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PREMESSA
Il tema di questa trattazione non è un argomento astratto o lontano dal mio vivere quotidiano,
tutt‟altro. Da più di quindici anni la Filarmonica Rivarolese è la mia seconda casa, una famiglia, un
gruppo di amici che attendo di incontrare con impazienza e non un semplice luogo di
apprendimento e allenamento fine a sé stesso.
Gli anni trascorsi nella filarmonica mi hanno permesso di fare tante esperienze e anche nella fatica o
difficoltà ho avuto la fortuna di non esser mai sola. Ho iniziato il corso allievi all‟età di dodici anni
per il puro piacere di suonare e mai avrei pensato che un giorno questa passione sarebbe stata
addirittura l‟argomento della mia tesi di laurea. Durante la preliminare raccolta di materiale ho
potuto constatare che in passato mai nessuno aveva scritto o trattato in modo approfondito e con
metodo la storia e la vita della nostra filarmonica. Il solo materiale edito riguardante la banda è
costituito da sporadici e non sempre curati articoli di giornale, notizie di varie attività culturali
promosse dal Comune, ma nulla che potesse servire per una ricostruzione storica attenta ed
accurata.
Un percorso socio-antropologico è risultato ideale per trattare la vita e l‟evoluzione di un gruppo di
persone in modo originale e soprattutto fedele alla realtà. Ho avvertito l‟esigenza di raccogliere tutta
la “nostra” storia, le attività, i riti e le tradizioni, ma soprattutto i pensieri di coloro che suonano
insieme a me e con i quali ho condiviso esperienze uniche e preziose.
L‟antropologa Laura Bonato afferma che «il metodo etnografico classico assegna un ruolo
privilegiato all‟osservazione partecipante di lunga durata sul campo, che prevede la partecipazione
dello studioso alla vita sociale della comunità osservata a distanza e, allo stesso tempo, il
mantenimento di una sufficiente distanza cognitiva che gli permetta di svolgere adeguatamente il
lavoro scientifico» (Bonato,2006 p.126). Secondo Alessandro Duranti (1992), quando il ricercatore
si cala nella realtà, corre il rischio di iniziare ad interpretare la realtà sociale similmente ai soggetti
presi in esame portando quindi la visione del mondo come naturale a lui stesso. Questo meccanismo
fa sì che risulti più difficile quel distacco, quell‟oggettività richiesta nell‟analisi imparziale degli
eventi. Inevitabilmente lo studioso di realtà sociali sarà contemporaneamente “dentro e fuori” dal
mondo preso in esame. Il “dentro” gli permetterà di acquisire un grado di conoscenza empatico ed
approfondito, ricco di emozioni e di soggettività; il “fuori” consentirà il giusto distacco per una
buona osservazione critica.
Anche in questa tesi l‟essere contemporaneamente “dentro e fuori” è stato determinante. Essere un
membro della filarmonica (e perciò “dentro”), mi ha permesso di avvicinarmi con maggior facilità e
comprensione non solo ai vari aspetti comunitari ed organizzativi, ma anche umani. Soprattutto
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durante le interviste la reciproca conoscenza ha permesso al colloquio di svolgersi con tranquillità,
naturalezza, portando alla luce aspetti che un individuo “esterno” difficilmente avrebbe potuto
raccogliere. Non è stato però sempre facile far convivere il “dentro e fuori” perché a seconda dei
casi si veniva a privilegiarne uno a scapito dell‟altro.
Condivido pienamente la visione di Wissler (1923) secondo cui la ricerca in un contesto conosciuto
al ricercatore è una delle principali difficoltà delle scienze sociali, proprio perché è assai arduo
guardare con gli occhi di un estraneo qualcosa di famigliare. Fin dall‟inizio ho ritenuto
fondamentale avere uno sguardo esterno, in particolare quello dei cittadini, per poter capire in che
modo la banda venisse considerata dagli abitanti di Rivarolo. Mi sono spinta “fuori” dalla familiari
mura della sala prove per andare invece “dentro” ai pub frequentati da ragazzi di tutte le età, nelle
aule dell‟università della terza, nelle scuole medie e superiori, negli uffici comunali e in quelli della
pro-loco, negli oratori e nelle vari associazioni ricreative della zona. Questo percorso non ha
condotto alla sola stesura della tesi, ma mi ha permesso di arricchire ulteriormente il mio personale
bagaglio di conoscenze di vita. Tutti questi aspetti che all‟inizio consideravo esterni, in cosiddetto
“fuori”, al termine del mio percorso sono diventati parte integrante del mio “dentro”.
