1
Introduzione
Io contro mio fratello,
io e mio fratello contro nostro cugino,
io, mio fratello e nostro cugino contro i vicini,
tutti noi contro lo straniero.
(PROVERBIO BEDUINO)
“Rappresentazione letteraria e stereotipi culturali”: la presente
disquisizione cercherà di analizzare con quali finalità di stile, di poetica e
con quale esito retorico particolari immagini letterarie, gli stereotipi
culturali, sono utilizzate all’interno dei testi. Ci si addentrerà, dunque, in
un settore della comparatistica contemporanea, l’imagologia, che a partire
dalla seconda metà del ventesimo secolo ha progressivamente stabilito e
organizzato le proprie linee guida.
Il tutto è stato da me preso in considerazione in quanto credo che gli
stimoli che alimentano la curiosità e l’immaginazione nei confronti
dell’Alterità siano oggi sempre più vari e molteplici. Alle informazioni lette
o ascoltate si aggiungono, difatti, gli incontri con gli immigrati, i turisti, i
facili viaggi, i mass media, internet. Quasi quotidianamente ci ritroviamo,
pertanto, ad esprimere giudizi, fare confronti, immaginare altri luoghi e
altre situazioni che differenziano la propria Identità da ciò che non le
appartiene.
Senz’altro, per quanto le fonti di informazione siano oggigiorno più
puntuali e rapide, la letteratura riveste un ruolo importante nella
formazione di questo immaginario “Altro”. Ad esempio, è proprio
attraverso la letteratura che possiamo conoscere tutto quello che sul tema
dello straniero è stato espresso in tutti i tempi e in tutte le culture; quei
giudizi, quelle immagini, quei pensieri che sin dall’antichità rispondevano
2
al bisogno, comune a tutte le società umane, di stabilire la differenza tra
l’Io e l’Altro. I giudizi espressi sulle altre comunità avevano raramente un
fondamento empirico ma, anche a partire dal Settecento, quando il Grand
Tour divenne una pratica diffusa tra nobili e letterati, i giudizi formulati
non risulteranno scevri da pregiudizi e stereotipi.
Pertanto, questo tipo di immagini, giunte a noi come mediate o
rielaborate da sensibilità diverse e operanti in contesti storico–sociali
diversi, hanno nel loro potere di suggestione più che di verità quella forza
che ancora oggi influenza il nostro pensiero nella formazione di un
immaginario su ciò che è considerato “Altro”.
Nel primo capitolo verrà stabilito con chiarezza l’orientamento
comparatistico del progetto, evidenziando il valore che assumono gli
stereotipi culturali all’interno di un testo letterario. Dopo aver delineato il
tutto, si fornirà una descrizione delle principali tappe attraverso cui sono
nati e si sono sviluppati gli studi di imagologia e le loro potenzialità nel
campo dell’analisi del testo e dell’ermeneutica del testo, per poi riuscire ad
approdare al tema centrale della disquisizione (esaminato nello specifico
nei capitoli secondo, terzo e quarto), che cercherà di mostrare come lo
studio sulle immagini letterarie possa permettere di individuare e definire i
tratti costitutivi degli stereotipi culturali all’interno di un testo letterario,
ovvero come, operativamente, gli stereotipi vengono impiegati nella
comunicazione letteraria. Oggetto dell’analisi testuale saranno due
romanzi: Musica Rock da Vittula
1
di Mikael Niemi e L’Eleganza del riccio
2
di
Muriel Barbery.
1
NIEMI Mikael, Populärmusik från Vittula, Stoccolma, Noestedts Förlag, 2000, trad. it. a cura di Katia De
Marco, Musica Rock da Vittula, Milano, Iperborea, 2002.
2
BARBERY Muriel, L'Élégance du hérisson, Paris, Gallimard, 2006, trad. it. a cura di Emanuelle Caillat e Cinzia
Poli, L'Eleganza del riccio, Roma, Ed. e/o, 2007.
3
Capitolo primo
VALORE COMPARATISTICO DELLE IMMAGINI
LETTERARIE
1.1 Orientamento comparatistico del progetto
«I pregiudizi sono i pilastri della civiltà»
3
!
Vorrei partire proprio da questa affermazione di André Gide per
evidenziare quanto le immagini culturali, inclusi pregiudizi, stereotipi,
clichés e luoghi comuni nei confronti dell’Alterità, di ciò che è al di fuori
dell’immaginario culturale di appartenenza, siano sempre più varie,
molteplici e più o meno persistenti.
