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CAPITOLO PRIMO
IDENTIFICAZIONE DELLE RISORSE IMMATERIALI IN AZIENDA
1.1 – LE RISORSE INTANGIBILI DALLA PROSPETTIVA
INDUSTRIALE ALLA PROSPETTIVA DELLA CONOSCENZA
La dematerializzazione è un fenomeno riconosciuto universalmente come
una delle caratteristiche fondanti dell’economia moderna. Nell’attuale dinamica
competitiva la sopravvivenza e lo sviluppo dell’impresa dipendono da quelle
capacità distintive che le consentono di raggiungere una posizione di vantaggio
competitivo rispetto ai concorrenti: tali capacità sono garantite dalla componente
immateriale del capitale del sistema aziendale. La competizione globale, infatti,
non si combatte più sul lato delle risorse fisiche, e quindi sul possesso di risorse
tangibili, ma su conoscenza, innovazione e capitale umano che le aziende sono in
grado di sviluppare. Nell’ottica attuale la considerazione delle risorse fisiche
lascia spazio all’analisi delle risorse intangibili, anche se dalla materialità non si
può certo prescindere, in quanto un sistema aziendale non può consistere
solamente di conoscenza, per cui l’analisi dei fenomeni immateriali deve avvenire
congiuntamente a quella dei fenomeni materiali e non sostituirla.
Nonostante nell’economia moderna il ruolo assunto dalle risorse
intangibili sia diventato centrale per le imprese, il problema dell’immaterialità è
sempre esistito anche nelle precedenti fasi del capitalismo industriale, in misura
adeguata però alle caratteristiche della tecnologia e dei mercati
1
.
1
A riguardo scrive S. PODESTÀ: “ Il problema dell’importanza dei beni immateriali non è tipico
solo delle fasi post-industriali dello sviluppo economico, ma è un problema connesso con la stessa
attività economico-produttiva, e quindi di più ampia portata storica ed oggetto di più ampia
riflessione concettuale[…] Ogni fase del capitalismo industriale è contraddistinta da un insieme
inscindibile di materialità ed immaterialità, l’una adatta all’altra secondo le specifiche
caratteristiche.” S. PODESTÀ, “Intangibles e valore” in Atti del Convegno: Valori di capitale
economico e valori di mercato delle imprese: quali strumenti per attuarne i divari?, in Finanza,
Marketing e Produzione, n. 1/1993, p. 101.
In questo senso anche A. DEL BELLO, A. GASPERINI: “In realtà questo fenomeno [la
dematerializzazione] non costituisce una novità per l’economia capitalistica, ma ciò che lo rende
nuovo è l’intensità dei fattori che lo genera e diffonde. […] Gli intangibili, intesi come risorse
prive di sostanza fisica, sono invero sempre esistiti; la differenza è che ora, in virtù di alcuni
processi economici, sono divenuti gli elementi su cui si basa la competitività di lungo termine
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L’importanza degli intangible assets è progressivamente aumentata nel
tempo
2
; tale crescita non può certo essere spiegata semplicisticamente con l’arrivo
della new economy. In questi ultimi anni l’accelerazione tecnologica, l’esplosione
di Internet e la nascita di business altamente innovativi hanno contribuito ad
espandere l’importanza della conoscenza, dell’innovazione, del know-how e del
capitale umano come fattori competitivi. Ma questi effetti sono il risultato di un
lungo processo partito molti anni fa nel momento in cui l’era industriale ha
lasciato il passo all’era dell’informazione prima e della conoscenza poi.
Vediamo la ricostruzione per fasi di tale processo e l’evoluzione del ruolo
critico ricoperto dalle risorse immateriali nell’ambito dei processi di creazione di
valore dal modello pre-fordista all’Era della Conoscenza
3
.