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INTRODUZIONE
Questa tesi analizza da un punto di vista prettamente antropologico e socio-organizzativo la Società
Filarmonica di Rivarolo Canavese.
Rivarolo Canavese è una cittadina di circa dodicimila abitanti a nord di Torino, nel cuore del
Canavese, a pochi chilometri dalla riserva del Parco Nazionale del Gran Paradiso. In questo
scenario la classica “banda di paese” assume un ruolo importante insieme alle altre numerose
associazioni e gruppi culturali del territorio rivarolese.
Il desiderio di sviluppare una riflessione di tipo antropologico su questo tema nasce dal fatto che io
stessa sono rivarolese e faccio parte della filarmonica dall‟età di tredici anni. L‟antropologia delle
società complesse ha costituito il principale collante e motore della tesi; mi ha permesso di
arricchire e vedere con occhi più attenti una realtà intimamente vicina .
Il primo capitolo del mio lavoro è dedicato alla storia della Società Filarmonica, dalle sue presunte
origini fino ad arrivare agli anni Quaranta-Cinquanta del Novecento. Non si tratta di un mero
racconto storico-cronologico, ma vengono presentati alcuni aspetti della vita comunitaria, il
Regolamento Disciplinare del 1885, i “padri fondatori” e promotori dell‟iniziativa, l‟organizzazione
sociale e burocratica, il diverso rapporto che intercorreva tra direttivo e musici, i primi repertori ed
esibizioni. Negli anni è mutato non solo il concetto di banda, ma anche il pubblico a cui si rivolgeva
e le occasioni di esibizione; se oggi siamo in grado di classificare i vari impegni “gerarchicamente”,
in origine tale diversificazione era del tutto assente ed ogni occasione aveva un vivo valore in sé.
Notevole è stato l‟impegno profuso nella ricerca e nella raccolta della documentazione utile a
ricostruire, nel modo più attendibile possibile, i primi passi mossi dalla banda in ambito musicale,
ma anche organizzativo e sociale.
Il secondo capitolo si apre con una presentazione di stampo sociologico, dagli anni Cinquanta fino
ad oggi, di tutti i musici che hanno fatto e continuano a fare la storia di questo gruppo. Seguono una
serie di grafici esplicati di vari aspetti riferibili all‟anno in corso, i vari livelli d‟apprendimento ed
integrazione all‟interno del “gruppo-banda”, le nuove modalità di promozione e riconoscimento
territoriale, l‟organizzazione e il rapporto con l‟intero organico, la ciclicità degli eventi, nonché
l‟elemento femminile ed il legame con i sensi. Le interviste ai singoli componenti, quegli stessi
membri che costituiscono la “voce e lo spirito” della Filarmonica, sono parte fondamentale del
lavoro. Dall‟esperienza diretta è stato possibile trarre informazioni e sensazioni difficilmente
rintracciabili in testi cartacei più o meno ufficiali.
Il terzo capitolo è dedicato ai momenti festivi e rituali della banda di Rivarolo Canavese, alle
celebrazioni con i loro simboli, alla ciclicità degli eventi. L‟attenzione è stata focalizzata soprattutto
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su specifiche ritualità, sullo svolgimento e sull‟organizzazione, sull‟emotività e sulla preparazione.
Ogni aspetto della “ritualità bandistica” viene analizzato con cura e dovizia di particolari,
indispensabili per una comprensione approfondita di una realtà che desidera trasmettere le proprie
tradizioni, ma altresì proporsi sempre con rinnovata energia.
