dire, delle opportunità messe a disposizione dalla globalizzazione; di
conseguenza, è quello che sta generando più problemi.
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CAPITOLO I
Le forme della globalizzazione
1.1 Concetto di globalizzazione
Definire cosa sia la globalizzazione e il momento in cui questo fenomeno
diventa rilevante nella nostra società è molto difficile e spesso controverso.
Molteplici sono le definizioni, ma forse la più appropriata è quella che
definisce la globalizzazione come “la crescente integrazione dell‟economia
internazionale”
1
.
Pur considerando il fatto che essa ha una pesante ricaduta sull‟ambiente, sulla
cultura, sull‟aspetto geopolitico, sulla vita di ogni giorno, è necessario
esaminare tutto ciò che effettivamente oggi si può ritenere globalizzato dal
punto di vista economico.
Con la globalizzazione dei mercati, infatti, tutte le frontiere, i caratteri
immateriali sopravanzano gli elementi tangibili; il tempo diviene una
funzione critica dell‟esistenza e la mobilità di persone, beni, conoscenze e
idee affermano nuovi sistemi di relazioni.
La globalizzazione, quindi, determina una profonda evoluzione dei legami
economico-sociali, con una loro progressiva trasformazione da territoriali a
funzionali.
1
Definizione data dal Fondo monetario internazionale.
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1.2 Diverse visioni sulla globalizzazione
Il termine globalizzazione fu coniato negli anni Ottanta da Theodore Levit, un
guru del marketing dell‟Harvard Business School, nel suo lavoro “The
Globalization of Markets”
2
. Oggi di tale termine si è fatto un largo abuso
tanto che, relativamente al solo periodo 1990-2003
3
ci sono circa 2000 titoli
in inglese dedicati alla globalizzazione.
Secondo quanto sostenuto recentemente da John Kenneth Galbraith, la
globalizzazione è “una parte integrante di quel sapere convenzionale e di
quelle opinioni condivise che conducono all‟economia, a una visione e
interpretazione della realtà, che agevolano grandi interessi precostituiti
finanziari e politici ”
4
.
Altri studiosi, invece, considerano la libera concorrenza funzionale alla
globalizzazione che è intesa come un particolare processo mediante il quale i
sistemi produttivi mondiali si fondono in uno solo e la loro produzione tende
ad essere scambiata sui mercati internazionali. Tutto ciò porta alla
conclusione che, nel caso specifico di concorrenza perfetta, la scelta del
consumatore è irrazionale per definizione. Il costo marginale viene adeguato
al prezzo dalle piccole imprese che, a sua volta è determinato dal mercato
avente funzione di ottimizzare le risorse.
Attualmente, spostandoci verso modelli di concorrenza imperfetta, oligopolio
e monopolio, nei casi più estremi si richiede una maggiore diffusione di
imprese di tipo modulare che si occupano solo di assemblare i moduli del
prodotto ponendo come vincolo ai modular supplies, ovvero i creatori dei
2
Levit T., “The Globalization of Markets”, Harward Business Review, 1983.
3
Fumian C., “Verso una società planetaria”, Roma, 2003, pag. 4.
4
Di Taranto G., “Atlante Luiss”, Roma, 2005, pag.117.