Il modello capitalistico dell’Ottocento pre-fordista costituisce la fase
iniziale del capitalismo industriale che si origina in Gran Bretagna, per poi
espandersi nell’Europa continentale. Il fattore principale per la produzione di
benessere in questa epoca passa dalla terra, unica fonte di ricchezza nell’Era
Agricola, al capitale. Per gran parte della storia dell’umanità la terra è stato il
fattore critico di successo: coloro che la possedevano si garantivano un ruolo di
controllo nel creare benessere
4
; nella società capitalistica, la ricchezza è passata da
chi deteneva la terra a chi controllava l’accesso al capitale, vale a dire le banche
(Tabella 1). I proprietari di capitale divennero in grado di controllare il fattore
umano di produzione e il capitale aveva un valore molto maggiore ed era molto
più scarso del lavoro.
Tra la fine del Medioevo e gli inizi del XX secolo l’importante crescita del
capitale nel processo di creazione del benessere generò un incremento
nell’efficienza e nell’efficacia delle attività tecnologiche e commerciali. In tale
momento storico, però, la tecnologia è così semplice da poter essere incorporata in
delle aziende, ovvero la capacità di combinare risorse interne ed esterne per sfruttare al meglio, e
per archi temporali prolungati, le opportunità strategiche e commerciali.” A. DEL BELLO, A.
GASPERINI, Il valore del capitale intellettuale, Ipsoa, Milano, 2006, p. 3
2
“Tale recente interesse dipende da una pluralità di fattori. Innanzitutto le risorse invisibili sono
diventate più visibili, cioè sono venute alla luce sia a causa della crescente scientifizzazione della
gestione dell’impresa, sia della maggiore pervasività del paradigma tecnologico, sia infine come
conseguenza dei vasti processi di terziarizzazione in corso e della connessa moltiplicazione delle
attività di servizi.” S. PODESTÀ, op. cit., 1993, pp. 102-103
3
Si utilizzeranno le espressioni Era della Conoscenza, Economia della Conoscenza, New
Economy, Knowledge Economy come sinonimi
4
Cfr. A. DE GEUS, L’azienda del futuro, FrancoAngeli, Milano 1999
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una singola macchina isolata, di valore contenuto, e la produzione si risolve nel
processo di trasformazione fisica di certe risorse materiali (materie prime)
prevalentemente mediante altre risorse materiali (impianti, energia) in beni
materiali (prodotti finiti)
5
.
In tale rappresentazione il processo di generazione del valore è ancorato e
si esaurisce nella trasformazione fisica di beni materiali mediante un lavoro di tipo
essenzialmente manipolativo; si viene a determinare, inoltre, una sostanziale
coincidenza tra il valore economico generato (utilità) e i beni fisici che
incorporano tale valore, per cui si parla di beni «contenitori fisici» del valore. Le
informazioni non ricoprono un ruolo particolarmente critico in quanto esse sono
trasferite necessariamente attraverso la mediazione dei beni materiali; ciò le rende
agevolmente condivisibili a livello di sistema e permette una rapida diffusione
delle conoscenze e delle innovazioni proprio mediante gli scambi dei beni
strumentali, cosa che avviene in un primo momento a livello nazionale per poi
estendersi successivamente in una prospettiva internazionale.
Dal punto di vista organizzativo questa prima fase è caratterizzata da
metodi alquanto rudimentali e da livelli di complessità ridotti al minimo.
Tabella 1 – Fonti di ricchezza e possessori delle fonti
Era Periodo
Fonte di ricchezza
Controllo della
ricchezza
Agricola
Dal Medioevo alla
fine del XVIII
secolo
Terra Proprietari terrieri
Prima Era
Industriale o Pre-
Fordismo
XIX secolo Capitale Banche
Fordismo
Dai primi anni del
XX secolo agli
ultimi decenni di
tale secolo
Mercato Manager
New-Economy
Dalla fine del XX
secolo
Conoscenza Individui
Fonte: F. D’Egidio, Il bilancio dell’intangibile, 2001, p. 12
5
L. POZZA, Le risorse immateriali: profili di rilievo nelle determinazioni quantitative d’azienda,
Egea, Milano, 1999, p. 16
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Il Fordismo è il paradigma di organizzazione della produzione di massa
sviluppata in applicazione pratica dei principi di Organizzazione Scientifica del
Lavoro elaborati da Taylor.