In fondo ad ogni capitolo vengono proposte fotografie d‟epoca dei componenti della filarmonica,
riproduzioni documentarie (come il Regolamento Disciplinare del 1885), varie xilografie esposte
nella sala prove, fotografie più o meno recenti di servizi e concerti, immagini dei luoghi (teatri, sala
prove, piazze e tutto ciò che costituisce lo scenario delle varie esibizioni), testimonianze di alcuni
componenti, fotografie di gruppi di amici. Il mio fine è così di dimostrare l‟evoluzione delle bande,
passate da semplici gruppi amatoriali e dilettantistici ad organismi gerarchicamente complessi e
qualitativamente validi.
1. Finalità delle metodologie di lavoro
Il mio lavoro di ricerca è partito da un‟intervista semistrutturata rivolta a quasi tutti i musici della
filarmonica rivarolese. Essendo io stessa “parte integrante” del gruppo, non mi è stato difficile
ottenere la loro disponibilità, non ho dovuto affrontare e superare quella fase di conquista della
fiducia e di conoscenza preliminare con la quale spesso antropologi ed etnologi devono fare i conti
durante la discesa sul campo.
Sin dall‟inizio, i miei informatori e le mie informatrici erano molto entusiasti di poter collaborare a
questo mio lavoro. Le interviste sono state condotte al termine delle prove serali e ciò ha permesso
colloqui individuali in un clima rilassato. I miei “colleghi” attendevano con entusiasmo il momento
dell‟intervista e solo grazie alle loro testimonianze e alla loro preziosa collaborazione sono venuta a
conoscenza di informazioni che non sarei altrimenti riuscita a reperire. Il fine era comprendere
quale percezione avessero del gruppo di cui fanno parte, quale importanza riveste e in cosa trovano
formativa la banda. Ho chiesto ancora in che modo avvertissero il ruolo di una banda nella vita
socioculturale della cittadinanza. Il mio sguardo si è poi spostato all‟esterno. Mi sono quindi
occupata e preoccupata di ricercare documenti storici che consentissero di ricostruire l‟identità
passata del gruppo filarmonico. Anche in questa ricerca, sono stata facilitata dalla conoscenza dei
componenti della banda che mi hanno lasciato libero accesso a tutta la documentazione presente in
archivio o presso le loro dimore. In ogni caso la ricostruzione storiografica non è stata così
semplice: molti documenti sono andati dispersi e ciò ha inevitabilmente compromesso la
ricomposizione della nostra storia.
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Una serie di ricerche bibliografiche, presso la biblioteca di Rivarolo e di altri paesi limitrofi, ha
permesso alla mia tesi di evidenziare alcuni importanti aspetti relativi agli usi e costumi della vita
canavesana. Questo mi ha permesso di ricreare una panoramica completa della vita, delle
consuetudini, della ritualità e quotidianità della gente di metà Ottocento, nonché delle pratiche e
delle attività svolte dalle varie associazioni, prima tra tutte la Filarmonica.
Dai registri anagrafici comunali si è potuti risalire ai nominativi dei vecchi componenti della banda,
alla loro età, professione e nuclei familiari. Questi documenti hanno fornito dati relativi ai legami
familiari tra suonatori e perciò alla scoperta di una “trasmissione generazionale”. L‟impegno
bandistico è stato poi confrontato e messo in relazione con le varie tipologie e classi lavorative, con
l‟età, condizioni socio-economiche, ecc.
Per coinvolgere la cittadinanza e raccogliere l‟immagine “esterna” della filarmonica, è stato
distribuito ai cittadini di Rivarolo un questionario. Questa parte del lavoro è risultata fondamentale
per comprendere quale immagine la filarmonica comunica al proprio pubblico, come viene reputato
il suo impegno culturale e sociale.
Il lavoro si conclude con un vasto repertorio fotografico presentato in allegato.
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CAPITOLO I
LA STORIA SOCIALE DELLA BANDA DI RIVAROLO
La musica è il genere di arte perfetto.
La musica non può mai rivelare il suo segreto più nascosto.
(Oscar Wilde)
1. Le prime note. 1799
Nel 1799 il comune di Rivarolo poteva vantare la presenza di un gruppo di suonatori detti
“Virtuosi”; si trattava prevalentemente di musici non professionisti. Sfortunatamente di questi primi
“bandisti” si hanno poche notizie.
