L'efficacia negativa dell'articolo 39 della Costituzione INTRODUZIONE L'elaborato si pone come obiettivo quello di affrontare la problematicità dell'articolo
39 della Costituzione.
Tale articolo pone due principi: quello della libertà sindacale e quello dell'
“autonomia collettiva professionale” 1
.
Il primo è contenuto nel primo comma e garantisce “la libertà dei cittadini di
organizzarsi in sindacati e la libertà delle associazioni che ne derivano” 2
. E'
certamente “il principio giuridico fondamentale sul quale poggia il nostro sistema di
diritto sindacale” 3
.
Il secondo, presente nei commi 2, 3 e 4, “garantisce alle associazioni sindacali di
regolare i conflitti di interessi che sorgono tra le contrapposte categorie mediante il
contratto, al quale poi si riconosce efficacia obbligatoria erga omnes , una volta che
sia stipulato in conformità di una determinata procedura e da soggetti forniti di
determinati requisiti” 4
.
Nel primo capitolo si è trattato della libertà sindacale.
Il “carattere aperto ed elastico” 5
della formula costituzionale “l'organizzazione
1
Corte Costituzionale, sentenza n. 106 del 1962.
2
Corte Costituzionale, sentenza n. 106 del 1962.
3
G. Giugni, Diritto sindacale , Cacucci, Bari, 2003, pag. 25.
4
Corte Costituzionale, sentenza n. 106 del 1962.
5
P. Bellocchi, Libertà e pluralismo sindacale , Cedam, 1998, pag. 17.
5
L'efficacia negativa dell'articolo 39 della Costituzione sindacale è libera”, contenuta nel primo comma dell'articolo 39, ha reso
necessario cercare di definirne il contenuto alla luce anche delle Convenzioni
internazionali e comunitarie che hanno affermato questo principio. Si è proceduto
poi all'analisi della legge n. 300 del 1970, il c.d. Statuto dei lavoratori , essendo
questa la fonte normativa più importante, dopo la Costituzione, in materia di libertà
sindacale.
Il primo comma dell'articolo 39 pone, dunque, solo il problema di definire il
contenuto del principio in esso enunciato.
Molto più problematica è la seconda parte dell'articolo 39. Ed è ad essa che sono
stati dedicati il secondo ed il terzo capitolo.
Per poter dare attuazione ai commi 2, 3 e 4 è necessario che il legislatore
ordinario emani una legge che renda operativo l'obbligo di registrazione per i
sindacati. Ma ciò non è mai avvenuto. Nel secondo capitolo si è cercato di
spiegarne le ragioni e di individuarne le conseguenze. In particolare, si è voluto
sottolineare che “mancata attuazione” non equivale ad “inesistenza”. Infatti, la
norma esplica un' efficacia negativa . Con l'uso di questa espressione, s'intende
dire che, nonostante non sia stata data attuazione ai commi 2, 3 e 4, dalla loro
presenza nella Carta Costituzionale non si può prescindere. Conseguentemente
solo i sindacati aventi personalità giuridica possono, rappresentati unitariamente in
proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia
obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.
Nel terzo capitolo si è cercato di capire quale sia l'efficacia soggettiva e oggettiva
del contratto collettivo di diritto comune, l'unico stipulabile nel nostro ordinamento,
proprio a causa della mancata attuazione della seconda parte dell'articolo 39.
6
L'efficacia negativa dell'articolo 39 della Costituzione CAPITOLO PRIMO LA LIBERTA' SINDACALE 1. Il principio costituzionale
“ L'organizzazione sindacale è libera ”.
E' questo quanto stabilito dal primo comma dell'articolo 39 della Costituzione.
Con questa norma di carattere precettivo 6
, il Costituente ha voluto affermare la
libertà sindacale come un diritto soggettivo assoluto . Si tratta cioè di un diritto
opponibile erga omnes , ossia verso tutti 7
.
6
M. Rusciano, Contratto collettivo e autonomia sindacale , UTET, 2003. A pag. 3, l'autore
definisce l'art. 39, comma 1, come una norma “fondamentale e immediatamente operante”. A
pag. 12, ribadisce che è opinione unanime che la disposizione del 1° comma dell'art. 39 Cost.
produca effetti nonostante l'assenza della legge sindacale necessaria a rendere operanti anche
gli altri commi della norma costituzionale, “necessaria cioè a dettare regole dettagliate sul
riconoscimento giuridico dei soggetti sindacali e sull'efficacia generale del contratto collettivo”.
7
L'unica limitazione di carattere generale posta a tale libertà è prevista dall'articolo 17 dello
Statuto dei Lavoratori (legge n. 300/1970) concernente il divieto di costituire i cc.dd. sindacati di
comodo (cc.dd. sindacati gialli ). Si tratta di sindacati di lavoratori che, di fatto, tutelano gli
interessi dei datori di lavoro che li hanno organizzati o contribuiscono al loro mantenimento
intralciando, così, l'attività dei veri sindacati di lavoratori. Ved. il paragrafo n. 7 di questo
capitolo.