Negli Stati Uniti tali tecniche di organizzazione si affermarono già prima
della Grande Guerra, mentre in Europa vennero testate successivamente
6
, infatti, il
principio della catena di montaggio, introdotto da Ford nel 1913, si affermerà
definitivamente nel vecchio continente dopo la seconda guerra mondiale ed
originerà la possibilità della produzione di massa nella maggioranza dei comparti
manifatturieri.
Le innovazioni non si ebbero solamente con le applicazioni di nuove
opportunità tecnologiche, ma, come detto, soprattutto con le affermazioni di nuovi
principi di organizzazione del lavoro enunciati dall’ “ingegnere” Taylor ed
applicati dall’ “imprenditore” Ford. Tali principi miravano alla razionalizzazione
di tutto il ciclo produttivo allo scopo di semplificare le mansioni ed ottenere la
massima celerità nell’erogazione dello sforzo produttivo, che si esplicava in
operazioni semplici e ripetitive, per la produzione di prodotti standardizzati con
caratteristiche fortemente omogenee.
Nel modello fordista si registra il passaggio dalla produzione mediante
singole macchine isolate a processi produttivi fondati sulla parcellizzazione-
integrazione di cicli complessi svolti da sistemi di macchine. La divisione del
lavoro che veniva realizzata interamente all’interno dell’impresa, consentiva la
produzione di vantaggi di scala, di processi di concentrazione e l’affermazione del
principio astratto del controllo. L’impresa si trasforma così in un sistema
complesso dove il patrimonio informativo si trasferisce progressivamente dalle
risorse materiali all’organizzazione; ciò significa che le informazioni non sono più
incorporate integralmente nei beni strumentali ma si sedimentano all’interno delle
imprese acquistando il carattere di firm specificity. Con l’avvento dei nuovi
metodi produttivi il processo di trasformazione, quindi, vede diminuire il suo
contenuto di materialità e richiede un flusso crescente di informazioni. Questo
6
A riguardo M. VIVARELLI scrive: “La mancata diffusione in Europa [nel periodo tra le due
guerre] trova la propria spiegazione nell’immaturità dei modi di regolazione prevalenti nei sistemi
socio-economici di quel tempo. In altre parole, il nascente paradigma legato al fordismo offriva
allora potenti opportunità tecnologiche, che non potevano tuttavia essere sfruttate appieno a causa
della sostanziale inadeguatezza del contesto istituzionale. Solo dopo il duplice travaglio della
grande crisi e della seconda guerra mondiale, le nuove tecnologie troveranno adeguate opportunità
di sintonia con le forme istituzionali”, in Verso una nuova organizzazione della produzione, a cura
di S. MARIOTTI, Etas Libri, Milano, 1994, p. 172
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rappresenta un primo distacco tra materialità e produzione di valore economico,
che diverrà sempre più accentuato sino ad essere definitivo nell’economia della
conoscenza. Con la produzione di massa si era infatti affermata la forma di
organizzazione di un sistema meccanico, costituito da una struttura formale, in cui
le informazioni erano trasformate in decisioni attraverso procedure scientificabili.
Anche il manager aveva compiti di analizzare, parcellizzare, progettare e
controllare l’organizzazione di fabbrica e commerciale, così come l’ingegnere
analizzava, progettava e controllava il lavoro di una macchina. Inoltre in tale
modello anche l’efficienza del mercato è indebolita a causa della crescente
specificità delle risorse oggetto delle transazioni, per cui lo scambio si trasforma
da una relazione tra molti contraenti ad un rapporto prevalentemente bilaterale,
caratterizzato dalla ridotta presenza di alternative. In questa rappresentazione
l’impresa viene considerata come depositaria di un sapere proprio. Il passaggio
chiave in cui appare sempre più marcata la perdita di materialità nel processo di
generazione del valore, all’interno delle aziende di produzione, è da attribuirsi al
ruolo dell’informazione, ben più rilevante che in passato, che indebolì la
tradizionale connessione diretta tra il processo generativo del valore e il processo
di trasformazione fisica del bene.
