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INTRODUZIONE
La presente trattazione si pone l‟obiettivo di analizzare il Disturbo Post
Traumatico da Stress, cioè l'insieme delle sofferenze psicologiche che seguono
un evento traumatico, all‟interno della terapia di gruppo a composizione
omogenea. Si vuole inoltre valutare l‟eventuale presenza di congruenze e
differenze tra gruppi terapeutici di natura diversa.
La tesi fa parte di una ricerca congiunta divisa in due parti: la prima legata al
trauma della guerra vissuta quotidianamente come nel caso del conflitto
israelo-palestinese, la seconda riferita al trauma provocato da un evento
naturale, nello specifico il terremoto dell‟Aquila, di cui se ne occupa la mia
collega, Federica Leoni. Un ulteriore focus, comparato con i due casi
precedenti, è quello sull‟attacco terroristico dell‟11 Settembre 2001 a New
York.
Si intende rilevare quali siano le differenze principali nel processo di
elaborazione del trauma rispetto al contesto sociale e alla causa che lo ha
scatenato.
Abbiamo ipotizzato che la percezione del trauma vissuto quotidianamente,
come nel caso della popolazione israeliana, abbia effetti più intensi nella
sintomatologia post traumatica rispetto al trauma caratterizzato come evento
unico, quale il terremoto.
La ricerca è stata condotta anche nei luoghi fisici del trauma attraverso una
serie di interviste rivolte a quattro noti autori internazionali (Robi Friedman,
Clementina Petrocco, Howard Kibel, Silvia Corbella), i quali hanno condotto
in particolare gruppi omogenei composti da pazienti che avevano tutti subito lo
stesso trauma (conflitto israelo-palestinese perpetrato nel tempo, terremoto
dell‟Aquila, attentato terroristico dell‟11 Settembre 2001 a New York) e gruppi
misti.
Per questo motivo la presente si impegna a comprendere le differenze che
intercorrono tra i due tipi di gruppi, ponendo particolare attenzione ai gruppi
omogenei e su quanto questi possono essere risolutivi nel caso di un evento
traumatico.
6
La struttura dell‟elaborato descrive a grandi linee, in una prima parte, quella
che è la nozione di Disturbo Post Traumatico da Stress e, avvalendosi del
contributo fornito dalle interviste sopra citate e di articoli di divulgazione
scientifica, intende poi esplorare il trauma dei civili nel contesto del conflitto
tra arabi e israeliani che dura ormai da oltre sessant‟anni.
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CAPITOLO 1 CONCETTI GENERALI
« La paura è il segnale di un pericolo imminente. Si assume, comunque, che il
pericolo sia evitabile o affrontabile. Quando un individuo si confronta con un
pericolo che è determinato come inevitabile o impossibile da fuggire, e non è
possibile ricevere alcun aiuto, allora l'unico esito è la resa. Questa visione è in
accordo con quella di Freud (1926) secondo cui: "il nucleo, il significato" della
causa di un trauma psichico è "la valutazione delle nostre forze rapportate
all'entità del pericolo, l'ammissione della nostra impotenza di fronte a esso"».
(Henry Kristal, Regolazione degli affetti e narcisismo)
1.1 Il trauma
Prenderò in considerazione prima di affrontare la nozione di Disturbo Post
Traumatico da Stress, la concezione generale di trauma in vari ambiti.
Etimologicamente il sostantivo “trauma” deriva dal greco voce
del verbo ferire). Da ciò si deduce che il trauma sia di natura esterna all‟agente
e che abbia delle conseguenze visibili e tangibili come sono appunto le ferite.
«Il trauma psichico è il dolore degli impotenti. Nel momento del trauma, la
vittima è resa inerme da una forza soverchiante e se si tratta di forze della
natura parliamo di disastri, quando la forza è quella di altri esseri umani,
parliamo di atrocità»
1
. Quello che viene sconvolto è il senso di controllo, di
relazione e di significato dell‟essere umano, proprio perché quello che è
sopraffatto è la normale capacità umana di adattarsi alla vita. La condizione
umana che ne scaturisce è di impotenza e terrore, infatti secondo il
Comprehensive Textbook of Psychiatry, un elemento caratterizzante del
trauma psichico è un sentimento di «intensa paura, perdita di controllo e
minaccia di annichilimento»
2
.
1
J. L. Herman (2007), Guarire dal trauma, Roma, Edizioni Scientifiche Ma. Gi. Srl.
2
N. C. Andreasen (1985) , Post-traumatic Stress Disorder, in Comprehensive Textbook of Psychiatry, a
cura di H. I. Kaplan, B.J. Sadock, IV ediz., Baltimore, Williams&Wilkins.