7
L'efficacia negativa dell'articolo 39 della Costituzione L'affermazione “l'organizzazione sindacale è libera” sancisce il principio giuridico
fondamentale sul quale poggia il nostro sistema di diritto sindacale, in forza del
quale il legislatore non può determinare le forme organizzative dell'azione
sindacale, né limitare il pluralismo sindacale 8
.
Tale principio si contrappone a quello che fu proprio del sistema corporativo
fascista.
L'ordinamento corporativo, con la legge n. 563 del 1926
9
, riconosceva per ogni
categoria professionale 10
un solo sindacato 11
(il cd. sindacato unico ), al quale era
attribuita personalità giuridica pubblica e la rappresentanza legale di tutti gli
appartenenti alla categoria, anche se non iscritti (articolo 5, comma 1: “Le
associazioni legalmente riconosciute hanno personalità giuridica e rappresentano
legalmente tutti i datori di lavoro, lavoratori, artisti e professionisti della categoria,
per cui sono costituite, vi siano o non vi siano iscritti , nell'ambito della
circoscrizione territoriale, dove operano”)
12
.
Il riconoscimento al sindacato della qualifica di persona giuridica di diritto pubblico
consentiva un penetrante controllo dello Stato, che aveva il potere di revocare i
dirigenti sindacali e di esercitare poteri di vigilanza e tutela sull'attività delle
associazioni sindacali corporative. Infatti, l'art. 7 prevedeva che: “Ogni
associazione deve avere un Presidente o segretario che la dirige, la rappresenta
ed è responsabile del suo andamento. Il Presidente o segretario è nominato od
eletto con le norme stabilite dallo statuto. La nomina o la elezione dei presidenti o
segretari delle associazioni nazionali, interregionali e regionali non ha effetto, se
8
G. Giugni, “Diritto sindacale”, Cacucci Editore, Bari, 2003, pag.25.
9
La legge 3 aprile 1926, n. 563 è la legge istitutiva dell'ordinamento corporativo. E' stata
abrogata con D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944, n. 369. L'abrogazione è stata confermata
dall'articolo 24 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112.
10
Della concezione fascista della categoria se ne parlerà nel capitolo successivo.
11
L'articolo 6, co.3 della legge n. 563/1926 stabiliva che: “Non può essere riconosciuta
legalmente, per ciascuna categoria di datori di lavoro, lavoratori, artisti o professionisti, che una
sola associazione (...)”.
12
Dal comma 2 dell'articolo 5 emergeva, ancora più chiaramente, il forte potere che lo Stato
esercitava anche nei confronti dei non iscritti al sindacato [“Le associazioni legalmente
riconosciute hanno facoltà di imporre a tutti i datori di lavoro, lavoratori, artisti e professionisti,
che rappresentano, vi siano o non vi siano iscritti , un contributo annuo (...)”].
8
L'efficacia negativa dell'articolo 39 della Costituzione non è approvata con regio decreto su proposta del Ministro competente, di
concerto col Ministro dell'Interno . L'approvazione può essere, in ogni tempo,
revocata . La nomina o la elezione dei presidenti o segretari delle associazioni
provinciali, circondariali e comunali non ha effetto, se non è approvata con decreto
del Ministro competente, di concerto col Ministro dell'Interno . L'approvazione può
essere, in ogni tempo, revocata . Lo statuto deve stabilire l'organo a cui spetta il
potere disciplinare sui soci e la facoltà di espellere gli indegni per condotta morale
e politica”.
La volontà del legislatore fascista di effettuare un penetrante controllo sul
sindacato emergeva non solo dall'articolo 7 ma da tutta la legge n. 563. Ad
esempio, nei commi due e tre dell'art. 8 si affermava che: “Le associazioni
comunali, circondariali e provinciali sono soggette alla vigilanza del Prefetto e alla
tutela della giunta provinciale amministrativa, che la esercitano nei modi e
secondo le norme da stabilirsi per regolamento. Le associazioni regionali,
interregionali e nazionali sono soggette alla vigilanza e alla tutela del Ministro
competente. Il Ministro competente, di concerto col Ministro dell'Interno, può
sciogliere i consigli direttivi delle associazioni e concentrare tutti i poteri nel
Presidente o segretario per un tempo non superiore ad un anno. Può altresì, nei
casi più gravi, affidare l'amministrazione straordinaria a un suo commissario ”. E
ancora, l'articolo 9: “(...) quando concorrano gravi motivi, e, in ogni caso, quando
vengano meno le condizioni richieste dai precedenti articoli per il riconoscimento,
con decreto reale, su proposta del Ministro competente, di concerto col Ministro
dell'Interno, sentito il parere del Consiglio di Stato, il riconoscimento può essere
revocato ”.