Inoltre nella visione fordista dell’impresa sono venuti a contare fattori non
quantificabili come il coordinamento, il potere organizzativo, la coesione, la
cultura aziendale. Il valore di tali componenti immateriali inizia così a farsi strada
e caratterizzerà l’impresa nella prospettiva cognitiva.
La perdita di materialità nel processo di generazione del valore è ancora
più pronunciata con il superamento del paradigma fordista, quando la crescita
della produttività e dell’offerta è accelerata a seguito di nuovi orientamenti
culturali e nuovi bisogni, e accompagnata da un progresso tecnologico senza
precedenti.
I limiti dell’organizzazione industriale fordista emersero proprio con
l’avvento della modernità, in particolare a seguito della sempre più intensa
crescita del livello di complessità, intesa come varietà-variabilità dei prodotti, dei
processi e delle relazioni, che si configura come un nuovo fenomeno che richiede
nuovi strumenti per la sua gestione.
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Figura 1 – Le principali determinanti della crescita della complessità
Fonte: L. Pozza, Le risorse immateriali, 1999, p. 19
I fattori che hanno contribuito nell’ultimo ventennio all’esplosione del
fenomeno della complessità sono i seguenti
7
(Figura 1):
• la progressiva deregolamentazione in settori infrastrutturali, quali le
telecomunicazioni, l’elettricità, il trasporto, la produzione e la
distribuzione di energia, i servizi finanziari;
• il progressivo attenuarsi dei vantaggi competitivi ottenibili dallo
sfruttamento delle economie di scala, da attribuire all’eccesso strutturale
di capacità produttiva tipico di molti settori e alla maggiore efficienza
dei mercati finanziari, con il conseguente abbandono della grande
impresa integrata verticalmente a favore di reti relazionali;
• le problematiche ambientali, quali l’inquinamento, lo smaltimento dei
rifiuti, la salvaguardia del territorio, il recupero dei sottoprodotti
dell’attività industriale;
• la caduta del protezionismo sul piano nazionale e la correlata nascita di
trading blocks (blocchi commerciali) sul piano geografico, quali l’UE e
il Nafta, che hanno ridisegnato i confini naturali degli scambi, e di
7
L. POZZA, op. cit., 1999, pp. 18-19
Complessità
Attese dei
consumatori
Globalizzazione
dei mercati
Deregolamenta-
zione
Caduta del
protezionismo
Eccesso
capacità prod.va
Problematiche
ambientali
Nascita di
trading blocks
Discontinuità
tecnologica
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conseguenza hanno modificato le politiche di reti logistiche, di
localizzazione delle unità produttive, di creazione di infrastrutture;
• la globalizzazione dei mercati, di approvvigionamento e di sbocco, che
ha interessato tutti i comparti di attività, ed ha portato una radicale
estensione dell’arena competitiva, per cui aumentano il numero e la
qualità degli attori coinvolti in essa;
• una maggiore attenzione da parte dei consumatori alle componenti
immateriali dei prodotti quali il livello di servizio, la marca. A tale
profilo si ricollega il tema della customer satisfaction;
• le discontinuità tecnologiche, da cui discende la rapida obsolescenza dei
processi produttivi.
Tali fenomeni hanno avuto una duplice conseguenza: da un lato, hanno
determinato una profonda modificazione del ruolo delle diverse classi di
stakeholder, sovradimensionando come la soddisfazione di ciascun gruppo passi
attraverso l’equo contemperamento di tutti gli interessi; dall’altro lato, hanno
determinato una progressiva trasformazione nei fattori critici di successo, con
ampie implicazioni sia in termini di relazioni con l’ambiente e di governo
d’impresa, sia in termini di variabili significative di controllo della gestione. In
particolare, negli ultimi venti anni, si è andata enfatizzando l’affermazione del
ruolo della conoscenza quale elemento rilevante per l’apprezzamento delle attese,
per l’impostazione di consapevoli processi decisionali, per il coordinamento tra
decisioni ed azioni, nonchè per la formazione di positive relazioni con tutte le
classi di stakeholder.