I rapporti fra singoli, fra l’Io e l’Altro riguardano diverse discipline come
l’antropologia e la storia culturale, l’etnologia e l’etologia, la psicologia
sociale e l’etnopsicologia e, con pari diritto, la letteratura comparata, in
particolare l’imagologia che si serve della stessa terminologia
osservando anche le dimensioni estetiche, retoriche e soggettive. In
questo senso essa tende ad indagare le immagini culturali da almeno due
punti di vista: da un lato perché queste non sono altro che la
rappresentazione dell’Alterità, manifestazioni dell’interesse dell’uomo
verso l’Altro e quindi espressioni di tutte le operazioni con cui ogni cultura
investe le altre; dall’altro per il ruolo interno che le immagini rivestono in
un testo, le funzioni svolte, i condizionamenti che esercitano sul testo
letterario, i loro rapporti con i codici linguistici. Come sintetizza
efficacemente Yves Chevrel
4
, il termine “imagologia” designa un settore
degli studi di comparatistica centrati sull’analisi delle immagini culturali
dell’Altro, attraverso le quali è possibile rilevare strutture mentali e
psicologiche, individuali e collettive che, anche grazie all’intermediazione
3
GIDE Andrè, Les faux‐monnayeurs, Paris, 1925, trad. it., I falsari, Milano, Bompiani, 1990, p. 11.
4
Yves Chevrel ha riproposto un manuale di letteratura comparata nel 1989 per la collana Que sais‐je? , uscito
anche in una edizione italiana, La letteratura comparata, trad. di A. Cammarota, Roma, Carucci, 1991.
4
di clichés e stereotipi, rinviano a ciò che è straniero o comunque non
riconducibile all’idea di nazionalità intesa come modello di aggregazione e
coesione sociale e culturale.
Ecco, dunque, le linee di fondo dell’orientamento comparatistico di
questo progetto volto ad indagare come particolari varianti statiche delle
immagini, gli stereotipi appunto, che traspaiono dai testi letterari e che,
sin dall’antichità, hanno risposto al bisogno comune di porre un confine
tra il noto e l’ignoto, stabiliscono la differenza tra l’Io e l’Altro. Dall’analisi
di questi testi letterari e dal contesto storico-sociale in cui sono stati
prodotti è possibile, infatti, evincere le ideologie e i pregiudizi culturali che
essi esprimono ed in cui sono radicati, in quanto in essi si condensano per
lo più le idee che un autore condivide con l’ambiente sociale e culturale in
cui vive. Allo stesso tempo, la descrizione di un paese straniero e dei suoi
abitanti mette in gioco la visione che un autore ha della propria cultura e
la maniera in cui egli vi si colloca, ossia la propria identità culturale. Come
vedremo, infatti, ogni image si costituisce attraverso un continuo
confronto che muove dall’Identità all’Alterità, giacché parlare degli altri è
sempre anche un modo per rivelare qualcosa di sé.
E’ ben comprensibile, dunque, come una metodologia di ricerca e di
analisi che affronta i temi dell’Alterità, quale l’imagologia appunto, sia
oggi, nell’epoca della globalizzazione, di grande attualità: un’epoca
caratterizzata, infatti, sempre più da incomprensioni, persino intolleranza
nei riguardi dell’ Altro, diventate più forti e più potenti degli scambi e delle
osmosi culturali. Si pensi alla recente opinione pubblica in merito agli
extracomunitari, solo per citarne un esempio, sempre più lucidamente
permeata da pregiudizi e stereotipi in merito a particolari tradizioni
culturali e religiose estranee all’immaginario culturale collettivo
occidentale e, come tali, ritenute assolutamente negative e non tollerabili.
D’altronde il problema si ripropone in maniera speculare spostando il
punto di osservazione e da lì indagando i rispettivi immaginari.
La scelta dell’indirizzo del mio progetto è stata, pertanto, mossa dalla
possibilità di riuscire a dimostrare come, avvalendosi della pratica
5
comparatistica imagologica e, quindi, dello studio delle immagini
letterarie, si riesca a praticare un vero e proprio incontro con
l’immaginario culturale “altro”, immergendosi in esso e privilegiando la
dimensione straniera del testo. Ecco che gli stereotipi, nonostante il più
delle volte assumano connotazioni negative, divengono utili strumenti atti
a praticare una sorta di confronto e incontro tra immaginari culturali
nettamente distanti e apparentemente incompatibili tra di loro. Non a
caso il comparatista francese Daniel-Henri Pageaux, riferendosi alla
disciplina, parla di «incontro con la cultura straniera», «dialogo delle
culture»
5
.
1.2 L’ image
Prima di fornire una sorta di excursus storico riguardo la nascita e lo
sviluppo dell’imagologia, bisogna precisare ciò che si intende per
immagini letterarie e perché queste rivestono un interesse comparatistico.
L’immagine ha una natura dinamica e molteplice: esistono immagini
grafiche (pitture, disegni, …), immagini ottiche (specchi, proiezioni,
miraggi, rifrazioni,…), immagini attinenti alla sfera della percezione
(apparizioni, flashback, flashforward,…), immagini mentali (sogni, ricordi,
idee, visioni, …) e immagini verbali (descrizioni, metafore, allegorie, …).