Dalla rappresentanza legale di tutti i componenti della categoria discendeva
l'efficacia erga omnes del contratto collettivo [art. 10, comma 1: “I contratti collettivi
di lavoro stipulati dalle associazioni di datori di lavoro, di lavoratori, di artisti e di
professionisti legalmente riconosciute, hanno effetto rispetto a tutti i datori di
lavoro, i lavoratori, gli artisti e i professionisti della categoria, a cui il contratto si
riferisce, e che esse rappresentano (...)”].
Se il contratto collettivo non veniva concluso tra le parti, la Corte d'Appello nella
funzione di Magistratura del lavoro aveva il potere di definire con sentenza le
9
L'efficacia negativa dell'articolo 39 della Costituzione nuove condizioni di lavoro. Infatti, l'articolo 13, comma 1, disponeva che: “Tutte le
controversie relative alla disciplina dei rapporti collettivi del lavoro, che
concernono, sia l'applicazione dei contratti collettivi o di altre norme esistenti, sia
la richiesta di nuove condizioni di lavoro , sono di competenza delle corti di appello
funzionanti come magistrature del lavoro”. La Corte d'Appello, sempre nella
funzione di “magistrato del lavoro”, giudicava “nell'applicazione dei patti esistenti,
secondo le norme di legge sulla interpretazione e l'esecuzione dei contratti, e,
nella formulazione delle nuove condizioni di lavoro, secondo equità,
contemperando gli interessi dei datori di lavoro con quelli dei lavoratori, e
tutelando, in ogni caso, gli interessi superiori della produzione” (art. 16, comma 1).
Inoltre, l'ordinamento corporativo prevedeva come reato lo sciopero e la serrata
(art. 18, comma 1: “La serrata e lo sciopero sono vietati”).
Alla luce della legge n. 563 del 1926, è evidente che il Costituente, stabilendo che
l'organizzazione sindacale è libera, ha voluto dare un segno di forte rottura con il
passato.
Purtroppo, però, tale volontà emerge solo nel primo comma dell'articolo 39. Nei
commi successivi si manifesta, invece, l'incapacità di rinunciare totalmente agli
schemi che avevano caratterizzato l'esperienza sindacale fascista 13
.
13
Questo argomento verrà affrontato nel capitolo successivo.
10
L'efficacia negativa dell'articolo 39 della Costituzione 2. Il contenuto della libertà sindacale L'articolo 39, comma 1, tutela la libertà sindacale in un'accezione assai vasta 14
.
Il “carattere aperto ed elastico” 15
della formula costituzionale rende difficile
delineare in maniera precisa i confini della libertà sindacale.
Tuttavia, la dottrina si è ripetutamente interrogata sul significato da attribuire alla
norma.
Il Nogler fa presente che il carattere lapidario della formula rende l'espressione
equivoca. Tuttavia, secondo l'autore, sono due le considerazioni certamente vere.
La prima è che la configurazione giuridica della garanzia della libertà sindacale è
identificabile quasi esclusivamente sul piano negativo, ossia come divieto di ogni
limitazione della libertà sindacale.
La seconda è che la norma configura “la libertà sindacale come diritto sociale
fondamentale di ogni singolo lavoratore, direttamente azionabile dinanzi ad un
giudice” 16
.
Fatte queste premesse, l'autore cerca di delineare meglio i confini dell'articolo 39,
comma primo. Egli afferma che l'ambito tutelato dalla norma ricomprende in sé un
insieme di libertà tra cui quella di contrattazione collettiva. L'articolo 39 non si
limita a tutelare l'organizzazione in quanto tale, ma tutela soprattutto l'attività
necessaria all'assolvimento della finalità insita nella sua qualificazione come
sindacale e quindi l'autotutela di interessi connessi a relazioni giuridiche in cui sia
dedotta l'attività di lavoro.
Alla luce di quanto disposto dal Costituente, il legislatore ordinario, secondo il
Nogler, è obbligato a predisporre le condizioni affinché la libertà possa essere
14
M. Rusciano, op. cit., pag. 3.
15
P. Bellocchi, Libertà e pluralismo sindacale , Cedam, 1998, pag. 17.
16
.Nogler, Saggio sull'efficacia regolativa del contratto collettivo , Cedam, 1997, pagg. 120 e ss.
11
L'efficacia negativa dell'articolo 39 della Costituzione effettivamente una libertà di . Questo ruolo consapevole di fattore determinante
della contrattazione collettiva è stato assunto dal nostro legislatore solo a partire
dallo Statuto dei Lavoratori 17
.