In conseguenza di ciò l’impresa non può più essere concepita come una
semplice funzione di produzione, ovvero come un meccanismo pilotato dal
mercato con il preciso compito di trasformare fattori produttivi standard in
prodotti standard, ma essa va concepita come un sistema cognitivo, progettuale e
autopoietico, che risponde a problemi nuovi con soluzioni nuove utilizzando e
producendo conoscenza. L’impresa è un sistema cognitivo perché diventa
prioritario elaborare e capire i segnali che il sistema e gli operatori che vi operano
trasmettono, sistema progettuale perché la velocità del cambiamento richiede la
capacità di rivedere in ogni momento i propri obiettivi ed i propri percorsi,
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esprimendo l’attitudine a cambiare progettandone l’evoluzione e senza subire il
contesto, ed infine, sistema autopoietico perché essa può dotarsi di intelligenza,
flessibilità, capacità di autogenerare le proprie risorse per la propria sopravvivenza
e la propria crescita, solamente evolvendosi verso le conformazioni tipiche degli
esseri viventi, e abbandonando le rigide strutture input-output
8
.
Ciò che contraddistingue l’economia della conoscenza dal paradigma
fordista non è tanto l’operare, quanto il modo di operare della conoscenza (per un
quadro generale sul passaggio dall’impresa tradizionale di stampo tayloristico
all’impresa knowledge based si veda Tabella 2); da sempre le attività produttive
sono adattate alla scienza e alla tecnologia, secondo le specifiche caratteristiche,
determinando un insieme inscindibile di materialità ed immaterialità
9
. L’impresa
manifatturiera si differenzia dall’impresa post-industriale, quindi, non perché non
impiega sapere, ma perché impiega sapere noto e standardizzato, infatti in quel
caso le tecnologie, le professionalità da impiegare e le risposte produttive da
esprimere per la soddisfazione dei bisogni, sono stabili e consolidate, e non
rappresentano variabili evolutive da gestire attraverso la varietà e la variabilità del
sapere produttivo
10
.
L’accumulo di risorse immateriali, in particolare di informazione e
conoscenza, costituisce un aspetto estremamente importante per l’attività
dell’impresa, in quanto contribuisce alla creazione del patrimonio intangibile
firm-specific, che differenzia l’azienda dai propri concorrenti
11
. La conoscenza, in
particolar modo, sta al centro dei processi di dematerializzazione dei prodotti, dei
processi produttivi e delle risorse aziendali. In quanto risorsa assume un ruolo
critico all’interno dell’impresa di intelligenza regolatrice dei processi materiali
12
che li finalizza al soddisfacimento dei bisogni, e quindi al conseguimento degli
obiettivi aziendali, primo fra tutti la produzione di valore economico.
8
S. VICARI, L’impresa vivente, Etas Libri, Milano, 1992
9
“Ogni idea scientifica genera i suoi strumenti materiali così come ogni strumento ha bisogno, per
essere usato in modo economico, di una quantità appropriata di conoscenza.”, S. PODESTÀ, op.
cit., 1993, p. 101
10
P. M. FERRANDO, “Risorse e risorse immateriali. Natura e implicazioni per il valore
dell’impresa”, in Saggi sull’immaterialità nell’economia delle imprese, Giappichelli, Torino,
1998, p. 2
11
H. ITAMI, Le risorse invisibili, Isedi, Torino, 1988
12
E. RULLANI, “Economia delle risorse immateriali: una introduzione”, in Sinergie, n. 29/1993,
p. 10
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Tabella 2 – I principi della knowledge economy (Fonte: Sveiby, 1997)
La criticità della conoscenza è determinata sia dalla sua origine sia dal suo
ruolo, infatti, come detto in precedenza, la conoscenza è protagonista di un
processo autopoietico, di produzione di risorse da risorse, e dal suo ruolo in
quanto, accumulando informazioni e sviluppando relazioni, consente all’impresa
di avere natura di organismo cognitivo e progettuale capace di governare il livello
crescente di complessità.