8
Dal punto di vista neurofisiologico, una normale risposta umana al pericolo
sarebbe caratterizzata da cambiamenti nel sistema nervoso simpatico come un
afflusso di adrenalina e uno stato di allerta, in modo che tutta l‟attenzione si
rivolga alla situazione immediata. Inoltre, si alterano anche le normali
percezioni: non si sente il senso di fame, la fatica o il dolore, e infine sono
presenti sentimenti intensi di paura e rabbia. Tutto ciò è una normale reazione
adattiva che mobilita la persona minacciata dalla situazione.
Al contrario, quando si tratta di evento traumatico non sono possibili né la fuga
né la resistenza e come già accennato il sistema di autodifesa viene sopraffatto.
Gli eventi traumatici causano cambiamenti profondi e durevoli per quanto
riguarda le emozioni, la cognizione, la memoria e gli stati di eccitazione
fisiologica e si può persino assistere ad un processo di frammentazione come se
il trauma scomponesse il sistema di auto protezione che normalmente funziona
in modo integrato.
Un efficace esempio letterario si ha citando il poeta Robert Graves: «Dal punto
di vista mentale e nervoso ero ancora organizzato per la guerra. Le bombe
continuavano a esplodere nel mio letto a mezzanotte […] Quando fui
abbastanza forte da risalire la collina dietro Harlech e visitare la mia amata
campagna, riuscii a vederla solo nella prospettiva di un campo di battaglia»
3
.
Da ciò si può intendere che chi ha subito una situazione traumatica si comporta
come se il suo sistema nervoso fosse scollegato dal presente.
Il Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) riconosce
l‟evento traumatico come qualcosa al di fuori dell‟abituale esperienza umana,
nello specifico le caratteristiche prevedono che l‟agente abbia vissuto o
assistito ad uno o più eventi concernenti morte, rischio di morte, gravi lesioni o
una minaccia per se stesso e gli altri e a cui abbia risposto con un
atteggiamento di impotenza, paura od orrore.
3
R. Graves (1929), Goodbye to all that, New York, Doubleday, 1957.
9
1.2 Cenni storici
Per capire a fondo il concetto di trauma è necessario ripercorrere a grandi linee
la sua evoluzione storica.
Il concetto di “trauma psichico” nasce alla fine del „800, ma è solo nel 1883
che viene associato alla nozione di shock; da allora vari autori incominciano a
discutere sulla natura di questi disturbi nervosi causati dalla paura. Jean Martin
Charcot ha posto al centro della ricerca l‟“isteria traumatica”; saranno poi
verso la metà degli anni Novanta dell‟800, Pierre Janet in Francia e Sigmund
Freud con il suo collaboratore Josef Breuer, a Vienna, a comprendere che
l‟isteria era una condizione causata da un trauma psichico.
È proprio un alterato stato di coscienza, causato da reazioni emotive a eventi
traumatici, che induce i sintomi propri dell‟isteria. Questo stato alterato di
coscienza, è stato chiamato da Janet “dissociazione” e da Frued e Breuer
“coscienza doppia”.
Nuovi passi avanti sugli studi sullo stress traumatico avvengono con la I guerra
mondiale: infatti, tra i soldati si registrarono molti casi di nevrosi traumatica.
Era come se i soldati di leva si fossero trasformati in donne isteriche, gridavano
e piangevano in maniera incontrollabile per poi immobilizzarsi e ammutolirsi.
Si calcola che in Germania tra il 1914 e il 1918 oltre 600.000 soldati vennero
ricoverati negli ospedali militari per “malattie al sistema nervoso”. Spesso
queste erano provocate, secondo lo psicologo inglese Charles Myers, dal
cosiddetto “shock da bombardamento”. Nello specifico questo disturbo non era
sempre causato da incidenti che coinvolgevano il fisico, perché a volte era
sufficiente vedere gli orrori della guerra per sviluppare i sintomi.
«Shock da bombardamento. Quante volte un breve bombardamento ha prodotto
un effetto ritardato nella mente di quelli che sopravvissero, molti dei quali
guardavano i compagni e ridevano mentre l‟inferno faceva del suo meglio per
distruggerli. Non fu quella la loro ora più maledetta; ma ora, ora nel soffocare
di un incubo madido di sudore, nella paralisi delle membra, nel balbettio di un
discorso disarticolato. O peggio, nella disintegrazione di tutte quelle qualità che
li rendevano coraggiosi e altruisti e privi di vittimismo – questa, negli uomini
10
di qualità migliore, fu la tragedia indicibile dello shock da bombardamento
[…]»
4
.