Sembra, allora, assai arduo tentare di definire il termine “immagine”
senza prescindere dalla sua stessa dimensione plurale. Ora, prima di
entrare nello specifico della tipologia di immagini rilevanti ai fini
dell’analisi testuale sviluppata da una prospettiva imagologico-letteraria -
le immagini verbali – è importante cogliere nel concetto stesso di
immagine la sua natura ambigua: è nell’immagine che si realizza la
rappresentazione e l’incontro del Sé e dell’Altro; l’image è
“rappresentazione” di una realtà culturale condivisa dall’individuo o da un
gruppo che osserva in relazione a quello osservato e ne rivela lo spazio
5
PAGEAUX Daniel‐Henri, La lyre d’Amphion. De Thèbes à La Havane. Pour une poétique sans frontières, Paris,
Presses de la Sorbonne Nouvelle, 2001, p. 9.
6
culturale e ideologico nel quale si trova. Ogni immagine ha, difatti, origine
da una presa di coscienza:
«di un Io in relazione all’Altro, di un Qui in relazione all’ Altrove
6
».
Scrive Maurice Blanchot:
«L’immagine, secondo l’analisi comune è dopo l’oggetto: essa è nel
seguito; noi vediamo, poi immaginiamo. Dopo l’oggetto verrebbe
l’immagine
7
».
Molto articolata è la riflessione sulle immagini sviluppata da Jean-Jaques
Wunenburger, che, comunque, prende le mosse affermando che:
«Possiamo chiamare convenzionalmente immagine una
rappresentazione concreta, sensibile (a titolo di riproduzione o copia)
di un oggetto (modello referente), materiale (una sedia) o
concettuale (un numero astratto), presente o assente dal punto di
vista percettivo, e che intrattiene un tale legame col suo referente da
poterlo rappresentare a tutti gli effetti e consentirne così il
riconoscimento e l’identificazione tramite il pensiero, in tal senso
l’immagine si distingue nettamente dalle cose reali in se stesse,
considerate al di fuori della loro rappresentazione sensibile, sia dalla
loro rappresentazione in veste di concetto : forme che, a prima vista,
non intrattengono alcun rapporto di somiglianza o di connessione con
la cosa, in quanto oggetto separato da ogni intuizione sensibile del
suo contenuto
8
.»
6
PAGEAUX Daniel‐Henri, De l’imagerie culturelle à l’imaginaire, in BRUNEL Pierre, CHEVREL Yves (sous la dir.
de), Précis de littérature comparée, PUF, Paris, 1989, p. 135, (T. d. A.).
7
BLANCHOT Maurice, L’espace littéraire, Paris, Gallimard, 1955, tra. it., Lo spazio letterario, Torino, Einaudi,
1967, successivamente in Einaudi Reprints, 1975, p. 223.
7
Dalle affermazioni del filosofo francese emerge il principio di base secondo
il quale vedere e pensare sono attività strettamente correlate, ed è su
questa correlazione che prende forma l’immaginario attraverso cui
ognuno di noi si rapporta al mondo, ricavandone immagini sempre
diverse. Inoltre, Wunenburger, interrogandosi sulla possibilità di poter
disporre di un’effettiva identità nominale del termine “immagine”, ne
propone un modello di classificazione in termini filosofici: ad un primo
livello semantico pone l’«immagine impressione», che, come tale accoglie
i prodotti della rappresentazione libera di contenuti, tanto reali quanto
fantastici. Opposto al livello precedente colloca «l’immagine soprattutto
nella tradizione empirista» in cui sono presenti contenuti rinvianti tanto
alla sfera dello spirituale quanto alla sfera del sensibile. Ad un livello
intermedio, infine, l’immagine si assocerebbe ad «un’idea di
rappresentazione la cui percezione perduri in assenza di intuizione e dia
luogo a procedimenti mnesici, per fissarla con la memoria, o immaginativi
per rielaborarla con l’immaginazione
9
».
Da questa classificazione emerge un dato rilevante: l’istanza mimetica
dell’immagine oscilla costantemente tra rappresentazione sensibile e
rappresentazione mentale
10
.
D’altronde, anche dal punto di vista etimologico, il termine “immagine” e
l’idea che ad esso di associa risultano alquanto ambigui: l’etimologia
greca rimanda a due termini, eikon (a sua volta etimologicamente
collegato a eikos ed associabile, pertanto, a somiglianza, icona) ed
eidolon (etimologicamente collegato a eidos, associabile cioè a idea,
visione).
8
WUNENBURGER Jean‐Jacques, Philosophie des images, Paris, PUF, 1997, trad. it., Filosofia delle immagini,
Torino, Einaudi, 1999, p. 5.
9
Ibidem, pp. 11‐12.
10
PROIETTI Paolo, Specchi del letterario: l’imagologia, Palermo, Sellerio, 2008, pp. 41‐42.