La conoscenza costituisce, dunque, insieme alle informazioni, la risorsa
cruciale mediante la quale si svolge la competizione, però essa è veramente
distintiva se non deriva dall’esterno e se è prodotta internamente, oppure se essa è
Elementi economico-
organizzativi
Visto secondo il paradigma
dell’era industriale
Visto secondo il paradigma
dell’era della conoscenza
Persone Generatori di costi o risorse Generatori di ricavi
Potere dei manager
Relativo al livello nella
gerarchia organizzativa
Relativo al livello di
conoscenza
Lotta per il potere
Lavoratori fisici contro i
possessori di capitale
Knowledge worker contro i
manager
Compito principale del
management
Supervisione dei
subordinati
Supporto ai colleghi
Informazione Strumento di controllo
Strumento di comunicazione,
risorsa
Produzione
I lavoratori fisici
trasformano le risorse
fisiche in prodotti tangibili
I knowledge worker
convertono la conoscenza in
prodotti intangibili
Flusso di informazioni
Segue la via della gerarchia
organizzativa
Segue la via delle reti
collettive
Principale forma di ricavi Tangibile (denaro)
Intangibile (apprendimento,
nuove idee, nuovi clienti,
R&S)
Strozzature della produzione
Capitale finanziario e
capacità umane
Tempo e conoscenza
Manifestazioni della
produzione
Prodotti tangibili
(hardware)
Strutture tangibili (concetti e
software)
Flusso produttivo
Guidato dalle macchine e
sequenziale
Guidato dalle idee, caotico
Effetti della dimensione
Economie di scala in
processi produttivi
Economie di scopo di rete
Relazioni con i clienti A senso unico, via mercato Interattive, via reti personali
Conoscenza
Strumento di risorsa come
altri
Il focus del business
Scopo dell’apprendimento
Applicazione di nuovi
strumenti
Creazione di nuovi asset
Valori di mercato
dell’azione
Guidati dalle risorse
tangibili
Guidate dalle risorse
intangibili
Economia A rendimenti decrescenti
A rendimenti crescenti e
decrescenti
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inizialmente attinta dall’esterno, ma è poi applicata all’attività produttiva in modo
del tutto originale.
Le particolarità di queste due risorse le distinguono da tutte le altre. La
conoscenza è innanzitutto un bene pubblico e può essere utilizzata anche più volte
senza essere consumata; gode della proprietà della non sottrattività, per cui essa
possiede la caratteristica di arricchire chi la riceve senza impoverire chi ne fa
dono; la conoscenza può trovarsi in più luoghi contemporaneamente, quindi è
indipendente dal fattore spazio; alcune sue forme hanno, però, limiti temporali
ben definiti, nonostante essa non abbia limiti di spazio, per cui è fondamentale
investire in tecniche di previsione, proprio per tentare di anticipare le conoscenze
che hanno valore entro un certo termine di tempo; un’altra differenza
fondamentale tra la conoscenza e le altre risorse è l’abbondanza, infatti qualsiasi
attività economica produce più informazione di quanta ne consumi, per cui
nell’economia della conoscenza si è arrivati al paradosso che la risorsa scarsa è
l’ignoranza; ma il ruolo critico nel processo di apprendimento è svolto dalla
«distruzione di conoscenza», che si ottiene per esempio dall’estrazione di dati
significativi da una notevole quantità di cifre, risultando alla fine, appunto, più
prezioso il risultato di una ricerca sintetizzato in poche pagine, che la mole degli
esiti degli esperimenti condotti; un altro paradosso nel mercato delle informazioni
è che il compratore non può giudicare se vale la pena di comprare una certa
informazione finchè non ne entra in possesso, ma una volta che la possiede non ha
più bisogno di comprarla. Tutte queste caratteristiche della principale risorsa
economica hanno portato alla definizione della knowledge economy come
economia illegale
13
.