Nella prima metà dell‟Ottocento nel Canavese iniziarono a formarsi le prime bande musicali; queste
rappresentano una delle prime forme associative in ambito non lavorativo. Le uniche occasioni di
ritrovo erano le celebrazioni religiose con tutto il loro bagaglio di tradizioni popolari, canti,
leggende ed attività varie. Solamente alla fine del XIX secolo si assiste alla vera fioritura e
diffusione di gruppi bandistici, probabilmente maturata all‟interno dei circoli socialisti che, in
ambito lavorativo, avevano contribuito alla nascita delle prime cooperative operaie.
La Filarmonica Rivarolese si può inserire in questo scenario. All‟epoca era finanziata dal Vallesusa,
uno dei più rinomati cotonifici dell‟intera area canavesana. In un documento comunale risalente al
1857, si parla di una somma pagata per un servizio reso dalla Società Filarmonica: dicitura questa
mai riscontrata prima in altri documenti o manoscritti. Solamente nel 1869 tale gruppo diviene
l‟Accademia Filarmonica Rivarolese, trova una propria manifestazione e forma istituzionale,
partecipa alle celebrazioni pubbliche previo compenso e viene gestita da un compositore.
Il Comune di Rivarolo inizia a stanziare annualmente la somma di 300 lire per il mantenimento
dell‟Accademia. Tale pratica di finanziamento persisterà fino al 1875. Nel 1882, l‟Accademia
Filarmonica cesserà di esistere e con essa la propria attività a causa di debiti e della presenza, sul
medesimo territorio, di un gruppo concorrente chiamato Corpo Musicale della Società Operaia
della Manifattura. Il debito di 1000 lire contratto dall‟Accademia venne coperto dal Comune, ma
gli sforzi compiuti nel tentativo di rifondare il gruppo furono vani. Due anni più tardi,
l‟amministrazione comunale richiese il riscatto degli strumenti musicali, delle partiture e di tutte le
altre attrezzature. I musici, affezionati ai loro oggetti più cari, non cedettero ad alcuna richiesta di
donazione; molti preferirono versare al Comune il corrispettivo in denaro piuttosto che doversi
separare dai propri strumenti.
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Il 1885 è una data molto importante nella storia della banda: l‟ingegnere rivarolese Bartolomeo
Trucchetti segna, infatti, un punto di svolta nella vita del sodalizio musicale. A soli 28 anni, già
presidente del Comitato del Carnevale del Canavese, Trucchetti promosse tra i suoi cittadini un
comitato per la sottoscrizione del primo Regolamento Disciplinare datato 14 settembre 1885. Con
questo documento, oltre a regolamentare la buona condotta dei musici e le loro attività all‟interno
della ricostituita Società Filarmonica, si andava a costituire un sistema interdisciplinare che fosse
anche in grado di stabilire con maggior chiarezza i legami d‟impegno che intercorrevano non solo
tra i componenti ma anche tra banda e comunità paesana.
L‟amministrazione comunale assumeva nuovamente l‟onere di stanziare il contributo annuale di
300 lire, nonché di mettere a disposizione una sede per le prove e un alloggio per il maestro. A
contro partita richiedeva la presenza gratuita della Società a tutte le più importanti manifestazioni e
ricorrenze pubbliche, come la processione in occasione della festa di San Giacomo, la festa della
Liberazione del 25 aprile, la processione del Corpus Domini, la festa dell‟Unità nazionale e delle
forze armate celebrata ogni 4 novembre.
Tra i primi maestri che diressero la Filarmonica Rivarolese va ricordato Giovanni Battista Guinzio
1
;
nel 1900, sotto la sua direzione, la Società Filarmonica di Rivarolo si classificò al primo posto nel
raduno di Bande tenutosi ad Ivrea in occasione del Millennio della fondazione della città.
1.1. Bartolomeo Trucchetti
Il fondatore della Società Filarmonica rivarolese è l‟insegnante Bartolomeo Trucchetti. Il maestro
nacque il 3 ottobre del 1857 a Rivarolo Canavese. Figlio di un ingegnere, seguì le orme paterne
conseguendo il prestigioso titolo di studio. Rimasto orfano in giovane età, andò a vivere a Parigi
ove rimase per qualche anno. Al suo rientro in Italia, tornò a vivere nel suo paese d‟origine. Nel
1878 propose al Consiglio comunale di installare l‟illuminazione pubblica e privata; la richiesta
venne accolta e riuscì ad ottenere il permesso di interrare i tubi lungo le vie del paese. Fu uomo di
grande iniziativa e intraprendenza, capace di spaziare tra i più disparati settori, dall‟economia
all‟ingegneria, dalla produzione industriale alle attività cittadine.