Il Lassandari si discosta dall'opinione del Nogler. Egli ritiene che dalla norma
costituzionale si evinca che il diritto di libertà sindacale postula, a carico dello
Stato, un generale obbligo di astensione . Del resto, prosegue l'autore, è
sicuramente questa l'interpretazione sposata dal legislatore ordinario. Infatti, “la
legge italiana non è mai intervenuta, stabilendo ad esempio chi debba trattare
ovvero stipulare il contratto collettivo, in quali occasioni, con quali contenuti;
ancora quali rapporti debbano esistere tra differenti livelli di contrattazione
collettiva ecc.: la determinazione di tutti questi elementi è lasciata a chi firma i
contratti collettivi, i sindacati” 18
.
Il D'Antona, come il Nogler e diversamente dal Lassandari, ritiene che la garanzia
costituzionale della libertà dell'organizzazione sindacale non impone alla legge la
pura astensione ma offre sicura copertura ad interventi legislativi diretti a rendere
effettivo, insieme alla libertà organizzativa dei sindacati, il suo contenuto attivo,
ossia l'esercizio dell'autonomia collettiva 19
.
La Bellocchi ritiene che non vi sia alcun dubbio sul fatto che l'articolo 39 tuteli la
c.d. libertà sindacale negativa 20
, ossia quella libertà che va intesa come “garanzia
del diritto al dissenso” 21
.
L'autrice è altrettanto convinta che la norma tuteli anche ogni aggregato
organizzativo che esercita “attività sindacale ”, intendendosi per tale ogni azione
17
L. Nogler, op. cit., pag. 126.
18
Lassandari, La contrattazione e il contratto collettivo , Ediesse, 2003, pag. 15.
19
M. D'Antona, Il quarto comma dell'art. 39 della Costituzione, oggi , pagg. 113 – 114 in
Contrattazione, rappresentatività, conflitto , a cura di Giorgio Ghezzi, Ediesse, 2000.
20
“Che nell'art. 39, 1° comma, Cost., sia riscontrabile una garanzia della libertà negativa (…) è
assolutamente pacifico”. P. Bellocchi, Libertà e pluralismo sindacale, Cedam, 1998, pagg. 265
-266.
21
P. Bellocchi, op. cit., pag. 266.
12
L'efficacia negativa dell'articolo 39 della Costituzione posta in essere dai lavoratori per l'autotutela degli interessi di lavoro 22
. Si tratta,
dunque, di “attività dei lavoratori 23
come parte contrapposta al datore di lavoro” 24
.
Il Giugni condivide l'orientamento secondo cui la norma in esame tutela la libertà
sindacale negativa, che consiste nel “diritto del lavoratore di non aderire ad alcuna
organizzazione sindacale” 25
o alle attività da esse promosse.
Inoltre, sostiene che il diritto di organizzarsi liberamente, sancito dall'articolo 39,
opera non solo sul piano dei rapporti tra i singoli e lo Stato (in tal caso, si esplica
come “diritto soggettivo pubblico di libertà” 26
) ma anche sul piano dei rapporti
intersoggettivi privati.
Per quanto riguarda il primo aspetto, l'effetto più evidente è quello di impedire allo
Stato di compiere atti che risultino lesivi di tale libertà. Ad esempio, “sarebbe
certamente incostituzionale una legge ordinaria che determinasse con carattere di
esclusività i fini o le forme organizzative del sistema sindacale”.
Quanto al secondo aspetto, cioè quello dei rapporti intersoggettivi, la libertà
dell'organizzazione sindacale si concretizza nella tutela della libertà e dignità del
lavoratore con riferimento a situazioni repressive che possono verificarsi
nell'impresa. Infatti, essa è un'organizzazione basata sul principio di autorità e per
questo possono in essa crearsi situazioni di compressione della libertà e della
dignità di chi vi lavora in posizione subordinata.
La libertà sindacale si concretizza anche nell'impedire all'imprenditore di utilizzare
i poteri che gli derivano dal contratto di lavoro per ostacolare, anche
indirettamente, i lavoratori nell'esercizio dell'attività di autotutela dei propri
interessi.
Il Giugni ritiene che, per garantire la libertà sindacale, sia necessaria una politica
di sostegno delle organizzazioni sindacali dei lavoratori. “La realtà dinamica del
22
Si noti che la Bellocchi ed il Nogler danno la stessa definizione di “sindacale”. Infatti, per
entrambi, è sindacale ogni attività posta in essere per l'autotutela di interessi legati all'attività
lavorativa.
23
Circa l'ambito della titolarità della libertà sindacale, se ne parlerà nei paragrafi successivi.
24
P. Bellocchi, op. cit., pag. 20.
25
G. Giugni, op. cit., pag. 35.
26
G. Giugni, op. cit., pag. 26.
13