13
Espressione coniata da F. D’EGIDIO il quale sostiene che le attività di produzione a maggiore
intensità di conoscenza siano così imprevedibili da sfidare le stesse leggi fondamentali
dell’economia, da cui il concetto di economia illegale. Egli scrive: “La legge della domanda e
dell’offerta afferma che esiste un punto di equilibrio tra quanto viene prodotto e quanto viene
acquistato, e che il meccanismo dei prezzi impedisce ai consumatori ed ai venditori di compiere
valutazioni sbagliate. Tale legge afferma peraltro che in presenza di informazioni complete, i
mercati, per essere liquidi ed efficienti dovrebbero trovarsi in equilibrio quasi perfetto. Eppure,
man mano che gli scambi si spostano verso i beni intangibili il mercato diviene sempre più
instabile. Un’altra legge infranta è quella dei rendimenti decrescenti. […] Il comportamento
dell’economia della conoscenza è invece caratterizzato da rendimenti crescenti. Tipico esempio è
dato da quelle società che operano in settori come quello del software. In tal caso ci troviamo
davanti ad un forte investimento iniziale in ricerca e sviluppo. Dal momento in cui il prodotto entra
in commercio, però, i costi unitari saranno ridotti. L’aumento della diffusione del prodotto, porta a
grossi aumenti dei ricavi, con limitatissimi aumenti dei costi. […] Un’ultima legge infranta sembra
essere quella del libero mercato. Possiamo infatti osservare, come le grandi aziende della new-
economy, tendano ad assumere posizioni di monopolio.”, in Il bilancio dell’intangibile,
FrancoAngeli, Milano, 2001, pp. 30-31
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La conoscenza è insita nelle persone. Gli individui, quindi, giocano un
ruolo fondamentale nella generazione di valore e ricchezza, e questa è una
caratteristica della new economy
14
. Nel modello fordista, infatti, l’uomo è uno
strumento necessario a far girare i meccanismi organizzativi, ma nello scenario
competitivo attuale, caratterizzato da una velocità di cambiamenti mai conosciuta
prima, l’enfasi si pone sull’innovazione, sia di prodotto, sia di servizio, che di
sistema, e il principale motore dell’innovazione non può che essere l’uomo. In
particolare l’azione dell’individuo all’interno dell’azienda consente di costruire
due tipologie di valore: interno ed esterno
15
(Figura 2).
Figura 2 – Le persone come generatrici di valore
Fonte: A. Cravera., M. Maglione, R. Ruggeri, La valutazione del capitale intellettuale,
2001, p. 14
Il valore interno viene generato quando le azioni, le decisioni e le idee
delle persone consentono di costruire, oltre che strutture e beni tangibili, quali
mezzi, strumenti e macchinari, anche strutture e beni di natura intangibile, come
idee per l’innovazione di prodotti e servizi, metodologie per migliorare
14
“Il progressivo tramonto dell’importanza delle risorse fisiche, ancorché incorporanti, se
macchine, quantità di conoscenza ancora impensabili pochi anni fa ed il parallelo sviluppo del
ruolo delle risorse di conoscenza immerse negli individui e nelle organizzazioni, sono da salutare
come un grande fatto positivo, perché restituiscono all’uomo una dignità che la macchina aveva
spesso calpestato”, S. PODESTÀ, “Imprese e scenari per l’economia dell’immaterialità e
dell’innovazione”, in Finanza, Marketing e Produzione, n. 4/1999, p. 21
15
In merito A. CRAVERA, M. MAGLIONE, R. RUGGERI, La valutazione del capitale
intellettuale, Il Sole 24 Ore, Milano, 2001, p. 13
LE PERSONE
Intangibile Tangibile Intangibile Tangibile
Esterno Interno
Generano valore
Macchinari
Impianti
Strumenti tecnologici
Know-how
Innovazione
Cultura aziendale
Prodotti Immagine
Relazioni clientela
Brand awareness
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l’efficienza dei processi, una cultura aziendale adatta a far emergere la creatività
delle persone. Quando l’azione degli individui si rivolge all’esterno
dell’organizzazione, si crea una seconda tipologia di valore, che oltre che avere
natura tangibile, come i prodotti offerti al mercato, può assumere le forme
immateriali che riguardano l’immagine dell’azienda, le relazioni con i clienti, o
altre tipologie di risorse.