Nel 1897 fece istituire una Società Cooperativa di mutuo soccorso e consumo tra impiegati e operai
con funzioni assistenziali e sociali, come per esempio un‟assistenza medica in caso di infortunio o
malattia e il conseguente abbandono temporaneo dal lavoro.
1
Giovanni Battista Guinzio fu per lungo tempo anche direttore di una delle due filarmoniche presenti a Favria, riunitesi
solo nel 1898 in un unico gruppo bandistico. Negli stessi anni Guinzio si occupò della banda della vicina Salassa e di
Spineto, un piccolo paese nei pressi di Castellamonte.
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Appassionato suonatore di clarinetto, all‟età di 28 anni fondò la Filarmonica Rivarolese
divenendone Presidente nel medesimo anno in cui fu istituito il primo Regolamento Disciplinare del
gruppo musicale. Membro del Consiglio di Amministrazione fino all‟età di 68 anni, consacrò gran
parte della propria vita alla musica ed a quella stessa banda che con tanto impegno e passione aveva
contribuito a rifondare e sostenere anche economicamente.
A subentrare alla guida della Società fu il figlio Giovanni, terza generazione di ingegneri Trucchetti,
che ad un anno dalla morte del padre, nel 1926 firmò alcuni atti della Società Filarmonica e venne
confermato membro del Consiglio d‟Amministrazione fino al 1956.
2. Il Regolamento Disciplinare del 14 settembre 1885
Sono pochi i documenti risalenti all‟attività bandistica antecedente alla seconda metà del XIX
secolo. I primi regolamenti ci giungono frammentati, poco chiari, in alcuni casi contraddittori o del
tutto assenti. Il primo documento ufficiale è il Regolamento Disciplinare approvato all‟unanimità
dai filarmonici durante un‟assemblea tenutasi il 14 settembre 1885 e riportante le firme del
Segretario e del Presidente in carica in quell‟epoca.
Riporto qui di seguito gli articoli più interessanti di questo documento, quelli che maggiormente
hanno coinvolto musici e regolato i rapporti all‟interno del “gruppo-banda”.
I primi tre articoli riguardano l‟ammissione del Socio attraverso una domanda scritta presentata al
Presidente che, dopo essersi riunito con la Direzione, decideva l‟ingresso o meno del nuovo
membro.
Art.1 Chiunque intenda far parte dell’Accademia, dovrà porgere domanda per iscritto al Presidente della
Società.
Art.2 Il Presidente convoglierà la Direzione e questa senza previa discussione voterà a schede circa le
sporte domande.
Art.3 Sarà ammesso chi ottenga favorevole la maggioranza dei votanti.
Art.4 Il postulante ammesso sarà tenuto a:
a. Pagare nei primi cinque giorni di ogni mese a cominciare dalla data di sua ammissione la
quota individuale di lire Una a mani del collettore incaricato.
b. Osservare strettamente lo Statuto Sociale ed i regolamenti in vigore.
c. Provvedersi a proprie spese lo strumento e quanto è relativo prescritto dal Maestro in
accordo coi Direttori di Scuola.
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I punti “a” e “b” costituiscono un‟ulteriore conferma a riguardo di ciò che era già stato
precedentemente accennato sugli obblighi e responsabilità di tutti i componenti. La frequenza al
corso e alle prove sono disciplinati dall‟articolo 6:
Ogni Filarmonico è obbligato di frequentare tutte le lezioni, ripetizioni o prove indicate da apposito orario
che per cura della direzione sarà pubblicato nella Sala dell’Accademia.
L‟articolo 7, invece, riguarda le sanzioni:
L’inosservanza del detto orario darà luogo all’applicazione della multa di cent.20 estensibile in caso di
recidiva al cent.80.