Lo stesso Freud si è occupato del problema della “nevrosi di guerra”
individuando sotto forma di sogni e incubi le nevrosi traumatiche dei reduci
austriaci della prima guerra mondiale: nei sogni che si ripetevano
frequentemente, infatti, i soggetti rivivevano la loro situazione traumatica.
Inoltre, nell‟opera “Introduzione alla psicoanalisi delle nevrosi di guerra”
(1919), Freud ribadiva che queste nevrosi causate da esperienze traumatizzanti
o da incidenti si presentavano anche successivamente, in tempo di pace.
Dopo pochi anni la fine della guerra il grande interesse per i casi da nevrosi da
guerra diminuisce e, inoltre, la presenza di questi casi negli ospedali per i
veterani divenne motivo di imbarazzo, soprattutto per le società civili che
volevano dimenticare. Ma durante la seconda guerra mondiale emerge un
nuovo coinvolgimento medico per questa nevrosi. Concetti come la “sindrome
post traumatica” (Kardiner ,1941) e “la nevrosi da guerra” (Grinker, Spiegel,
1943) compaiono in questo periodo. Kardiner sostiene che la sindrome
racchiudeva aggressività, fissazione sull‟evento traumatico, irritabilità e
eccessive reazioni a stimoli esterni. Successivamente, si riconobbero molti
sintomi simili a quelli dei soldati in guerra nei civili che erano stati sottoposti a
stress acuti. Alla fine della guerra, però, si ristabilisce uno scarso interesse, sia
da parte dell‟opinione pubblica sia da parte dei medici, verso le condizioni
psicologiche dei traumatizzati di guerra.
Tuttavia, negli Stati Uniti, la guerra del Vietnam permette di focalizzare di
nuovo l‟attenzione sui devastanti effetti della guerra sulla salute mentale dei
sopravissuti. Dopo la guerra, la Veterans‟ Administration incaricò ampi studi
sull‟impatto dell‟esperienze di guerra sulla vita dei veterani tornati a casa e un
libro di cinque volumi sugli effetti della guerra dimostrò che i problemi
psichiatrici, sia a breve sia a lungo termine, che influenzavano anche la
personalità e l‟adattamento dei reduci, erano in relazione con l‟esposizione al
combattimento.
4
P. Fussel, a cura di, (1983) Siegfried Sassoon’s Long Journey: Selections from the Sheraton Memoirs,
New York, Oxford university Press.
11
Nel 1980, la sindrome del trauma psichico diviene una diagnosi “reale”, infatti
l‟American Psychiatric Association include nel suo manuale ufficiale dei
disturbi mentali una nuova categoria: “Disturbo Post Traumatico da Stress”.
1.3 Il Disturbo Post Traumatico da Stress (DPTS)
Prima di proseguire con questa mia trattazione è necessario puntualizzare che
la mia non vuole essere un‟analisi dettagliata del DPTS; ciò che ritengo
opportuno è fornire una panoramica generale su questo disturbo prima di
introdurre il tema della mia ricerca. Per un adeguato e approfondito studio sul
DPTS rimando alla consultazione di una letteratura più specifica.
Secondo la definizione del DSM III, il DPTS è una particolare condizione che
può insorgere nell‟individuo in seguito all‟esposizione ad un evento stressante
o ad un trauma. Gli effetti di questa esperienza possono portare conseguenze
devastanti a livello fisico, psicologico e sociale.
I molti sintomi del DPTS rientrano in tre principali categorie: gli stati di
“sovreccitazione”, di “intrusione” e di “restrizione” ( J. L. Herman, 2007).
Sovreccitazione: In seguito ad un‟esperienza traumatica uno degli
atteggiamenti più frequenti è quello di uno stato di allerta permanente e
di tensione come se il pericolo potesse ripresentarsi. Lo studioso Abram
Kardiner afferma che «il nucleo della nevrosi traumatica è una
fisionevrosi»
5
riscontrabile nei veterani della prima guerra mondiale nei
quali era possibile osservare uno stato permanente di allerta,
ipervigilanza, incubi e disturbi psicosomatici. Studi analoghi
confermano che questi cambiamenti causati dal DPTS sono estesi e
durevoli, inoltre i pazienti presentano reazioni eccessive sia a stimoli
associati al ricordo dell‟evento sia a stimoli generici. Lo stato di
sovreccitazione permane sia nello stato di veglia sia nello stato di sonno
tanto che i pazienti traumatizzati impiegano molto tempo ad
addormentarsi e si svegliano più frequentemente durante la notte.