Un altro aspetto su cui si basa la nuova economia è senz’altro la tecnologia
come strumento di diffusione delle conoscenze e delle informazioni. Anche
l’importanza dell’Information & Communication Technology (ICT) è legata alle
persone, ma non in quanto la tecnologia consente di sostituire l’uomo in compiti
di bassa complessità, ma in quanto essa consente di esaltare ed enfatizzare le
capacità umane all’interno delle organizzazioni. La tecnologia consente di creare
una rete di connessioni che facilitano e velocizzano gli scambi tra individui e
aziende e tale possibilità rappresenta un potente acceleratore della crescita. Ma
l’aspetto principale che va colto dell’ICT è quello che esso consente di utilizzare il
linguaggio digitale delle informazioni che, in modo analogico, erano leggibili
globalmente solo per separazione e accostamento, mentre ora esse diventano tra
loro addizionabili e trattabili simultaneamente.
Alla fine della nostra analisi possiamo concludere con alcune riflessioni
(per un quadro generale si veda Tabella 3).
Abbiamo visto come la capacità di un’impresa di mobilitare e sfruttare i
suoi beni immateriali è diventata di gran lunga più essenziale rispetto
all’investimento e alla gestione di beni reali e tangibili. Sebbene il tema
dell’immaterialità di impresa abbia registrato un’importanza crescente con
l’evolvere dei tempi, in quanto scaturisce da un fenomeno complesso e articolato,
va ricordato che le risorse immateriali da sempre sono necessarie e determinanti,
come le risorse materiali del resto, per il funzionamento delle imprese. Anche
l’impresa ottocentesca trovava le proprie ragioni di successo nella conoscenza,
sotto forma di informazioni sedimentate presso l’impresa, dell’imprenditore
proprietario, ma quello che è cambiato con l’evoluzione storica è il ruolo critico
ricoperto dalle risorse immateriali nell’ambito dei processi di creazione di valore.
Quindi è opportuno tenere presente anche come le risorse intangibili da sole non
siano sufficienti per il successo dell’impresa, infatti come afferma Podestà:
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“Un’impresa fatta solo di know-how e di informazione potrebbe, al massimo,
giungere all’intenzionalità verso i suoi fini, ma non mai a conseguirli
16
”; quindi
l’analisi dell’immaterialità d’impresa deve sempre avvenire congiuntamente con
la pertinente dimensione materiale.
Tabella 3 – La crescente importanza delle risorse immateriali in una
prospettiva storica: i tratti fondamentali
E
Fonte: L. Pozza., Le risorse immateriali, 1999, p. 25
Esaminato il ruolo critico ricoperto dalle risorse immateriali in quello che
viene comunemente definito progresso, possiamo iniziare l’analisi di tali risorse
nell’economia dell’azienda di produzione.
16
S. PODESTÀ, op. cit., 1993, p. 101
Paradigma pre-
fordista
Paradigma fordista Paradigma post-fordista
• la tecnologia è
semplice
• la produzione è
essenzialmente
fisica
• i beni sono
«contenitori fisici»
del valore
• le informazioni
sono trasferite
attraverso la
mediazione dei beni
materiali
• la complessità è
molto contenuta
• il mercato è la
principale forma di
governo delle
transazioni
• i processi produttivi si
fondano sulla
parcellizzazione-
integrazione di cicli
complessi svolti da
sistemi di macchine
• le informazioni si
trasferiscono dai beni
materiali
all’organizzazione
• le routines si
assumono un ruolo di
rilievo nel governo
della crescente
complessità
• le transazioni sono
sempre più governate
dall’organizzazione in
luogo del mercato
• l’impresa si configura
quale sistema
cognitivo
• il processo di
creazione di valore
viene visto come
processo di creazione,
accumulo,
riproduzione,
incremento di
conoscenza
• il livello di
complessità aumenta
sensibilmente
• si passa da una
economia fondata su
valori di scambio ad
una economia dove
prevalgono i valori
d’uso
• l’informazione diviene
il più importante
fattore propulsivo
dello sviluppo
economico
• l’organizzazione
diviene
definitivamente la
forma più efficiente di
coordinamento delle
transazioni
• si registra una
progressiva
smaterializzazione
della produzione
• l’impostazione della
produzione tende a
spostarsi da un
approccio push ad un
approccio pull