Altre proibizioni consistevano nell‟assoluto divieto di eseguire brani o esercizi non espressamente
richiesti dal maestro oppure di fare un qualsiasi tipo di osservazione al Maestro o al Direttore. Vi
era un rapporto molto freddo, distaccato, ma reverenziale verso il Maestro, percepito come una
personalità eccelsa, le cui decisioni erano incontestabili.
Art.9 È proibito durante il tempo libero delle lezioni di far esercizi a parte, salvo quelli suggeriti dal
Maestro, di fumare, bere vino e liquori, fare atti condannati dalla buona educazione.
Art.10 Il Filarmonico non potrà mai fare osservazione alcuna su quanto ordinerà il Maestro od il
Direttore della Scuola, nelle lezioni e nelle prove.
Art.11 Nessuno potrà elevare eccezzioni di sorta riguardo l’accettazione od il rifiuto delle funzioni, dritto
questo riservato esclusivamente alla Direzione.
Dalla lettura dell‟articolo 17 si evince il rigore e la formalità che intercorrevano tra i musici ed il
Consiglio direttivo:
Chi per tre volte avrà mancato d’intervenire a funzioni cui sia stato chiamato, per decreto della Direzione
potrà venire espulso dalla Società. L’espulsione porta sempre con sé la perdita di qualunque diritto
l’espulso possa avere verso la Società.
Sempre a tal proposito non si discosta molto anche l‟art.20:
L’Accademico, che per tre volte avrà subito il Maximum della multa potrà essere espulso dalla società.
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In tutte le normative elencate emerge la rigidità con cui la Direzione si rapportava al singolo
componente; come enunciato dall‟articolo 22 era addirittura sufficiente un solo mancamento per
essere espulsi dall‟Accademia. In ogni caso, però, la delibera d‟espulsione, conseguente di una
grave trasgressione, era emanata all‟unanimità dai membri della Direzione.
Per quanto riguarda le norme legate all‟organizzazione interna, nel momento in cui un musico
avesse desiderato entrare a far parte della Società Filarmonica, doveva presentare una domanda
scritta indirizzata al Presidente che, dopo averne discusso con il Consiglio, poteva deciderne o meno
l‟ingresso. Nel caso in cui la domanda fosse stata accolta, il musico doveva impegnarsi a versare
una quota pari a 1 lira entro i primi cinque giorni del mese, nonché provvedere a proprie spese
all‟acquisto dello strumento scelto per lui dal Maestro in accordo con i Direttori della scuola.
Periodicamente il direttore della Scuola e il Maestro revisionavano gli strumenti, dispensando
consigli e suggerimenti al fine di garantirne il mantenimento e il funzionamento. Una multa di 3 lire
ed il divieto di suonare insieme al resto della banda nelle pubbliche esibizioni gravavano su tutti
coloro non si fossero attenuti alle norme.
Sottoponendo ad un attento esame i diversi articoli contenuti nel Regolamento disciplinare del 1885
sono emerse alcune disposizioni che vietavano ai musici sanzionati non soltanto di poter continuare
a suonare insieme al resto della Filarmonica, ma anche qualsiasi altra forma individuale ed
indipendente di pubblica esibizione.
La maggior parte dei concerti e dei servizi civili e religiosi si teneva per le vie del Paese,
difficilmente ci si esibiva al di fuori del proprio territorio. I proventi ricavati dalle varie
manifestazioni venivano annualmente spartiti tra tutti i musici; a questa somma, equamente
ripartita, vanno aggiunte le entrate derivate dalle multe pagate dagli stessi trasgressori delle norme
della banda. Non mancavano però esibizioni prestate gratuitamente come si evince dall‟articolo 30
che recita:
La direzione potrà ordinare, funzioni, concerti, serenate, ecc. anche gratuitamente, e nessuno potrà rifiutare
la sua opera.
L‟organizzazione della Filarmonica può essere rappresentata come una “sub-società” che va ad
iscriversi nel tessuto sociale e culturale della comunità e del territorio in cui si sviluppa. Una
“società nella società” con norme, sanzioni, una gerarchia ed un‟organizzazione, diritti e doveri, la
patria podestà esercitata dal maestro, l‟ordine ed il controllo a cui erano soggetti tutti i musici, un
micro universo con regole ed usi che riflettevano quelli del proprio tempo.