5
A. Kardiner, H. Spiegel, (1947), War, Stress, and Neurotic Illness, New York, Hoeber.
12
Intrusione: Caratteristica comune di coloro che hanno subito un
trauma è quella di rivivere continuamente l‟evento senza riuscire a
riprendere il normale corso della vita. Flashback durante lo stato di
veglia e incubi nel sonno sono i principali segni di quanto sia ancora
vivida la memoria del trauma. Come le pazienti isteriche di Janet erano
dominate da una idee fixe, così i veterani analizzati da Kardiner
presentavano la cosiddetta “fissazione al trauma”. I ricordi traumatici
non sono codificati come ricordi normali e mancano di una narrazione
verbale e di un contesto. Esperimenti condotti su animali, dimostrano
infatti che quando sono presenti livelli alti di adrenalina e di altri
ormoni da stress, i ricordi si imprimono più profondamente. I soggetti
colpiti da trauma rivivono quel momento non solo nei sogni (o incubi)
ma anche nelle loro azioni, tanto da rimettere in atto i momenti
traumatici con l‟idea di cambiarne l‟esito, a rischio di subire un
ulteriore danno. Freud chiamò queste intrusioni “coazione a ripetere” e
lo interpretò come un tentativo di controllare il trauma e come un
tentativo spontaneo, non riuscito, di guarigione. Secondo lo psichiatra
Mardi Horowitz le esperienze traumatiche che non sono assimilate,
sono conservate in un genere speciale di «memoria attiva, che ha una
intrinseca tendenza a ripetere la rappresentazione dei contenuti. Il
trauma si può risolvere solo se viene elaborato un nuovo schema
mentale per comprendere quello che è accaduto»
6
. Ma, molto spesso i
pazienti si rifiutano di rivivere il trauma in quanto ne sono terrorizzati.
Restrizione: Caratteristica di questo sintomo è l‟alterazione dello stato
di coscienza tipica dei traumatizzati. Quest‟alterazione fa sì che gli
eventi siano coscientemente registrati ma al contempo scollegati dal
loro normale significato. Ne consegue una percezione alterata del
tempo e un estraniamento, come se si osservasse il proprio corpo
dall‟esterno. E se nei momenti di pericolo questo atteggiamento può
essere adattivo, esso diventa disadattivo quando il pericolo è passato.
6
M. Horowitz (1986), Sindrome di risposta allo stress: valutazione e trattamento, Milano, Raffaello
Cortina Editore.
13
Nel periodo che segue un‟esperienza di pericolo si può avere un‟oscillazione
tra la risposta di intrusione e di restrizione; questa dialettica è forse l‟aspetto
più caratteristico del DPTS. Inoltre, l‟alternanza tra questi due stati estremi è
vista come un tentativo di trovare un equilibrio, così da creare nel soggetto
ondate di sentimenti eccessivi e stati di insensibilità, azioni rabbiose e stati di
apatia che si perpetuano nel tempo. L‟instabilità prodotta da queste oscillazioni
arriva però a esasperare ancor più il soggetto traumatizzato.
1.4 Criteri diagnostici del DPTS secondo il DSM IV
L‟inclusione del DPTS nella categoria degli stati d‟ansia del DSM III è stata
molto discussa, poiché l‟ansia è solo un elemento di tutti i sintomi; così
l‟Advisory Subcommittee del DSM IV ha deciso di classificare questo disturbo
in una nuova categoria, secondo la risposta dello stress (Brett, 1993).
I criteri diagnostici del DPTS secondo il DSM IV, sono:
A. La persona è stata esposta ad un evento traumatico nel quale erano
presenti entrambe le caratteristiche seguenti:
1) la persona ha vissuto, ha assistito o si è confrontata con eventi che
hanno implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una
minaccia all‟integrità fisica propria o di altri;
2) la risposta della persona comprendeva paura intensa, sentimenti di
impotenza o di orrore.
B. L‟evento traumatico viene rivissuto persistentemente in uno (o più) dei
seguenti modi:
1) ricordi spiacevoli ricorrenti o intrusivi dell‟evento, che
comprendono immagini, pensieri o percezioni;
2) sogni spiacevoli ricorrenti dell‟evento;
3) agire o sentire come se l‟evento traumatico si stesse ripresentando
(ciò include sensazioni di rivivere l‟esperienza, illusioni,
allucinazioni ed episodi dissociativi di flashback, compresi quelli
che si manifestano al risveglio o in stato d‟intossicazione);